Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 13-06-2011, n. 23688

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19.10.2010 il Tribunale di Napoli, in veste di giudice del riesame, in sede di giudizio di rinvio, a seguito di annullamento della Corte di cassazione con sentenza 13.7/21.9.2010 di precedente ordinanza, rigettava la richiesta di riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta a carico di S.M., ribadendo la sussistenza delle ragioni di ordine cautelare giustificative della misura custodiale più rigorosa. In particolare, veniva ritenuto che per quanto il S. si fosse costituito presso il carcere di Pescara, per l’esecuzione di condanna definitiva e per quanto dalla documentazione disponibile risultasse che il medesimo ottenne permessi premio, rispettando le prescrizioni, il prevenuto doveva ritenersi soggetto concretamente ed attualmente pericoloso, in ragione dell’allarmante gravità dei reati a lui ascritti e per i quali riportò condanna, in ragione del suo organico inserimento nell’ambito di una pericolosissima organizzazione criminale di stampo camorristico, fondata su una fitta rete di ramificati rapporti criminali. In particolare, rilevava il Tribunale che negli atti non venivano rinvenuti dati dimostrativi in positivo dell’interruzione da parte dell’indagato di contatti con l’ambiente insano di appartenenza, non potendo essere ritenuti significativi nè il dato che la moglie del S. avesse cercato casa in Pescara, per trasferire la propria abitazione, nè la circostanza che i collaboratori di giustizia L.G. e R.G. avessero parlato del S., solo con riferimento a fatti accaduti nel 1998, ancorchè questi avessero proseguito la loro condotta criminale fino al 2005. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’indagato per dedurre contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al profilo delle esigenze cautelari: la difesa ribadisce che secondo i collaboratori menzionati, il S. a fare tempo dal 18.11.1998, aveva preso le distanze dal gruppo criminale cui apparteneva. Il Tribunale poi avrebbe strumentalizzato il fatto che era stata inevasa la richiesta di informative, ma questo riguardava solo il primo dei tanti permessi che furono accordati al S.; il fatto che gli siano stati accordati diversi permessi significa che lo stesso offriva garanzie sulla insussistenza di legami con ambienti criminali; inoltre le condanne riportate sono risalenti oltre dodici anni, ragion per cui non andavano ravvisati i presupposti per la adozione di misura cautelare.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Nell’ambito del nuovo esame conseguito all’annullamento con rinvio, il Tribunale del riesame di Napoli confermava il giudizio di pericolosità sociale espresso, rilevante ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3, in ragione del fatto che il S. era stato condannato con sentenza 30.12.2009 alla pena di anni diciassette per gravissimi reati (artt. 416 bis e 629 cod. pen. aggravato dalla L. n. 203 del 1991, art. 7), che già nel 2004 aveva riportato condanna per reato di omicidio ad anni quattordici di reclusione e considerato che la sua personalità era connotata da indole trasgressiva, come attestato dal certificato penale a suo nome che faceva registrare plurimi precedenti penali di peso. Rilevava poi il Tribunale la mancanza di dati accreditanti la discontinuità del soggetto con gli ambiti criminali in cui era vissuto per molti anni, atteso che alla luce di argomentazioni plausibili ed ancorate alle emergenze disponibili, riteneva di non poter attribuire ai dati offerti dalla difesa attitudine dimostrativa dell’insussistenza di esigenze cautelari social preventive. Sul punto è bene osservare che il ricorso della difesa non è autosufficiente laddove menziona dei collaboratori di giustizia che avrebbero indicato il ricorrente come associato solo fino alla fine degli anni novanta, senza allegarne i verbali; inoltre risponde ad una valutazione corretta l’aver reputato non dirimente il fatto che nel 2008 il S. abbia fruito di permessi premio, atteso che la successiva affermazione di colpevolezza con conseguente condanna alla pena di anni diciassette di reclusione per reati molto gravi, non può non aver mutato il quadro di riferimento.

Il ricorso deve quindi essere rigettato in quanto l’ordinanza impugnata non si presta alle censure di illogicità e contraddittorietà che sono state avanzate. Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà trasmettere copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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