Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-05-2011) 13-06-2011, n. 23702

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- G.M. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 12.7.2010/9.2.2011 del tribunale di Reggio Calabria che, in sede di riesame, confermava la pregressa ordinanza cautelare emessa il 9.6.2010 nei di lei confronti dal gip della stessa città per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso (capo O), denunciandone, con unico motivo di ricorso, e richiamando l’art. 606 c.p.p., lett. e), la contraddittorietà e la manifesta illogicità derivante dal travisamento della prova.

-2- I giudici del riesame, dopo una diffusa rivisitazione dell’ordinanza cautelare sulla individuazione delle ‘ndrine operanti nel tratto della Calabria inferiore interessato ai lavori della autostrada Salerno-Reggio Calabria attraverso estorsioni agli imprenditori, alle collusioni con funzionari dell’Anas, all’imposizione di Ditte per sub-appalti e per lavori di movimento terra, dedicavano delle 24 pagine del documento relativo le ultime cinque per delineare la posizione della ricorrente, figlia di G.D., che aveva rivestito nell’ambito della cosca Bruzzise, radicata nel territorio di Barritteri di Seminara, il ruolo di esattore, per l’appunto per conto dei Bruzzise, delle quote relative alle estorsioni connesse ai lavori di ammodernamento della A3 nella zona di competenza, di B. quindi, prima di essere ucciso, il 14.12.2006. I giudici della cautela concordavano nel valorizzare, ai fini del costrutto gravemente indiziante a carico della G., le conversazioni, intercettate nel carcere di Regina Coeli in data 5.1.2007, tra B.G., il capo della cosca omonima, e suoi congiunti ed affini – C.R., cognato, B.E., figlia, e G.V., genero -: il primo C.R., avrebbe riferito al B. che l’indagata era intenzionata a sostituirsi al padre nel ruolo di esattore, trovando in B. non solo l’approvazione, ma l’esortazione a farlo, rimarcando che i B. erano sempre presenti, e raccomandando di armarsi. Il riscontro dei fatti come dedotti dalla predetta conversazione i giudici del riesame lo rinvenivano nelle circostanze seguenti: un mese dopo il colloquio, in data 15.2.2007, l’imputata con il di lei marito, C.A., erano tratti in arresto in seguito al rinvenimento nella loro abitazione di una pistola clandestina, cal. 9 corto, marca beretta e 15 cartucce del medesimo calibro, in due colloqui successivi, del 12 e del 19.1.2007 B. G. consigliava ai suoi sodali di fare affidamento per le loro azioni illecite su C.A., infine la G. M., chiamata a riconoscere in un album fotografico qualcuna delle persone coinvolte nell’omicidio del padre aveva finto di non riconoscerne alcuna, per aver confidato al fratello C. di avere invece riconosciuto tale G.R..

-3- L’indagata, tramite i propri difensori, contesta il valore euristico come attribuito dai giudici, rilevando che dal tenore delle conversazioni intercettate il 5.1.2007 si dovrebbe trarre tutt’altro:

che cioè il B. chiedeva al suo interlocutore di verificare se i figli del G. intendevano sostituirsi al ruolo del congiunto ucciso, che l’indagata manifestava con l’espressione riferita dal C. al B. – "mollo tutto non mollo" – un concreto sentimento di paura in seguito all’uccisione del padre, che il rinvenimento della pistola poteva solo significare che l’indagata si era armata per eventualmente difendersi da offese contro la propria persona, che infine la ritenuta reticenza si inquadrava in un contesto atavicamente omertoso in funzione di evitare reazioni violente in seguito alla collaborazione con le forze dell’ordine.

-4- Il ricorso è inammissibile perchè si risolve nel proporre una spiegazione alternativa a quella offerta dai giudici del riesame, travalicando di conseguenza i rigidi steccati che segnano il recinto proprio della legittimità, specie poi in un contesto processuale caratterizzato dai valori della probabilità e non della certezza processuale. Invero i motivi di ricorso solo assertivamente denunciano la manifesta illogicità della interpretazione giudiziale, limitandosi e solo a fornire una soluzione alternativa che non ha certo elementi quanto meno di maggiore persuasività del discorso giustificativo giudiziale. Ed è noto che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (per tutte, Sez. 6, 8.1/20.4.2008, Gionta, Rv 239724; Sez. 6, 10.6/4.10.2005, Patti, Rv 232576).

Ed con riferimento al caso di specie, rimanendo nell’ambito dei valori propri caratterizzanti lo spessore di verità sufficiente per giustificare i provvedimenti cautelari, meritevoli certo di un approfondimento nel merito ma nella sede loro propria, la frase "non mollo, .. ma io gli accordi che aveva mio padre" riferita al B. dallo zio dell’indagata C.R., suo interlocutore, riscontrata poi dal rinvenimento dell’arma e dai colloqui successivi in cui il capo cosca invita l’interlocutore a fidarsi dei parenti di M. ( G.D.), segnala un sostegno solido, sul piano della legittimità e dei valori propri di verità relativa nella fase cautelare, alla ricostruzione giudiziale.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000; n. 69/1964) – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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