Corte Costituzionale sentenza n. 316 SENTENZA 03 – 11 novembre 2010 .

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 46 del 17-11-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 19,
della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del
Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitivita’
per favorire l’equita’ e la crescita sostenibili, nonche’ ulteriori
norme in materia di lavoro e previdenza sociale), promosso dal
Tribunale di Vicenza nel procedimento vertente tra P.A. E. ed altro e
l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza
del 17 aprile 2009, iscritta al n. 205 del registro ordinanze 2009 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, 1ª serie
speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di P.A. E. ed altro e dell’INPS
nonche’ l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 5 ottobre 2010 il Giudice
relatore Luigi Mazzella;
Uditi gli avvocati Mattia Persiani per P.A. E. ed altro, Mauro
Ricci per l’INPS e l’avvocato dello Stato Massimo Santoro per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 17 aprile 2009,
ha sollevato questione di legittimita’ costituzionale, con
riferimento agli articoli 38, secondo comma, 36 e 3 della
Costituzione, dell’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n.
247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su
previdenza, lavoro e competitivita’ per favorire l’equita’ e la
crescita sostenibili, nonche’ ulteriori norme in materia di lavoro e
previdenza sociale).
Tale norma stabilisce che per le pensioni superiori a otto volte
il trattamento minimo INPS non venga concessa per l’anno 2008 alcuna
perequazione automatica.
1.1. – Riferisce il giudice rimettente che P.A. E. e R. T.,
titolari di pensioni INPS eccedenti otto volte il trattamento minimo,
anche per effetto della perequazione automatica per legge, avevano
contestato la decisione dell’INPS di non perequare automaticamente
tale emolumento a partire dal gennaio 2008 in applicazione dell’art.
1, comma 19, della legge n. 247 del 2007, lamentando la perdita del
potere d’acquisto conseguentemente determinatasi, con effetti
destinati a prodursi anche in futuro, incidenti definitivamente
sull’ammontare della pensione stessa.
1.2. – Secondo il Tribunale di Vicenza, la questione di
legittimita’ costituzionale sarebbe, innanzitutto, rilevante, perche’
la chiara ed univoca lettera della norma censurata non ne
consentirebbe una interpretazione diversa da quella che univocamente
conduce all’esclusione dell’applicabilita’ del beneficio della
perequazione.
1.3. – La questione sarebbe, inoltre, non manifestamente
infondata, perche’, anche in attuazione dell’art. 38, secondo comma,
Cost., il legislatore ha previsto la perequazione automatica delle
pensioni erogate in tutti i regimi, compresi quelli integrativi,
nonche’ delle forme di previdenza complementare, secondo una
disciplina improntata alla copertura integrale delle pensioni
economicamente piu’ contenute e parziale per altre tipologie di
pensioni piu’ elevate (con l’unica eccezione di cui all’art. 59,
comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica). Con la norma censurata,
invece, e’ stato disposto il blocco totale (temporaneo, ma con
riflessi permanenti) della perequazione automatica, con una
valutazione che il giudice a quo sospetta non essere rispettosa
dell’art. 38 Cost. e del principio di ragionevolezza previsto
dall’art. 3 Cost., in quanto, nel bilanciamento tra principi di
uguale rango costituzionale (quello dell’art. 38 Cost. e quello della
solidarieta’ sociale sotteso alle esigenze di contenimento della
spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema previdenziale),
sarebbe stato inciso totalmente uno di questi – il diritto a che lo
Stato assicuri i mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori
pensionati – e tutelato integralmente l’altro.
Il giudice rimettente ritiene altresi’ che la pensione totalmente
non perequata, con effetti non solo nell’immediato, ma anche per il
futuro (in difetto di qualunque previsione di recupero per gli anni
successivi), non risponda al canone della adeguatezza sancito, per le
prestazioni previdenziali, dall’art. 38, secondo comma, della
Costituzione.
La mancata rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad
un certo importo, oltre ad impedire la conservazione nel tempo del
valore del trattamento di quiescenza, andrebbe altresi’ a
pregiudicare la proporzionalita’ tra pensione e retribuzione goduta
nel corso dell’attivita’ lavorativa, tutelata dagli artt. 38 e 36
Cost., discriminando irragionevolmente i percettori di pensioni
medio-alte rispetto ai percettori di pensioni meno elevate; i primi
esposti globalmente al rischio inflattivo, i secondi protetti
integralmente da esso.
Secondo il Tribunale di Vicenza, infine, il principio di
solidarieta’, cui si raccordano le esigenze di contenimento della
spesa pubblica, di salvaguardia del bilancio dello Stato, di tenuta
finanziaria del sistema previdenziale, giustificherebbe soltanto
meccanismi normativi di rivalutazione parziale e non anche la
radicale esclusione della perequazione per certune tipologie
pensionistiche, foriera di nette ed irragionevoli disparita’ di
trattamento tra pensionati.
2. – Con memoria depositata in data 2 settembre 2009 si sono
costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio principale, instando
per la declaratoria di illegittimita’ costituzionale della
disposizione legislativa censurata, in relazione all’art. 38, secondo
comma, Cost. – o allo stesso articolo in combinazione con l’art. 36
Cost. – e all’art. 3 della Costituzione.
Pur non ignorando l’insegnamento reso dalla Corte con l’ordinanza
n. 256 del 2001, la quale ha escluso la illegittimita’ costituzionale
del meccanismo di temporanea sospensione della perequazione
automatica di cui all’art. 59, comma 13, della legge n. 449 del 1997,
i pensionati interessati evidenziano che tutti i provvedimenti di
blocco della perequazione automatica, anche se temporanei, hanno
prodotto, e producono tuttora, un danno economico sui livelli delle
pensioni di importo piu’ elevato e che dunque non si dovrebbe
continuare a legittimare, anche per il futuro, l’esistenza di quel
danno.
A loro giudizio la mancata rivalutazione automatica, sia pure con
riguardo alle pensioni di un certo importo, pregiudicherebbe la
realizzazione della "adeguatezza" delle prestazioni previdenziali e
impedirebbe, o almeno concorrerebbe ad impedire, la realizzazione
della proporzionalita’ tra pensione e retribuzione goduta nel corso
dell’attivita’ lavorativa.
Sotto il profilo della ragionevolezza viene, infine, osservato
che i titolari di pensioni superiori ad otto volte il trattamento
minimo INPS sarebbero stati privati della perequazione automatica
senza una giustificazione adeguata, non ricavabile neppure dal
principio di solidarieta’.
2.1. – Con memoria illustrativa depositata il 10 settembre 2010
la difesa dei ricorrenti in via principale ha ribadito e
ulteriormente sviluppato le argomentazioni gia’ svolte nell’atto di
costituzione a sostegno dell’illegittimita’ costituzionale della
norma impugnata.
3. – Con atto depositato il 15 settembre 2009 si e’ costituito
l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), chiedendo che
la questione di legittimita’ costituzionale sollevata dal Tribunale
di Vicenza con l’ordinanza sopra specificata sia dichiarata
inammissibile o infondata e richiamando l’orientamento consolidato di
questa Corte, secondo cui «appartiene alla discrezionalita’ del
legislatore, con il solo limite della palese irrazionalita’,
stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni
dell’ammontare delle prestazioni» (ordinanza n. 256 del 2001).
La misura dei trattamenti interessati dall’intervento normativo
sarebbe tale da escludere a priori la paventata lesione dell’art. 38
Cost., tanto meno potendo risultarne sacrificate le «esigenze minime
di protezione della persona».
La ragionevolezza e tollerabilita’ della sospensione della
perequazione automatica, per il solo 2008, delle pensioni superiori
ad otto volte il trattamento minimo dipenderebbe dal fatto che essa
e’ limitata nel tempo ed incide su fasce di reddito elevate.
Non sarebbe, inoltre, ravvisabile alcun contrasto con gli artt.
36 e 38 Cost., avendo il legislatore, alla luce delle esigenze
fondamentali di politica economica, discrezionalmente bilanciato i
contrapposti interessi secondo criteri non arbitrari o illogici.
Rispetto al canone dell’art. 3 Cost., infine, la norma avrebbe
regolato situazioni fra loro disomogenee e percio’ non comparabili.
4. – Con atto depositato il 15 settembre 2009 e’ intervenuto nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, instando per la
dichiarazione di manifesta infondatezza – o, comunque, di
inammissibilita’ – della questione sollevata dal Tribunale di Vicenza
con l’ordinanza succitata, poiche’ non motivata con argomenti nuovi
rispetto all’analoga questione decisa dalla Corte costituzionale con
ordinanza n. 256 del 2001.
Con specifico riferimento alla norma censurata, la sua
conformita’ alla Costituzione troverebbe ampio riscontro nella
giurisprudenza di questa Corte, univocamente attestata sui principi
dell’inesistenza di un vincolo costituzionale di automatico
adeguamento delle pensioni agli stipendi (sentenza n. 62 del 1999);
dell’appartenenza alla discrezionalita’ del legislatore, con il solo
limite della palese irrazionalita’, dei modi, delle misure e delle
variazioni dei trattamenti di pensione, attraverso il contemperamento
delle esigenze di vita dei beneficiari con le concrete disponibilita’
finanziarie e le esigenze di bilancio (sentenza n. 372 del 1998),
discrezionalita’ peraltro destinata a manifestarsi specificamente
nella modulazione in concreto dei meccanismi di perequazione
(sentenze n. 241 del 2002 e n. 439 del 2001).

Considerato in diritto

1. – Viene all’esame di questa Corte la questione di legittimita’
costituzionale sollevata, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dal
Tribunale di Vicenza, relativamente all’articolo 1, comma 19, della
legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo
del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitivita’ per
favorire l’equita’ e la crescita sostenibili, nonche’ ulteriori norme
in materia di lavoro e previdenza sociale).
2. – Il Tribunale di Vicenza sospetta che la norma, nella parte
in cui, per l’anno 2008, prevede il blocco integrale della
perequazione automatica delle pensioni superiori a otto volte il
trattamento minimo, violi l’art. 38, secondo comma, anche in
combinato disposto con l’art. 36, e l’art. 3 della Costituzione.
Il giudice rimettente dubita, in primo luogo, che la pensione
totalmente non perequata, con evidenti effetti nell’immediato («per
l’anno 2008»), ma pure con inevitabili riflessi permanenti (non
essendo stato previsto alcun recupero per gli anni successivi),
risponda al canone della adeguatezza sancito, per la prestazione
previdenziale, dall’art. 38, secondo comma, Cost., avendo
temporaneamente reso inefficace l’unico istituto posto a tutela della
conservazione nel tempo del valore del trattamento pensionistico.
A suo avviso, inoltre, la mancata rivalutazione automatica delle
pensioni superiori ad un certo importo contribuirebbe a precludere la
proporzionalita’ tra pensione e retribuzione goduta nel corso
dell’attivita’ lavorativa, tutelata dagli artt. 38 e 36 Cost.,
discriminando irragionevolmente i percettori di pensioni medio-alte
rispetto ai percettori di pensioni meno elevate; i primi esposti
globalmente al rischio inflattivo, i secondi protetti integralmente
da esso.
La norma impugnata, infine, contrasterebbe con l’art. 38 Cost., e
con il principio di ragionevolezza previsto dall’art. 3 Cost., per
avere totalmente sacrificato il diritto all’assicurazione da parte
dello Stato di mezzi adeguati ai bisogni di vita dei lavoratori
pensionati alla solidarieta’ sociale sottesa alle esigenze di
contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema
previdenziale, evitando qualunque forma di bilanciamento tra valori
di pari rango costituzionale, quale avrebbe potuto essere realizzata
con interventi piu’ calibrati di attenuazione della dinamica
perequativa.
3. – La questione non e’ fondata.
L’art. 1, comma 19, della legge n. 247 del 2007 – disponendo il
blocco della perequazione automatica, per il solo anno 2008, delle
pensioni con importo superiore a otto volte il trattamento minimo
INPS – ha lo scopo dichiarato di contribuire al finanziamento
solidale degli interventi sulle pensioni di anzianita’,
contestualmente adottati con l’art. 1, commi 1 e 2, della medesima
legge.
In particolare, la mancata rivalutazione dei predetti trattamenti
ha concorso a compensare l’eliminazione dell’innalzamento repentino a
sessanta anni, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dell’eta’ minima gia’
prevista per l’accesso alla pensione di anzianita’ in base
all’articolo 1, comma 6, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in
materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della
previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e
all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed
assistenza obbligatoria), e l’introduzione, in sua vece, di un
sistema piu’ graduale e flessibile delle "uscite", basato sul
raggiungimento di quote risultanti dall’eta’ anagrafica e
dall’anzianita’ contributiva.
3.1. – Cosi’ ricostruitane la ratio, la norma impugnata e’ immune
da tutti i vizi denunciati.
L’art. 38, secondo comma, Cost. impone che al lavoratore siano
garantiti «mezzi adeguati» alle esigenze di vita in presenza di
determinate situazioni che richiedono tutela. La mancata perequazione
per un solo anno della pensione non tocca il problema della sua
adeguatezza.
Dal principio enunciato nell’art. 38 Cost., infatti, non puo’
farsi discendere, come conseguenza costituzionalmente necessitata,
quella dell’adeguamento con cadenza annuale di tutti i trattamenti
pensionistici. E cio’, soprattutto ove si consideri che le pensioni
incise dalla norma impugnata, per il loro importo piuttosto elevato,
presentano margini di resistenza all’erosione determinata dal
fenomeno inflattivo. L’esigenza di una rivalutazione sistematica del
correlativo valore monetario e’, dunque, per esse meno pressante di
quanto non sia per quelle di piu’ basso importo.
3.2. – Anche rispetto al principio di proporzionalita’ delle
pensioni alle retribuzioni, contenuto nell’art. 36 Cost., la lesione
ipotizzata dal giudice rimettente non sussiste. In relazione
all’adeguatezza dei trattamenti di quiescenza alle esigenze di vita
del lavoratore e della sua famiglia, questa Corte ha ripetutamente
affermato che tale principio non impone un aggancio costante dei
trattamenti pensionistici agli stipendi (ex plurimis, sentenza n. 62
del 1999 e ordinanza n. 531 del 2002).
Spetta, infatti, al legislatore, sulla base di un ragionevole
bilanciamento dei valori costituzionali, dettare la disciplina di un
adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse
finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile
delle esigenze minime di protezione della persona (per tutte,
sentenza n. 30 del 2004). Esigenze, queste, che il livello economico
dei trattamenti previsti dalla norma impugnata non scalfisce, per i
suoi effetti limitati al 2008.
3.3. – Quanto poi all’irragionevole sperequazione ascritta dal
giudice rimettente all’intervento normativo censurato, questa Corte –
proprio nell’affrontare un’analoga questione di legittimita’
costituzionale riguardante altra norma (art. 59, comma 13, della
legge n. 449 del 1997) che pure escludeva per un anno (1998) la
perequazione automatica dei trattamenti pensionistici allora
superiori a cinque volte il minimo INPS – ha ribadito che «appartiene
alla discrezionalita’ del legislatore, col solo limite della palese
irrazionalita’, stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e
le variazioni dell’ammontare delle prestazioni, attraverso un
bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle
esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilita’
finanziarie e delle esigenze di bilancio» (ordinanza n. 256 del 2001;
nello stesso senso, sentenza n. 372 del 1998).
Allo stesso modo, anche in questo caso dev’essere riconosciuta al
legislatore – all’interno di un disegno complessivo di
razionalizzazione della precedente riforma previdenziale – la
liberta’ di adottare misure, come quella denunciata, di concorso
solidaristico al finanziamento di un riassetto progressivo delle
pensioni di anzianita’, onde riequilibrare il sistema a costo
invariato.
3.4. – In tale prospettiva, neppure puo’ ritenersi violato il
principio di eguaglianza, perche’ il blocco della perequazione
automatica per l’anno 2008, operato esclusivamente sulle pensioni
superiori ad un limite d’importo di sicura rilevanza, realizza un
trattamento differenziato di situazioni obiettivamente diverse
rispetto a quelle, non incise dalla norma impugnata, dei titolari di
pensioni piu’ modeste. E che si tratti di situazioni disomogenee
trova conferma nella stessa disciplina «a regime» della perequazione
automatica, la quale prevede una copertura decrescente, a mano a mano
che aumenta il valore della prestazione.
Inoltre, la chiara finalita’ solidaristica dell’intervento, in
contrappeso all’espansione della spesa pensionistica dovuta alla
graduazione dell’entrata in vigore di nuovi piu’ rigorosi criteri di
accesso al pensionamento di anzianita’, offre una giustificazione
ragionevole alla soppressione annuale della rivalutazione automatica
prevista a scapito dei titolari dei trattamenti medio-alti. Il loro
sacrificio, infatti, serve ad attuare la scelta non arbitraria del
legislatore di soddisfare – cancellando la brusca elevazione
dell’eta’ minima pensionabile – le aspettative maturate dai
lavoratori, i quali, in base alla piu’ favorevole disciplina
previgente, erano prossimi al raggiungimento del prescritto requisito
anagrafico.
La norma impugnata si sottrae, infine, a censure di palese
irragionevolezza, perche’, limitandosi a rallentare la dinamica
perequativa delle pensioni di valore piu’ cospicuo, non determina
alcuna riduzione quantitativa dei trattamenti in godimento. Essa
cosi’ finisce per imporre ai relativi percettori un costo contenuto,
sia pure tenendo conto dei riflessi futuri del mancato adeguamento
circoscritto al 2008.
4. – Va, in definitiva, riaffermato che la garanzia
costituzionale della adeguatezza e della proporzionalita’ del
trattamento pensionistico, cui lo strumento della perequazione
automatica e’ certamente finalizzato, incontra il limite delle
risorse disponibili. A tale limite il Governo e il Parlamento devono
uniformare la legislazione di spesa, con particolare rigore a
presidio degli equilibri del sistema previdenziale.
Dev’essere, tuttavia, segnalato che la sospensione a tempo
indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente
reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema
ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza
e proporzionalita’ (su cui, nella materia dei trattamenti di
quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985), perche’
le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere
sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere
d’acquisto della moneta.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n. 247
(Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,
lavoro e competitivita’ per favorire l’equita’ e la crescita
sostenibili, nonche’ ulteriori norme in materia di lavoro e
previdenza sociale), sollevata, in riferimento agli articoli 38,
secondo comma, 36 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza
con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Mazzella

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria l’11 novembre 2010

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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