Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-05-2011) 13-06-2011, n. 23674

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 4 novembre 2009 e depositata il 19 novembre 2009, la Corte di appello dell’Aquila ha confermato la sentenza del giudice della udienza preliminare del Tribunale di Vasto, 10 giugno 2004, di condanna alle pene della reclusione in un anno e della multa in centosessanta euro, a carico di G. G., imputato del (concorso nel) delitto di porto illegale di arma comune da sparo, commesso in (OMISSIS).

I giudici di merito hanno accertato che l’imputato aveva portato in luogo pubblico una carabina Flobert, calibro mm. 9, con nove cartucce; l’arma era allocata nell’abitacolo della autovettura del giudicabile, precisamente "nell’interstizio tra il sedile anteriore e quello posteriore"; G. al momento della perquisizione del veicolo e del sequestro aveva il possesso della autovettura.

In relazione ai motivi di gravame e alle richieste della difesa dell’appellante, la Corte territoriale – per quanto qui rileva – ha osservato: 1) deve essere confermata l’ordinanza colla quale è stata disattesa la mozione difensiva di differimento della trattazione del giudizio per addotto impedimento professionale del difensore; in proposito soccorre anche il rilievo ulteriore che nel giudizio di appello col rito della camera di consiglio la presenza del difensore non è necessaria ai sensi del richiamato art. 127 c.p.p., comma 2, atteso che la udienza deve essere differita solo se sussiste il legittimo impedimento dell’imputato il quale ha chiesto di essere sentito o ha manifestato la volontà di comparire; 2) in rito, è irrilevante – in carenza della proposizione della ricusazione – la denunziata incompatibilità del giudice a quo per aver, in precedenza, giudicato F.A.A., imputato del concorso col giudicabile nel medesimo reato; 3) ancora in rito, la formalità dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore non è prescritta per le perquisizioni eseguite di iniziativa dalla polizia giudiziaria; peraltro la invalidità della perquisizione non si propaga al sequestro; 4) nel merito, la prova della colpevolezza è offerta "non solo" – e "in modo preclaro" – dal processo verbale del sequestro dell’arma, ma "anche" dalla relazione di servizio dei verbalizzanti i quali hanno riportato la confidenziale e spontanea ammissione del G. circa la proprietà del fucile, acquistato poco prima da F. e circa la conferma in tal senso ricevuta dal fratello dell’appellante, G. B.; 5) i precedenti penali, anche specifici, ostano alla concessione della speciale diminuente del fatto di lieve entità. 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Roberto d’Aloisio, mediante atto del 3 maggio 2010, col quale sviluppa due motivi.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione all’art. 177 c.p.p.; art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c); art. 179 c.p.p., comma 1; art. 420-ter cod. proc. pen. e della L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 19, comma 2, censurando la reiezione della richiesta difensiva di differimento, tempestivamente formulata fin dal 17 settembre 2009, per l’impedimento costituito dal concomitante impegno professionale presso il Tribunale ordinario di Sant’Angelo dei Lombardi in processo per diffamazione a mezzo stampa.

Il difensore oppone: non era praticabile la sostituzione, in quanto allo suo studio non erano addetti altri professionisti abilitati al patrocinio davanti al giudice togato; il cliente aveva sollecitato espressamente la sua assistenza; erroneamente, poi, il giudice a quo ha reputato che, nel rito abbreviato, alla udienza in camera di consiglio del giudizio di appello non fosse necessario l’intervento del difensore; la novella del 1999 ha esteso la prescrizione della partecipazione del difensore a tutti i giudizi camerali; in violazione della legge l’udienza è stata celebrata davanti alla Corte territoriale senza l’intervento di alcun difensore.

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e di inutilizzabilità, opponendo: il giudice di primo grado era incompatibile; la "astensione" recte: la ricusazione è una "mera facoltà" della difesa e non un onere; la perquisizione è affetta da nullità insanabile per l’omessa avvertenza; sono inutilizzabili tutti gli atti posti a fondamento dell’accertamento della responsabilità e, in particolare, le dichiarazioni (del giudicabile e del fratello) riportate dai Militari nella relazione di servizio;

trattandosi di inutilizzabilità cd. "patologica", il rito abbreviato non ha effetto sanante; in ogni caso la prova manca ovvero è contraddittoria, sia in ordine alla materialità della condotta che in ordine all’elemento psicologico; e doveva essere riconosciuta la attenuante del fatto di lieve entità. 3.- Il ricorso è infondato.

3.1 – Ai sensi dell’art. 443 c.p.p., comma 4, art. 599 c.p.p. e art. 127 c.p.p., commi 3 e 4, il giudizio col rito abbreviato è celebrato in grado di appello senza la necessaria partecipazione del difensore, sicchè è irrilevante l’impedimento di costui a intervenire. In tale senso è costante la giurisprudenza di questa Corte consolidatasi anche dopo la novella invocata dal ricorrente (Sez. 5, 23 marzo 2004, n. 23323, Collini, massima 228867; Sez. 6, 23 settembre 2004, n. 40542, Di Gregorio, massima n. 230260; Sez. 4, 17 marzo 2005. n. 20576, Arenzani, massima n. 231360; Sez. 5, 6 aprile 2006, n. 16555, Verbi, massima n. 234450; Sez. 6, 24 maggio 2006, n. 23778, Guarino, massima n. 234726; Sez. 4, 14 luglio 2008, n. 33392, Menoni, massima n. 240901; Sez. 1, 4 marzo 2009, n. 11248, Bardi, massima n. 242850;

Sez. 5, 16 luglio 2010, n. 36623, Borra, massima n. 248435).

3.2 – Priva di pregio si rivela la deduzione difensiva circa la supposta incompatibilità del giudice di primo grado.

Non è neppure il caso di esaminare la fondatezza del merito della eccezione.

L’ordinamento, infatti, non connette alla incompatibilità del giudice, in quanto tale, alcuna sanzione di nullità degli atti compiuti o di inutilizzabilità delle prove assunte (Cass., Sez. Un., 17 aprile 1996, n. 5, D’Avino, massima n. 204464 e Sez. Un., 24 novembre 1999, n. 23, Scrudato, massima n. 215097).

L’art. 42 c.p.p., comma 2, prevede soltanto che – ed esclusivamente all’esito dei procedimenti incidentali di astensione o di ricusazione e nel caso di accoglimento, rispettivamente, della istanza del giudice astenuto, ovvero della richiesta della parte ricusante – l’autorità deliberante possa statuire in ordine alla efficacia degli atti compiuti dal giudice astenuto o ricusato.

Ma, nella specie, pacificamente nè il giudice di prime cure si è astenuto, nè l’imputato lo ha ricusato. Anzi la mozione, presentata dal giudicabile (e accolta), per la definizione del giudizio col rito abbreviato risulta incompatibile coll’intendimento dell’imputato di ricusare il giudice della udienza preliminare.

3.3 – La ulteriore questione agitata dal ricorrente, in rito, circa la invalidità della perquisizione è affatto ininfluente.

Dopo alcuni remoti e contrari arresti (Sez. 1, 20 gennaio 1993, n. 205, Mattiuzzi, massima n. 193090: Sez. 3, 28 febbraio 1994, n. 629, Santi, massima n. 197316; Sez. 6, 12 maggio 1994, n. 2289, Ferri, massima n. 200053) la più recente giurisprudenza di questa Corte è, ormai, pacificamente orientata nel senso della affermazione del principio di diritto secondo il quale la nullità dell’atto di ricerca della prova non si propaga al sequestro, nè tampoco ne comporta l’inutilizzabilità (Sez. 5, 26 maggio 1998, n. 3287, Brescia, massima n. 212031; cui adde: Sez. 6, 22 maggio 1995, n. 2001, Mazzanti, massima n. 202589 e Sez. 5, 27 novembre 1995, n. 2793, Melillo, massima n. 203594: "L’invalidità del provvedimento di perquisizione non si trasferisce sic et simpliciter al sequestro;

essa, pertanto, non determina nè l’inutilizzabilità a fini di prova delle cose rinvenute, che consegue alla violazione di precisi divieti normativi e non alla violazione delle modalità di assunzione della prova stessa, nè la nullità del sequestro probatorio, ai sensi dell’art. 185 c.p.p., comma 1; siffatta nullità, invero, va esclusa sia perchè il rapporto tra perquisizione e sequestro si pone in termini di accertamento specifico di pertinenza al reato per ciascuna delle cose rinvenute e non di automaticità, sia perchè l’art. 185 c.p.p., comma 4 sottrae esplicitamente le prove al regime di consequenzialità delle nullità").

3.4 – Quanto al merito del giudizio, l’eccezione di inutilizzabilità delle spontanee dichiarazioni dell’imputato, riportate nella relazione di servizio (al di là del rilievo della infondatezza della questione, v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 23 settembre 2008, n. 40050, Ponte, massima n. 241554), non è, oltretutto, influente.

L’accertamento della condotta delittuosa e il conseguente giudizio di responsabilità trovano, infatti, saldo e autonomo ancoraggio, nella evidenza del processo verbale del sequestro del corpo del reato, rinvenuto nell’abitacolo della autovettura del ricorrente il quale aveva in atto la disponibilità del veicolo.

Mentre è, affatto, irrilevante, ai fini della integrazione della fattispecie delittuosa, il rilievo della proprietà dell’arma, desunto dalla relazione di servizio.

3.5 – Con riferimento alle residue censure, peraltro affatto generiche, non è dato apprezzare alcuna violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

3.6 – Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione in ordine all’accertamento della condotta e alle correlate valutazioni.

La Corte di appello ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.7 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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