Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-05-2011) 13-06-2011, n. 23705 esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’assise di Palermo, quale giudice dell’esecuzione, accoglieva parzialmente la richiesta avanzata da R.M. volta ad ottenere la detrazione dalla pena che doveva scontare in Italia di quella già scontata all’estero per fatti identici o in subordine la continuazione. Rilevava che le due sentenze di condanna inflitte negli Stati Uniti, non avevano motivazione scritta e utilizzavano un linguaggio giuridico non corrispondente a quello del sistema giudiziario italiano, ma che poteva dalle stesse dedursi che R. era stato condannato negli Stati Uniti per fatti certamente compresi in quelli giudicati in Italia.

L’operazione di polizia che aveva determinato questi processi risaliva agli anni 80 e riguardava un traffico rilevante di stupefacenti, R. era stato condannato in America e, dopo aver interamente scontato le pene, era stato rimpatriato e sottoposto a nuovo procedimento.

La Corte osservava che il tema giuridico da risolvere era se il R. stesse scontando in Italia una pena che comprendeva in tutto o in parte i fatti per i quali aveva già scontato la pena negli Stati Uniti, visto che, in caso positivo, la pena già scontata doveva essere scomputata Dalle decisioni straniere emergeva che aveva scontato la pena per il reato di tentato acquisto di 5 kg. di eroina, commesso nel maggio 1982, per la distribuzione di 2 kg. di eroina nel 1982 e di 1 kg. di eroina nel 1987, nonchè per tentata estorsione nel 1987; inoltre in precedenza era stato condannato per associazione e attività di racket, condotte che, pur non apparendo sufficiente la documentazione prodotta per capire di cosa si trattava, apparivano estranee a quelle contestate in Italia.

Dalla sentenza di condanna italiana emergeva che R. era stato condannato per associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti ed in particolare per aver trafficato in ingenti quantitativi di detta sostanza alcuna delle quali condotte commesse all’estero, le medesime per le quali era già stato condannato in America, mentre alcune commesse in Palermo come il confezionamento di circa 20 kg. di eroina e la consegna di 1 kg della stessa sostanza.

Riteneva quindi che potesse scomputarsi solo la pena corrispondente ai primi due episodi che quantificava, tenuto conto della loro minore gravità rispetto agli altri, in anni due di reclusione ed Euro 1200 di multa.

Avverso la decisione presentava ricorso il condannato e deduceva:

– violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 5, in quanto il giudice dell’esecuzione aveva ampi poteri istruttori e non poteva quindi rinunciare a decidere solo perchè la documentazione prodotta dal richiedente non era completa o non era idonea a risolvere la questione a lui sottoposta, ben potendo disporre l’acquisizione di atti stranieri dai quali trarre le informazioni a lui necessarie;

– violazione dell’art. 649 c.p.p. in quanto il ricorrente era stato condannato per gli stessi fatti sia in America che in Italia e non vi era alcuna discordanza di fatti o di epoche, mentre il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto indebitamente che in la sentenza di condanna italiana contemplasse condotte diverse e più gravi mai considerate dalla corte statunitense; in particolare tali episodi erano la cessione di 20 kg. di eroina; l’aver determinato la saturazione del mercato cittadino in Palermo, nonchè il fatto che il delitto associativo riguardava anche queste ultime fattispecie;

analizzava la motivazione della sentenza della corte territoriale e della Corte di Cassazione e riteneva che il giudice dell’esecuzione fosse incorso in errore nell’interpretare il contenuto di quelle decisioni in quanto i giudici avevano fatto riferimento a quegli episodi solo per dimostrare la sussistenza del delitto associativo, ma non li avevano ritenuti dimostrati e quindi che per quei fatti non vi fosse stata condanna; comunque poteva ben ritenersi che anche il giudice americano avesse voluto ricomprendere nella condanna quegli episodi visto che le condotte per il reato associativo ricomprendevano tutte quelle poste in essere dalla medesima associazione senza specificazione; quanto all’aver determinato la saturazione del mercato associativo, non si trattava di una condotta ma di un effetto della condotta, privo di sanzione autonoma e quindi privo di effetti sul bis in idem; parimenti infondata era la questione della maggior ampiezza del reato associativo italiano, visto che i tempi erano identici.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.

Pur essendo fondata la obiezione che il giudice dell’esecuzione ha ampi poteri istruttori e che non può certo rinunciare a chiarire le questioni a lui sottoposte solo perchè le parti non hanno prodotto sufficienti elementi, deve rilevarsi che nel caso di specie, da un lato l’incompletezza denunciata non riguardava il tipo o la quantità dei documenti prodotti ma il loro contenuto, non altrimenti integrabile, visto che le sentenze dei giudici americani non contengono motivazione e che il loro linguaggio giuridico non poteva essere mutato, dall’altro la decisione si fonda su altre circostanze.

Infatti la decisione del giudice dell’esecuzione si fonda sul merito della decisione di condanna italiana e sulla valutazione del suo contenuto, contestata dal ricorrente.

Secondo la corte territoriale la sentenza che aveva condannato R. in Italia aveva condannato anche per l’episodio inerente al traffico di 20 kg. di eroina episodio più grave, non riguardante le decisioni straniere e solo in tal senso si giustificava la previsione dell’effetto di aver determinato la saturazione del mercato (pag. 54 e 55), effetto che certo non poteva essersi verificato se la condanna fosse stata limitata ai 5 kg; ne conseguiva che anche l’associazione contestata in Italia era più grave perchè riguardava anche tale episodio. Effettivamente dalla lettura della decisione di merito emerge, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, che la fattispecie di traffico di ingenti quantitativo di stupefacente, riferita anche all’episodio dei 20 kg. di eroina, era stata ritenuta provata non solo dalle dichiarazioni di O., ma anche da intercettazioni telefoniche operate nel processo americano, e quindi l’inidoneità delle prime era corroborata dalle seconde.

L’interpretazione diversa fornita dal ricorrente in sede di ricorso non è prospettabile in sede di legittimità, non apparendo quella contenuta nell’ordinanza nè illogica, nè contraddittoria, nè contrastante con la decisione di merito.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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