Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-05-2011) 13-06-2011, n. 23628 Falsità in scrittura privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

cini – per l’imputato – che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 11/06/2010, la Corte di Appello di Potenza confermava la sentenza pronunciata in data 11/03/2009 con la quale il Tribunale di Matera aveva ritenuto P.T. responsabile dei delitti di cui agli artt. 485 e 640 c.p. ai danni di F. C.. p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:

p.2.1. OMESSA motivazione in ordine al motivo con il quale l’imputato, nei motivi di appello contestuali, aveva denunciato la violazione da parte del primo giudice dell’art. 507 c.p.p. in quanto l’esame della dott.ssa M. – consulente del P.m. – era avvenuto a richiesta delle parti, mentre tale norma abilita il giudice a disporre, se necessario, l’assunzione di nuovi mezzi di prova e, sul punto, il Tribunale non aveva ritenuto di procedere alla nomina di un perito grafico;

p.2.2. VIOLAZIONE dell’art. 640 c.p. per non avere la Corte territoriale motivato in ordine alla doglianza secondo la quale la truffa non poteva ritenersi sussistente in quanto la falsificazione della firma non era stata finalizzata a trarre in inganno il F. ma "a nascondere il già consumato reato di appropriazione indebita aggravata …";

p.2.3. violazione dell’art. 157 c.p. per non avere la Corte territoriale rilevato che, alla data della pronuncia impugnata, i reati si erano entrambi prescritti dovendosi calcolare il dies a quo il 1/08/2002 data in cui fu emessa la busta paga.
Motivi della decisione

p.3. omessa MOTIVAZIONE in ordine alla violazione dell’art. 507 c.p.p.: la censura, nei termini in cui è stata dedotta, è infondata. Infatti, la Corte territoriale, non solo l’ha presa espressamente in esame, ma l’ha disattesa con una duplice motivazione sia in diritto (osservando che, comunque, il giudice ben poteva disporre l’assunzione di mezzi di prova) sia in fatto ("il Tribunale ebbe a considerare pleonastico,a tacere d’altro, l’esperimento della perizia grafica invocata dalla difesa P.").

In questa sede, il ricorrente torna a ribadire la sua doglianza, ma, sul punto, va rilevato che non si ravvisano nè violazioni di legge (essendo del tutto irrilevante l’eventuale errato richiamo dell’art. 507 c.p.p., atteso che, comunque, come ha correttamente osservato la Corte, ben avrebbe potuto il Tribunale assumere la testimonianza del Ct del P.m.), nè contraddittorietà o illogicità della motivazione in quanto entrambi i giudici di merito hanno ritenuto di dar credito alla consulenza del P.m. e, quindi, del tutto inutile una perizia di ufficio. p.4. VIOLAZIONE dell’art. 640 c.p.: la doglianza è fondata.

Il ricorrente è stato ritenuto responsabile dei seguenti fatti: "a) art. 485 c.p. per avere, in qualità di titolare della ditta Patolegi s.a.s. con sede legale in (OMISSIS) e cantiere in (OMISSIS) presso il Centro di ricerca Enea, al fine di procurarsi un vantaggio, formato falsamente la busta paga (scrittura privata) dell’impiegato F.C.D., emessa il 1.8.2002, relativa al mese di luglio 2002, facendone uso mediante deposito di copia presso l’INPS di Matera. Falso consistito nell’apporre sulla busta la falsa firma di F.C., firma presente sull’originale del medesimo documento. Accertato in (OMISSIS); b) art. 640 c.p. perchè, con artifici e raggiri consistiti nel formare falsamente la busta paga come descritto nel capo che precede, inducendo in errore F.C.. si procurava l’ingiusto profitto pari alla somma indicata in busta paga (Euro 5.673,27) mai effettivamente corrisposta all’avente diritto, con pari danno per l’impiegato. Accertato in (OMISSIS)".

Questi essendo gli incontestati fatti, deve ritenersi che il ricorrente abbia ragione nel sostenere che egli non commise alcuna truffa ma il diverso reato di appropriazione indebita, proprio perchè la falsificazione della firma sulla busta paga serviva non già a truffare il F. ma a nascondere il già commesso fatto di appropriazione, aggravato dall’art. 61 c.p., n. 11 della somma spettante al medesimo. p.5. VIOLAZIONE dell’art. 157 c.p.: la censura è infondata atteso che, in considerazione delle numerose sospensioni verificatesi nel giudizio di primo grado, la prescrizione di anni sette e mesi sei, al momento della sentenza impugnata, non era ancora maturata.
P.Q.M.

RIGETTA il ricorso qualificato il reato di truffa come appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., n. 11 e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione in favore della parte civile F.C.D. delle spese sostenute in questo grado di giudizio liquidate in Euro 2.500,00 oltre Iva, cpa e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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