Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-06-2011, n. 3647 misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 3682/2009, G. I. s.r.l. in persona del legale rappresentante impugnava la nota n. 783/09 in data 29 maggio 2009 con la quale la Sigma s.a.s., appaltatrice per il Comune di Pomigliano D’Arco di alcuni lavori pubblici, avendo chiesto alla stazione appaltante l’autorizzazione ad avvalersi della suddetta s.r.l. per la fornitura ed il trasporto di calcestruzzo, le comunicava che alla luce delle informative antimafie ricevute ed in ottemperanza al dettato del protocollo di legalità sottoscritto con la Prefettura di Napoli era impossibile definire alcun accordo commerciale.

La società impugnava inoltre la nota del Comune di Pomigliano d’Arco n. 3603 in data 26 maggio 2009, di diniego dell’autorizzazione di cui si tratta, e la nota della Prefettura di Napoli n. 3879 in data 5 maggio 2009, nonché ogni ulteriore atto connesso e conseguente.

Essa lamentava carenza di istruttoria e motivazione, nonché l’assenza di elementi indiziari di controindicazione mafiosa, nulla emergendo dai certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti degli amministratori della Società, chiedendo quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con la sentenza in epigrafe, n. 1835 in data 8 aprile 2010, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione Prima, respingeva il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza propone appello G. I. s.r.l., contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma, previa sospensione, e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Alla camera di consiglio del 13 luglio 2010 è stata decisa la riunione al merito dell’istanza cautelare.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno chiedendo il rigetto del ricorso.

L’appellante ha depositato memoria.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 5 aprile 2011.

3. L’appello è infondato.

3.1. I termini della discrezionalità attribuita all’Amministrazione in ordine al rilascio di informative antimafie sono stati precisati da orientamento, invero pacifico, di questa Sezione, del quale è espressione, ad esempio, la decisione 14 aprile 2009, n. 2276, con la quale è stato affermato che l’informativa antimafia, emessa ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. c) d.P.R. 252/1998, prescinde completamente da ogni provvedimento penale a carico degli appartenenti all’impresa (sia pure di carattere preventivo o anche assolutorio), e si giustifica considerando il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginifico né immaginario, ma neppure provato, purché sia fondato su elementi presuntivi e indiziari, la cui valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del prefetto, sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità.

Pur se non è accettabile, in presenza di elementi indiziari evanescenti, che venga enfatizzato il rischio di infiltrazione mafiosa al fine di emettere una informativa antimafia, non è altrettanto accettabile che lo stesso rischio venga sottovalutato perché, in sede penale, non sono stati accertati elementi sufficienti per affermare la responsabilità penale.

Pertanto, l’informativa antimafia non risponde a finalità di accertamento di responsabilità, ma ha carattere accentuatamente preventivocautelare, con la conseguenza che elementi, che, in sede penale, non sono valsi ad accertare la sussistenza di un reato, possono ben essere suscettibili di diversa valutazione in sede amministrativa, al fine di fondare un giudizio di possibilità che l’attività considerata possa subire condizionamenti da soggetti legati alla criminalità organizzata.

Deve dunque concludersi nel senso che il prefetto, nel rendere le informazioni antimafia richieste ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. c), d.P.R. n. 252 del 1998, non deve basarsi necessariamente su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni, per cui il sindacato del giudice amministrativo non può impingere nel merito, restando, di conseguenza, circoscritto a verificare sotto il profilo della logicità, il significato attribuito agli elementi di fatto e l’iter seguito per pervenire a certe conclusioni, anche perché le informative prefettizie in questione costituiscono esplicazione di lata discrezionalità, non suscettibile di sindacato di merito in assenza di elementi atti a evidenziare profili di deficienza motivazionale, di illogicità e di travisamento.

3.2. Nel caso di specie, l’Amministrazione ha operato nel rispetto dei principi appena riassunti.

L’informativa, negativa per l’appellante, si basa principalmente su un’intercettazione ambientale risalente all’anno 2001 (il provvedimento impugnato risale all’anno 2009).

Nella conversazione, intercorsa fra due appartenenti alla criminalità organizzata, gli amministratori della società appellante sono descritti come soggetti che hanno pagato periodicamente le tangenti al gruppo criminale, il quale in contraccambio li ha agevolati nell’acquisizione di commesse.

Ritiene il Collegio che giustamente l’indizio è stato valutato di estrema gravità, e costituisca quindi utile presupposto dell’informativa.

E’ vero che l’appellante, o meglio i suoi amministratori, sono descritti, nella conversazione intercettata, come vittime del reato di estorsione, ma al tempo stesso gli intercettati danno atto di una loro piena compenetrazione nel sistema criminale, al quale hanno contribuito finanziariamente ma ricavandone benefici per il conseguimento di nuove commesse, sulle quali ovviamente pagare ulteriori tangenti.

Gli amministratori della Società appellante sono risultati quindi come vittime ma allo stesso tempo beneficiari del sistema criminale.

Ad avviso del Collegio un elemento indiziario di tale gravità conserva la propria forza nel tempo, e rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione valutare quando questa sia venuta meno.

Al riguardo, più che il semplice decorso del tempo rilevano elementi positivi, dai quali risulti che gli indizi, pur gravi, sono superati in forza di successivi comportamenti.

In altri termini, afferma il Collegio che gli elementi ricavabili dalla presenza di forti indizi di contiguità con la criminalità organizzata possono essere superati solo qualora questi siano contraddetti da un successivo comportamento tale da non confermare il suddetto elemento indiziario; rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione valutare per quanto tempo debba protrarsi tale comportamento per superare la rilevanza dei suddetti indizi.

L’argomentazione proposta non può, in conclusione, essere condivisa.

4. L’appello deve, di conseguenza, essere respinto.

Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 4805/10, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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