Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-04-2011) 13-06-2011, n. 23669 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte di Appello di Roma del 14.4.2010, veniva parzialmente riformata la sentenza pronunciata dal gup Tribunale di Roma in data 2.3.2009, nei confronti degli imputati, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74 ed altro, nel senso che veniva esclusa la colpevolezza del due F. in ordine al reato sub 12), reato di natura estorsiva e venivano concesse a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, con conseguente riduzione della pena inflitta in primo grado.

Il procedimento era nato da una vasta indagine condotta dai carabinieri del nucleo investigativo del gruppo Frascati, che avevano avuto contezza dell’esistenza di due gruppi criminosi contrapposti, uno dei quali facente capo ai F. e agli O., operante nella zona di via (OMISSIS), che si fronteggiava a quello dei Gargano-Balducci. All’esito di servizi di controllo a distanza, di intercettazioni telefoniche e di videosorveglianza attraverso telecamera collocata proprio sul piazzale antistante l’abitazione dei fratelli F., per un intervallo temporale di circa due mesi, venivano raccolti dati investigativi sulla base dei quali venivano costruite le ipotesi d’accusa che il gup prima e la Corte d’appello dopo, reputavano solide e fondate.

Veniva ritenuta, con una doppia conforme, la sussistenza dell’associazione a delinquere, armata, diretta al traffico di sostanze stupefacente, in particolare del tipo cocaina, nella zona (OMISSIS), di cui venivano ritenuti promotori e organizzatori i due F. e semplici partecipi gli altri imputati, con il ruolo di occultamento e spaccio dello stupefacente O.S., con il ruolo di recupero crediti e di picchiatore il C. (non ricorrente), con il ruolo di vigilante e controllo del territorio I. ed O.F. ed infine con il ruolo di addetto allo spaccio, il B., non ricorrente. Numerosi erano gli episodi di cessione di stupefacente ricostruiti, sia attraverso le intercettazioni telefoniche che attraverso le riprese filmate, che davano contezza della continuità e dell’intensità del commercio che intercorreva sul piazzale oggetto di osservazione. Non solo, ma veniva dato atto che dalle conversazioni intercettate era emersa una struttura verticistica del gruppo, dove in posizione apicale si collocavano i fratelli F., struttura nell’ambito della quale spiccava una netta suddivisione di compiti, ma soprattutto un patto di solidarietà tra gli associati, che si esprimeva anche con il pagamento delle spese legali per coloro che incorrevano nelle maglie della giustizia. Emergeva che i sodali erano alle dipendenze dei F., anche perchè rispondevano senza indugio agli inviti al pestaggio di coloro che non erano in linea con i pagamenti.

Risultava altresì la disponibilità di mezzi – quali auto e ciclomotori -, nonchè di strutture quali una casetta che fungeva da ricovero dello stupefacente e dove in effetti fu operato un sequestro di cocaina, ancorchè in quantità non rilevante. L’associazione veniva ritenuta armata, in quanto veniva accertata la disponibilità di almeno due pistole, ad elevata potenzialità offensiva da parte del gruppo (una 9×21 ed una 7,65), una delle quali – la 7,65 – fu usata per perseguire gli scopi dell’associazione a danno del L. F., debitore inadempiente, di cui si dirà. Detta compagine non veniva ritenuta rientrante nell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, poichè secondo la corte territoriale al piccolo spaccio al minuto si erano accompagnati episodi concernenti quantitativi ben più consistenti, quali ad es. le partite consegnate al B., ovvero il quantitativo che i F. volevano fare recapitare a terzi dal L.F. (di mezzo chilo) e poi perchè l’associazione risultava appunto armata.

Quanto ai singoli reati fine, contestati sotto i numeri dal 2 al 18, la sentenza da atto del compendio probatorio raccolto. In particolare, per quanto riguarda i singoli reati di cessione di stupefacente, contestati ai capi 2,3,4,5,6,8 e 10, si tratta di episodi di reato conclamati: a) dalle riprese televisive che ritraggono gli autori della cessione, spesso sotto il controllo discreto e a distanza dei F., b) dai sequestri della sostanza presso gli acquirenti, operati dalle forze dell’ordine poco dopo le operazioni di cessione, c) dai controlli a distanza delle forze dell’ordine a seguito dell’ascolto, sempre a distanza, dei colloqui telefonici con cui venivano fissati gli incontri propedeutici agli scambi.

I F. risultavano poi, sempre dall’ascolto delle loro conversazioni telefoniche, in contatto con B.M., a cui cedevano ancorchè a credito, quantitativi rilevanti di cocaina, che poi il medesimo provvedeva a diffondere sul mercato (venivano individuati i suoi clienti), cosicchè il medesimo B. venne ad accumulare un debito consistente, che ripetutamente i F. gli chiesero di onorare e che il B. in parte saldò, consegnando buoni benzina, che vennero rinvenuti nella disponibilità dei fratelli F.. Questi ultimi ancora risultavano fare conto su altri clienti, quali Bi.Sa. ed il minore A.S., sempre a seguito dell’ascolto delle telefonate.

Il primo, Bi., risultava acquistare la merce di buona qualità perchè suscettibile di taglio, a Euro 57 al grammo ed emergeva che aveva accumulato un debito di Euro 3500. Il secondo, risultava essere a sua volta rifornito dai F., gestendo a sua volta uno spaccio al minuto.

La capacità aggressiva dei F. e la forza aggregante del gruppo venivano evidenziate con i due distinti episodi di sequestro di persona e pestaggio e poi di ferimento con quattro colpi di pistola, a danno di L.F.G. (capi 16 e 17), renitente al pagamento del debito maturato con l’acquisto della cocaina. Il primo episodio, occorso il 1.11.2007, è stato riportato ai due F., nonchè a C. e I., sulla base delle indicazioni della stessa persona offesa, che indicò proprio nel C. il picchiatore all’ordine dei due fratelli, mentre I. fungeva da palo; il secondo e più grave episodio, commesso il (OMISSIS), è stato ricondotto – sempre sulla base delle indicazioni della parte offesa che si accorse di essere accerchiato dai quattro – a F.S., che ammise di avergli sparato, a F.E., nonchè a I. e ad O.F., sulla base anche di colloqui intercettati successivamente al fatto.

Quanto ai reati di danneggiamento ai danni dei locali (OMISSIS) ed Ottica (OMISSIS), capi 13 e 14, – non oggetto di contestazione – sono stati ascritti ai due F. ancora sulla base di colloqui telefonici: in uno di questi F.E., chiese se la pistola adoprata fosse una 38 o la 357, dato che rafforzava la convinzione sulla disponibilità di più armi.

In proposito, va aggiunto che l’arma Berardinelli 9×21 che venne rinvenuta nel giardino immediatamente prospiciente la casa dei fratelli F., venne riportata ai due fratelli, proprio in ragione dei fatti di aggressione accertati e dei colloqui captati e poichè recava la matricola abrasa, veniva affermata la colpevolezza dei due, oltre che per porto e detenzione di arma, anche per il reato di ricettazione. Peraltro su questo specifico punto non vi sono doglianze.

Con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sull’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, le pene venivano ridotte a dieci anni e dieci mesi per i F., ad anni cinque e mesi quattro per I., O. F. ed O.S..

2. Avverso tale pronuncia, hanno proposto ricorso per Cassazione tutti gli imputati suindicati, per dedurre motivi in buona parte comuni ed altri più specifici alle singole posizioni. In primo luogo, le difese di tutti gli imputati contestano la ritenuta sussistenza dell’associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, si dolgono che sia stata ritenuta l’aggravante dell’essere stata l’associazione armata e che non sia stata ritenuta la diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, deducendo vari profili di violazione di legge.

Scendendo nel dettaglio si deve ricordare che:

F.E., pel tramite dell’avv. Cassiani Alessandro, deduce:

a) Erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quanto alla ritenuta associazione. Non sarebbe stato evidenziato alcun elemento a sostegno di una struttura organizzativa permanente, anche modesta o esile, con indicazione dell’apporto materiale del singolo al perseguimento dello scopo comune e l’indicazione dei mezzi propedeutici al perseguimento del disegno criminoso, non potendosi ritenere significativo il fatto che l’imputato abitasse in quel quartiere, ove sarebbero avvenute alcune cessioni di stupefacente. La difesa contrasta altresì che sia stata data per certa la struttura piramidale con a capo l’imputato ed il fratello, laddove gli stessi talora vengono indicati come coordinatori, altre volte come detentori dello stupefacente, altre volte come subordinati agli O..

Non sarebbe stato specificato da quali elementi è desunto il disegno criminoso comune all’associazione, poichè nella sentenza gravata mancherebbe una motivazione volta a supportare la sussistenza di tale elemento, che nei fatti sarebbe inesistente, attesa la saltuarietà e frammentarietà dell’azione delittuosa. Non sarebbe infine stata dimostrata in capo all’imputato, la consapevolezza di fare parte della struttura criminosa, posto che la scarna motivazione sarebbe fondata su argomenti vaghi ed incoerenti, avendosi riguardo a soggetti legati tra loro da un duraturo rapporto di amicizia e di vicinanza geografica. b) erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4: l’aggravante non può ritenersi sussistente, non essendo stata fornita una motivazione per collegare la presenza dell’unica arma rinvenuta all’attività dell’associazione. Nè vi sarebbe prova che l’arma trovata nelle vicinanze del cortile, sia riportabile all’imputato. c) erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà, o manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, non avendo la corte fornito una motivazione coerente e logica in relazione ai dati di fatto riguardanti i mezzi di cui disponeva l’associazione, le quantità di stupefacente sequestrate e le somme di denaro rinvenute, il modus operandi e le condizioni eco-nomiche degli imputati. Le quantità di stupefacente a cui fa riferimento la corte non vennero mai trovate, così come non furono trovati bilancini, o strumenti per tagliare e confezionare la sostanza stupefacente, i quantitativi che risultano smerciati sono modesti, in quanto il corrispettivo non superava il centinaio di euro.

– F.E. ancora e F.S.F., per tramite dell’avv. Mennelli Vittorio, deducono: a) erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e mancanza di motivazione sul punto: sarebbe errato ritenere non operativa l’attenuante di cui al comma 2, in presenza dell’ipotesi aggravata prevista dal quarto comma, attesa l’inesistenza di previsione legislativa o di pronunce giurisprudenziali che segnino l’incompatibilità, posto che la norma fa riferimento solo al dato del "piccolo spaccio" per l’applicazione della diminuente, senza dare rilievo alle eventuali aggravanti. E nel caso di specie, i sequestri operati avrebbero accreditato l’ipotesi del piccolo spaccio, avendo avuto riguardo le cessioni a singole dosi. Secondo la difesa, detta norma doveva essere applicata, essendo lo strumento per mitigare le aberranti conseguenze sanzionatorie, che derivano dall’applicazione della previsione ordinaria, diretta a contrastare fenomeni di ben più preoccupante portata. b) Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2, quanto alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4 poichè secondo l’orientamento giurisprudenziale, non può ritenersi armata l’associazione che non disponga di almeno due armi. Nel caso di specie la difesa lamenta che oltre all’arma usata per affrontare il L.F., non risulterebbero che pochi ed ambigui elementi indiziari, in base ai quali fu attribuita ai F. anche l’arma rinvenuta in un giardino condominiale di uno dei tanti caseggiati popolari di via della (OMISSIS), area accessibile ovviamente non solo ai fratelli oggi imputati, anche perchè priva di recinzione e adiacente a terreno incustodito.

Insignificante è il dato che il padre di costoro detenesse le chiavi del giardino condominiale, poichè l’elemento al più condurrebbe al padre e non ai ragazzi. I rilievi dattiloscopici e balistici non hanno mostrato relazioni di sorta di tale arma con quelle usate per altri episodi indicati nella sentenza, ma neanche con le armi prese in considerazione per gli episodi contro gli esercizi commerciali.

Con il che la difesa si duole dell’incoerenza dell’iter logico ed argomentativo della sentenza, non solo rispetto ai risultati probatori, ma anche rispetto alle regole della logica ed al dettato dell’art. 192 c.p.p., secondo cui gli indizi devono essere univocamente concordanti rispetto al fatto da dimostrare, laddove nel caso di specie gli indizi scarni e confusi disponibili non sarebbero caratterizzati da quella confluenza univoca che dia certezza logica dell’esistenza del fatto da provare.

– O.S., con il patrocinio dell’avv. Simonetta Galantucci, deduce con un unico motivo, violazione di legge in riferimento agli artt 192, 438 e 533 c.p.p. ed in relazione agli artt. 81 e 133 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 74, commi 2 e 6.

Mancherebbe secondo la difesa, la prova certa, al di là di ogni ragionevole dubbio della colpevolezza dell’imputato, non ricorrendo ancoraggio alcuno sul fatto che O. fosse consapevole di far parte di un gruppo criminale, ma soprattutto del contributo effettivamente offerto dall’imputato, per il raggiungimento del fine dell’associazione: significativo al riguardo, secondo la difesa, è la mancata partecipazione del prevenuto al pestaggio del D.F..

Ma secondo ancora la difesa, anche l’attribuzione degli episodi di spaccio sarebbe stata operata su base meramente congetturale, non ricorrendo confronti o ricognizioni, per cui l’operazione di identificazione dell’ O. è stata rimessa alle forze dell’ordine, che controllavano a distanza con rischi di cattiva percezione. Viene poi lamentata la carenza di motivazione, in ordine alla eccessività della pena inflitta, soprattutto in relazione all’aumento di pena per il reato sub 2), calcolato inopinatamente in misura maggiore rispetto agli altri imputati (cinque mesi di reclusione, anzichè due mesi). Insiste poi la difesa sul fatto che i quantitativi risultati commerciati avrebbero dovuto portare alla concessione dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6.

– Lo stesso ampio motivo in termini di violazione di legge è stato presentato in difesa di O.F., sempre dall’avv. Galantucci. A suo opinare, non ricorrerebbe prova certa di consapevolezza dell’imputato di partecipare e contribuire al gruppo criminoso, atteso che al medesimo mai venne trovato stupefacente, nè risulterebbe coinvolto in telefonate compromettenti. La difesa rileva che l’unica telefonata in cui al O.F. venne chiesto da F.S. di fare scendere il fratello, perchè vi era un cliente in attesa, dimostrerebbe, contrariamente a quanto opinato dai giudici di merito, l’estraneità del O.F.. Così come insufficienti sarebbero le indicazioni sulle attività di controllo del territorio, atteso che l’imputato vive nella zona oggetto di monitoraggio da tempo risalente. Non sarebbe poi vero che prese il posto del fratello, una volta che O.S. venne arrestato, poichè in realtà O.S. fu sostituito con altro soggetto, tale Y. (identificato nel Ca.). Anche sul coinvolgimento del O.F. nei fatti di reato a danno del D.F., la difesa insinua che lo stesso sia stato travolto da una infausta concatenazione di eventi; viene ricordato che i testi escussi dalla difesa hanno rappresentato che l’imputato dalle ore 18 alle ore 19, del 10 novembre 2007, si trovava dal barbiere R. e tornò a casa per l’ora di cena. Il ragionamento dei giudici di merito sarebbe stato fuorviato da mere congetture, prive di verifiche empiriche, tanto più che dalle registrazioni delle conversazioni avvenute in carcere, sarebbe stato detto che il O.F. non c’entrava.

Infine, sostiene la difesa, che il calcolo della pena sarebbe errato in quanto sarebbe stato effettuato un aumento di troppo, sulla base di quattro, anzichè tre reati in continuazione, con indebito aggravio di sanzione.

I.S., pel tramite del difensore, avv. Giorgio Colangeli infine, deduce:

a) carenza di motivazione e travisamento della prova, quanto alla dichiarazione di colpevolezza per i reati ascrittigli (1, 3, 16 e 17): la difesa rileva che I. non venne mai visto prelevare stupefacente nella casetta deposito in tutti i cinquantotto giorni di osservazione, di talchè sfuggirebbe a quel comportamento tipizzato dal giudicante come espressione dell’operatività del gruppo di spaccio. I. è imputato dei fatti occorsi dopo il 27 ottobre, che si limiterebbero ad un episodio di passaggio di una dose a favore di C.A. registrato il 27 ottobre 2007 e ad un episodio in cui S. gli chiese per telefono se aveva una cosa per Daniele, ottenendo risposta affermativa. Tutto il resto, a parere della difesa, sarebbe estensione impropria a I. di circostanze afferenti altri imputati. Quanto alla partecipazione ai due episodi a danno del L.F., la difesa obietta che nulla porta a coinvolgere il menzionato, trattandosi di vicenda che coinvolgeva altri e non lui; la distanza intercorrente tra il civico (OMISSIS) e il civico (OMISSIS) della via sopramenzionata dove abitavano gli imputati era tale che I. non poteva fungere da palo. Non solo, ma andava valorizzata l’assunzione di esclusiva paternità del fatto ad opera di F.S.. Una volta destrutturate le accuse a danno dello I., la difesa fa rilevare come il medesimo a maggior ragione non possa essere ritenuto partecipe di associazione, visto che nessun imputato è stato così assente dalle riprese dei Carabinieri come lui, con il che nessun apporto, nessuna emergenza di un ruolo sarebbero apprezzabili. b) carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, avendosi riguardo a fenomeno di spaccio da quartiere e non potendosi fare risalire all’imputato la consapevolezza della presenza di armi nella consorteria, non potendo l’aggravante essere addebitata, se non dietro congrua valutazione dell’elemento soggettivo. Per questo viene chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti indicati dal Procuratore Generale, per quanto attiene al calcolo della pena inflitta ad O. F., ma va rigettato nel resto.

Sulla sussistenza dell’associazione deve essere rilevato che nella giurisprudenza di questa Corte è stato chiarito che per la configurabilità dell’associazione delittuosa in esame, occorre che sia operante un’organizzazione criminale connotata dalla peculiare finalità del commercio di sostanze stupefacenti, alla cui base è identificabile un accordo destinato a costituire una struttura permanente, in cui i singoli associati divengono parte di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti della stessa specie, con la particolarità che per la configurazione del reato associativo non è richiesta la presenza di una complessa ed articolata organizzazione, essendo sufficiente a connotarla l’esistenza di strutture rudimentali, in relazione a cui la prova di vincolo permanente può essere data anche per mezzo dell’accertamento di facta concludenza, quali i contatti continui tra gli spacciatori, le forme di copertura e le forme organizzative, sia di tipo gerarchico, che di suddivisione di ruoli, le basi logistiche (Sez. 1, 22.12.2009, n. 4967). Deve essere riconosciuto che i giudici di merito hanno valutato le risultanze processuali in modo congruente a questi principi di diritto (v. pagg. 47 e segg. sentenza di appello e pagg. 48 e segg. sentenza del gup), avendo valorizzato la sistematica, radicata e perdurante attività di cessione di cocaina, che avveniva nel piazzale sottoposto a controllo televisivo, la constatata distribuzione di ruoli nell’ambito del gruppo operativo e la accertata posizione di vertice assunta dai F., il radicamento sul territorio, il patto di solidarietà tra gli associati, manifestatosi non solo nel fare quadrato a favore di O.S. allorquando venne arrestato, ma anche nell’intervenire a mano armata in gruppo, contro chi avesse osato mancare agli impegni presi. Questi dati fattuali sono stati correttamente reputati indici significativi della sussistenza del reato associativo; la partecipazione dei singoli al sodalizio è stata legittimamente desunta dalla commissione dei singoli episodi criminosi; dalle condotte di ciascuno è stato correttamente desunto il ruolo specifico assunto, funzionale all’associazione, alle sue dinamiche operative, di conservazione e di crescita, non certo occasionale (attesa la continuità nel tempo e la sistematicità del legame), ma consapevole della realizzazione di un fine che era quello di contribuire allo sviluppo della cellula criminosa, attese le ripetute manifestazioni di obbedienza e fedeltà nei confronti dei capi ad opera dei semplici associati. Non poteva fare opinare diversamente il dato dell’estensione temporale della condotta criminosa, atteso che il controllo di polizia durò meno di due mesi, periodo ritenuto sufficiente a dimostrare la continuità temporale del vincolo.

Quanto alla natura armata dell’associazione, anche sul punto la sentenza non sconta alcuna forzatura del dato normativo, poichè è stato affermato da questa Corte che in tema di stupefacenti, per la configurabilità dell’aggravante dell’associazione armata, prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 4, è richiesta unicamente la disponibilità di armi, non esigendosi anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dal sodalizio criminoso, ancorchè sia necessario che l’uso delle armi non sia esclusivamente personale del soggetto che le detiene (Sez. 1, 6.5.2010, n. 21957).

E’ stato dato atto in sentenza che una pistola cal. 9×21 (dunque di elevatissima potenzialità offensiva) era stata trovata in un giardino di pertinenza dei F. (avendone gli stessi parlato nel corso di conversazioni intercettate) e che una cal. 7,65 era stata usata per ferire il L.F.. La piena consapevolezza degli imputati della disponibilità di armi da parte del gruppo è stata desunta senza alcuna forzatura dal punto di vista logico, dal fatto che il ferimento del L.F. fu frutto di una determinazione comune, attesa la partecipazione, a vario titolo, di tutti i ricorrenti.

Quanto poi alla mancata valutazione del gruppo criminale nei termini di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, va detto che i giudici di merito hanno fatto buon governo del dato normativo che condiziona la diminuente a presupposti di fatto, non ricorrenti nel caso di specie: è stato infatti ritenuto che la pluralità di cessioni registrate e la sistematicità del commercio davano conto di una disponibilità continua di stupefacente da parte del gruppo, a dispetto della non particolare rilevanza delle quantità di stupefacente sequestrato e che soprattutto il debito accumulato dal B. e la quantità che fu ordinato al L.F. di consegnare a terzi, erano indici rivelatori della consistenza del commercio gestito che poteva contare su una fonte di approvvigionamento costante. I dati fattuali suindicati sono stati correttamente valutati quali indici significativi della consistenza del traffico, non inquadrabile nell’ipotesi attenuata, a prescindere dal fatto che l’associazione fosse aggravata dalla disponibilità di armi. Le doglianze avanzate dalle difese sul punto sono quindi destituite di fondamento.

Quanto ai motivi sviluppati sulle singole posizioni, va detto che sui fratelli F. la corte territoriale non è incorsa in alcun deficit motivazionale, avendo dato conto del ruolo di controllo a distanza svolto sulla piazza da costoro, che non operarono direttamente con gli acquirenti, bensì attraverso i singoli spacciatori, i quali vennero più volte colti nell’atto di cedere il denaro guadagnato con le cessioni, agli stessi, nonchè delle emergenze risultanti dal controllo telefonico che dipingevano i prevenuti come gli organizzatori di un redditizio commercio al minuto di stupefacente (in proposito sono state ricordati i crediti accumulati verso B. e Bi.). Sono state valorizzate da un lato, l’iniziativa da loro partita di raccogliere più denaro possibile per far fronte alle spese legali a seguito dell’arresto di O.S., dall’altro l’iniziativa del pestaggio del L. F., in due momenti e con un crescendo di aggressività, con l’appoggio di C., I. ed O.F., alle direttive dei due fratelli F.. Tale episodi hanno costituito solida base inferenziale per desumere la sussistenza e la forza del gruppo criminale, nonchè la posizione di vertice rivestita dai due fratelli menzionati. Quanto alla disponibilità delle armi, come è stato detto, è stata desunta da elementi certi, colti dalle conversazioni telefoniche intercettate, nel corso delle quali i due si interrogavano su quale delle plurime armi disponibili fosse stata utilizzata in particolari occasioni, ragion per cui la conclusione a cui sono addivenuti i giudici di merito non offe spazio a censura alcuna.

Anche il motivo sviluppato da O.S. è destituito di fondamento; la sua partecipazione al sodalizio è stata argomentata partendo dal dato del suo arresto nella flagranza del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e valorizzando i dati raccolti, ritenuti di sicuro riferimento (trattandosi di videoriprese, intercettazioni telefoniche, controlli a distanze delle forze dell’ordine); il medesimo è stato riconosciuto come parte di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti di cessione di stupefacente nell’interesse di quel gruppo che non a caso intervenne a suo favore nel momento di fibrillazione, allorquando venne arrestato. Non poteva portare il giudice di merito ad opinare diversamente, il fatto che O.S. non ebbe a partecipare al pestaggio del L.F., in quanto già la prima azione aggressiva cadde quando lo O.S. era detenuto.

Anche il motivo riguardante la carenza di motivazione sulla misura dell’aumento di pena stabilito per la continuazione con il reato sub 2), è infondato, poichè nel contesto dell’intera sentenza, si coglie agevolmente come allo S. fu attribuito un ruolo più attivo rispetto a quello degli altri imputati, che ha giustificato la maggiore severità in termini di risposta sanzionatoria.

Quanto alle specifiche doglianze enucleate dallo I., va detto che i giudici di merito hanno valorizzato sia la conversazione intercorsa tra I. e F.S. il 7.11.2009, che la cessione operata dallo I. il 19.11.2007 e videoregistrata; ma soprattutto hanno ancorato la decisione al dato di fatto indiscusso che I. ebbe a partecipare ad entrambe le spedizioni punitive a danno del L.F., fungendo da spalla ai due F. in entrambi i delicati momenti di aggressione. Riteneva la corte che la partecipazione a questo genere di azioni denotasse la piena fiducia riversata sullo I., con argomentazione assolutamente plausibile, ancorata a dati di comune esperienza, aggiungendo che dalla stessa voce dell’interessato nel corso di un colloquio era emersa la sua convinta consapevolezza di far parte del gruppo. Questi elementi venivano ritenuti indicativi del pieno coinvolgimento nel sodalizio, con operazione logica certamente consentita, avendo tra l’altro la sentenza ampiamente argomentato il perchè non si possa ritenere risolutiva (in senso liberatorio dell’imputato) la esclusiva assunzione di responsabilità operata da F.S..

Infine, quanto alle doglianze avanzate da O.F., va detto che è condivisibile solo quella relativa al calcolo della pena ed in particolare riguardante gli aumenti di pena, stabiliti a titolo di continuazione. Infatti, va ricordato che sul coinvolgimento anche del F. nella intensa attività di commercio al dettaglio sulla pubblica piazza, oggetto di controllo da parte delle forze dell’ordine, le sentenze di merito danno ampio conto delle plurime riprese del medesimo nell’atto di stazionare in attesa di acquirenti, nonchè delle telefonate con cui F.S. indicava anche al F. la presenza di clienti e gli intimava di scendere subito.

Ancora, veniva ritenuta significativa di un interesse che trascendeva la sorte del fratello, la telefonata intercorsa dopo l’arresto di questi, con F.E., con cui si preoccupò di sapere se tutto lo stupefacente era stato sequestrato. E’ stato poi valorizzato il dato che in occasione dell’agguato del (OMISSIS), a danno del L.F., O.F. operò come coadiutore dei due F., poichè gli venne delegato il controllo della strada.

Anche in relazione a questa posizione, il ragionamento condotto dalla corte non si espone a censure, in quanto aderente alle emergenze disponibili e assolutamente rigoroso nei singoli passaggi.

E’ corretta invece la doglianza sulla pena, poichè la corte territoriale ha, in sede di calcolo della sanzione per il reato continuato, erroneamente calcolato un reato satellite in più del dovuto : pertanto la pena base, calcolata sul reato sub 1, reato più grave, di anni sette e mesi sei di reclusione, è stata aumentata di due mesi per la continuazione con il reato sub 16, dopo di che l’aumento di mesi uno per ciascuno degli altri due reati in contestazione ( sub 2 e sub 3) doveva portare alla pena complessiva di anni sette e mesi dieci di reclusione e non di anni otto, pena che ridotta ex art. 442 c.p.p., doveva essere determinata in anni cinque, mesi tre e giorni dieci di reclusione. Si deve quindi annullare sul punto la sentenza, senza rinvio, potendo ex art. 620 c.p.p., lett. l), procedere alla determinazione della pena.

O.S., F.E., F.S.F. e I.S. vanno condannati al pagamento delle spese processuali, a seguito del rigetto del ricorso presentato.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di O. F., limitatamente al calcolo della pena, rideterminandola in anni cinque, mesi tre e giorni dieci di reclusione .

Rigetta nel resto il ricorso di O.F., rigetta i ricorsi di O.S., F.E., F.S.F. e I.S., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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