Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-10-2011, n. 21806

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con distinti ricorsi la Sia – Società italiana automobili s.p.a. impugnò, dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Pistoia, cinque avvisi di accertamento emessi dal Comune di Pistoia, ai fini Ici, per gli anni dal 1994 al 1998 compresi, in relazione a immobili il cui valore era stato rettificato alla luce del criterio contabile di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

Affermò che, invece, gli immobili erano muniti di rendita catastale. il ricorso venne accolto solo parzialmente, in relazione alle sanzioni che la commissione provinciale ritenne in effetti non dovute.

Su gravame della società, la commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza n. 63/36/04, accolse i ricorsi ritenendo illegittima l’applicazione, da parte del comune, ai fini del calcolo dell’imponibile, del criterio del valore contabile, stante che la società aveva presentato domanda di attribuzione di rendita catastale nel 1992, sicchè – motivò – non potevasi far ricadere sul contribuente la conseguenza negativa del ritardo dell’ufficio.

Per la cassazione di questa sentenza il comune di Pistoia ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati anche da memoria.

La società ha resistito con controricorso.

La causa è stata chiamata una prima volta all’udienza pubblica del 16 febbraio 2010, e lì rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle sezioni unite sulla specifica questione di diritto involta dall’interpretazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, e della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74.
Motivi della decisione

1. – Col primo motivo il comune ricorrente pone la questione della decorrenza dell’efficacia dell’atto di attribuzione della rendita catastale.

Denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 5, comma 3, dell’art. 12 preleggi e della L. n. 212 del 2000, art. 10 (statuto dei diritti del contribuente), oltre che insufficiente motivazione su punto decisivo.

Censura la sentenza (a) per aver disatteso il disposto evocato di cui all’art. 5, comma 3, laddove prevede che, per gli immobili interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, si applichi, ai fini dell’imponibile, il criterio del valore contabile fino a quando non sia intervenuta l’iscrizione in catasto con attribuzione di rendita; e (b) per aver affermato che la rendita doveva considerarsi esistente in base a una attestazione dell’Ute in verità dimostrativa del fatto che, al momento, la rendita non era ancora stata registrata in atti catastali, sì da non potersi considerare affatto "attribuita", tenuto conto che la società non si era avvalsa della procedura Docfa di cui alla circ. min. 144/97 richiamata in sentenza.

Col secondo motivo, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, dichiarando di riproporre le censure proposte in via incidentale contro la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva ritenuto non dovute le sanzioni.

2. – Il primo motivo, il cui esame è pregiudiziale, è da ritenere infondato.

Difatti il contrasto interpretativo in tema di Ici, insorto all’interno di questa sezione in relazione all’individuazione dell’anno in cui devesi ritenere verificato il presupposto che impone di considerare, per gli immobili in cat. D, il valore catastale in luogo del c.d. valore di libro (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3), è stato composto dalle sezioni unite di questa Corte in termini contrari alla tesi qui sostenuta dal comune.

E’ stato dalle sezioni unite di questa Corte affermato il principio che il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto dall’art. 5, comma 3, D.Lgs. cit., per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto con attribuzione di rendita, "vale sino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui fa la richiesta, il proprietario, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge" (sez. un. n. 3160/2011).

Posto che da tale principio non si ha ragione di deflettere, consegue che non rileva, in senso avversativo, la circostanza, rimasta incontroversa, che nella specie la rendita catastale fu iscritta in catasto il 16 giugno 1998, giacchè – per quel che emerge dall’impugnata in sentenza – l’iscrizione conseguì a una domanda di attribuzione presentata fin dall’anno 1992.

La decisione di merito pertanto appare al suddetto principio uniformata, donde, con le precisazioni sopra svolte, si sottrae alle avanzate censure.

Tanto determina l’infondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo. Pertanto il ricorso è rigettato.

Le spese processuali, tenuto conto del contrasto giurisprudenziale solo da ultimo composto, possono essere compensate per giusti motivi.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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