Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-06-2011, n. 3650 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, III, 11 aprile 2010, n.17301 che ha accolto il ricorso della signora P. F. S. avverso il diniego parziale di accesso agli atti relativi alla procedura concorsuale per il passaggio alla posizione economica C3 e C4 cui ha partecipato la originaria ricorrente.

2.A fondamento dell’appello l’Istituto sostanzialmente deduce la inammissibilità della pretesa ostensiva,erroneamente accolta dal Tribunale amministrativo, sotto il profilo che, per il suo tramite, l’interessata intenderebbe svolgere un non consentito sindacato generalizzato sull’attività posta in essere da esso appellante in occasione dello svolgimento delle predette procedure selettive e, inoltre, che l’interesse della ricorrente dovrebbe già intendersi soddisfatto a mezzo della esibizione della documentazione richiesta, sia pur con la limitazione soggettiva riguardante i candidati che precedono in graduatoria la originaria ricorrente, e con la esclusione dei soggetti graduati in posizione deteriore.

3.Si è costituita in giudizio la appellata S. P. F. per resistere all’appello e per chiederne, prima ancora che il rigetto nel merito, la declaratoria di irricevibilità per il tardivo deposito del ricorso.

All’udienza del 6 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. L’appello è fondato e va accolto.

4.1 Anzitutto, in ordine alla eccepita tardività dell’appello, l’appellata solleva la questione dell’irricevibilità dell’atto di impugnazione sull’assunto che tale atto sarebbe stato notificato in data 20 settembre 2010 laddove il suo deposito sarebbe stato eseguito soltanto il 19 ottobre 2010, e quindi ben oltre il termine dimidiato di 15 giorni previsto dall’art. 87, comma 3, Cod. proc. amm..

L’eccezione non appare meritevole di accoglimento.

Giova ricordare che la citata disposizione processuale ha effettivamente stabilito la dimidiazione dei termini (ad eccezione dei termini di notifica del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti) per i giudizi che si trattano in camera di consiglio (tra i quali è espressamente ricompreso il giudizio in materia di accesso agli atti).Tuttavia, poiché il termine per il deposito decorre dall’ultima notifica eseguita e considerato che, nella specie, l’appellante è stato ammesso – a seguito di istanza del 18 settembre 2010 – ad integrare il contraddittorio di lite a mezzo di notifica per pubblici proclami, la verifica della tempestività dell’appello non potrebbe eseguirsi senza tener conto della compiuta finalizzazione della attività di notifica in confronto di tutti i contraddittori processuali.

In ogni caso, nel senso della non irricevibilità del gravame, milita l’applicazione alla fattispecie dell’istituto dell’errore scusabile, cui la difesa dell’appellante ha fatto espresso richiamo nella discussione orale. Non può farsi a meno di considerare, in tale prospettiva, la novità del nuovo regime processuale (in ordine al profilo del termine per il deposito) riguardante tutti i giudizi camerali, avuto riguardo al fatto che il codice del processo amministrativo era entrato in vigore appena pochi giorni prima (16 settembre 2010) del compimento, ad opera dell’appellante, delle attività processuali di notifica del gravame e del suo deposito nella segreteria della Sezione (in tali sensi, cfr. Cons. Stato, III, 11 marzo 2011, n. 1578); di qui l’ammissibilità, a tutto concedere, della appellante al beneficio della rimessione in termini, ai sensi dell’art. 37, comma 1, Cod. proc. amm..

Alla luce di tali rilievi l’eccezione di irricevibilità dell’appello va disattesa.

4.2 Nel merito, l’appello va accolto.

La questione controversa introdotta con il ricorso attiene ai limiti esterni in cui può essere esercitato il diritto di accesso alla documentazione amministrativa nell’ambito delle procedure selettive, quale quella cui ha preso parte la ricorrente di primo grado.

L’Istituto appellante ha infatti dedotto, censurando sul punto la sentenza di primo grado, che le richieste ostensive della signora S., nella misura in cui hanno riguardato sostanzialmente tutti gli atti (e i documenti a quelli sottesi) dell’intera procedura concorsuale, e financo quelli afferenti i candidati che seguono in graduatoria la originaria ricorrente, integrerebbe una inammissibile richiesta di accesso,in quanto indiscriminatamente rivolta a un’indistinta pluralità di atti, in aperta violazione dell’art. 24 l. 7 agosto 1990, n. 241.

La censura, avente carattere assorbente, è fondata e va accolta.

L’art. 24 della l. n. 241 del 1990, al comma 3, opportunamente esclude dall’accesso le istanze preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni. Infatti lo strumento dell’accesso, postulando a norma dell’art. 22, comma 1, lett. b), "un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso", non è dato in funzione della tutela di un interesse generico e diffuso alla conoscenza degli atti amministrativi, vale a dire a un controllo generalizzato da parte di chiunque sull’attività dell’amministrazione, ma alla salvaguardia di singole posizioni differenziate e qualificate e correlate a specifiche situazioni rilevanti per la legge, che vanno dimostrate dal richiedente che intende tutelarle (cfr. Cons. Stato, IV, 4 febbraio 2003, n. 569; V, 17 maggio 2007, n. 2513; VI, 27 febbraio 2008, n. 721; IV, 19 giugno 2009, n. 4019).

Osserva il Collegio che tale disposizione trovi applicazione nel caso di specie e rappresenti un ostacolo all’accoglimento della pretesa ostensiva della ricorrente di primo grado.

Quanto alla richiesta relativa alla documentazione comprovante i titoli di servizio risultanti dalla graduatoria, la pretesa dell’originaria ricorrente appare volta a verificare, con indagine esplorativa su tutti i candidati, la effettiva esistenza dei titoli desunti dall’archivio informatico tenuto a base ai fini concorsuali. È evidente che siffatta pretesa non può trovare accoglimento a mezzo di richiesta di accesso agli atti, la quale non può essere piegata al perseguimento di indagini e verifiche a tutto campo sulla legittimità dell’azione amministrativa, dovendo piuttosto essere calibrata in senso strumentale alla difesa di concreti e attuali interessi giuridici meritevoli di protezione (sul punto nulla ha dedotto l’appellata circa eventuali e specifiche illegittimità, con pregiudizievoli ricadute nella sua sfera giuridica, cui avrebbe dato corso l’istituto previdenziale appellante).

4.3. Nemmeno miglior esito merita la pretesa ostensiva nella parte in cui si rivolge all’acquisizione di tutti i test valutativi di tutti i candidati, che sono stati corretti ed elaborati con procedura informatizzata. A parte i profili di inammissibilità del ricorso di primo grado, in relazione alla mancata specifica deduzione di specifici vizi in ordine a tale categoria documentale nell’ambito dei motivi di primo grado, la richiesta si appalesa inammissibile sia per le già indicate ragioni afferenti la sua natura indiscriminata, sia per la mancata evidenziazione di un interesse specifico a tale acquisizione in rapporto all’utilizzo successivo (tenuto conto che si tratta di schede anonime a lettura ottica munite di codice a barre che si "accoppiano" con altre schede anagrafiche in possesso dell’Istituto, anch’esse munite di codici a barre).

4.4 Da ultimo, quanto ai titoli postlauream, emerge dagli atti di causa che all’odierna appellata è stato consentito l’accesso (sia pur a mezzo di visione e annotazione) alla documentazione afferente i titoli in possesso di tutti i candidati che la precedono in graduatoria. L’interessata ha insistito per l’ostensione anche dei titoli in possesso dei candidati che la seguono in graduatoria.

Ritiene il Collegio che non sia condivisibile l’assunto del giudice di primo grado che ha ritenuta fondata anche tale pretesa, la quale dimostra al di là di ogni dubbio che l’intento dell’originaria ricorrente era di svolgere un (inammissibile) controllo generalizzato sulle procedure concorsuali cui la stessa ha partecipato, senza alcun ancoraggio specifico ad un interesse concreto ed attuale (cioè, già sussistente al momento della proposizione delle istanze ostensive).

In tali sensi è corretta la determinazione dell’Istituto di non dar corso a siffatte istanze di accesso.

Le spese di lite, in considerazione della particolarità della questione trattata, possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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