T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 14-06-2011, n. 1056 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 6 e depositato 12 novembre 2009, M.C. proponeva impugnazione avverso il decreto del 12 giugno 2009, mediante il quale il Questore di Pistoia aveva disposto nei suoi confronti la sospensione della licenza di porto di fucile, nonché avverso il successivo decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico da lui proposto contro il provvedimento di sospensione. Il ricorrente, affidate le proprie doglianze a tre motivi in diritto, concludeva per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva.

Costituitesi in giudizio le amministrazioni procedenti, che resistevano al gravame, con ordinanza del 19 novembre 2009 il collegio respingeva l’istanza cautelare. Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 3 marzo 2011.
Motivi della decisione

Come riferito in narrativa, la controversia ha per oggetto il decreto del 12 giugno 2009, con cui il Questore di Pistoia ha disposto a carico del ricorrente M.C. la sospensione della licenza di porto di fucile, motivando il proprio intervento con riguardo alla particolare situazione di tensione familiare emergente da una denunciaquerela per ingiurie e minacce sporta nei confronti del C. dalla moglie Loredana Giannarini in data 24 maggio 2009. Il gravame coinvolge, altresì, il decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico proposto contro il provvedimento di sospensione, pienamente confermativo dell’operato del Questore, e questo nonostante la sopravvenuta remissione della querela predetta ad opera della Giannarini.

Con il primo motivo, rubricato "Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di istruttoria", il ricorrente si duole del mancato espletamento, ad opera dell’amministrazione, delle verifiche e degli accertamenti necessari a riscontrare le affermazioni contenute nella querela, che sarebbero prive di qualsiasi supporto probatorio. A maggior ragione la verifica avrebbe dovuto essere eseguita una volta intervenuta la rimessione della querela e, con essa, la procedibilità della vicenda in sede penale. Il Prefetto, secondo il C., avrebbe altresì ignorato la documentazione sanitaria da lui allegata per confutare quanto sostenuto dalla moglie a proposito di un suo presunto stato patologico riconducibile all’abuso di alcol.

Con il secondo motivo, rubricato "Eccesso di potere per difetto di motivazione e/o insufficiente motivazione", il ricorrente sostiene che nessuno dei due provvedimenti impugnati presenterebbe un’adeguata esposizione di elementi obiettivi idonei a sorreggere il giudizio di inaffidabilità sottinteso alla sospensione della licenza.

Con il terzo motivo, rubricato "Violazione dei principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa", oltre a ribadire le censure afferenti il difetto dell’istruttoria, il C. lamenta di non aver avuto la possibilità di partecipare al procedimento amministrativo e di potervi esporre le proprie ragioni.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono infondati.

L’art. 39 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773/31 stabilisce che il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne. Analogamente, l’ultimo comma dell’art. 43 T.U.L.P.S. prevede che la licenza di portare armi può essere ricusata a chi non dà affidamento di non abusare delle armi. Secondo i consolidati orientamenti della giurisprudenza, che il collegio condivide, le norme richiamate riconoscono all’amministrazione un potere di valutazione eminentemente discrezionale, da esercitarsi con prevalente riguardo all’interesse pubblico all’incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale uso delle armi, in relazione alla condotta e all’affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse; corollario di tale affermazione è che la facoltà di detenere armi, munizioni ed esplosivi non corrisponde ad un diritto soggettivo, il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza, bensì ad un interesse reputato senz’altro cedevole a fronte dell’esigenza di evitare rischi per l’incolumità pubblica e per la tranquilla convivenza della collettività: stante il carattere preventivo delle misure di polizia, non è dunque richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte dell’interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – costui dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi ovvero una insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (fra le molte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 379).

Conformemente all’ampio potere discrezionale riservato all’autorità prefettizia, il divieto di detenzione di armi non richiede peraltro una motivazione particolarmente approfondita, mentre il successivo vaglio giurisdizionale deve limitarsi all’esame della sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2009, n. 7107).

Tanto premesso in termini generali, nella specie il provvedimento questorile di sospensione trae origine dalla denunciaquerela sporta da Loredana Giannarini, moglie del ricorrente, il 24 maggio 2009, e che descrive una situazione resa critica, negli ultimi anni, dalla crescente aggressività del C. nei confronti dei familiari conviventi, aggravata dall’eccessiva assunzione di alcol e tale da richiedere in più occasioni l’intervento delle forze di polizia. Lo specifico oggetto della denuncia è costituito da un episodio risalente al giorno precedente, quando il C., in preda all’ira, avrebbe rivolto alla moglie ed alla suocera epiteti ingiuriosi e minacce; episodio che trova un materiale riscontro nel referto di pronto soccorso datata 23 maggio 2009, in atti, attestante l’ingresso della Giannarini in orario compatibile con quello indicato nella denuncia (le 13.54, la lite è stata collocata intorno alle 13.00) e contenente una diagnosi di "stato d’ansia reattivo", anch’essa del tutto compatibile con i fatti denunciati.

Nell’ottica prognostica che, come detto, presiede all’esercizio della discrezionalità amministrativa in materia di armi, le circostanze fattuali di cui si dà conto nella denuncia in questione, richiamate per relationem a fondamento di entrambi gli atti impugnati, rappresentano motivazione adeguata e sufficiente dell’iniziativa assunta dalla Questura e confermata dal rigetto del ricorso gerarchico. La sospensione della licenza risulta, del resto, misura non irragionevole e proporzionata ove si consideri che essa è stata adottata nell’immediatezza della presentazione della denunciaquerela e che il porto delle armi è incompatibile con l’accertamento, ancorché meramente indiziario, delle condotte violente e dell’incapacità del ricorrente di controllare i propri impulsi: si tratta, infatti, di una condizione personale inidonea a dare certezza del non abuso della licenza, e questo a prescindere dalla eventuale occasionalità degli scatti d’ira e da quali ne siano le cause (al riguardo, giova peraltro evidenziare come la documentazione sanitaria, che, ad avviso del ricorrente, dovrebbe smentire l’abbondante consumo di alcolici da parte sua, sia formata esclusivamente di certificazioni anamnestiche, rilasciate cioè sulla sola base delle dichiarazioni rese dall’interessato, sotto la propria responsabilità, al medico certificatore).

Quanto alla circostanza che la querela posta alla base del provvedimento di sospensione sia stata rimessa ancor prima della proposizione del ricorso gerarchico, essa di per sé non impedisce all’autorità di pubblica sicurezza di continuare ad attribuire valore presuntivo ai fatti ivi denunciati (cfr., per fattispecie del tutto analoga alla presente, Cons. Stato, sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4280), né il C. ha fornito elementi obiettivi in virtù dei quali la remissione della querela possa rivestire il significato di negazione del fatto storico ivi rappresentato. Per tale profilo, deve pertanto reputarsi perfettamente legittima la decisione prefettizia di rigetto del ricorso gerarchico, che neppure è inficiata dalla mancata audizione personale dell’interessato, essendo rimesso all’autorità procedente il giudizio di rilevanza in ordine agli accertamenti istruttori da disporre (art. 4 co. 3 D.P.R. n. 1199/71) e, comunque, non vedendosi cosa questa avrebbe potuto aggiungere alle deduzioni svolte per iscritto e documentate.

Alla luce delle considerazioni esposte, il ricorso non può trovare accoglimento. Si rileva peraltro che, in epoca successiva alla pronuncia del decreto di sospensione della licenza di porto di fucile, il Prefetto di Pistoia ha adottato nei confronti del C. il divieto di detenzione di armi con decreto del 17 giugno 2009, provvedimento che non risulta impugnato ed al quale, in disparte l’esito del presente giudizio, non potrà che conseguire la definitiva revoca della licenza.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso, e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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