Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 13-06-2011, n. 23683

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

t. MONETTI Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 22.7.2010, il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta a carico di R.F., per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.. Il Tribunale, in sede di riesame, riconosceva come gravemente indiziario il compendio probatorio in forza del quale il ricorrente, già indicato come reggente del locale Gallico, era stato ritenuto partecipe di associazione armata denominata ‘ndrangheta ed in particolare della cosca Condello, operante sul territorio di Reggio Calabria, associazione diretta al controllo delle attività economiche produttive, al controllo del voto dei cittadini, alla soggezione con la forza intimidatoria degli stessi, alla tutela dei latitanti e quant’altro. Venivano particolarmente valorizzate alcune conversazioni intercettate: l’una del 23.3.2007, intercorsa tra V.S. e V.D., nell’ambito della quale i due tracciavano la mappa criminale delle famiglie egemoni, menzionando il R. come il boss di Gallico;

l’altra, del 19.1.2007, intercorsa tra M.N. e B. D., nell’ambito della quale il M. assumeva che il R. era senza dubbio uno dei più importanti esponenti mafiosi dell’area di Gallico; una terza, del 19.2.2007, nel corso della quale C.A., interessato all’acquisto di beni battuti ad un’asta del 20.2.2007, assumeva con A.C., di aver detto mezza parola a R.F., aggiungendo di essere andato ad Archi (paese del R.) "a togliersi il cappello".

Riteneva quindi il Tribunale fondato il quadro indiziario, sussistenti le ragioni cautelari, in considerazione del fatto che l’indagato è già stato condannato per lo stesso tipo di reato e risulta contiguo a latitanti del calibro di I.P., C. P. e D..

Veniva escluso dal Tribunale che i fatti contestati con l’ordinanza in questione fossero gli stessi pei quali il R. aveva subito un processo conclusosi con sentenza assolutoria 9.7.2007 Gup di Reggio Calabria (per violazione art. 416 bis c.p.), in ragione del fatto che all’indagato con la precedente ordinanza erano state contestate condotte riferibili ad epoca precedente l’arresto del collaboratore I.P. (cognato del R.) e quindi risalenti ad epoca antecedente il 26.12.2000, laddove invece il compendio indiziario su cui è stata fondata la ordinanza cautelare in oggetto, riguarda un’epoca successiva al 2001 e soprattutto un’epoca in cui si registrarono fusioni di schieramenti e formule associative nuove. In premessa infatti il tribunale dava conto che nell’ultimo decennio si era andato consolidando un nuovo assetto criminale, caratterizzato dalla nascita di una sorta di confederazione associativa tra le tre principali cosche del reggino, programmaticamente strutturate per funzionare sulla base di ferree regole criminali attraverso automatismi collaudati; ed infatti il R. veniva ritenuto in posizione verticistica sedente in Gallico, ma alle dipendenze della cosca consorziata Condello – Libri – Destefano, attesa la contiguità con la famiglia Condello.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato per dedurre:

2.1 violazione art. 649 cod. proc. pen.: il R. venne attinto da ordinanza di custodia cautelare nel 2005, per violazione art. 416 bis cod. pen. con contestazione aperta, che deve ritenersi bloccata con la sentenza di primo grado, intervenuta in data 9.7.2007. Già al tempo della prima contestazione, al R. venne fatto carico di essere referente del locale di Gallico, alle dipendenze di C. P., da ritenere il capo indiscusso della confederazione di cosche operanti su quel territorio. Secondo la difesa, avrebbe errato il Tribunale nel pretendere di superare lo sbarramento di carattere temporale, ma anche nell’assumere che si era al cospetto di un sodalizio diverso rispetto a quello dell’originaria contestazione, ancorchè la contestazione mossa all’Indagato fosse assolutamente analoga; viene segnalato al proposito un arresto di questa Corte, secondo cui in caso di violazione ex art. 416 bis cod. pen., per escludere la medesimezza del fatto non rilevano eventuali mutamenti in ordine all’ampiezza dell’oggetto del programma criminoso, o in relazione al numero di componenti, dovendosi accertare, con giudizio in fatto, se il soggetto sia passato ad una diversa organizzazione criminale, ovvero si sia verificata una successione tra organismi diversi.

2.2 violazione art. 273 cod. proc. pen. e art. 416 bis cod. pen.: si duole l’indagato di una incoerenza ricostruttiva, atteso che il tribunale da un lato ha ritenuto di annullare il provvedimento custodiale per il capo T (relativo alla partecipazione alla procedura di assegnazione di beni all’asta), senza però trarre le debite conclusioni in termini di esclusione di un quadro di adeguatezza idoneo a mantenere il provvedimento coercitivo in relazione all’addebito associativo. Sarebbero stati violati, a detta della difesa, i criteri interpretativi circa l’apprezzamento degli esiti delle attività di intercettazione etero accusatorie. I riferimenti al R. sono riportati nelle stesse conversazioni in termini ipotetici, tali da non poter reggere l’accusa. Quanto poi alla conversazione del 19.1.2007, allorquando gli interlocutori dissero che R.F. "era più dritto degli altri", viene assunto che la stessa ordinanza non avrebbe neppure tentato uno sforzo dimostrativo in ordine all’intraneità dell’indagato ad ambienti criminali, tale da consentire di inferire la veridicità del bagaglio conoscitivo dei colloquianti, cosicchè viene censurato il vuoto motivazionale.

Sarebbe poi erronea l’indebita valorizzazione del contenuto indiziante della vicenda sub T, poichè quanto era emerso su una volontà di condizionamento della procedura d’asta, attraverso la limitazione dei rilanci, anche attraverso l’interessamento del R., risultò smentito.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In tema di reati associativi, la permanenza del reato (contestato con condotta perdurante) cessa con la sentenza di primo grado, in quanto a seguito di istruttoria dibattimentale espletata in tale fase, si accerta compiutamente il fatto da giudicare e si cristallizza l’imputazione che non è più modificabile nei successivi gradi di giudizio; ne deriva che la condotta che si protragga successivamente alla pronuncia assolutoria, intervenuta in primo grado, integra un nuovo reato, autonomamente apprezzabile (Sez. 1^ 3.3.2009, n. 15133 e Sez. 5^ 18.4.2008, n. 36928). Delineati i termini della questione, secondo i condivisibili criteri interpretativi enucleati da questa Corte, deve essere rilevato che al R. venne a suo tempo addebitato reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, con condotta perdurante, per il quale venne assolto con sentenza 9.7.2007, data che segna la cessazione della permanenza. Va quindi osservato che la nuova contestazione portata dall’ordinanza di custodia cautelare in discussione si basa su una serie di attività investigative, che avrebbero offerto spunti significativi dell’appartenenza del R. alla consorteria mafiosa, che si collocano nell’intervallo temporale coperto dalla prima contestazione: si tratta della conversazione intercorsa tra V. S. e V.D. del 23.3.2007, nell’ambito della quale venne detto che a Gallico Superiore erano i R. a comandare, la conversazione ambientale colta il 19 gennaio 2007, nel corso della quale B.D. e M.N. convennero che R. F. era "più dritto degli altri" e la conversazione del 20.2.2007, con cui C.A. e A.C. commentarono tra loro la potenza del R..

Ai fini dell’applicazione della preclusione disciplinata dall’art. 649 cod. proc. pen., volta ad evitare che nei confronti della medesima persona si svolgano più procedimenti, è necessaria l’identità del fatto, intesa come corrispondenza storico- naturalistica nella configurazione del reato considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e avuto riguardo alle circostanze di tempo e di luogo. Nel caso della associazione a delinquere, è stato sottolineato che il fatto è diverso quando il soggetto faccia parte in coincidenza temporale a due distinte associazioni, quando la condotta prosegua o riprenda in epoca successiva a quella accertata con la sentenza, qualora vi sia protrazione di una qualsivoglia attività che risponda ai bisogni del sodalizio, oltre la data terminativa (Sez. 1^, 5.11.2008, n. 44860).

Nel caso di specie, in cui un ampio intervallo temporale è coperto da sentenza assolutoria, è indispensabile accertare se il gruppo associativo ritenuto con la misura cautelare cui si ha riguardo, sia da considerare un distinto organismo criminoso, rispetto a quello a cui si ritenne – non fondatamente – avesse aderito il R. fin dai primi anni 2000; ovvero se si tratti del medesimo gruppo, ancorchè rinnovato al suo interno per essere reso più funzionale agli scopi perseguiti (nel qual caso opererebbe la preclusione dell’art. 649 cod. proc. pen. fino al luglio 2007); ovvero ancora se l’operatività di detto gruppo abbia ripreso fiato dopo la sentenza 2007, con i necessari aggiustamenti seguiti all’intervento repressivo.

Nell’ordinanza impugnata, al di là di generiche indicazioni sui nuovi assetti interni delineatisi negli anni passati all’interno della compagine criminosa per aggredire nuovi spazi, non è stato affrontato compiutamente il preliminare profilo sui rapporti di continuità (e quindi di derivazione) fra le associazioni, ovvero di assoluta autonomia dei due sodalizi, non potendo essere risolutivo il solo dato dei soggetti che compongono la consorteria, che subiscono variazioni nel tempo con l’allontanamento di consociati ovvero con il conseguimento di nuove adesioni.

Si impone quindi l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame sul punto, decisivo ai fini dell’applicabilità o meno dell’art. 649 c.p.p..

La cancelleria dovrà trasmettere copia della presente ordinanza al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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