Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-05-2011) 13-06-2011, n. 23729 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo in data 2.5.2007, M.P. veniva condannato alla pena di anni quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile G. A., per il reato continuato di cui alla L. Fall., art. 216 e art. 223, comma 2, commesso quale amministratore unico fino al (OMISSIS) della s.r.l. Fipimm e della s.r.l. Finpart, dichiarate fallite in Bergamo rispettivamente il 20.7.1999 ed il 6.10.1998, in concorso con F.U., socio unico della Finpart ed amministratore di fatto della stessa e della controllata Fipimm, distraendo dalla Fipimm alla Finpart e successivamente da quest’ultima a sè stesso ed alle società Mas e Mas International somme provenienti dalla vendita di un immobile della Fipimm di Gorlago, e cagionando in tal modo il fallimento della Fipimm e della Finpart. La responsabilità dell’imputato era ritenuta in base agli accertamenti dei curatori dei fallimenti, ai verbali di constatazione della Guardia di Finanza ed alle stesse dichiarazioni del M., da cui risultava che dell’importo della vendita dell’immobile della Fipimm la somma di L. 1.885.950.000 era trasferita alla Finpart, che di essa la Finpart destinava l’importo di L. 1.184.860.000 alla s.r.l. Mas con analoga giustificazione e la somma di L. 200.000.000 allo stesso M., in tal modo privando la Fipimm e la Finpart dei loro beni per risollevare le condizione economiche critiche della Mas, irrilevante essendo l’appartenenza delle società citate allo stesso gruppo.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine:

2.1. all’affermazione di responsabilità dell’imputato, osservando che le operazioni contestate non integravano distrazioni in pregiudizio dei creditori e non cagionavano il fallimento delle società incidendo unicamente sul patrimonio e non sul capitale di queste ultime, considerato che il consulente della difesa accertava come all’uscita del M. le società si trovassero in pareggio di bilancio e la Finpart venisse venduta al valore nominale delle quote, e che i fallimenti venivano determinati dal debito verso il fisco creatosi successivamente a seguito di operazioni di acquisto e vendita di materiale informatico in evasione di IVA, non addebitabili all’imputato;

2.2. alla determinazione della pena;

2.3. al diniego delle attenuanti generiche;

2.4. alla mancata assunzione di prove decisive costituite dall’audizione dei successivi amministratori delle società fallite e da perizia contabile sulla ricostruzione delle situazione delle società al momento dell’uscita del M. dalle stesse.

Con memoria difensiva successivamente presentata il ricorrente sollecita altresì declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di cui al capo G, relativo al fallimento della Finpart.
Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputato è fondato nei termini che seguono.

Come si è accennato in premessa, le imputazioni contestano, con riferimento ad entrambe le vicende fallimentari interessate, sia l’ipotesi della bancarotta fraudolenta patrimoniale che quella della causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose.

Le due fattispecie incriminatrici concernono ambiti diversi. La condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale si configura invero nel compimento di atti distrattivi che, incidendo sulla consistenza del patrimonio dell’impresa, creino pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla loro incidenza sull’intervenuto fallimento; la condotta di bancarotta impropria richiede invece la realizzazione di atti diversi da quelli distrattivi, per la rilevanza dei quali è viceversa necessario il rapporto eziologico con il fallimento. Il concorso fra i due reati è pertanto possibile nella sola forma materiale, e non anche in quella formale (Sez. 5, n. 17978 del 17.2.2010, imp. Pagnotta, Rv.247247), quale si individuerebbe nella figura della condotta di bancarotta per distrazione a cui attribuisca altresì rilevanza penale in quanto fattore causale del dissesto. Depone sicuramente in questo senso il dato testuale, descrittivo della condotta tipica del reato di bancarotta impropria, del compimento di operazioni dolose che abbiano cagionato il fallimento, evocativo di modalità commissive diverse e più complesse rispetto ad atti, quali quelli distrattivi, direttamente incidenti sui beni dell’impresa (Sez. 5, n. 17690 del 18.2.2010, imp. Cassa di Risparmio di Rieti, Rv. 247314). Ma per altro verso, sotto il profilo della portata offensiva del fatto, la condotta propriamente distrattiva esaurisce la lesività del fatto nel pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale, nulla ad essa aggiungendo la produzione dell’evento fallimentare; la cui autonoma e distinta incriminazione darebbe a quel punto luogo ad un’inammissibile duplicazione nella tutela penale dell’interesse protetto.

Orbene, mentre la sentenza impugnata motiva specificamente sulla sussistenza della contestata fattispecie di bancarotta patrimoniale, evidenziando l’incongrua giustificazione contabile a titolo di rimborso di finanziamenti dei soci dei trasferimenti delle somme dalla Fipimm alla Finpart e successivamente da quest’ultima alla Mas, la viceversa del tutto ingiustificata acquisizione dell’ulteriore somma di L. 200.000.000 da parte dello stesso imputato e l’irrilevanza della circolazione di dette somme all’interno di società dello stesso gruppo nell’intento di sanare la situazione della Mas, la motivazione di entrambe le decisioni di merito si rivela irrimediabilmente carente riguardo all’ipotesi di bancarotta impropria, con particolare riferimento all’identificazione di operazioni, diverse da quelle distrattive, che assumerebbero rilievo ai fini della causazione dei fallimenti. La sentenza di primo grado, pur affermando esplicitamente nel dispositivo la responsabilità penale dell’imputato per la fattispecie in esame, non motivava espressamente sul punto, mentre la sentenza di appello omette anche nel dispositivo riferimenti specifici all’imputazione in parola; ed a voler prendere in considerazione a questi fini gli accenni delle sentenze agli effetti della privazione dell’immobile, unico bene delle società, e del relativo controvalore, indicati in particolare dalla decisione di primo grado nell’incidenza sui successivi bilanci delle fallite e da quella di appello nell’impossibilità per la Finpart, a seguito della cessione dell’immobile, di pagare il debito di L. 250.000.000 contestualmente formatosi nei confronti di G.A. per la cessione delle sue quote della Mas, gli stessi si rivelano come tali da identificare sostanzialmente le operazioni dolose produttive dei fallimenti nelle condotte distrattive poste in essere sulle somme ottenute dalla cessione dell’immobile, inidonee ad assumere questa funzione per quanto pocanzi premesso.

2. La sentenza impugnata risulta dunque viziata nella motivazione sulla sussistenza della contestata ipotesi della causazione dei fallimenti per effetto di operazioni dolose e, comunque, sull’individuazione di queste ultime in condotte diverse da quelle distrattive; e deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia per nuovo esame sul punto.

Questa conclusione assorbe le ulteriori doglianze difensive. Quanto alla richiesta di declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati relativi al fallimento della Finpart, dalla data del 6.10.1998, in cui detto fallimento veniva dichiarato, non risulta trascorso il termine prescrizionale massimo, tenuto conto che lo stesso, pari ad anni dodici e mesi sei, rimaneva sospeso dal 18.1.2006 al 26.4.2006 e dal 15.11.2006 al 10.1.2007 per rinvii dibattimentali a seguito di adesione dei difensori ad astensioni proclamate, ed ha scadenza pertanto al 10.9.2011.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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