Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-05-2011) 13-06-2011, n. 23691 provvedimenti del giudice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Brescia applicava a E.M.T., a norma degli artt. 444 e 448 cod. proc. pen., la pena complessiva, sospesa condizionalmente, di mesi sei di reclusione in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5- quater, accertato il 4.3.2010 in relazione a ordine di espulsione del 24.10.2009, emanato a seguito dell’accertata inottemperanza del precedente ordine in data 26.9.2010, ritenuto in continuazione con l’analogo reato giudicato con sentenza del Tribunale di Brescia in data 29.10.2009, irrevocabile il 24.12.2009. 2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale, che si duole della concessione della sospensione condizionale della pena e dell’omesso giudizio di comparazione tra le riconosciute circostanze attenuanti generiche e la recidiva specifica e infraquinquennale contestata.

2.1. In relazione al primo aspetto osserva che la sentenza impugnata era manifestamente illogica e contraddittoria laddove aveva ritenuto di poter concedere nuovamente la sospensione condizionale della pena, già concessa con la precedente sentenza del 29.10.2009 (oltre che, ancor prima con altra sentenza di condanna a carico di " E. T. nato il (OMISSIS)"), pur ritenendo che l’imputato si fosse sin dall’inizio determinato a trattenersi in Italia, e dunque valutando il comportamento dell’imputato come dettato da una volontà di continuare nella violazione della legge, incompatibile con il positivo giudizio prognostico.

2.2. In relazione al secondo, afferma che nella sentenza impugnata non si faceva riferimento alla recidiva formalmente contestata e risultava omessa qualsivoglia valutazione sulla comparazione tra detta circostanza e le circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Va preliminarmente rilevato, d’ufficio, che la fattispecie di reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater non può più trovare applicazione alla luce della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008 (2008/115/CE), recante "Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare", il cui termine di trasposizione è scaduto il 24 dicembre 2010, e della interpretazione datane dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 28 aprile 2011, procedimento C-61/11 PPU, imp. Hassen El Dridi.

Con tale sentenza la Corte europea ha affermato che "la direttiva 2008/115, in particolare i suoi arti. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo".

E ha dichiarato che spetta al giudice nazionale "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente l’art. 14, comma 5-ter, di tale decreto legislativo", tenendo altresì nel debito conto il principio "dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".

Tale pronunzia è stata assunta in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, ma le conclusioni raggiunte valgono, a maggior ragione, in relazione all’art. 14, comma 5-quater, stesso decreto, che parimenti riguarda una condotta di mera violazione alla reiterata intimazione di lasciare il territorio nazionale e trova causa nella sola mancanza di cooperazione dello straniero alla procedura di allontanamento volontario (cfr. Sez. 1, sent. n. 2105 del 28.4.2011, Tourghi).

E’ d’altronde principio consolidato che il diritto dell’Unione, interpretato dalla Corte di giustizia in maniera autoritativa con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sull’ordinamento interno con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui le norme statuali conservano efficacia e possono essere applicata anche da parte del giudice nazionale (Corte Cost, ord. n. 63 del 2003, nonchè n. 255 del 1999, n. 125 del 2004 e n. 241 del 2005). Sicchè l’accertata incompatibilità delle previsioni sanzionatone in esame con il diritto dell’Unione impedisce la configurabilità del reato e produce effetti che non possono che considerarsi analoghi all’abolitio criminis (cfr. sez. 1 Tourghi nonchè, in relazione a ipotesi in qualche modo simile, Sez. 1, sentenza del 20.1.2011, imp. Titas Luca, e ivi citate).

2. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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