Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-05-2011) 13-06-2011, n. 23639

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con sentenza del 26/10/2010, il g.u.p. del Tribunale di Roma, su concorde richiesta delle parti, applicava a P.D. la pena di anni tre di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa per i reati continuati di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9 e art. 640 c.p.. p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo VIOLAZIONE DELL’art. 133 c.p. e manifesta illogicità della motivazione in quanto la pena della multa non sarebbe congrua ed in linea con i limiti edittali previsti ex lege. p.3. La censura è manifestamente infondata per le seguenti ragioni:

– costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, che, una volta intervenuto fra le parti l’accordo e questo sia stato ratificato dal giudice (come appunto, nel caso di specie), il medesimo non possa essere più retratto da alcuna delle parti al fine di prospettare censure con riferimento ad eventuali nullità verificatesi nella fase procedimentale, alla sussistenza e alla soggettiva attribuzione del fatto, alla applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena;

– è vero che opera pur sempre l’obbligo della motivazione ex art. 125 c.p.p. e art. 111 Cost. e l’imputato è legittimato all’impugnazione anche in caso di accordo ratificato dal giudice, allorchè segnali l’esistenza di vizi della decisione relativi al suo proscioglimento ex art. 129 c.p.p.. Peraltro, sul punto, questa Corte ha reiteratamente affermato che, in funzione della particolarità del rito e della centralità dell’atto negoziale che lo caratterizza, occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della motivazione "soltanto nel caso in cui dagli atti o della deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta della legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p."; Cass. S.U. 27.3.92 -Di Benedetto; S.U. 27.9.95 n. 18 – Serafino;

– nel caso di specie, il ricorrente si lamenta dell’eccessività della multa ma la medesima risulta irrogata nei limiti di legge sicchè, essendo stata indicata dallo stesso ricorrente nell’istanza di applicazione di pena, la censura è manifestamente infondata. p.4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3 per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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