T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 15-06-2011, n. 5317

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso n. 14826/97 la società ricorrente, proprietaria di aree site nel Comune di Pomezia, località Pratica di Mare, distinte al catasto al foglio di mappa n. 6 particelle 36, 39, 44, 47 e 87, nonché al n. 7 particelle 4 e 7/a, sulle quali esercita attività agricola e zootecnica, e sulle quali, sin dagli anni "50 l’Università degli Studi "La Sapienza" effettua scavi archeologici in virtù di una concessione, impugna gli atti indicati in epigrafe, lamentandone l’illegittimità sotto i seguenti profili: 1) Violazione degli artt. 45 e 46 della legge n. 1089 del 1939. Eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione;

Il provvedimento di concessione di scavo illegittimamente subordina l’affidamento della concessione alla condizione della rinuncia al premio da parte del concessionario, in quanto impone autoritativamente la rinuncia al premio al di fuori di ogni schema legale ed in assenza di un reale interesse pubblico. La corresponsione del predetto premio costituisce infatti un atto dovuto, non attribuendo la legislazione in materia all’autorità procedente alcuna discrezionalità nell’an.

L’apposizione di tale condizione è illegittima in quanto l’art. 46 fa espressamente salvi gli accordi in merito al premio intercorsi tra concessionario e proprietario dell’immobile ed è sintomatica di eccesso di potere in quanto il rilascio della concessione in parola deve avvenire sulla base di valutazioni relative ai requisiti del concessionario ed alla finalità dell’attività e non alla rinuncia al premio.

2) Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241 del 1990.

La concessione di scavo, in quanto ha ad oggetto un fondo altrui, comportando una compressione delle facoltà del proprietario, deve essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento al fine di consentire di difendere le proprie posizioni nella naturale sede procedimentale ed eventualmente addivenire ad accordo endoprocedimentale o sostitutivo del provvedimento.

3) Inefficacia della concessione, incompetenza e violazione dell’art. 86 co. 5 e 66 del DPR 382/1980. Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta.

La nota della Sezione di Topografia antica del Dipartimento di scienze storiche ed archeologiche dell’Università di Roma del 18.8.1997 con cui il Direttore dello Scavo (Prof. Maria Fenelli) ha accettato le condizioni prescritte è viziato da incompetenza, in quanto non proviene da legale rappresentante dell’Università – che, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 168 del 9.5.1989 è attribuita al Rettore -, e contrasta con le norme regolamentanti la gestione finanziaria ed amministrativa in merito alla gestione delle entrate – in cui rientrano anche i proventi delle attività svolte dalle strutture, comprese quelle aventi, come nel caso in esame, compiti di ricerca – che spetta al Consiglio di Amministrazione dell’Università, organo competente ad approvare il bilancio e le relative variazioni e storni, ai sensi degli artt. 2 e 9 del DPR n. 371/1982 fatti salvi i poteri di gestione diretta delle strutture didattiche di ricerca o di servizio ai quali lo Statuto dell’Università attribuisca autonomia finanziaria e di spesa ex art. 7 della legge n. 168 cit.

Il Dipartimento di scienze storiche ed archeologiche dell’Università di Roma ha solo autonomia di spesa nell’ambito dei fondi assegnati e pertanto non ha potere di rinunciare ad una entrata, quale è appunto il premio in contestazione; tantomeno tale potere è riconoscibile in capo ad una Sezione di detto Dipartimento.

La predetta nota peraltro si pone in contrasto con gli accordi intervenuti tra l’Università ed il Ministero resistente con nota prot. 7174 del 2.8.1995 in merito alla corresponsione di detti premi.

4) Incompetenza. Violazione dell’art. 45 della legge n. 1089 del 1939. Eccesso di potere per difetto di motivazione;

L’atto concessorio impugnato è stato adottato dal Direttore Generale del Ministero senza indicare se rientra nei compiti di mera gestione finanziaria allo stesso spettanti ovvero se ne esorbiti, con conseguente incompetenza.

5) Violazione degli artt. 3 e 36 del DPR n. 805 del 3.12.1975. Eccesso di potere per difetto di motivazione;

Il provvedimento concessorio in questione richiama il parere espresso dal Comitato di settore per i Beni Archeologici nella seduta del 16.6.1997 senza tuttavia riportarne neppure sommariamente il contenuto.

L’atto predetto risulta viziato da difetto di motivazione anche perché non indica quali "eccezionali e speciali circostanze" giustifichino l’affidamento a strutture universitarie di particolari indagini, studi e ricerche ex art. 36 del DPR n. 805 del 3.12.1975.

6) Eccesso di potere per sviamento e violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 103 RD n. 363 del 30.1.1913;

La concessione di scavo non reca alcun termine finale di efficacia, imponendo al privato un sacrificio a tempo indeterminato.

7) Violazione degli artt. 43 e 45 della legge 1089/39 e dell’art. 86 del RD n. 363 del 30.1.1913;

Eccesso di potere per difetto di presupposto e di motivazione; Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241 del 1990.

Il provvedimento di occupazione temporanea è illegittimo per violazione dell’art. 86 del RD n. 363 del 30.1.1913 che impone di avviare pratiche amichevoli con il proprietario del fondo prima di attivare la procedura di occupazione a fini di ricerca, nonché degli artt. 43 e 45 della legge 1089/39 che configurano l’occupazione come ipotesi residuale, sul presupposto della mancata disponibilità di tali fondi, nonché delle norme della legge n. 241/90 che assicurano la partecipazione procedimentale dell’interessato; garanzie che tanto più avrebbero dovuto essere rispettate nella fattispecie in cui le campagne di scavo si svolgevano da circa quarant’anni e senza alcuna necessità di emanazione di provvedimenti di occupazione temporanea iure imperii e con la collaborazione dei ricorrenti.

8) Violazione degli artt. 43, 45 e 46 della legge 1089/39 e degli artt. 100 e 104 del RD n. 363 del 30.1.1913; Eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione. Incompetenza.

Il provvedimento concessorio dovrebbe essere motivato con riferimento alla finalità scientifica dell’attività di ricerca, invece nella fattispecie richiama esigenze di attività didattica con la partecipazione degli studenti; queste ultime, peraltro costituiscono attività distinte ai sensi dell’art. 10 della legge n. 28/1980 e degli artt. 83 e ss del DPR 382/1980 che attribuisce le relative competenze a diversi organi universitari; al Dipartimento solo quelle di ricerca scientifica.

9) Violazione dell’art. 45 della legge n. 1089 del 1939. Eccesso di potere per sviamento e carenza del presupposto;

Il concessionario può chiedere ed ottenere il provvedimento di occupazione temporanea solo sul presupposto di un valido ed efficace titolo concessorio, mentre nella fattispecie questo non indica se e con quale atto l’Università abbia rinunciato al premio ed accettato le condizioni cui era subordinato l’affidamento della concessione, non essendo idonea al tal dine la nota del 18.8.1997 sopramenzionata.

10) Eccesso di potere per illogicità, contradditorietà e carente motivazione. Violazione degli artt. 100, 103 e 108 del RD n. 363 del 30.1.1913;

Non vi è alcun coordinamento, ma piuttosto un contrasto, tra la concessione di scavo, che non indica alcuna durata, ed il provvedimento di occupazione che indica quale termine finale il 31.12.1997 – senza peraltro indicare le ragioni di tale termine – con conseguente violazione anche degli artt. 100, 103 e 108 del RD n. 363 del 30.1.1913;

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, senza produrre scritti difensivi.

Con ordinanza n. 2676 del 3.12.1997 l’istanza di sospensiva è stata accolta ai fini del riesame nel rispetto delle garanzie procedimentali ed alla luce delle deduzioni sviluppate nel ricorso.

A seguito di accesso agli atti, la società ricorrente ha proposto motivi aggiunti, notificati il 7.1.1998 e depositati il 22 successivo, impugnando gli atti con cui il Dipartimento di scienze storiche ed archeologiche dell’Università di Roma ha richiesto la concessione di scavo archeologico ed il parere favorevole espresso dalla Sopraintendenza Archeologica per il Lazio,formulando le seguenti ulteriori censure, riprodotte nel ricorso n. 8498/98 proposto in pari data:

11) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione. Violazione degli artt. 19 co 1 e 5 bis e 16 della legge n. 109/1994 e del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9 della legge n. 44/75.

Tutti gli atti del procedimento conclusosi con il provvedimento di rinnovo della concessione di scavo in contestazione- dalla richiesta di rinnovo, ai pareri espressi dalle competenti Commissioni, al provvedimento finale – sono nulli per inesistenza di alcun elaborato progettuale sull’intervento da compiere, per violazione delle norme sui lavori pubblici cui l’attività di scavo è equiparata (artt. 19 co 1 e 5 bis e 16 della legge n. 109/1994- tab. DM 25.2.1982 all. alla legge n. 57/62; come chiarito da TAR Lazio, II, n. 70 del 24.1.1994), sicchè la concessione risulta priva di oggetto in quanto resa in assenza di elaborati progettuali e della Relazione sulla campagna di scavo 1996.

Peraltro il parere favorevole era stato espresso dal competente Comitato di settore nella seduta del 16.6.1997 subordinatamente alla condizione della produzione della predetta Relazione 1996 completa di documentazione grafica e fotografica, condizione che rimane insoddisfatta, risalendo l’ultima relazione all’attività di ricerca svolta nel 1995. Del pari immotivato e frutto di carente istruttoria, per le medesime ragioni, il parere favorevole reso dalla Sopraintendenza Archeologica per il Lazio il 21.4.1997.

12) Incompetenza. Violazione di legge e della circolare del Ministero BBCC n. 241 del 11.7.1963 e n. A5511/N del 9.12.1993.

La domanda di concessione di scavo del 30.10.96 firmata dal Direttore dello Scavo (Prof. Maria Fenelli) e del Direttore del Dipartimento di scienze storiche ed archeologiche dell’Università di RomaSezione Topografia antica è affetta da incompetenza in quanto non proviene dall’organo avente riconosciuta soggettività esterna e cioè dal Rettore. Inoltre, siccome una campagna di scavo comporta assunzione di oneri avrebbe dovuto essere approvata in base ad un progetto regolarmente redatto e sottoposto al Consiglio del Dipartimento ed al Consiglio di Amministrazione dell’Università.

Detta istanza è stata formulata in violazione della circolare del Ministero BBCC n. 241 del 11.7.1963 e n. A5511/N del 9.12.1993 che prevede che alla domanda di concessione di scavo sia allegata copia del progetto ed una relazione sulle ricerche svolte in precedenza con elenco dei materiali, documentazione grafica e fotografica dello scavo, etc.; documentazione che, a seguito di accesso agli atti, risulta mancante e che gli istanti non hanno prodotto nemmeno a seguito della pronuncia del competente Comitato di settore che ha condizionato a tale produzione il parere favorevole interlocutoriamente reso nella seduta del 16.6.1997

13) Ulteriori violazioni di legge (artt. 19 della legge n. 109/94 e legge n. 57/1962);

Siccome la PA non ha provveduto alla progettazione ed esecuzione dei lavori di scavo, la concessione di scavo, nella specie, configura una concessione di stazione appaltante, per i quali è obbligatoria l’iscrizione all’ANC ai sensi della legge n. 57/1962 ed allegata tabella di classificazione, nonché mista di esecuzione dei lavori, con conseguente violazione dell’art. 19 della l. 109/1994 nonché della c.m. n. 2746 che impone al concessionario di organizzare e condurre i lavori. E della cm. N. 133 del 18.4.1972 – espressamente richiamata nella concessione di scavo prot. 6080/97 e il provvedimento di occupazione temporanea – che subordina la concessione di scavo all’osservanza dell’obbligo di esecuzione dei lavori di scavo, che invece l’Università svolge con la presenza di soggetti non qualificati, né autorizzati, quali gli studenti e non meglio precisate ditte. Inoltre non è stata preceduta da alcuna procedura di scelta delle ditte qualificate incaricate dai lavori di scavo.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, senza produrre scritti difensivi.

Con memoria depositata in vista dell’udienza la ricorrente ha rappresentato che la misura cautelare propulsiva è rimasta ineseguita, non avendo l’Amministrazione resistente provveduto al rinnovamento del procedimento conclusosi con il provvedimento in contestazione, limitandosi ad abbandonare l’attività di ricerca progettata, rappresentando la persistenza dell’interesse alla definizione del gravame anche in vista di un’eventuale futura azione risarcitoria.

All’udienza pubblica del 12.4.2011 le cause vengono trattenute in decisione.
Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in esame attesa l’evidente connessione oggettiva e soggettiva.

Nel merito le impugnative del provvedimento concessorio e di occupazione d’urgenza del fondo del ricorrente risultano entrambe fondate sotto l’assorbente profilo di censura della violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90.

Come già affermato dalla Sezione in materia di beni culturali le garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90 anche nella prospettiva, evidenziata da recente dottrina, di "collaborazione procedimentale" cui sono tenute entrambi le parti (pubblica e privata) coinvolte nello svolgimento dell’azione amministrativa, che implica il superamento dell’esigenza del mero rispetto delle prescrizioni formali imposte dalla normativa in materia, e che, in un’ottica di legalità sostanziale, richiede, in una visione unitaria del rapporto amministrativo, che tutti i soggetti che in esso partecipano abbiano la possibilità di evidenziare circostanze di fatto e rappresentare interessi coinvolti in modo tale che lo scambio sia effettivamente utile per entrambi. Ciò anche, o meglio, ancor più, nel settore della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, in cui, secondo i recenti orientamenti del legislatore, la collaborazione tra parte pubblica e privata assume un valore emblematico dell’esercizio del potere non solo in senso autoritativo, di imposizione di limiti e vincoli a beni di proprietà di privati. In tale settore, infatti, l’Autorità amministrativa entra con il possibile destinatario del provvedimento in un rapporto eminentemente collaborativo, in particolare ove si prospetti la scelta di soluzioni alternative, sicchè, nella materia in esame, le garanzie procedimentali previste in via generale dalla legge n. 241/90 vadano considerate non solo nella limitata ottica difensiva della possibilità per il privato di far valere le proprie posizioni nei confronti di un’Autorità intesa ad incidere negativamente la sua sfera giuridica con provvedimenti impositivi nel vincolo, ma in un’ottica più ampia, che veda "un’amministrazione che dialoga" sin dall’inizio del rapporto, presentandosi alla controparte privata come "mediatrice istituzionale" tra istanze ed interessi articolati, che solo al termine di un approfondito, completo ed effettivo mutuo interscambio, saranno alla fine sintetizzati nel "provvedimento" conclusivo del procedimento, come richiesto anche di recente dalla dottrina in tema di responsabilità per "mancata collaborazione procedimentale" dell’amministrazione (TAR Lazio, Sez. II quater n. 7756 30 luglio 2008).

Tali considerazioni ben si attagliano alla fattispecie in esame, in cui, non solo il mancato coinvolgimento del proprietario del fondo risulta del tutto incomprensibile, in quanto costringe quest’ultimo ad adire le vie giudiziarie per dolersi delle modalità di scavi che potrebbero compromettere o danneggiare la sua aspettativa alla possibilità di ritrovamenti ed alla condizione delle cose ritrovate e diminuire le facoltà di godimento del fondo ed il suo utilizzo produttivo, e che comporta il rischio dell’immissione di persone non autorizzate, anziché rappresentare tali elementi di giudizio nella naturale sede procedimentale, ma risulta ancora più incomprensibile ove si consideri che gli atti in contestazione concernono il rinnovo della concessione per effettuare una campagna di scavo dell’antica Lavinium "che dura, pressoché ininterrottamente, caso pressoché unico in Italia, dal 1963, con risultati scientifici di enorme valore" – come evidenziato dalla stessa resistente nel rapporto difensivo del 3.4.2011 -, al cui successo non può ritenersi estraneo il comportamento collaborativo della proprietà del fondo, determinato anche dall’accordo, intercorso con il concessionario, in merito al premio di rinvenimento di cui all’art. 46 della legge n. 1089 del 1939, tanto più che la stessa normativa in materia attribuisce a detti accordi espresso riconoscimento.

Ne consegue che, risultando gli atti impugnati affetti dal denunciato vizio procedimentale, i ricorsi debbano essere accolti e, per l’effetto, il provvedimento di concessione di scavo impugnato e gli atti connessi e consequenziali impugnati debbano essere annullati con conseguente obbligo, per l’Amministrazione, di rinnovare il procedimento, nel rispetto delle garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90, come già indicato nell’ordinanza propulsiva n. 2676/97.

Quanto alle spese, queste vanno addossate, come di norma, alla parte soccombente e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), riuniti i ricorsi in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna l’Amministrazione a rifondere alla società ricorrente le spese di giudizio liquidate in Euro. 2.000,00 (duemila/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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