Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 13-06-2011, n. 23653 impugnazioni

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ha concluso insistendo per l’accoglimento.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Terni, con sentenza del 3/10/06, dichiarava M. A. colpevole del reato di cui all’art. 648 c.p., comma 2 e lo condannava alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 400.00 di multa, pena interamente condonata.

Assolveva il prevenuto perchè il fatto non sussiste dai delitti di cui all’art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., n. 2, artt. 582, 585, 612 e 605 c.p. per avere costretto Ma.Ri. ad avere un rapporto sessuale con lui, puntandole contro un coltello, minacciandola di morte, provocandole lesioni personali e chiudendola in una stanza: e, perchè il fatto non costituisce reato, dal delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, contestatogli per avere detenuto, a fini di spaccio, hashish.

La Corte di Appello di Perugia, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dal Procuratore Generale e dalla parte civile, con sentenza del 29/6/2010, in parziale riforma del decidum di prime cure, ha dichiarato il M. colpevole dei reati di cui ai capi A) e B) e unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, assorbito nel capo A) il reato di cui al capo F), concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, lo ha condannato alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, determinando la pena definitiva in anni 4 di reclusione ed Euro 400.00 di multa, tenuto conto della già intervenuta condanna del prevenuto per la violazione di cui all’art. 648 c.p., comma 2, con conferma nel resto.

Ha condannato, altresì, l’imputato al risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile Ma.Ri., liquidato in complessivi Euro 15.000.00, nonchè alla rifusione delle spese processuali in favore della stessa.

Propone ricorso per cassazione la difesa del M. con i seguenti motivi:

– nullità assoluta del processo di appello in quanto il difensore dell’imputato non ha mai ricevuto la dichiarazione di appello proposta dalla parte offesa, nè quella del P.G. essendo stato destinatario esclusivamente del decreto di fissazione di udienza presso la forte di Appello di Perugia.

– erronea valutazione delle emergenze processuali, in particolare, in relazione alla valutazione di attendibilità della presunta parte offesa e di credibilità del narrato fornito dalla stessa.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La argomentazione motivazionale. posta a sostegno del decisum, si rivela del tutto logica e corretta.

La eccezione di nullità del giudizio di appello, sollevata con il primo motivo di impugnazione è priva di pregio e le ragioni dedotte a sostegno di essa risultano smentite dagli atti (verbale di udienza del 29/6/2010, tenuta davanti alla Corte di Appello di Perugia).

Infatti, nel richiamato verbale leggesi: "l’avv Lucaccioni" (in sostituzione dell’avv Carestia, difensore del M.) "rileva che l’appello del P.M. non risulta essere stato notificato nè all’imputato, nè al difensore. Quindi eccepisce la nullità del decreto di citazione per l’udienza odierna in quanto l’atto di appello del P.G, non risulta notificato nè all’imputato, nè all’avv. Carestia".

Su tale eccezione la Corte si è ritirata in camera di consiglio e successivamente, sciogliendo la riserva, ha affermato: "dalle carte del processo risulta che l’appello del Procuratore Generale è stato ritualmente notificato sia alla parte civile, Ma.Ri., in data 12 gennaio 2007, sia all’imputato, così come previsto dall’art. 584 c.p.p.; pertanto, l’ordinanza con la quale alla precedente udienza la Corte aveva disposto la notifica dell’appello del P.G. deve essere revocata, in quanto emessa su un presupposto di fatto rivelatosi errato a seguito del successivo ritrovamento delle carte sopra citate da parte della Cancelleria; per questi motivi rigetta la eccezione e dispone procedersi oltre".

Inoltre, dal controllo svolto sugli atti allegati al fascicolo processuale, risulta che anche l’appello della parte civile è stato notificato al M., per compiuta giacenza, non avendo il destinatario ritirato presso l’ufficio postale competente, entro il termine di giorni dieci dall’avvenuto deposito, il plico spedito con racc. a. r. n. (OMISSIS).

La omessa notifica delle impugnazioni de quibus anche al difensore di fiducia, avv. Carestia, qualora si sia verificata, di certo non può essere causa di nullità del giudizio, come sostenuto dalla difesa dell’imputato, in quanto detta omissione determina solo la postergazione del termine per proporre, eventualmente, appello incidentale (Cass. 19/11/04, n. 44903).

Del pari priva di pregio si rivela la censura mossa col secondo motivo di impugnazione, attinente alla errata attribuzione di attendibilità della p.o. e credibilità del narrato offerto dalla stessa e alla non corretta valutazione della piattaforma probatoria.

La Corte territoriale ha proceduto a rivalutazione analitica di tutte le emergenze istruttorie (dichiarazioni della Ma. e della P., madre convivente del prevenuto; comportamento adottato dalla vittima dopo le violenze patite, non immediatamente denunciate;

rinvenimento da parte dei Carabinieri nell’appartamento del M. di un coltello, posto proprio nel cassetto della camera da letto, il rinvenimento nel frigorifero della droga, elementi tutti indicati dalla donna), traendo la piena convinzione della colpevolezza del prevenuto, a seguito di corretta applicazione della metodologia della analisi estimativa delle risultanze istruttorie, non valutandole singolarmente, ma ponendole in vicendevole rapporto, così da pervenire ad una costruzione logica, armonica e consonante, che ha consentito ad essa Corte di avere una visione unitaria del contesto probatorio e, conseguentemente, di attingere la verità processuale.

Quale ulteriore riscontro esterno, a giusta ragione, il giudice di merito richiama l’esito della visita medica a cui è stata sottoposta la Ma., presso l’ospedale, ove i militi la accompagnarono, esiti che hanno confermato la compatibilità delle lesioni riscontratele con i colpi che la parte civile ha dichiarato di avere subito da parte dell’uomo.

Peraltro, rilevasi, che la censura sollevata tende ad una rivisitazione della prova, sulla quale al giudice di legittimità è preclusa ogni nuova indagine valutativa.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile e liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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