Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-06-2011, n. 3661 Silenzio-accoglimento, silenzio-rifiuto e silenzio-rigetto della pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, il Ministero della Giustizia impugna la sentenza 8 marzo 2010 n. 313, con la quale il TAR Calabria, sez. II, in accoglimento del ricorso proposto da B. M. L., ha dichiarato la sussistenza del silenzio inadempimento tenuto dalla Commissione preposta agli esami per l’iscrizione all’albo degli avvocati – anno 2007, operante presso la Corte di Appello di Catanzaro, in relazione all’obbligo di sottoporre la ricorrente alla prova orale dei predetti esami, ai quali era stata ammessa dalla III sottocommissione operante presso la Corte d’Appello di Lecce.

Nel caso in esame, la dott. B. aveva, in altro e precedente giudizio, impugnato il giudizio negativo della prova scritta sostenuta nell’ambito del predetto esame di abilitazione e quest’ultimo era stato annullato dal TAR Puglia, sez. Lecce, con sentenza 25 marzo 2009 n. 746, per difetto di motivazione, non essendosi ritenuta adeguata la mera apposizione del voto numerico.

A seguito di ciò, per un verso, si è riproceduto (in data 27 maggio 2009) alla valutazione degli elaborati, con risultato positivo per tutte le tre prove scritte; per altro verso, l’esecutività della sentenza del TAR, a seguito di appello dell’amministrazione, è stata sospesa da questo Consiglio di Stato, con ordinanza 2 luglio 2009 n. 3423.

La Commissione esaminatrice non ha proseguito nel procedimento amministrativo, facendo sostenere alla candidata gli esami orali, e da ciò ha avuto origine il giudizio avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione, definito in I grado con la sentenza oggetto del presente appello.

Secondo il Tribunale, nel caso di specie "è necessario verificare quale sia la natura dell’attività amministrativa svolta dalla III sottocommissione di Lecce in ordine alla valutazione delle prove scritte, successivamente all’emanazione della sentenza". Ed infatti, secondo il I giudice, "se tale attività sia stata di stretta attuazione della predetta sentenza, l’intervenuta ordinanza del Consiglio di stato che ha sospeso gli effetti della sentenza giustifica una interruzione del procedimento amministrativo in corso, con conseguente insussistenza dell’obbligo di concluderlo mediante lo svolgimento della prova orale"; al contrario, "se invece si ritiene che l’attività dell’amministrazione abbia una sua autonomia sussiste il dovere di portare a termine l’iter procedimentale".

Ne consegue che "nel caso in esame, l’esecuzione della sentenza imponeva soltanto di esprimere una motivazione adeguata non limitata all’apposizione di un voto numerico", laddove la sottocommissione "ha invece provveduto ad un riesercizio del potere con una nuova valutazione tecnica sostanziale in ordine alla pretesa fatta valere dalla ricorrente". Ciò si evince dal fatto che "non soltanto è stata apposta una motivazione rispondente ai criteri indicati dal giudice di I grado, ma gli elaborati scritti sono stati ritenuti sufficienti all’esito di un rinnovato giudizio espresso dall’amministrazione".

Da ciò consegue che l’ordinanza del Consiglio di Stato "non ha determinato un arresto procedimentale" e l’amministrazione "è obbligata a continuare nell’esercizio del potere".

Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) violazione e/o falsa applicazione art. 2 l. n. 241/1990; art. 21 bis l. n. 1034/1971; art. 336, co. 2, c.p.c.; violazione del giudicato cautelare del Consiglio di Stato, costituito dall’ord. n. 3423/2009; insussistenza dell’obbligo in capo all’amministrazione di sottoporre la candidata alla prova orale; ciò in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal I giudice, "con la sentenza n. 746/2009 il TAR Lecce non si era affatto limitato ad ordinare all’amministrazione di esplicitare le ragioni del giudizio di inidoneità, espresso in forma soltanto numerica, ma aveva espressamente ordinato alla P.A. di rinnovare la valutazione degli elaborati", e tanto la Commissione ha fatto in espressa esecuzione di tale sentenza "senza prestare alcuna acquiescenza ad un provvedimento giurisdizionale immediatamente esecutivo, avverso il quale ha anzi proposto appello" e senza agire in autotutela;

b) incompetenza funzionale inderogabile del TAR Catanzaro in merito alla res controversa; poiché la valutazione della nuova correzione e valutazione degli elaborati è questione riservata al Consiglio di Stato "al quale spetta, in via esclusiva, di decidere sulla eventuale improcedibilità per (sopravvenuta) cessazione della materia del contendere dell’appello erariale avverso la sentenza del TAR Lecce n. 746/2009".

Con memoria del 14 gennaio 2011, l’appellante Ministero ha evidenziato che questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 4453/2010 ha riformato la sentenza n. 746/2009 del TAR Lecce, così respingendo il ricorso di I grado della dott. B.. In particolare, il Consiglio di Stato, nel rigettare l’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse, "ha qualificato (con efficacia di giudicato inter partes) tale ultima valutazione come atto meramente esecutivo e/o adempitivo della sentenza impugnata, privo di natura novativa".

Con ordinanza 21 aprile 2010 n. 1774, questo Consiglio di Stato ha accolto la domanda di misure cautelari, sospendendo l’esecutività della sentenza appellata, rilevando, in particolare, che l’esecuzione della sentenza n. 746/2009 "avrebbe implicato la rinnovazione del giudizio sulle prove scritte (risultato negativo) al limitato fine di esprimerlo in termini non meramente numerici", di modo che "la rinnovazione delle predette prove, avvenuta invece riesaminando con esito positivo le stesse, appare quindi realizzare un indebito superamento della cennata pronunzia".

L’appellata non si è costituita in giudizio e, all’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

Occorre, innanzi tutto, osservare che questo Consiglio di Stato, con sentenza 9 luglio 2010 n. 4453 ha riformato la sentenza n. 746/2009 del TAR Puglia, sede di Lecce, a seguito della quale si è avuta il nuovo giudizio sugli elaborati della candidata (attuale appellante), rinnovato giudizio che ha poi dato luogo al ricorso avverso il silenzio – inadempimento dell’amministrazione, deciso con la sentenza n. 313/2010, appellata nella presente sede.

La citata decisione n. 4453/2010, rigettando l’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, per effetto della nuova attività posta in essere dall’amministrazione, ha affermato, con considerazioni che si confermano nella presente sede, che:

"il riesame e la nuova correzione degli elaborati dell’odierna appellata sono stati espressamente compiuti dalla Sottocommissione Esami Avvocato presso la Corte di Appello di Lecce "in esecuzione della sentenza del T.A.R. per la Puglia di Lecce – Sezione Prima n° 746/09", sì che è applicabile alla fattispecie il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado, immediatamente esecutiva, non determina acquiescenza e pertanto non si configura come comportamento idoneo ad escludere né l’ammissibilità dell’impugnazione, né la persistenza dell’interesse dell’originario ricorrente alla declaratoria di illegittimità degli atti oggetto del giudizio, che potranno dirsi definitivamente superati dai nuovi atti adottati dall’amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado solo allorché le statuizioni di questa siano confermate dal giudice di appello (ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 5 settembre 2007, n. 4644; 18 dicembre 2008, n. 6368; 19 maggio 2008, n. 2229; da ultimo, sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1148).

Né può ritenersi che nel caso all’esame l’esecuzione della sentenza di primo grado abbia dato luogo ad una nuova, distinta ed autonoma valutazione da quella oggetto del presente giudizio, come tale secondo l’appellata del tutto svincolata dalla sentenza medesima, sol perché il riesercizio del potere di valutazione da parte della Commissione ha avuto un ésito positivo per l’interessata.

Alla condivisibilità di tale tesi osta, invero, in maniera ineludibile, la incontestabile connessione funzionale, che viene in tal caso a stabilirsi, tra il provvedimento giurisdizionale di primo grado e l’esecuzione che ne è seguita, la quale determina comunque un rinnovo di attività, cui, per quanto pur sempre caratterizzata dall’ampia discrezionalità propria di detto tipo di valutazioni, l’Amministrazione non si è autonomamente determinata (Cons. St., IV, n. 1787/2008) e che da un lato non comporta, pertanto, sic et simpliciter, il ritiro del precedente provvedimento in prime cure annullato e, dall’altro, ha una rilevanza provvisoria, in attesa del definitivo accertamento giudiziale (devoluto al giudizio di appello o comunque al giudicato che sulla sentenza di primo grado venga a formarsi in mancanza di sua rituale impugnazione), sul mérito della pretesa fatta valere dalla candidata, essendo l’attività ad essa conseguente destinata a regolare l’assetto dei rapporti tra le parti unicamente nelle more dell’ésito del giudizio di appello ed a garantire alla parte vincitrice in primo grado, sul piano esclusivamente giudiziale, un risultato non inferiore e non superiore a quello ritraibile dal giudicato, in quanto destinato ad essere da questo assorbito o posto nel nulla, a seconda appunto di siffatto ésito."

Da quanto esposto, consegue la fondatezza del primo motivo di appello proposto dall’appellante Ministero.

Ed infatti, per un verso, la sentenza appellata ha erroneamente ritenuto autonomo esercizio di proprio potere di autotutela la ulteriore attività di valutazione degli elaborati, compiuta dall’amministrazione, attività al contrario consistente in mera esecuzione della sentenza del giudice di I grado, (avverso la quale l’amministrazione non aveva prestato alcuna acquiescenza, avendo anzi proposto impugnazione), così come ritenuto anche dalla decisione n. 4453/2010 di questo Consiglio.

Per altro verso, la sentenza appellata ha omesso di considerare (ed è pertanto fondata la lamentata violazione del giudicato cautelare del Consiglio di Stato), che l’ esecutività della precedente sentenza n. 746/2009 del TAR Lecce era già stata sospesa dal giudice di appello, dapprima con decreto presidenziale 15 giugno 2009 n. 3062, poi con ordinanza collegiale 2 luglio 2009 n. 3423.

Il giudice di I grado, dunque, non aveva alcuna possibilità di autonoma valutazione della sussistenza (o meno) del silenzio della pubblica amministrazione, con riferimento al mancato prosieguo di un procedimento a valle di una valutazione delle prove scritte (ri)eseguita proprio per ottemperare ad una diversa e precedente sentenza, la cui esecutività è stata successivamente sospesa.

A ciò va aggiunto, peraltro, che l’eventuale, differente valore dell’attività svolta dall’amministrazione (se la stessa, cioè, consistesse in esercizio di proprio, autonomo potere di autotutela) non poteva essere giudicato se non dal giudice di appello, in sede di esame dell’impugnazione avverso la sentenza n. 746/2009 del TAR Lecce.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’impugnata sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ministero della giustizia (n. 2779/2010 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata.

Condanna l’appellata B. M. L. al pagamento, in favore dell’appellante Ministero della Giustizia, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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