Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-05-2011) 13-06-2011, n. 23611

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 15.10.2008, il Tribunale di Napoli assolse S.P. dai reati di rapina aggravata e lesioni aggravate per non aver commesso il fatto.

Avverso tale pronunzia il P.M. e la parte civile S.G. proposero gravame e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 14.6.2010, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò S.P. responsabile dei reati ascrittigli, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti – lo condannò alla pena di anni 5 mesi 4 di reclusione ed Euro 800,00 di multa, pena accessoria.

L’imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio) ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale ha spiegato la mancata individuazione dell’imputato da parte della persona offesa S.G. con lo stato di concitazione emotiva e di paura in cui questa si trovava, travisando le dichiarazioni dello stesso S. che ha riferito di essersi messo ad inseguire il rapinatore e che lo ha descritto chiarendo di averlo visto in volto;

la Corte territoriale ha invece ritenuto affidabile il riconoscimento operato dalla teste C.C., la quale era lucida nel memorizzare il volto del rapinatore; peraltro l’individuazione è stata operata dalla C. con riferimento alle fattezze corporee e non al volto; la donna ha fornito un giudizio di compatibilità e non di identità; la Corte d’appello ha poi affermato che il tatuaggio sarebbe visibile solo con la piegatura del braccio, ma si tratterebbe di un tatuaggio lungo almeno 18 cm e quindi visibile, sicchè sarebbe illogico l’argomento che i testi non l’hanno menzionato ma neppure escluso; S. aveva dichiarato di ricordare molto bene gli avambracci;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il fatto avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi dell’art. 624 bis cod. pen. non essendovi stata alcuna violenza o minaccia alla persona;

3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di comparazione fra attenuanti ed aggravanti ed alla misura della pena;

4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’incremento di pena per continuazione fissato in misura ben superiore ai minimi edittali, a differenza di quanto fatto per il reato base.

Il primo motivo di ricorso è generico.

Questa Corte ha infatti affermato che, in forza della regola della "autosufficienza" del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo apprezzamento del vizio dedotto. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37982 del 26.6.2008 dep. 3.10.2008 rv 241023).

Nel ricorso invece sono citati solo singoli brani. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha ritenuto che, come da imputazione, l’autore del reato abbia afferrato la persona offesa alle spalle e che gli abbia cagionato lesioni al polso.

Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono manifestamente infondato. Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, "per il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. E gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto". (Cass. Sez. 1 sent. n. 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654).

A ciò la Corte territoriale si è attenuta, richiamando i precedenti penali dell’imputato.

Inoltre si deve ricordare che "in tema di determinazione della misura della pena, il giudice di merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione; infatti, tale valutazione rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto" (Cass. Sez. 4 sent. n. 56 del 16 novembre 1988, dep. 5.1.1989 rv 180075).

La pena inflitta quale incremento di continuazione non supera i parametri edittali di cui all’art. 81 c.p., comma 3 e la sua determinazione rientra nei criteri sopra indicati.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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