Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-10-2011, n. 21482

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 24-28.4.07 la Corte d’Appello di Firenze rigettava il gravame interposto dal Ministero della Giustizia contro la sentenza con cui il Tribunale di Grosseto lo aveva condannato a pagare ad B.A. e a G.M.A. le differenze di trattamento economico fra la qualifica di C3 e quella di dirigente rispettivamente della cancelleria del Tribunale di Grosseto e della segreteria della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale, per i rispettivi periodi 17.3.99 – 20.2.01 e 1.9.98 – 5.12.2000.

Statuivano i giudici del merito che, non potendosi parlare di funzioni vicarie essendo queste ultime riservate ai soli casi di sostituzione di lavoratori temporaneamente assenti e aventi diritto alla conservazione del posto (mentre nel caso di specie i posti, pur previsti in pianta organica, erano vacanti), era ininfluente accertare la prevalenza o meno dei compiti dirigenziali espletati dagli appellati rispetto a quelli ordinali di C3.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Ministero della giustizia affidandosi ad un solo articolato motivo.

Resistono con unico controricorso il B. e la G..
Motivi della decisione

1 – Con unico articolato motivo di ricorso il Ministero della Giustizia lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, nella parte in cui l’impugnata sentenza avrebbe apoditticamente affermato, in base a testimonianze non corroborate dagli opportuni riscontri documentali e in assenza di prova rigorosa, l’avvenuto svolgimento di fatto delle mansioni superiori, senza neppure accertare – così come erroneamente aveva fatto anche il primo giudice – l’avvenuto esercizio in via esclusiva di tutte le superiori funzioni per cui è causa, nel loro complesso e nell’articolazione dei connessi profili di responsabilità, essendovi incompatibilità logica tra lo svolgimento delle mansioni superiori e la contemporaneità dello svolgimento dei compiti propri della qualifica di appartenenza.

2- Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili.

In primo luogo, essendo stato formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis, atteso che l’impugnata sentenza è stata depositata il 28.4.07), per costante giurisprudenza di questa S.C. il motivo di censura si sarebbe dovuto concludere (non con un quesito di diritto, ma) con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 1.10.07 n. 20603;

Cass. Sez. 3^ 25.2.08 n. 4719; Cass. Sez. 3^ 30.12.09 n. 27680), momento di sintesi che – invece – il ricorso non contiene.

In secondo luogo, laddove parla di mancanza di prova rigorosa dello svolgimento delle superiori mansioni, il ricorso finisce sostanzialmente con l’evocare un mero cattivo governo delle risultanze processuali, vale a dire un vizio non deducibile mediante ricorso per cassazione.

Infine, nella parte in cui censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto irrilevante accertare se le superiori mansioni fossero state espletate in via esclusiva o meno, il ricorso in sostanza formula una doglianza di diritto inerente all’esatta interpretazione ed applicazione delle norme che nel D.Lgs. n. 165 del 2001 (e nei previgenti testi normativi) regolano la materia dello svolgimento di fatto di mansioni superiori nei rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, vale a dire una doglianza che si sarebbe dovuta far valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (e con formulazione di apposito quesito di diritto) e non già ai sensi del n. 5 (come invece avvenuto).

3- All’inammissibilità del ricorso consegue la soccombenza del ricorrente nelle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 30,00 e degli onorari liquidati in Euro 2.000,00 (Euro duemila/00) oltre I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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