T.A.R. Liguria Genova Sez. II, Sent., 15-06-2011, n. 938 Farmacia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti, residenti nel Comune di Santa Margherita Ligure, hanno impugnato il provvedimento adottato dal dirigente dell’area 2 Risorse del Comune di Santa Margherita Ligure del 11/03/2010 avente ad oggetto il bando di gara concernente "Asta pubblica per la cessione della Farmacia comunale".

Il gravame è stato esteso agli atti di indirizzo, prodromici al provvedimento, adottati dalla Giunta comunale.

Nelle premesse dell’atto introduttivo hanno precisato di fatto:

di essere utenti e fruitori dell’unica farmacia comunale che ha sede nell’immobile appartenente al patrimonio indisponibile del comune, sito in Piazza San Siro n. 23 nel quartiere di residenza;

che il comune di Santa Margherita Ligure, contraddicendo l’indirizzo precedentemente assunto d’esternalizzare del servizio conservandone però la titolarità di cui (in allora) al bando "per l’individuazione dell’affidatario del servizio pubblico", ha invece disposto l’alienazione della titolarità e della gestione della farmacia;

che la vendita della farmacia è stata preceduta dalla pubblicazione del bando di gara dell’asta pubblica informata al (solo) criterio del maggiore prezzo.

In consequenzialità logicogiuridica ai fatti come descritti, i ricorrenti deducono i seguenti motivi di censura:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. 8 novembre 1991 n. 362 e degli artt. 1,5,6 e 7 Reg. attuativo di cui al d.p.c.m. 39 marzo 1994 n. 298 in relazione alla violazione degli artt. 9 e 12 l 2 aprile 1968 n. 475. Eccesso di potere;

Violazione dell’art 9 l 2 aprile 1968 n. 475. Eccesso di potere. Violazione dell’art. 12 l. 8 novembre 1991 n. 362;

Violazione degli artt. 9 e 12 l 2 aprile 1968 n. 475in relazione alla violazione degli artt. 826 e 828 c.c.. Eccesso di potere;

Plurima violazione dell’art 9 l 2 aprile 1968 n. 475. Eccesso di potere. Violazione dell’art. 12 l. 8 novembre 1991 n. 362;

Oltre a censurare il criterio utilizzato dal Comune per l’alienazione della farmacia comunale che avrebbe tenuto in non cale il dato normativo che disciplina il conferimento delle farmacie mediante concorso per titoli ed esami, i ricorrenti lamentano che l’amministrazione ha utilizzato il procedimento per l’istituzione di nuova farmacia o di quella vacante laddove, nel caso in esame, la farmacia era operativa da oltre un trentennio.

Aggiungasi, si dolgono ancora i ricorrenti, che l’alienazione, non confortata da idonea motivazione, avrebbe come effetto la cessazione della destinazione a pubblico servizio dell’immobile, appartenete al patrimonio indisponibile del Comune, poiché l’acquirente potrebbe ad libitum trasferire la farmacia dai locali comunali, condotti in locazione, in altro immobile.

Il Comune si è costituito instando per l’inammissibilità del gravame instando nel merito per la sua infondatezza.

È intervenuta ad opponendum la società acquirente della farmacia, associandosi alle conclusioni rassegante dal Comune.

Alla pubblica udienza del 5.05.2011 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

È collettivamente impugnato dai cittadini, residenti nella zona e fruitori della farmacia comunale, il provvedimento adottato dal dirigente del Comune di Santa Margherita Ligure avente ad oggetto il bando di gara concernente "Asta pubblica per la cessione della Farmacia comunale".

Impugnazione estesa agli atti politici d’indirizzo.

I plurimi motivi d’impugnazione proposti, per omogeneità d’argomenti e vizi dedotti, sono raggruppabili in tre ordini di censure: il primo investe la decisione di alienare la farmacia comunale e le modalità di cessione; il secondo è incentrato sulla violazione delle disposizioni che disciplinano il trasferimento della farmacia, affatto specifiche rispetto a quelle previste per la copertura di farmacia di nuova istituzione o vacante; il terzo infine si fonda sul fatto che i locali della farmacia comunale, in quanto destinati a pubblico servizio, fanno parte del patrimonio indisponibile del Comune: sicché la facoltà riconosciuta in capo al privato acquirente di recedere dal contratto di locazione determinerebbe di fatto che il bene, in violazione dell’art. 828, comma 2, c.c., potrebbe essere sottratto al patrimonio indisponibile al di fuori dei modi stabiliti dalla legge.

In limine sulle eccezioni di rito d’irricevibilità e inammissibilità sollevate dal Comune e dalla società acquirente della farmacia, intervenuta nel giudizio ad opponendum.

Le eccezioni non sono fondate.

I ricorrenti hanno impugnato nei termini il bando di gara preordinato a dare avvio alla procedura d’evidenza pubblica per la cessione della farmacia comunale: è stato impugnato il primo atto concretamente lesivo degli interessi, accomunati dalla pretesa che sia preservata la titolarità comunale della farmacia, di cui i singoli ricorrenti si dicono portatori.

Del resto gli atti interni del procedimento, limitatisi per di più ad esprimere l’indirizzo politicoamministrativo tenuto dall’amministrazione nella vicenda, non hanno avuto portata autonomamente lesiva prima dell’attuazione (cfr., vedi deliberazione della Giunta comunale del 28.12.2009, in atti).

Ad analoga conclusione deve giungersi per quanto riguarda l’eccezione d’inammissibilità formulata sul rilievo che non è stato impugnato il provvedimento di aggiudicazione dell’asta pubblica conclusivo della procedura d’evidenza pubblica, adottato in pendenza di gravame.

L’eccezione trae(va) costrutto giuridico dall’indirizzo giurisprudenziale che, per salvaguardare l’interesse del c.d.controinteressato sopravvenuto, in questo caso l’aggiudicatario dell’asta, esigeva che il ricorrente, che aveva già gravato gli atti di gara, dovesse impugnare anche l’aggiudicazione in modo tale da estendere il petitum d’annullamento, evocando in giudizio l’aggiudicatario.

L’indirizzo è però superato dall’art. 28, comma 3, c.p.a. che, in vista della "realizzazione della ragionevole durata del processo" (art. 2, comma 2, c.p.a.), facoltizza il giudice ad ordinare l’intervento del terzo anziché gravare il ricorrente dell’onere di impugnare l’aggiudicazione con altro ricorso o con motivi aggiunti.

Dal resto il principio di economicità degli atti processuali, che è alla base della norma richiamata, si coordina perfettamente con l’effetto sostanziale c.d. caducante dell’aggiudicazione prodotto dall’eventuale accoglimento del gravame avente ad oggetto il bando.

Nel caso in esame non è nemmeno necessario procedere ad ordinare l’intervento: l’aggiudicatario è intervenuto in giudizio ad opponendum ed ha potuto tempestivamente ed agevolmente spiegare le ragioni che, suo dire, si oppongono all’accoglimento del ricorso.

Nel merito il ricorso è fondato ai sensi e nei limiti di seguito precisati.

I primi due ordini di censure sono in parte inammissibili e per l’altra infondati.

I ricorrenti non hanno infatti interesse ad impugnare il criterio, previsto nella lex specialis, per individuare l’acquirente della farmacia.

L’aggiudicazione in favore del concorrente che, in possesso dell’iscrizione all’albo dei farmacisti e dei requisiti richiesti dalla normativa che disciplina l’assegnazione della titolarità, offra il prezzo maggiore rispetto a quello posto a base d’asta, è ragionevole (in tema, Cons. st., sez.V, 28 novembre 2008 n. 5915) ed oltretutto non censurabile da parte di chi non aspiri affatto alla titolarità, bensì a fruire del servizio eseguito professionalmente che la procedura d’alienazione, come congegnata, comunque garantisce.

Aggiungasi, che la decisione di alienare la farmacia comunale anziché d’esternalizzare il servizio, conservandone la titolarità, è frutto di scelta ponderata suffragata da analisi di settore (cfr.studio realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova) ed atti d’indirizzo (delibere della Giunta del 18 novembre 2009 e del 23 dicembre 2009, recepiti nella deliberazione del Consiglio comunale del 20 gennaio 2010) dai quali il provvedimento impugnato riceve ob relationem congrua e sufficiente motivazione.

D’altra parte, venendo al secondo ordine di censure, i ricorrenti cadono in errore, per giunta contraddicendosi, laddove richiamano a fondamento delle censure la normativa che disciplina l’assegnazione delle sedi di farmacie vacanti o di nuova istituzione.

Correttamente l’amministrazione ha invece applicato la disciplina prevista per il trasferimento della titolarità delle farmacie in gestione comunale, e con essa del ramo d’azienda comprendente scorte e personale, che, ai sensi dell’art. 12 l. n. 362/91, impone la gara pubblica.

A diversa conclusione deve invece giungersi per quanto riguarda il terzo ordine di censure.

In limine mette conto rilevare che, contrariamente a quanto assumono il Comune resistente e l’interveniente, i ricorrenti, con riguardo alla (concreta) destinazione dei beni pubblici comunali, sono pienamente legittimati al ricorso: lo sono ex lege.

È inequivocabile il più recente dato positivo: i beni pubblici sono preordinati alla massima valorizzazione funzionale a vantaggio diretto o indiretto della comunità (collettività) territoriale rappresentata dall’ente locale, così recita l’art. 2, comma 4, d.lgs. 28 maggio 2010 n. 85.

La stessa norma prevede nuove forme di consultazione popolare dopo che ciascun ente abbia assicurato "l’informazione della collettività circa il processo di valorizzazione".

La previsione sulla partecipazione dei cittadini ai procedimenti riguardanti la destinazione funzionale dei beni pubblici è espressione, oltre che del principio di trasparenza dell’azione amministrativa, di sussidiarietà orizzontale dal momento che la collettività è chiamata alla gestione dei beni pubblici.

È altresì recente l’arresto (reiterato in più sentenze) della Suprema corte che, con riguardo all’alienazione dei beni pubblici, afferma a chiare lettere che la "vendita di essi possa essere legittimamente motivata solo in ragione dell’impossibilità di adibire il bene a vantaggio della collettività" (Cass., sez. un., 16 febbraio 2011 nn. 3811, 3812 e 3813).

Vero è che la normativa invocata e le sentenze richiamate riguardano direttamente la disciplina del c.d. federalismo demaniale, nondimeno esse sono il portato di principi ed istanze giuridiche oramai sedimentate nell’ordinamento pubblico e civile di modo che l’interprete è autorizzato ad estenderne il raggio applicativo al di là dell’oggetto specificamente considerato.

Alla legittimazione dei ricorrenti fa riscontro la fondatezza della censura.

In nessun atto del procedimento d’alienazione è presa in debita considerazione la destinazione al patrimonio indisponibile dell’immobile ove ha sede la farmacia.

Del vincolo di destinazione nulla è detto o richiesto. Non è stata prevista alcuna clausola contrattuale impositiva del mantenimento del vincolo di destinazione. Viceversa, il contratto di locazione, stipulato con il titolare della farmacia, è assoggettato all’ordinario regime contrattuale ed attribuisce la facoltà di recesso (art. 4 dell’allegato E al conduttore che intenda trasferire in altra sede la farmacia.

Di fatto recidendo il nesso di interdipendenza fra appartenenza pubblica e destinazione a pubblica funzione o servizio dell’immobile s’è concretata una tacita ed immotivata sottrazione del bene dal patrimonio indisponibile del comune non affatto consentita ai sensi dell’art. 828, comma 2, c.c..

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto ai sensi e nei limiti della motivazione.

Le spese di lite in considerazione del parziale accoglimento del gravame devono essere compensate nella misura di un terzo; per i due terzi seguono invece la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti della motivazione.

Condanna il comune di Santa Margherita Ligure e l’interveniente ad opponendum, in solido fra loro e per la metà ciascuno, al pagamento in favore dei ricorrenti dei due terzi delle spese di lite che si liquidano in complessivi 4000,00 (quattromila) euro.

Compensa fra le parti in causa il residuo terzo pari a 2000,00 (duemila) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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