T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 15-06-2011, n. 5313

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino cubano, premesso di essere entrato in Italia con un visto d’ingresso rilasciato per motivi di turismo della durata di 90gg, e di aver ottenuto, per il tramite di un agente di pubblica sicurezza, che aveva presentato in sua vece l’istanza tramite le Poste Italiane, un permesso di soggiorno della cui falsità è stato edotto solo all’atto della richiesta di rinnovo, impugna il decreto del 29.10.2009 con il quale il Questore di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza di rinnovo del predetto titolo in quanto falso ed ha invitato il medesimo a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90;

2) Violazione di legge, in particolare del d.lvo n. 286/98;ed in particolare dell’art. 5 co.45 della legge n. 40/98 e dell’art. 5 del DPR 136/90. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e sviamento dei fini. Violazione di legge, in particolare dell’art. 32 e 33 della legge n. 722/54 e dell’art. 17 della legge n. 40/98. Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/90; e dell’art. 32 co. 2 della legge n. 722/54 – diritto del ricorrente ad ottenere lo status di rifugiato politico e/o permesso di soggiorno per asilo politico.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.lvo n. 286/98;

Con ordinanza n. 1600 del 13.4.2010 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’atto impugnato; riformata dal Consiglio di Stato che sospeso l’atto impugnato in considerazione del danno paventato.

Con memoria in vista dell’udienza il ricorrente ha ribadito le proprie deduzioni ed ha prodotto agli atti copia del capo di Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, che resiste solo formalmente.

All’udienza pubblica del 28.4.2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso, nella parte in cui si impugna il diniego del permesso di soggiorno, è infondato.

Dalla documentazione agli atti risulta incontestabile il dato della falsità del permesso di soggiorno – di cui non specifica il titolo di rilascio, ma che si ritiene di poter escludere per motivi di asilo politico, attesa la diversità della procedura prescritta per tale ultima tipologia rispetto alla presentazione dell’istanza mediante kit postale prevista in generale per le ordinarie tipologie di permesso di soggiorno – del quale si chiedeva il rinnovo, conseguito grazie all’intermediazione di un agente di pubblica sicurezza, imputato per i reati di cui agli artt. 81,110, 468 cp e 12 co. 5 e 5 co. 8 bis del d.lvo n. 286/98, per aver, tra l’altro, al fine di trarre ingiusto profitto economico (da euro 2000 a 4000 per pratica) favorito una serie indeterminata di cittadini stranieri irregolari sul territorio, tra cui, appunto, il ricorrente.

Ne consegue che risulta del tutto ininfluente l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90 -dedotta con il primo mezzo di gravame – in quanto il rifiuto del rinnovo di un titolo falso costituiva per l’autorità procedente, per la parte di competenza, un atto dovuto, non potendo essere tale fattore ostativo superato dall’eventuale positiva considerazione sull’effettivo inserimento sociale, sulla mancanza di pericolosità sociale dell’istante e sulla eventuale sussistenza di requisiti per il rilascio di un (primo) valido permesso a nuovo titolo.

Per quanto concerne invece la pretesa al riconoscimento dell’asilo politico il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

L’istante rappresenta – evidentemente per la prima volta ed in sede giurisdizionale – l’impossibilità di ritorno nel Paese d’origine in quanto dissidente politico, come attestato dal Certificato rilasciato dalla Direzione Comunale della Polizia Nazionale Rivoluzionaria del 19.2.2010, processato in due occasioni per tentativo di uscita illegale da Cuba verso gli USA (nel 2000 e nel 2001), e privo del diritto di risiedere a Cuba, privo di qualsiasi forma di reddito, avendo subito confisca dei beni, ed ex carcerato politico come certificato dalla Dichiarazione giurata rilasciata dall’Ambasciata di Cuba in Italia; circostanze che avrebbero potuto essere positivamente valutate ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per asilo politico.

Tale pretesa, tuttavia, non può essere utilmente fatta valere davanti a questo Tribunale Amministrativo.

La Suprema Corte di Cassazione, sezioni unite civili, infatti, con ordinanza n. 11535 del 19 maggio 2009, ha chiarito che, nell’attuale quadro legislativo e regolamentare, la valutazione degli elementi per il riconoscimento della protezione principale, di quella secondaria, nonché di quella umanitaria sono attribuiti alla Commissione Territoriale e s’è pronunciata espressamente nel senso "escludere alcun margine di discrezionalità in tale valutazione" da parte della Questura, con conseguente attribuzione della giurisdizione del giudice ordinario anche in ordine ai provvedimenti della medesima Questura che negano il permesso per motivi umanitari di cui all’art. 5, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

Il citato orientamento è stato ribadito ed ulteriormente precisato nella successiva ordinanza n. 19393 del 9.9.2009, nella quale la stessa Corte di Cassazione, sezioni unite, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, non tanto sul potere discrezionale o meno della Questura, quanto sul presupposto della "qualificazione della situazione giuridica soggettiva posta a base della domanda di accertamento del diritto al permesso di soggiorno umanitario", come di diritto soggettivo da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali.

La predetta situazione giuridica di diritto soggettivo, come precisato dalla menzionata Corte, "gode quanto meno della garanzia costituzionale di cui all’art. 2 Cost., sulla base della quale, anche ad ammettere, sul piano generale, la possibilità di bilanciamento con altre situazioni giuridiche costituzionalmente tutelate (che, sulla base della giurisprudenza della corte di Strasburgo, dovrebbe escludersi nell’ipotesi in cui venga in considerazione il divieto di cui all’art. 27 Cost., comma 3, sostanzialmente corrispondente all’art. 3 CEDU), esclude che tale bilanciamento possa essere rimesso al potere discrezionale della pubblica amministrazione, potendo eventualmente essere effettuato solo dal legislatore, nel rispetto dei limiti costituzionali".

A tale stregua, il ricorso, in parte qua, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione di questo adito giudice amministrativo, il che comporta l’applicazione dell’istituto della "translatio iudicii", in forza del quale, conservati gli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda, il presente giudizio deve proseguire davanti al giudice ordinario, dove dovrà essere riassunto, pena la perdita degli effetti di cui sopra, nel termine decadenziale di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, respinge il ricorso nella parte impugnatoria del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno risultato falso, dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui si reclama la protezione come rifugiato politico.

Spese, diritti e onorari, compensati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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