T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 14-06-2011, n. 1060 Misure di prevenzione Sicurezza pubblica Spettacoli e trattenimenti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’odierno ricorrente, sig. E.P., espone di essersi recato in data 10 agosto 2009 presso lo stadio di Grosseto per assistere all’incontro di calcio "GrossetoCosenza", valevole per la "Coppa Italia".

1.1. Nel corso di tale partita, si verificavano l’accensione ed il lancio, nella parte bassa del settore ospiti, di un artifizio pirotecnico. A seguito di riconoscimento effettuato mediante la comparazione delle immagini registrate prima della partita da un operatore della Polizia, e durante la stessa dalle telecamere di sorveglianza, quale responsabile del fatto veniva individuato l’esponente, che per tal ragione veniva deferito alla Procura della Repubblica di Grosseto.

1.2. In conseguenza dell’episodio, con provvedimento Cat. 2^/div. P.A.C./2009, del 27 agosto 2009 il Questore di Grosseto adottava nei confronti del sig. P. il divieto di accedere alle manifestazioni sportive (cd. D.A.SPO.) ex art. 6 della l. n. 401/1989.

1.3. Il predetto provvedimento vieta, invero, all’esponente, per la durata di due anni, di accedere ai luoghi dove si svolgono competizioni di calcio relative ai Campionati nazionali dei professionisti e dei dilettanti, ai tornei internazionali, indicati nelle Coppe Europee, ed alle partite delle Nazionali di calcio da disputare nel territorio nazionale. Gli vieta, poi, di "intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni di calcio". Infine gli impone, per lo stesso periodo, di presentarsi trenta minuti dopo l’inizio del primo tempo e trenta minuti dopo l’inizio del secondo tempo presso il Comando Stazione Carabinieri di Castrolibero (località di residenza dell’interessato) in tutti i giorni in cui la squadra del Cosenza si trovi a disputare incontri di calcio in qualsiasi stadio del territorio nazionale, o all’estero.

2. Avverso il succitato divieto di accedere alle manifestazioni sportive è insorto il sig. E.P., impugnandolo con il ricorso indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

2.1. A supporto del gravame, ha dedotto le seguenti censure:

– incompetenza territoriale, perché il divieto impugnato avrebbe dovuto essere adottato, semmai, dal Questore della Provincia in cui risiede il ricorrente (Cosenza);

– violazione degli artt. 3, 7 e 10 della l. n. 241/1990, poiché nel caso di specie sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 cit., né la P.A. avrebbe esplicitato le ragioni di urgenza che consentono di non effettuare tale comunicazione; inoltre, il provvedimento impugnato sarebbe sfornito di motivazione, non tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo relative ai fatti posti a base della misura (ed in specie, dell’assenza di scontri o tafferugli), né dei precedenti e del tenore di vita dell’interessato;

– violazione di legge ed eccesso di potere per mancata osservanza del principio di gradualità della sanzione, giacché nel caso di specie sussisterebbe una sproporzione tra la condotta attribuita al sig. P. e la sanzione irrogatagli, tenendo, altresì, presente l’incidenza che la misura disposta potrebbe avere sulla sua attività lavorativa;

– violazione dell’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989, in quanto il provvedimento gravato sarebbe eccessivamente generico nell’indicazione delle competizioni sportive alle quali il ricorrente non può accedere, in violazione dei principi di specificità e legalità.

2.2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero degli Interni e la Questura di Grosseto, depositando una relazione della predetta Questura con documentazione allegata.

2.3. Nella Camera di consiglio del 19 novembre 2009, il Collegio, considerato fondato il ricorso con esclusivo riferimento a quella parte del provvedimento impugnato relativa al divieto di intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni calcistiche cui il ricorrente non può accedere, attesa la genericità e la troppo estesa latitudine (e, così, la sproporzione) di un simile divieto, con ordinanza n. 905/09 ha accolto in parte qua l’istanza di sospensione.

2.4. In prossimità dell’udienza pubblica, il ricorrente ha effettuato deposito tardivo di una memoria difensiva.

2.5. All’udienza pubblica del 3 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. In via preliminare si rileva l’inutilizzabilità della memoria difensiva tardivamente depositata dal ricorrente.

3.1. Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato.

3.2. In particolare, risulta fondata la doglianza di sproporzione della sanzione irrogata, nella parte in cui si presta ad incidere assai pesantemente sull’attività lavorativa e sulla vita (al di là dell’assistere a competizioni sportive) del ricorrente, vietandogli di intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni calcistiche alle quali il ricorrente stesso non può accedere. Ed invero, questo Tribunale ha già avuto modo di osservare che la misura interdittiva prevista dall’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 deve essere sufficientemente dettagliata nella sue previsioni anche nella parte in cui vieta al destinatario di intrattenersi in luoghi potenzialmente interessati dalla presenza di tifosi (v. T.A.R. Toscana, Sez. II, 7 aprile 2010, n. 944; id., 19 maggio 2010, n. 1527). Ciò certamente non può dirsi realizzato nel caso di specie, alla luce dell’estrema genericità e dell’eccessiva latitudine del riferimento, contenuto nel divieto gravato, ai "luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto" di quanti partecipano o assistono alle gare a cui il sig. P. non può accedere: infatti, come detto, si tratta di prescrizione eccessivamente ampia e generica, capace, se intesa alla lettera, di precludere all’interessato la stessa possibilità di uscire di casa per i suoi bisogni elementari di vita e per svolgere la sua attività lavorativa. Invero, qualunque luogo può essere interessato alla sosta, al transito o al trasporto di persone che vanno a partecipare o ad assistere alle competizioni calcistiche interdette al ricorrente, il quale ultimo, perciò, si vedrebbe costretto a valutare, prima di ogni suo spostamento, la possibilità di imbattersi in tali persone: con il corollario, di cui è palese l’assurdità, di essere costretto a girare con sempre in mano il calendario di tutte le competizioni sportive che gli sono interdette, onde evitare possibili infrazioni a questa parte del divieto.

3.3. Da quanto detto si desume l’illegittimità, in parte qua, del provvedimento impugnato, il quale, per questa parte, incide pesantemente ed in maniera del tutto sproporzionata sulle libertà personali costituzionalmente garantite, in particolare sulla libertà di circolazione ex art. 16 Cost.: né varrebbe rilevare in contrario l’omessa deduzione, ad opera del ricorrente, della censura di indeterminatezza, per questo aspetto, del provvedimento gravato, come talvolta avvenuto in altre fattispecie analoghe, atteso che l’illegittimità riscontrata rientra, comunque, nel vizio di sproporzione del provvedimento stesso, puntualmente dedotto dal ricorrente. E l’illegittimità è tanto più palese, laddove si consideri che il provvedimento ex art. 6, comma 1, cit., è volto non già ad eliminare una generica pericolosità sociale del soggetto, ma quella specifica che discende dal verificarsi di certe condotte in un ambito specifico e, pertanto, è diretto a contrastare solo tali condotte (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403). Donde la riprova della fondatezza della censura: è evidente, infatti, che l’estrema genericità e, comunque, l’eccessiva estensione dei luoghi (diversi dalle vere e proprie sedi di competizioni sportive) ai quali si applica il divieto, rende quest’ultimo una misura sganciata dalla gravità della condotta del ricorrente e sproporzionata rispetto al fine da raggiungere, che è quello di contrastare la pericolosità specifica (come poc’anzi definita), da questi manifestata con la condotta tenuta, e non una sua generica pericolosità sociale. Sotto questo aspetto, insomma, il divieto gravato supera quanto occorre al fine di raggiungere l’obiettivo prestabilito e, pertanto, viola il principio di proporzionalità, inteso nella sua accezione di canone che attiene al bilanciamento quantitativo degli interessi coinvolti e che, dunque, esprime la necessità che la scelta sia concretamente posta in essere dalla P.A. con l’esercizio di una quantità di potere idonea al perseguimento dell’interesse pubblico, con il minor sacrificio per il contrapposto interesse privato, che viene inciso (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 27 gennaio 2011, n. 125).

4. Non sono fondate, invece, le ulteriori doglianze contenute nel ricorso, a partire da quella relativa alla pretesa incompetenza territoriale del Questore di Grosseto ad adottare il divieto gravato, dedotta con il primo motivo.

4.1. Ed invero, si deve respingere la doglianza di incompetenza territoriale da cui sarebbe affetto il divieto impugnato, giacché competente alla sua adozione sarebbe stato non il Questore di Grosseto, ma quello della Provincia in cui si trova il luogo di residenza dell’interessato (Cosenza). Infatti, non convincono le argomentazioni della giurisprudenza di segno contrario invocata nel ricorso, secondo le quali l’individuazione, quale organo territorialmente competente, del Questore della Provincia di residenza del destinatario si desumerebbe: a) dal fatto che il Questore, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della l. n. 401/1989, può prescrivere in aggiunta all’interessato l’obbligo di comparizione personale davanti all’Autorità di P.S., tenuto conto dell’attività lavorativa dell’invitato, elemento, questo, più agevolmente accertabile dall’Autorità del luogo di residenza; b) dal fatto che l’accertamento della complessiva pericolosità sociale del responsabile di atti di violenza risulterebbe più compiutamente realizzabile da parte dell’Autorità del luogo di residenza; c) dal fatto che, essendo il divieto de quo misura di prevenzione, utile riferimento sarebbe quello alla normativa generale ex l. n. 1423/1956, contenente (art. 4) l’attribuzione della competenza al Questore della Provincia in cui l’interessato ha la dimora.

4.2. Alle suesposte argomentazioni può replicarsi, in accordo con altra e più recente giurisprudenza, evidenziando che:

– quanto al punto a), si tratta di elemento che attiene, a ben guardare, alle modalità di esecuzione del provvedimento gravato – alle quali certamente sovrintende l’Autorità di P.S. del luogo di residenza dell’interessato – più che al suo contenuto prescrittivo; in ogni caso, si tratta di un elemento che ben può mancare (essendo assente in tutti i casi nei quali il Questore non aggiunga la prescrizione della comparizione personale dinanzi all’Autorità di P.S.), ed al quale, perciò, non sembra attribuibile un peso significativo ai fini dell’individuazione dell’organo competente per territorio all’adozione del provvedimento;

– quanto al punto b), si tratta di argomento non condivisibile, poiché, come già visto, ciò che forma oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione, ai fini dell’emissione del cd. D.A.SPO., non è una generica pericolosità sociale del soggetto, ma la sua pericolosità specifica in relazione a certe condotte attinenti ad un ambito specifico. Ciò pare suggerire che la valutazione di detta pericolosità debba essere, invece, compiuta dall’Autorità del luogo dove si è perfezionata la condotta rivelatrice della pericolosità stessa, in quanto in possesso di tutti gli elementi per effettuare in modo esaustivo la predetta valutazione (T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 21 agosto 2006, n. 341): si pensi, per es., all’esigenza, rivelatasi ineludibile nella fattispecie ora in esame, di procedere all’individuazione del responsabile dell’accaduto mediante la visione in loco delle riprese effettuate dalle telecamere di sicurezza dello stadio di Grosseto;

– quanto al punto c), si tratta di argomento non decisivo, potendo il rapporto tra la l. n. 401 cit. e la l. n. 1423/1956 essere impostato in termini di specialità e di deroga, anziché in termini di integrazione e di completamento. Inoltre, da un lato la misura di cui all’art. 6, comma 1, della l. n. 401 cit. (cioè il divieto di accesso) è una misura interdittiva atipica, e non una misura di prevenzione (Cass. pen., SS.UU., 12 novembre 2004, n. 44273). Dall’altro, per quanto qui rileva, il concetto di "dimora" non si identifica con il luogo di residenza o di dimora abituale, dovendosi intendere come il luogo in cui la pericolosità del soggetto si è manifestata ed ha trovato alimento, pur a prescindere dalle risultanze anagrafiche, dalla vita abituale e dallo svolgimento delle normali attività (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 341/2006, cit., con i richiami giurisprudenziali ivi citati).

4.3. Ad avviso del Collegio, risulta, a ben guardare, decisivo, ai fini della reiezione della censura di incompetenza territoriale dedotta dal ricorrente, il fatto che la misura ex art. 6 cit. ha indubbiamente natura di provvedimento di urgenza a tutela dell’ordine pubblico (così T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 341/2006, cit.), come dimostra, tra l’altro, la circostanza che esso può essere adottato in base alla mera denuncia del soggetto coinvolto. La giurisprudenza ha, invero, riconosciuto al divieto in parola carattere cautelare ed urgente, non dovendo esso essere preceduto dall’accertamento della responsabilità dell’incolpato, riservato alla sede penale, ma venendo giustificato dal semplice fumus della stessa, sussistente anche per la semplice denuncia di aver partecipato ad episodi di violenza su persone o cose in occasione, o a causa, di manifestazioni sportive (T.A.R. Liguria, Sez. II, 30 aprile 2010, n. 2027). Ciò premesso, è chiaro che l’attribuzione della competenza ad adottare il D.A.SPO. al Questore della Provincia di residenza dell’interessato comporta necessariamente un allungamento dei tempi del procedimento (per la necessità di svolgere, a propria volta, una compiuta istruttoria, o, quantomeno, di farsi trasmettere gli elementi raccolti sul luogo dei fatti), di fatto incompatibile con le suesposte esigenze cautelari e preventive. Donde la preferenza per la tesi che ravvisa, in relazione al cd. D.A.SPO., l’individuazione dell’organo competente alla sua emissione in riferimento al luogo del verificarsi della condotta (Cass. pen., Sez. I, 22 settembre 2004, n. 38660).

5. Va, parimenti, respinta la doglianza di violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, per avere la P.A. omesso la comunicazione di avvio del procedimento, senza neppure esplicitare le ragioni di urgenza che, ai sensi del comma 1 dell’art. 7 cit., esonerano la P.A. dall’obbligo della comunicazione stessa. Sul punto, si richiama, innanzitutto, l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, per le particolari esigenze di necessità ed urgenza connaturate con la misura de qua, finalizzata a preservare l’ordine pubblico, in detta ipotesi non sussiste l’obbligo della P.A. di comunicare agli interessati l’avvio del relativo procedimento (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 341/2006, cit., con i numerosi richiami giurisprudenziali ivi citati). In secondo luogo, a ben guardare il divieto impugnato contiene una sia pur sintetica indicazione delle ragioni di urgenza sottese alla sua adozione, lì dove rammenta l’esigenza di contrastare gli episodi sanzionati "anche in ragione del fatto che in data 21 agosto c.a., dopo la pausa estiva, sono riprese tutte le manifestazioni calcistiche a carattere professionistico": il che soddisfa la clausola di esonero dall’obbligo di comunicazione prevista dal menzionato comma 1 dell’art. 7 della l. n. 241/1990; né in contrario vale la circostanza dell’avvenuta notifica del divieto a campionato (del Cosenza calcio) già iniziato, la quale, semmai, rafforzava la necessità per la P.A. di provvedere con urgenza, semplificando al massimo il relativo iter procedimentale. Ne discende che il motivo di ricorso in esame (il secondo), per il profilo ora analizzato, è infondato.

5.1. Peraltro, anche diversamente opinando, nel caso di specie sarebbe, comunque, applicabile l’art. 21octies, comma 2, seconda parte, della l. n. 241/1990, il quale (recependo gli orientamenti emersi nella giurisprudenza: cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 341/2006, cit.) ha stabilito che il provvedimento non è annullabile per mancata comunicazione di avvio del procedimento, se la P.A. dimostri in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato. Nel caso di specie, infatti, la Questura di Grosseto, nelle proprie difese, ha dato anzitutto conto dell’urgenza nel vietare al ricorrente l’accesso alle competizioni calcistiche, evidenziando, in particolare, la vicinanza temporale tra la data in cui si è verificato l’episodio (il 10 agosto del 2009) e quella di avvio del campionato per il Cosenza calcio, cioè la squadra di cui il medesimo ricorrente risultava sostenitore (23 agosto 2009); ha, inoltre, evidenziato la gravità dell’episodio (l’accensione dell’artifizio pirotecnico ed il suo lancio in un settore dello stadio occupato da altre persone), senza dimenticare la gravità degli antefatti (cioè l’acquisto dell’artifizio pirotecnico e la sua introduzione all’interno dello stadio). Ha, infine, esaurientemente spiegato il ritardo nella notifica del divieto, che va ascritto alla necessità di procedere all’individuazione del responsabile dei fatti contestati tramite l’esame in loco delle riprese effettuate dalle telecamere di sicurezza dell’impianto sportivo. Donde, anche per tal verso, l’infondatezza della censura.

5.2. Ancora, deve essere respinta la doglianza di difetto di motivazione del provvedimento gravato, anch’essa dedotta (come la precedente) con il secondo motivo. Il provvedimento in questione reca, infatti, una puntuale elencazione delle ragioni che hanno portato il Questore ad adottarlo, incentrate sulla gravità del fatto commesso, "desumibile non solo dalla mera analisi del gesto" (il fumogeno è stato acceso all’interno di un contesto di folla, poi lanciato in uno spazio occupato da altre persone), "ma riscontrabile anche dalle conseguenze di carattere giudiziario indicate dalla legge, che prevede, nel caso di specie, finanche l’arresto facoltativo nella flagranza di reato".

5.3. Per la medesima ragione, deve ritenersi, altresì, infondata la censura di violazione del principio di gradualità della sanzione, dedotta con il terzo motivo, nella parte in cui è rivolto a contestare non già l’eccessiva latitudine del divieto gravato (su cui cfr. supra, paragg. 3.13.3), ma la sua eccessiva durata. Il ricorrente obietta, infatti, sul punto che la P.A. non avrebbe considerato il tipo di condotta posta in essere, le circostanze di tempo e di luogo, il non aver egli provocato incidenti e l’assenza di precedenti a proprio carico. In contrario, tuttavia, il Collegio considera sufficiente il riferimento alla gravità dell’episodio, come sopra illustrata (e soprattutto per la pericolosità del lancio del fumogeno in un settore dello stadio occupato da altre persone). Ciò, tanto più che il potere del Questore ex art. 6, comma 1, cit. si connota per un elevato tasso di discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell’ordine pubblico anche in via preventiva, in caso di pericolo pur solo potenziale di lesione (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 29 maggio 2008, n. 603): discrezionalità particolarmente evidente soprattutto sotto il (contestato) profilo della durata del divieto, potendo esso spaziare, in base alle previsioni di legge, da un minimo di un anno fino ad un massimo di cinque anni (art. 6, comma 5, della l. n. 401 cit.). Sul punto vanno, perciò, condivise le conclusioni dell’Amministrazione intimata, secondo cui l’irrogazione della misura in una durata intermedia (anni due) risulta, alla luce dei fatti, ragionevolmente proporzionata.

5.4. Da ultimo, deve essere respinta la censura di genericità del provvedimento impugnato in ordine all’indicazione delle competizioni sportive alle quali il ricorrente non può accedere, poiché in realtà il decreto specifica che oggetto del divieto di accesso sono i luoghi dove si svolgono competizioni di calcio relative ai campionati nazionali (di) professionisti e dilettanti, ai tornei internazionali (con riferimento esplicito alle Coppe Europee per squadre di club), alle partite delle Nazionali di calcio che verranno disputate sul territorio nazionale. Pertanto, da un lato, il divieto riguarda l’accesso del sig. P. agli impianti sportivi in veste di spettatore e sostenitore delle squadre, ma non si può certo intendere come preclusivo della pratica sportiva in prima persona da parte del medesimo sig. P.. Dall’altro, il divieto, ancorché gravoso – ma sul punto valgono le considerazioni di cui al paragrafo precedente -, è circoscritto alle sole competizioni calcistiche e, quindi, come si premura di precisare la Questura nelle sue difese, non si estende alle manifestazioni aventi ad oggetto discipline sportive di altra natura.

6. In definitiva, il ricorso è fondato limitatamente alla parte del provvedimento impugnato relativa al divieto, per il destinatario, di intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni di calcio, alle quali il destinatario medesimo non può accedere. Per questa parte, dunque, il provvedimento de quo va annullato, tenendolo fermo, invece, nelle parti rimanenti.

7. Quanto alle spese, se ne dispone la compensazione, in ragione della soccombenza reciproca delle parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei termini specificati in motivazione, annullandolo in parte qua.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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