T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 14-06-2011, n. 169 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società T.I., ricorrente, ha chiesto al Comune di Umbertide l’autorizzazione alla realizzazione di un ponte radio per telefonia (mediante installazione di una parabola presso la stazione radio base esistente) in via dei Patrioti (catastalmente censita al foglio 59, part.lla 1608).

2. Poiché l’articolo 74 del regolamento edilizio comunale per l’installazione di impianti di telefonia cellulare (approvato con deliberazione consiliare n. 68 in data 27 giugno 2007) individua l’immobile prescelto tra quelli sui quali non è possibile realizzare nuovi impianti, con provvedimento dello Sportello unico per l’edilizia e le attività produttive prot. 12419 in data 21 giugno 2010, confermato dal provvedimento prot. 16516 in data 19 agosto 2010, l’autorizzazione è stata negata.

Contestualmente, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 76 del regolamento per l’immobile in questione, il Comune ha anche avviato il procedimento di delocalizzazione dell’impianto.

3. Va sottolineato che, a seguito del preavviso di rigetto in data 11 maggio 2010, la società aveva presentato osservazioni, facendo presente, in particolare, che l’intervento in questione non può essere qualificato come "nuovo impianto", consistendo in un mero ampliamento (mediante ponte radio c.d. puntopunto) della capacità trasmissiva della centrale telefonica già esistente; e che in questo senso doveva intendersi rettificata la definizione di "aggiornamento di un impianto di telefonia cellulare", contenuta nel progetto.

4. La T. impugna il diniego, unitamente alle disposizioni regolamentari presupposte (ed alle Linee guida per l’individuazione delle aree sensibili all’inquinamento elettromagnetico, approvate con la deliberazione della G.P. di Perugia n. 149 in data 29 marzo 2004, in attuazione della l.r. 9/2002 – "Tutela sanitaria e ambientale dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici").

Prospetta vizi sostanzialmente riconducibili a due ordini di censura, appresso sintetizzati.

4.1. Il diniego incorre in violazione dell’articolo 74 del regolamento ed in difetto dei presupposti. La disposizione, infatti, si applica in caso di installazione di nuovi impianti, ma non nei casi di modificazione, integrazione e/o aggiornamento tecnologico di quelli esistenti, tra i quali rientra l’intervento oggetto della richiesta (viene precisato che quello di via dei Patrioti costituirebbe "nel suo insieme, un unico impianto destinato alla fornitura del servizio di telefonia, sia fissa che cellulare" – pag. 8 del ricorso).

4.2. Risultano peraltro illegittime le stesse disposizioni regolamentari presupposte (vengono sottoposti a censura, oltre all’articolo 74, anche gli articoli 71 e 72 del regolamento), per violazione della legge 36/2001, del d.P.C.M. 8 luglio 2003, del d.lgs. 259/2003, oltre che per eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta.

In via diretta, in quanto violerebbero i limiti che i Comuni incontrano nell’esercizio dei poteri di governo del territorio, non potendo introdurre misure nella materia della tutela dai rischi dell’elettromagnetismo, spettante allo Stato; ed in quanto non terrebbero conto della circostanza che gli impianti delle comunicazioni sono posti al servizio dell’insediamento abitativo e ne devono seguire lo sviluppo, non potendo essere ubicati in zone da esso avulse, e che comunque ogni disciplina regolamentare limitativa deve seguire ad una puntuale verifica della possibilità di assicurare una corretta fruizione del servizio di (radio)telefonia.

In via indiretta, in quanto applicative delle previsioni delle Linee Guida provinciali nonché della stessa l.r. 9/2002, le quali, nel qualificare le zone altamente popolate come aree sensibili soggette al divieto di installazione degli impianti, risulterebbero irragionevoli e impedirebbero la fornitura di un servizio ritenuto dalla legge di interesse nazionale.

5. Resistono, controdeducendo puntualmente, il Comune di Umbertide e la Provincia di Perugia.

6. Il Collegio ritiene infondato il primo ordine di censure.

6.1. Va anzitutto sottolineato che l’articolo 8, comma 6, della legge 36/2001 (legge quadro in materia di tutela della popolazione dai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), ha previsto la possibilità per i Comuni di dettare norme regolamentari al fine di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

La portata concreta di detta potestà – stretta nel limitato spazio residuo tra la potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, e quella concorrente in materia di trasporto dell’energia e di ordinamento delle comunicazioni – è stata approfondita, anche nel solco di quanto affermato dalla Corte Costituzionale (cfr., in particolare, in quanto riguardante anche disposizioni della l.r. Umbria n. 9/2002, la sent. 7 ottobre 2003, n. 307), dalla giurisprudenza di questo Tribunale (cfr., per tutte, sent. 18 maggio 2006, n. 305), con orientamenti che hanno trovato sostanziale conferma in quelli del giudice di appello (cfr., per un panorama di tali orientamenti, Cons. Stato, VI, 20 ottobre 2010, n. 7588).

6.2. Nel caso in esame, correttamente il Comune di Umbertide ha qualificato "nuovo impianto" l’intervento in questione.

La "novità" che costituisce il discrimine, nella previsione dell’articolo 74, non riguarda la preesistenza o meno del traliccio sul quale vengono installate le apparecchiature, e nemmeno di impianti adibiti alla medesima funzione di quello (aggiuntivo) che si intende installare. Se si considerano le finalità del potere regolamentare previsto dall’articolo 8, comma 6, della legge 36/2001, l’elemento distintivo concerne piuttosto l’incremento dell’incidenza territoriale dell’insieme degli impianti del sito (sotto il profilo delle emissioni di campi elettromagnetici, ma anche dell’impatto visivo).

Né a diversa conclusione può condurre il rilievo secondo il quale l’impianto non sarebbe destinato alla telefonia mobile (servizio cui si riferisce espressamente l’articolo 74). Infatti, il progetto allegato all’istanza di autorizzazione prevede un impianto che "fa parte integrante della rete di Telefonia Cellulare Nazionale"; ed anche volendo tenere conto della modifica (rettifica) formulata dalla ricorrente a seguito del preavviso di rigetto, nel ricorso si legge che l’impianto "è destinato alla fornitura del servizio di telefonia, sia fissa che cellulare".

A ben vedere, dunque, quella prevista nel progetto, è una parabola che appare in grado di realizzare un ponte radio utilizzabile sia per la telefonia fissa, che per quella mobile, che per il collegamento internet; si tratta, cioè, di un’antenna capace di trasmettere dati che possono riferirsi a diversi settori delle telecomunicazioni. Quello che rileva, ai fini dell’applicabilità del regolamento, è il sistema di trasmissione, la potenzialità dell’impianto aggiuntivo ad incrementare gli impatti che il regolamento è volto a minimizzare (nonché la consistenza dimensionale e morfologica dell’apparato – anche se a questo aspetto, di rilevanza esteticopercettiva, trattandosi di una semplice parabola, non viene in concreto attribuito alcun peso).

Del resto, che in simili casi ciò che conta non sia la denominazione lessicale degli impianti, bensì gli impatti che ne derivano, è già stato affermato dal Tribunale in una pronuncia riguardante (un diniego di autorizzazione per interventi inerenti) il medesimo sito (sent. 6 agosto 2009, n. 474).

6.3. Va aggiunto che l’articolo 74 appare inequivoco e tassativo nella parte in cui vieta l’installazione di nuovi impianti di telefonia cellulare in una serie di siti ben individuati, fra i quali l’immobile in cui è ubicato il traliccio destinato ad ospitare la parabola in questione.

In presenza di una disposizione così puntuale e tassativa, l’organo tecnico comunale non aveva alcuna possibilità di valutare se l’intervento, una volta qualificato come "nuovo", fosse compatibile con l’obiettivo di minimizzare l’esposizione a campi elettromagnetici sul territorio comunale, con la tutela del paesaggio, in generale con una razionale utilizzazione del territorio.

La relativa discrezionalità era stata infatti già interamente esercitata con la previsione regolamentare.

7. In relazione al secondo ordine di censure, riferito alle disposizioni regolamentari, occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di irricevibilità per tardività, sollevata dalle parti resistenti, fondata sul rilievo del carattere oggettivo della previsione preclusiva contenuta nell’articolo 74 (gli articoli 71 e 72, pure formalmente compresi nell’impugnazione, non sono attinenti alla controversia).

Al riguardo, il Collegio ritiene di adeguarsi a quanto affermato nella sopra citata sentenza n. 474/2009, nel senso che:

a) in linea di principio, le disposizioni regolamentari non sono suscettibili d’impugnazione diretta, e possono (e per quanto di ragione debbono) venire impugnate congiuntamente agli atti applicativi; ciò è vero, tuttavia, perché di solito le disposizioni regolamentari sono formulate in via generale ed astratta, di tal che senza la mediazione di un atto applicativo non è possibile stabilire (quanto meno a priori e con certezza) se ed in qual modo esse verranno ad incidere sugli interessi di un destinatario determinato;

b) in questo caso, però, l’articolo 74 contiene un (breve) elenco di siti, esattamente individuati, nei quali è vietata l’installazione degli impianti; e fra questi vi è l’immobile in questione, individuato mediante la sua ubicazione (via dei Patrioti) e i suoi dati catastali (foglio 59, particella 1608); per questa parte, dunque, la disposizione in esame è assimilabile alla previsione di un piano regolatore generale, o di un simile strumento di pianificazione, che in modo immediato e diretto conforma la disciplina edificatoria e/o d’uso di un singolo immobile specificamente individuato;

c) ciascun interessato, ed in particolare il proprietario del fondo o gli utilizzatori degli impianti collocati sul traliccio, avevano dunque tutti gli elementi per apprezzare immediatamente la limitazione impostagli, e tutelarsi (volendo) mediante l’opportuno ricorso;

Pertanto, le censure volte alla caducazione della disposizione regolamentare risultano (come nella controversia decisa dalla pronuncia predetta) tardive, posto che esse, attenendo alla legittimità della singola disposizione regolamentare relativa alla inclusione di quello specifico immobile fra quelli interdetti, avrebbero dovuto essere fatte valere mediante una tempestiva impugnazione del regolamento (nei termini di decadenza decorrenti dalla sua entrata in vigore).

8. L’impugnazione della deliberazione della G.P. n. 149/2004 risulta invece inammissibile, posto che l’intento della Provincia (come ha sottolineato la stessa difesa in giudizio) era quello di "fornire ai comuni una base di discussione e di approccio con il problema dell’individuazione e gestione delle cosiddette "aree sensibilì fornendo un quadro riassuntivo della normativa statale e regionale vigente ed indicazioni orientative ai comuni per la predisposizione di un regolamento" (ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 36/2001); così che le previsioni delle Linee Guida, come già affermato in altra controversia dal Tribunale (cfr. sent. 12 maggio 2005, n. 271), sulle limitazioni alle installazioni nelle aree sensibili "non assumono efficacia vincolante ma semplicemente propositiva".

9. Ad escludere poi che vi siano, a monte del diniego e delle disposizioni attuative regolamentari impugnati, dubbi di illegittimità costituzionale delle previsioni dell’articolo 4 della l.r. 9/2002, è sufficiente richiamare quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 307/2003.

10. Può precisarsi che le conclusioni sopra raggiunte prescindono dal considerare se i contenuti della regolamentazione predisposta dal Comune di Umbertide mediante la deliberazione n. 149/2004, ed il relativo procedimento di elaborazione, siano o meno coerenti con i principi ed i limiti individuati dalla giurisprudenza sopra richiamata (al punto 6.1.).

11. Si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge, in parte lo dichiara irricevibile ed in parte lo dichiara inammissibile, nei sensi indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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