T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. I, Sent., 14-06-2011, n. 42 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto ritualmente notificato e depositato M.E. ha impugnato il provvedimento del Comune di PréSaintDidier, prot. n. 4573/10/15, pratica n. 39/2009, del 17 giugno 2010, successivamente notificatole, con il quale il Responsabile del Servizio tecnico protempore ha respinto la richiesta di aumento volumetrico presentata ai sensi della L.R. n. 24 del 4 agosto 2009 dalla signora M.E. per il fabbricato Lotto R2 PUD C8/C9 – "in quanto in contrasto con l’art. 6 comma 2 lettera a) della Legge Regionale 4 agosto 2009 n. 24 il quale cita "non si applica sulle unità immobiliari anche parzialmente abusive. Concetto ribadito anche nella deliberazione di giunta regionale n. 635 in data 12 marzo 2010 al punto 3.1 delle linee guida per l’applicazione della Legge di cui sopra" – nonché la nota del Comune di PréSaintDidier, prot. n. 3454/10, pratica 39/2009 del 10 maggio 2010, ricevuta il 17 maggio 2010 con il quale il Responsabile del Servizio tecnico protempore ha comunicato alla ricorrente, ex art. 10 bis L. 241/90, i motivi ostativi all’accoglimento della suddetta istanza di aumento volumetrico.

A sostegno del ricorso ha dedotto in punto di fatto che:

A) In data 18/04/2008 il Corpo Forestale della Valle d’Aosta aveva effettuato un sopralluogo presso l’abitazione della ricorrente, sita in Pre Saint Didier, costituita da un fabbricato condominale a diversi livelli catastali, all’esito del quale veniva accertata la realizzazione, senza concessione edilizia, del "tamponamento interno a chiusura del vuoto passante al piano terzo" (sottotetto).

B) La ricorrente aveva quindi avanzato istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/01 in relazione alle suddette opere, respinta dal Comune con provvedimento prot. 9252 sulla base della considerazione che il lotto R 2 aveva una capacità edificatoria di mc 529, per cui risultava una capacità edificatoria residua di appena mc 0,736, inferiore a quella occupata dalle opere in relazione alle quali era stata avanzata la richiesta di concessione edilizia in sanatoria.

C) Avverso il suddetto provvedimento di diniego la ricorrente aveva proposto ricorso innanzi questo T.A.R., rubricato al n. 5/09, nel quale con ricorso per motivi aggiunti era stata gravata anche la successiva ordinanza di rimessione in pristino;

D) Entrata in vigore la normativa sul Piano Casa (L.R. n. 29/04) ed emanate le norme di attuazione con delibera della Giunta n. 3753, la ricorrente aveva depositato presso il Comune nuova richiesta di concessione edilizia in sanatoria per il suddetto ampliamento;

E) Tale istanza è stata quindi respinta, previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento, ex art. 10 bis l. 241/90, con il provvedimento oggetto di gravame nel presente giudizio, in quanto in contrasto con l’art. 6 comma 2 lettera a) della Legge Regionale 4 agosto 2009 n. 24 il quale cita che la legge de qua "non si applica sulle unità immobiliari anche parzialmente abusive. Concetto ribadito anche nella deliberazione di giunta regionale n. 635 in data 12 marzo 2010 al punto 3.1 delle linee guida per l’applicazione della Legge di cui sopra".

Ciò posto, parte ricorrente, rappresentando che in relazione alla suddette opere la Soprintendenza aveva espresso parere favorevole circa la compatibilità paesaggistica ambientale in data 20 agosto 2008 e che le stesse comportavano – anche a volere configurare la chiusura del vuoto passante come aumento volumetrico – un aumento volumetrico pari al 19,7% della volumetria del lotto, inferiore pertanto al limite previsto dall’art. 2 L.R. n. 24/2009 (Legge sul Piano Casa), pari al 20%, ha censurato il provvedimento di diniego, in quanto contrario al principio di ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa, oltre che al principio del buon andamento della pubblica Amministrazione.

Il Comune secondo la ricorrente ha infatti fatto leva su un’interpretazione meramente letterale del dictum legislativo, senza però considerare che detta interpretazione poteva essere in contrasto con la finalità della norma e con i principi di ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa.

Alla stregua di tale interpretazione letterale il proprietario di un immobile parzialmente abusivo, al fine di beneficiare del piano casa dovrebbe previamente abbattere la porzione di costruzione abusiva per poi nuovamente riedificare, in virtù del piano casa, la stessa opera appena demolita.

La norma de qua quindi non va interpreta in senso meramente letterale, ma avendo riguardo alla ratio della legge e ai principi costituzionali che sostengono l’azione amministrativa.

Scopo della legge de qua infatti è quello del rilancio delle attività economiche in un momento di crisi nonché quello delle riqualificazione del patrimonio immobiliare della Regione Valle D’Aosta.

L’operazione di demolizione e ricostruzione postulata dall’interpretazione meramente letterale configurerebbe per contro un’operazione inutile, antieconomica e contraria al fine di rilancio dell’economia e di riqualificazione immobiliare.

Il limite posto dalla legge in relazione all’inapplicabilità agli immobili abusivi va quindi riferito a quelle situazioni in cui, anche qualora fossero eseguiti interventi astrattamente rientranti nell’ambito della legge, permanesse comunque la situazione di abusivismo.

Per contro devono considerarsi assentibili le istanze di concessione edilizia in sanatoria che facciano applicazione della legge sul piano casa, ove la stessa consenta la messa in regolarità urbanistica degli immobili ab origine realizzati in difformità con le concessioni edilizie.

La legge sul Piano Casa può pertanto applicarsi a quegli immobili che, a seguito degli interventi previsti dal piano medesimo, risulterebbero conformi alla strumento urbanistico.

Tale opzione ermeneutica risulterebbe del resto conforme ai principi fatti propri dalla giurisprudenza amministrativa in tema di "sanatoria giurisprudenziale".

La fattispecie in esame è infatti caratterizzata da una successione di leggi nel tempo e la normativa successiva, vale a dire la legge sul "Piano Casa" consentirebbe di realizzare l’opera come di fatto già realizzata, con la conseguente possibilità di sanatoria dell’abuso in quanto conforme a quanto previsto dalla legge sopravvenuta.

Pertanto il provvedimento gravato è illegittimo in quanto non consente la concessione in sanatoria di un’opera che, una volta demolita, potrebbe essere completamente riedificata, senza che possa profilarsi alcun interesse della P.A a coltivare l’abbattimento di un’opera che potrà di nuovo essere riedificata, in contrasto tra l’altro con i richiamati principi di economicità e di ragionevolezza dell’azione amministrativa.

La giurisprudenza si è del resto pronunciata nel senso del diritto di ottenere la concessione in sanatoria di opere che, realizzate senza concessione o in difformità dalla concessione, siano conformi dalla normativa urbanistica vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda in sanatoria.

La sanabilità delle opere, in questa prospettiva, va valutata avuto riguardo alla legge vigente al momento del deposito dell’istanza di sanatoria, e nell’ipotesi di specie, avuto riguardo alla vigenza a tale data delle L.R. n. 24/2009.

Si è costituito il Comune resistente il quale, con memoria depositata in data 13 gennaio 2011, ha insistito per il rigetto del ricorso siccome infondato.

Il Comune ha in particolare dedotto che comunque, anche applicando la L.R. n. 24/2009, le opere di cui è causa non potrebbero essere assentite in quanto parte ricorrente ha erroneamente calcolato l’aumento volumetrico del 20% avendo riguardo alla volumetria dell’intero condominio e non alla sola unità immobiliare di sua proprietà.

In ogni caso la tesi avanzata da parte ricorrente circa l’applicabilità in sanatoria della L.R. n. 24/09 non può essere condivisa in quanto la stessa non può avere effetto di condono e in quanto il dibattito sulla configurabilità della sanatoria giurisprudenziale non può considerarsi chiuso.

Inoltre l’applicazione in via di sanatoria della L.R. n. 24/09 non risponderebbe alle finalità di rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia e di miglioramento della qualità architettonica e dell’efficienza energetica, finalità queste perseguite dalla legge de qua, come evidenziato nella Conferenza Unificata tenuta in data 1° aprile 2009.

Infine la sanatoria de qua è stata richiesta oltre il termine legislativamente previsto, coincidente con il termine fissato nell’ordinanza del Comune per la rimessione in pristino, oggetto di gravame nel giudizio R.G. n. 5/2009.

Parte ricorrente con memoria depositata in data 27 gennaio 2011 ha eccepito la tardività della memoria depositata dal Comune, controdeducendo comunque alle argomentazioni in essa contenute.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 16 febbrario 2011.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente va chiarito che non può prendersi in considerazione la memoria prodotta in data 27 gennaio 2011 da parte ricorrente in quanto depositata oltre il termine di venti giorni liberi prima dell’udienza, previsto dall’art. 73 comma 1 c.p.a per le memorie di replica, laddove per contro la memoria dell’Amministrazione resistente, essendo stata depositata in data 13 gennaio 2011, ovvero nel termine di trenta giorni liberi prima dell’udienza, previsto dall’art. 73 comma 1 c.p.a. risulta del tutto tempestiva.

1.1 Ed invero ai fini dell’applicabilità della novellata disciplina dei termini prevista dal citato art. 73 comma 1 occorre avere riguardo alla data di fissazione dell’udienza, per cui se la stessa risulti fissata in data posteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo deve farsi senz’altro applicazione di tale disciplina e non di quella previgente, richiamata in via transitoria dall’art. 2 allegato 3 del codice del processo amministrativo (cfr al riguardo Tar Toscana, Sez. III – sentenza 2 febbraio 2011 n. 183 secondo cui "L’art. 2 dell’allegato 3 del Codice del processo amministrativo, approvato con d.lgs. n. 104 del 2010, statuisce che, per i termini in corso alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo, continuano a trovare applicazione le norme previgenti. Pertanto, per definire il regime transitorio rilevante ai fini del giudizio su tale eccezione, occorre distinguere il caso in cui, alla data del 16 settembre 2010, risulti essere già stata fissata l’udienza, dal caso in cui ciò non sia avvenuto. Nella prima ipotesi, preesistendo all’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo la concreta identificazione del "dies a quo" (ancorchè a ritroso) coincidente con la data di udienza, la presentazione di memorie e documenti avviene in pendenza del termine fissato per il deposito, con conseguente applicazione della normativa previgente al d.lgs. n. 104/2010; nella seconda ipotesi, in mancanza della concreta individuazione, alla data del 16 settembre 2010, del "dies a quo" stesso, il deposito di memorie e documenti, benché sia comunque consentito, non può avvenire durante la pendenza del periodo previsto dal citato art. 2, non essendo nella suddetta data predefinito il giorno dell’udienza che funge da termine di riferimento).

1.2 Nell’ipotesi di specie l’udienza è stata fissata, a seguito di richiesta di rinvio, all’udienza del 15 dicembre 2010, in data pertanto posteriore alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo, per cui è indubbio che debba applicarsi la novellata disciplina.

1.3. Ciò posto devono comunque considerarsi irrilevanti le deduzioni contenute nella memoria difensiva del Comune circa la non assentibilità dell’intervento de quo ai sensi della Legge sul Piano Casa, dovendo la volumetria computarsi sul solo immobile di proprietà della ricorrente e non anche sull’intero condominio, nonché in ordine alla tardività dell’istanza di sanatoria presentata dalla ricorrente, trattandosi di motivazioni non contenute nell’atto gravato e che pertanto, a prescindere da ogni considerazione circa l’ammissibilità della motivazione postuma, non possono, per costante giurisprudenza, essere contenute in una memoria difensiva (ex mulitiis T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 09 ottobre 2008, n. 2802; T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 17 giugno 2008, n. 2062, secondo cui "È ritenere inammissibile l’integrazione postuma della motivazione di un provvedimento, in origine assolutamente carente, effettuata in giudizio attraverso memoria difensiva, posto che le giustificazioni addotte in corso di causa dall’Amministrazione devono trovare comunque un addentellato logico nel testo dell’atto amministrativo impugnato).

2. Sempre in via preliminare va chiarito che l’impugnazione ad opera della ricorrente della nota del Comune di PréSaintDidier, prot. n. 3454/10, pratica 39/2009 del 10 maggio 2010 e ricevuto il 17 maggio 2010 con il quale il Responsabile del Servizio tecnico protempore ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di aumento volumetrico presentata ai sensi della L.R. n. 24 del 4 agosto 2009, deve intendersi effettuata, trattandosi di atto meramente procedimentale non autonomamente impugnabile, in relazione al recepimento, ad opera del provvedimento finale di diniego, delle motivazioni già evidenziate nella nota citata di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

3. Venendo all’esame del merito, il ricorso deve ritenersi fondato.

4. Ed invero il Collegio condivide la tesi di parte ricorrente circa l’applicabilità in linea astratta della L.R. n. 24/09 sul Piano Casa in via di sanatoria, facendo leva sull’interpretazione sistematica della normativa de qua, avuto riguardo alla necessità del rispetto dei principi di ragionevolezza e di economicità dell’azione amministrativa, sottesi a quell’orientamento giurisprudenziale che ammette la generale sanabilità degli abusi edilizi laddove gli interventi realizzati siano conformi alla legge vigente al momento della disamina dell’istanza (ex multis da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 07 maggio 2009, n. 2835).

4.1 Alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, pare irragionevole negare una sanatoria di interventi che sarebbero legittimamente concedibili al momento della nuova istanza, perdendo oltretutto automaticamente efficacia, a seguito della presentazione di questa, il pregresso ordine di demolizione e ripristino, secondo l’orientamento del Consiglio di Stato in tema di rilevanza su tale ordine dell’istanza di sanatoria (Consiglio di Stato sez. VI, 12 novembre 2008, n. 5646, ex multis).

4.2 Il principio normativo della "doppia conformità", secondo tale orientamento giurisprudenziale infatti, è riferibile all’ipotesi ragionevolmente avuta di mira dal legislatore, desumibile cioè dal senso obiettivo delle parole utilizzate dall’art. 13 della legge n. 47 del 1985, ovvero dal vigente art. 36 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, ipotesi che è quella di garantire il richiedente dalla possibile variazione in senso peggiorativo della disciplina edilizia, a seguito di adozione di strumenti che riducano o escludano, appunto, lo jus aedificandi quale sussistente al momento dell’istanza.

In questa prospettiva la tipicità del provvedimento di accertamento in sanatoria, quale espressione di disposizione avente carattere di specialità, va rigorosamente intesa come riferimento al diritto "vigente", (Consiglio di Stato sez. V 29 maggio 2006, n. 3267), e commisurata alla finalità di "favor" obiettivamente tutelata dalla previsione, in modo da risultare conforme al principio di proporzionalità e ragionevolezza, nel contemperamento dell’interesse pubblico e privato.

La norma, infatti, non può ritenersi diretta a disciplinare l’ipotesi inversa dello jus superveniens edilizio favorevole, rispetto al momento ultimativo della proposizione dell’istanza. In effetti, imporre per un unico intervento costruttivo, comunque attualmente "conforme", una duplice attività edilizia, demolitoria e poi identicamente riedificatoria, lede parte sostanziale dello stesso interesse pubblico tutelato, poiché per un solo intervento, che sarebbe comunque legittimamente realizzabile, si dovrebbe avere un doppio carico di iniziative industrialiedilizie, con la conseguenza, contrastante con il principio di proporzionalità, di un significativo aumento dell’impatto territoriale ed ambientale, (altrimenti considerato in termini più ridotti alla luce della "ratio" della norma in tema di accertamento di conformità) (Così Consiglio di Stato, sez. VI, 07 maggio 2009, n. 2835 cit.).

A conforto di tale opzione ermeneutica il Consiglio di Stato ha infatti affermato, che "gli artt. 13 e 15 della l. 28 febbraio 1985, n. 47, richiedenti per la sanatoria delle opere realizzate senza concessione e delle varianti non autorizzate, che l’opera sia conforme tanto alla normativa urbanistica vigente al momento della realizzazione dell’opera, quanto a quella vigente al momento della domanda di sanatoria, sono disposizioni contro l’inerzia dell’Amministrazione, e significano che, se sussiste la doppia conformità, a colui che ha richiesto la sanatoria non può essere opposta una modificazione della normativa urbanistica successiva alla presentazione della domanda. Tale regola non preclude il diritto ad ottenere la concessione in sanatoria di opere che, realizzate senza concessione o in difformità dalla concessione, siano conformi alla normativa urbanistica vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda in sanatoria" (Consiglio di Stato sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6498).

5. Peraltro all’applicazione della normativa di cui alla L.R. n. 24/09 in via di sanatoria non osta il disposto dell’art. 6 comma 2 della legge medesima laddove afferma che "Gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 non sono consentiti: a) sulle unità immobiliari anche parzialmente abusive, nonché su quelle che sorgono su aree demaniali o vincolate ad uso pubblico o dichiarate inedificabili per legge, sentenza o provvedimento amministrativo".

Tale disposto va infatti coordinato, ai fini che interessano e nell’ottica di un’interpretazione sistematica, con le disposizioni di cui all’art. 2 della medesima legge secondo cui:

" 1) Ai fini di cui alla presente legge, è consentito l’ampliamento o la realizzazione di unità immobiliari mediante l’esecuzione di nuovi volumi e superfici in deroga agli strumenti urbanistici generali e ai regolamenti edilizi, nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dal piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico (PRG), a condizione che siano garantite le prestazioni energetiche e igienicosanitarie esistenti e la sostenibilità ambientale dell’unità immobiliare oggetto dell’intervento.

2) L’ampliamento di cui al comma 1 non può essere superiore complessivamente al 20 per cento del volume esistente.

3). L’ampliamento può essere realizzato una sola volta per ogni unità immobiliare.

4) Gli interventi di cui al presente articolo sono comunque effettuati nel rispetto della normativa vigente relativa alla stabilità degli edifici, di ogni altra normativa tecnica e delle distanze tra edifici stabilite dagli strumenti urbanistici generali e possono anche consistere, in tutto o in parte, nel mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere edilizie, nel rispetto di quelle ammesse nella zona o nella sottozona in cui è situata l’unità immobiliare oggetto dell’intervento.

5) Gli interventi di cui al presente articolo riguardano le sole unità immobiliari per le quali il titolo abilitativo edilizio sia stato acquisito entro il 31 dicembre 2008.

6) Gli interventi di cui al presente articolo relativi alle unità immobiliari classificate di pregio dal PRG possono essere realizzati solo qualora non incidano sulla complessiva tipologia originaria del fabbricato e previo parere favorevole delle strutture regionali competenti in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio.

7) Per gli interventi di cui al presente articolo, le altezze interne utili dei locali di abitazione possono essere ridotte fino a 15 centimetri rispetto alle altezze minime previste dall’articolo 95, comma 1, della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta)".

Da una lettura sistematica di tali disposti può ragionevolmente evincersi che l’espressione contenuta nel citato comma 2 dell’art. 6 circa la non assentibilità degli interventi previsti dagli art. 2,3,4, – per quel che rileva nel caso di specie dall’art. 2 – deve intendersi nel senso che ai fini del computo della volumetria di cui al comma 2 dell’art. 2 deve aversi riguardo alla sola volumetria legittimamente assentita e non a quella abusivamente realizzata (che può concernere l’intero immobile o una parte di esso).

5.1 In tale ottica, laddove le opere in origine realizzate sine titulo comportino un aumento della volumetria fino al 20% della volumetria esistente legittimamente assentita, le stesse possono essere regolarizzate in sanatoria, in forza della legge sul Piano Casa sopravvenuta e vigente al momento della disamina dell’istanza di sanatoria, sempre che ricorrano le altre condizione previste dal citato art. 2 L.R. n. 24/09.

5.2 Ed invero un’interpretazione di segno diverso sarebbe contraria, oltre che all’interpretazione sistematica innanzi indicata, ai principi di ragionevolezza e di economicità dell’azione amministrativa, nonché alla ratio legis, evidenziata dal disposto dell’art. 1 della L.R. medesima secondo cui "La presente legge, anche in considerazione dell’intesa espressa dalla Conferenza unificata in data 1° aprile 2009, detta misure di semplificazione delle procedure vigenti per la realizzazione degli interventi sul patrimonio edilizio e disciplina ulteriori incentivazioni volte a favorire il miglioramento della qualità degli edifici, l’efficienza energetica, la sostenibilità ambientale e l’utilizzo di fonti di energia alternative e rinnovabili".

Infatti la finalità della legge risulta rispettata qualora l’intervento realizzato in origine sine titulo e realizzabile in base a tale legge avesse come scopo, come sembra essere nella specie, quello del miglioramento del patrimonio edilizio e del risparmio energetico.

Infatti l’intervento de quo è consistito nella chiusura di un vuoto passante ovvero di un’area provvista di un tetto e di una superficie calpestabile perimetrata su tutti e quattro i lati, ove due lati erano già chiusi da muratura, mentre gli altri due erano chiusi da assi, con la presenza di fessure di pochi centimetri fra un’asse e l’altra.

Lo stesso pertanto sembra consentire senza dubbio un risparmio energetico e un miglioramento della qualità architettonica dell’edificio, rispondente alla finalità perseguita dalla legge.

5.3 Tale finalità non può pertanto consistere nella mera finalità di rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia, richiamata nella Conferenza Unificata del 1 Aprile 2009 – assieme a quella di valorizzazione del patrimonio edilizio e di risparmio energetico – trattandosi di finalità neppure espressamente richiamata nel citato art. 1.

Tale ulteriore finalità può pertanto contribuire alla ricostruzione della volontà storica del legislatore – operazione questa tra l’altro da condursi avendo riguardo a tutto quanto risultante dalla Conferenza Unificata richiamata dal citato disposto dell’art. 1 – ma non della "voluntas legis" oggettivamente considerata, da ricostruirsi sulla base dell’interpretazione letterale e sistematica della legge medesima, oltreché in armonia con i principi costituzionali di razionalità e di economicità e di buon andamento dell’azione amministrativa, sottesi al disposto dell’art. 97 Cost.

6. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’ atto di diniego gravato, prot. n. 4573/10/15, del 17 giugno 2010.

6.1 Resta salva l’ulteriore attività provvedimentale dell’Amministrazione, nel rispetto delle prescrizioni di cui al disposto dell’art. 2 della L.R. n. 24/09, in ordine all’istanza prodotta da parte ricorrente.

7. Sussistono eccezionali e gravi motivi, in considerazione della novità della questione sottesa all’interpretazione della L.R. n. 24/09 e delle oscillazioni giurisprudenziali esistenti in merito al requisito della doppia conformità previsto dall’art. 36 D.P.R. 380/01, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento del Comune di PréSaintDidier, prot. n. 4573/10/15 del 17 giugno 2010.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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