Corte Costituzionale sentenza n. 315 SENTENZA 03 – 11 novembre 2010 .

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 46 del 17-11-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 25, comma 18,
della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio), promosso dal Tribunale amministrativo della Liguria nel
procedimento vertente tra la Onlus Associazione Verdi Ambiente e
Societa’ – V.A.S. e la Regione Liguria ed altri, con ordinanza del 9
dicembre 2009, iscritta al numero 134 del registro ordinanze 2010 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1ª serie
speciale, dell’anno 2010.
Visti gli atti di costituzione della Onlus Associazione Verdi
Ambiente e Societa’ – V.A.S. e della Regione Liguria;
Udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
Udito l’avvocato Gigliola Benghi per la Regione Liguria.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza del 9 dicembre 2009, il Tribunale
amministrativo della Liguria ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 25, comma 18, della legge della Regione
Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione
della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), per violazione
dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1. – Il giudice a quo e’ investito del ricorso proposto dalla
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S. contro la
Regione Liguria, l’Ente Parco di Portovenere ed il Comune di
Portovenere, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
della deliberazione del Consiglio regionale – Assemblea legislativa
della Liguria 11 ottobre 2007, n. 38 (Piano del Parco di Portovenere.
Articolo 18 legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 – Riordino delle
aree protette – e successive modifiche).
1.1.1. – Il rimettente, dopo aver precisato che l’Associazione
ricorrente e’ legittimata ad agire in sede di giurisdizione
amministrativa ex art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349
(Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno
ambientale), illustra le censure prospettate nel ricorso, relative
all’art. 15.2 del piano del parco di Portovenere, concernente
l’esercizio della caccia nelle cosiddette aree contigue (AC), ed agli
artt. 14.4, lettera C), e 20.6 del medesimo piano, che individuano
come centro produttivo speciale (CPS) quello denominato «Cavetta»,
consentendovi, sia pure a certe condizioni, l’estrazione di materiale
litoide fino alla scadenza dell’autorizzazione all’esercizio di cava
(prevista per il 6 agosto 2011).
L’Associazione ricorrente deduce tre motivi di ricorso:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge 6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette); eccesso di
potere per difetto del presupposto, per contraddittorieta’,
illogicita’ ed irrazionalita’ manifeste.
In particolare, l’art. 15.2 del piano del parco violerebbe l’art.
32, comma 3, della legge n. 394 del 1991: a) nella parte in cui
attribuisce la facolta’ di esercitare l’attivita’ venatoria nell’area
contigua a tutti i soggetti abilitati all’esercizio della caccia nel
territorio sul quale la detta area insiste, anziche’ ai soli
residenti dei Comuni dell’area naturale protetta e dell’area
contigua; b) nella parte in cui non contiene limitazioni di tempo, di
luogo e di capi da abbattere, all’attivita’ venatoria esercitabile
all’interno dell’area contigua, secondo le modalita’ della cosiddetta
caccia controllata.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge
n. 394 del 1991; eccesso di potere per difetto del presupposto, per
contraddittorieta’ intrinseca ed illogicita’ manifeste; sviamento;
violazione del principio di ragionevolezza e del principio di
proporzionalita’ degli atti amministrativi; violazione del principio
di buon andamento e imparzialita’ dell’amministrazione di cui
all’art. 97 Cost.
In proposito, la ricorrente osserva che la facolta’ di esercitare
la caccia nelle aree contigue, le quali, pur essendo esterne all’area
protetta del parco, sono a questa funzionalmente connesse, rischia di
compromettere le finalita’ di difesa della fauna sottese
all’istituzione dell’area protetta.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge
n. 394 del 1991; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di
motivazione e per contraddittorieta’ intrinseca ed illogicita’
manifeste.
La creazione del CPS «Cavetta» introdurrebbe, infatti, una deroga
non motivata al divieto di esercizio di cave e miniere nell’ambito
delle aree protette, previsto dal citato art. 11, comma 3, lettera
b).
1.1.2. – Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria
riferisce, altresi’, che nel giudizio principale si e’ costituita la
Regione Liguria, chiedendo il rigetto del ricorso.
Quanto ai primi due motivi di ricorso, la Regione ha obiettato
che l’art. 15.2 del piano del parco non avrebbe portata innovativa,
limitandosi a rinviare sul punto alla disciplina regionale esistente.
In particolare, l’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria n. 29
del 1994 stabilisce che «L’esercizio venatorio nelle aree contigue
dei parchi individuate dalla Regione ai sensi dell’articolo 3 comma 2
della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si svolge nella forma di caccia
controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all’accesso negli
Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste
l’area contigua naturale protetta».
Dunque, a parere della Regione Liguria, il piano del parco si
limiterebbe a recepire la normativa regionale in materia, in base
alla quale gli aventi diritto all’accesso negli ambiti territoriali
di caccia (A.T.C.), su cui insiste l’area contigua, sono non solo i
residenti ma anche, «potenzialmente», i cacciatori provenienti da
altri A.T.C., da altre Province o, addirittura, da altre Regioni
(art. 25, comma 6, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994), entro i
limiti di densita’ venatoria ai quali le Province debbono fare
riferimento per la programmazione e per l’individuazione del numero
di cacciatori ammessi annualmente ad ogni A.T.C. ex art. 25, comma 1,
della legge reg. Liguria n. 29 del 1994.
In definitiva, l’art. 15.2 del piano del parco, ancorche’ in
contrasto con l’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991,
sarebbe conforme all’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria n.
29 del 1994.
1.2. – Dopo aver riassunto le argomentazioni prospettate dalle
parti nel giudizio a quo, il Tribunale amministrativo regionale della
Liguria illustra le ragioni per le quali ha ritenuto di sollevare
questione di legittimita’ costituzionale del citato art. 25, comma
18, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
1.2.1. – In merito alla rilevanza della questione, il rimettente
assume che il giudizio principale non potrebbe essere definito
indipendentemente dalla sua risoluzione, giacche’ la norma del piano
del parco, censurata con i primi due motivi di ricorso (art. 15.2),
si limita a recepire sul punto la disciplina della caccia nelle aree
contigue stabilita dall’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria
n. 29 del 1994.
1.2.2. – La questione sarebbe anche non manifestamente infondata.
Al riguardo, il Tribunale amministrativo sottolinea che l’art. 32,
comma 3, della legge n. 394 del 1991 contiene una disposizione di
principio, la quale – come riconosciuto dalla Corte costituzionale
nella sentenza n. 366 del 1992 – si impone addirittura alla
competenza legislativa esclusiva in materia di caccia, riconosciuta
alla Regione Sardegna dal proprio statuto speciale.
In particolare, il giudice a quo evidenzia come la Corte
costituzionale abbia precisato che «Il divieto della caccia nella
zona protetta e la limitazione della stessa nelle zone contigue
ineriscono alle finalita’ essenziali della protezione della natura e,
in particolare, a quelle attinenti ai parchi e alle riserve
naturali». Da questo assunto il rimettente deduce che siffatta
limitazione della caccia costituiva, prima della riforma del Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, «un principio fondamentale al
cui rispetto era vincolata anche la legislazione concorrente
precedentemente riconosciuta alle regioni ordinarie in materia di
caccia».
Dunque, secondo il Tribunale amministrativo, nel previgente
assetto costituzionale, la norma di cui all’art. 25, comma 18, della
legge reg. Liguria n. 29 del 1994 si poneva in contrasto con la
disposizione di principio dettata dall’art. 32, comma 3, della legge
quadro statale n. 394 del 1991.
Sempre secondo il giudice a quo, a seguito della riforma
costituzionale del 2001 la disciplina relativa alle aree naturali
deve ritenersi «senz’altro compresa nell’ambito dell’ambiente e
dell’ecosistema, rientrante nella competenza legislativa esclusiva
dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.». Inoltre,
in base all’esigenza unitaria espressa dalla norma costituzionale
appena citata, la disciplina statale finalizzata alla tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema puo’ incidere sulla materia "caccia",
riservata alla potesta’ legislativa regionale, «ove l’intervento
statale sia rivolto a garantire standards minimi e uniformi di tutela
della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a
esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva
dello Stato».
Nel caso di specie, il rimettente ritiene che la norma di cui
all’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991, essendo inerente
«alle finalita’ essenziali della protezione della natura e, in
particolare, a quelle attinenti ai parchi e alle riserve naturali»,
sarebbe rivolta a garantire standard minimi e uniformi di tutela
della fauna nelle aree contigue e, pertanto, si imporrebbe anche alla
legislazione regionale esclusiva in materia di caccia.
Al riguardo, il Tribunale amministrativo richiama quanto disposto
dall’art. 1, comma 2, secondo periodo, della legge 5 giugno 2003, n.
131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), secondo cui «Le
disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla
legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla
data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia,
fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte
costituzionale».
Secondo il giudice a quo, dalla norma appena citata deriverebbe
che le disposizioni regionali di dettaglio (nel caso di specie,
l’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994) –
vigenti in una materia gia’ appartenente alla legislazione regionale
concorrente ed ora riferibile alla legislazione esclusiva statale ex
art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – continuano ad applicarsi
fino alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni statali
di dettaglio, salvo che non risultino in contrasto con i principi
fondamentali gia’ dettati dalle leggi statali previgenti. In
quest’ultimo caso, si imporrebbe la proposizione della questione di
legittimita’ costituzionale.
In conclusione, la norma censurata, nella parte in cui consente
la caccia nelle aree contigue anche a soggetti ivi non residenti, si
porrebbe in aperto contrasto con la norma di principio di cui
all’art. 32, comma 3, della legge quadro statale n. 394 del 1991
sulle aree protette, «la quale, inerendo alle finalita’ essenziali
della protezione della natura e, in particolare, a quelle attinenti
ai parchi ed alle riserve naturali, mira a garantire standards minimi
e uniformi di tutela della fauna nelle aree contigue, mediante
l’apposizione di limiti unificanti che rispondono a esigenze
riconducibili ad ambiti oggi riservati alla competenza esclusiva
dello Stato».
2. – Nel giudizio si e’ costituita la Regione Liguria chiedendo
che la questione sia dichiarata «inammissibile, improcedibile e
comunque sia respinta nel merito, siccome infondata».
2.1. – La difesa regionale ritiene che il percorso argomentativo
seguito dal Tribunale rimettente non sia convincente e presenti
«gravi lacune nella ricostruzione normativa», tali da indurre ad
un’errata interpretazione della disposizione censurata.
In particolare, la Regione sottolinea come la ratio dell’art. 32
della legge n. 394 del 1991 sia quella di limitare il libero accesso
nelle aree contigue da parte di cacciatori provenienti da tutto il
territorio nazionale; accesso che era invece consentito dalla legge
vigente a quel tempo (legge 27 dicembre 1977, n. 968 – Principi
generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e
la disciplina della caccia), la quale si limitava a regolare la
«caccia controllata» (cioe’ soggetta a limitazioni di tempo, di luogo
e di capi da abbattere) mentre per il resto l’esercizio venatorio era
libero su tutto il territorio nazionale.
Successivamente, pero’, la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio) ha introdotto profonde innovazioni nel sistema. Infatti,
al concetto di «caccia controllata» si e’ sostituito quello di
«caccia programmata» (fondato sulla pianificazione
faunistico-venatoria, finalizzata alla conservazione delle specie ed
al conseguimento della densita’ ottimale) ed e’ stato introdotto il
criterio della «residenza venatoria», che collega il cacciatore ad un
preciso ambito territoriale.
La difesa regionale precisa altresi’ come il carattere innovativo
della disciplina introdotta nel 1992 sia stato riconosciuto dalla
Corte costituzionale, la quale, piu’ volte, ha attribuito alle norme
recate dalla legge in questione il carattere di «norme di grande
riforma economico-sociale», come tali vincolanti anche per le Regioni
speciali.
Secondo la medesima difesa, pertanto, le Regioni non possono non
applicare il nuovo sistema delle modalita’ di caccia, anziche’ la
vecchia rigida norma di cui all’art. 32, comma 3, della legge n. 394
del 1991, la quale «aveva come obiettivo il mero restringimento della
platea dei cacciatori rispetto al potenziale nazionale consentito, ma
non permetteva alcuna modulazione proporzionale».
La Regione Liguria ritiene che la normativa censurata abbia
attuato il sistema previsto dalla legge n. 157 del 1992, consentendo
l’esercizio della caccia entro limiti flessibili dettati dalla
valutazione dei dati a disposizione, «in modo da individuare regole
aderenti alle reali necessita’ del territorio». Anzi, le norme sulle
aree contigue, recate dalla legge reg. Liguria n. 29 del 1994,
conterrebbero «ulteriori cautele ambientali», prevedendo
l’obbligatoria intesa fra Province, organi di gestione degli Ambiti
territoriali di caccia e organi di gestione dell’area protetta (art.
25, commi 19 e 20).
Secondo la difesa regionale, il rimettente non avrebbe preso in
considerazione il contesto normativo in cui si colloca la norma
censurata e si sarebbe limitato a richiamare le valenze di carattere
ambientale della legge n. 394 del 1991 e la sua prevalenza sulla
disciplina regionale in materia di caccia, come sancito dalla
sentenza n. 366 del 1992 della Corte costituzionale. Quest’ultima
pronunzia, poi, non sarebbe pertinente al caso in esame, sia perche’
con essa e’ stata dichiarata la primarieta’ della normativa
ambientale su quella dell’esercizio della caccia e sia perche’ il
relativo giudizio e’ stato attivato prima dell’entrata in vigore
della legge n. 157 del 1992.
In definitiva, per la Regione Liguria il Tribunale rimettente
avrebbe omesso di sperimentare una lettura costituzionalmente
orientata della disposizione censurata, attraverso l’interposta
normativa di tutela dell’ambiente dettata dalla legge n. 157 del
1992. Per questa ragione, la questione sollevata sarebbe
inammissibile, ancor prima che infondata.
2.2. – Da ultimo, la difesa regionale rileva come l’ambito di
applicazione dell’art. 32 della legge n. 394 del 1991 debba
intendersi limitato alle sole zone contigue ad aree protette
nazionali. Se cosi’ non fosse, infatti, non avrebbe senso la
precisazione, contenuta nel comma 2 dell’art. 32, secondo cui i
confini delle aree contigue sono determinati dalle Regioni sul cui
territorio si trova l’area naturale protetta.
Tale interpretazione sarebbe confortata dalla circostanza che
nessuna delle norme dettate dal Titolo III (Aree naturali protette
regionali) della legge n. 394 del 1991 contempla le aree contigue.
Cosi’ individuato l’ambito di applicazione dell’art. 32 della
legge n. 394 del 1991, la prospettata questione di legittimita’
costituzionale sarebbe infondata in quanto mancherebbe un
qualsivoglia «collegamento» fra l’atto impugnato (piano del parco
regionale di Portovenere) e la legge reg. Liguria n. 29 del 1994, da
un lato, e il citato art. 32, dall’altro.
3. – Nel giudizio si e’ costituita anche la Onlus Associazione
Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S. chiedendo che la questione sia
dichiarata fondata o, in subordine, inammissibile per carenza del
requisito della rilevanza.
3.1. – L’Associazione ambientalista, dopo aver riassunto il
contento dell’ordinanza di rimessione, sottolinea come la questione
sollevata sia rilevante e meriti di essere accolta.
3.1.1. – Quanto alla rilevanza, la parte privata evidenzia come
la delibera del Consiglio regionale, impugnata nel giudizio a quo,
sia applicativa della disciplina contenuta nell’art. 25 della legge
reg. Liguria n. 29 del 1994, della cui legittimita’ costituzionale si
dubita. Tale norma, cosi’ come la previsione di attuazione contenuta
nel piano del parco di Portovenere, permette l’esercizio venatorio
nelle aree contigue ai parchi, nella forma della caccia controllata,
a tutti i cacciatori aventi a qualsiasi titolo diritto all’accesso
negli Ambiti territoriali di caccia e nei Comprensori alpini su cui
insiste l’area contigua.
Pertanto, sia la disposizione del piano del parco sia la norma
regionale sulla quale si fonda la prima, si porrebbero in contrasto
con l’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991, che limita
l’accesso con finalita’ venatoria all’area contigua ai soli
cacciatori residenti nella zona contigua medesima, od all’interno
dell’area protetta.
La parte costituita esamina, poi, il contesto normativo statale e
regionale in cui si colloca la norma censurata, evidenziando come, a
seguito della riforma del Titolo V della Parte seconda della
Costituzione, la competenza legislativa delle Regioni in materia di
caccia si sia trasformata da concorrente a residuale.
Tuttavia – aggiunge l’Associazione – la gran parte delle
disposizioni di principio contenute nelle leggi statali ancora
vigenti ha assunto, in virtu’ dell’opera di esegesi della
giurisprudenza costituzionale, la nuova veste di standard minimo di
tutela della fauna, in quanto parte fondamentale del primario ed
assoluto interesse costituzionale alla salvaguardia dell’ambiente e
dell’ecosistema, attribuito alla competenza piena dello Stato
dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Quindi, la tutela
della fauna, come componente dell’unitario valore «ambiente», e’
sottoposta ai requisiti minimi di tutela introdotti dal legislatore
statale, ai quali le Regioni devono uniformarsi.
Tra i requisiti minimi citati rientrerebbe, sempre secondo
l’Associazione ambientalista, la norma di cui all’art. 32, comma 3,
della legge n. 394 del 1991, che limita fortemente l’accesso a fini
venatori alle aree contigue ai parchi naturali al fine di proteggere
la fauna selvatica ivi stanziata.
Questa ricostruzione troverebbe conferma nell’art. 21, comma 1,
lettera b), della legge n. 157 del 1992, secondo cui le Regioni, in
ossequio all’esigenza di salvaguardia dell’ambiente e della fauna,
provvedono «all’eventuale riperimetrazione dei parchi naturali
regionali anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 32, comma 3»,
sopra citato.
Sulla base delle suddette argomentazioni, l’Associazione
ambientalista ritiene che il Tribunale rimettente non possa in alcun
modo definire il giudizio senza prima sciogliere il dubbio di
costituzionalita’ in ordine all’art. 25, comma 18, della legge reg.
Liguria n. 29 del 1994, dal quale la deliberazione impugnata nel
giudizio a quo trae il proprio fondamento giuridico, costituendone
immediata e diretta attuazione.
3.1.2. – La fondatezza della questione si evincerebbe gia’ dalla
semplice interpretazione letterale delle disposizioni coinvolte:
infatti, mentre l’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991
stabilisce che l’accesso a fini venatori all’area contigua e’
consentito «ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta
e dell’area contigua», l’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria
n. 29 del 1994 prevede che l’attivita’ venatoria nella zona sia
«riservata ai cacciatori aventi diritto all’accesso negli Ambiti
territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste l’area
contigua naturale protetta».
Secondo l’Associazione ambientalista, «e’ di tutta evidenza come
la formula utilizzata dal legislatore regionale abbia un ambito di
applicazione diverso e piu’ esteso di quella introdotta dal
legislatore statale, che, tra tutti i titoli che possono legittimare
l’accesso alla zona contigua, ha scelto di privilegiare il solo
status di residente ai fini dello svolgimento dell’attivita’
venatoria in loco».
In particolare, l’interpretazione sistematica del censurato comma
18 e degli altri commi (specialmente il comma 6) del censurato art.
25, nonche’ dell’art. 27 della medesima legge regionale,
dimostrerebbe la maggiore ampiezza dell’ambito di applicazione della
norma oggetto dell’odierno giudizio di legittimita’ costituzionale.
Da quanto appena detto discenderebbe l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria n. 29
del 1994, nella parte in cui, violando lo standard minimo di tutela
previsto dal legislatore statale nell’art. 32, comma 3, della legge
n. 394 del 1991, permette l’accesso a fini venatori all’area contigua
al parco naturale di Portovenere «ai cacciatori aventi diritto
all’accesso», anziche’ «ai soli residenti dei comuni dell’area
naturale protetta e dell’area contigua», per contrasto con l’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.2. – In subordine, la difesa dell’Associazione costituitasi in
giudizio assume che l’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991
sia direttamente applicabile nel giudizio a quo e quindi chiede che
la questione sia dichiarata inammissibile in quanto priva di
rilevanza.
In particolare, si sostiene che l’art. 25, comma 18, della legge
reg. Liguria n. 29 del 1994 goda di «una particolare forza attiva e
passiva, in forza del criterio di risoluzione delle antinomie
cosiddetto "della competenza"». In ossequio al suddetto criterio, la
palese antinomia esistente tra la norma regionale e quella statale e
l’«assoluta preminenza del principio della tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema rispetto ai frammentari interessi sottesi alla
disciplina regionale» avrebbero potuto condurre il giudice a quo «a
risolvere la questione in via interpretativa, individuando nella
disposizione statale l’unica applicabile al caso di specie».
4. – In prossimita’ dell’udienza, hanno depositato memorie sia la
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S. sia la Regione
Liguria, ciascuna insistendo nelle conclusioni gia’ rassegnate nei
rispettivi atti di costituzione in giudizio.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo della Liguria ha sollevato
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 25, comma 18,
della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione.
2. – La questione e’ fondata.
2.1. – La norma regionale censurata nel presente giudizio
consente l’esercizio venatorio nelle aree contigue dei parchi «nella
forma di caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto
all’accesso negli Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori
alpini su cui insiste l’area contigua naturale protetta».
Per stabilire quali cacciatori abbiano diritto all’accesso, in
base alla norma citata, negli Ambiti territoriali di caccia, occorre
fare riferimento agli altri commi dell’art. 25 della legge reg.
Liguria n. 29 del 1994.
In particolare, secondo il comma 2, «La Provincia comunica
annualmente agli organismi di gestione il numero dei cacciatori che
possono essere ammessi in ogni Ambito territoriale di caccia tenuto
conto degli indici di cui al comma 1». Il comma 4 prevede: «Il
cacciatore ha diritto di accesso all’Ambito territoriale di caccia o
al Comprensorio alpino dove ha la residenza anagrafica o dove ha
domicilio per motivi di pubblico servizio». I commi 5 e 6 prevedono
la possibilita’ di accesso all’ambito territoriale anche per
cacciatori che non abbiano in esso la residenza . In particolare, il
comma 5 dispone che, nel caso in cui il numero dei «cacciatori
residenti» sia superiore a quello dei «cacciatori ammissibili», «la
Provincia provvede a destinare i cacciatori in esubero in altri
Ambiti territoriali o Comprensori alpini»; il comma 6, a sua volta,
prevede che possano essere ammessi, per i posti disponibili, dopo le
iscrizioni compiute secondo le modalita’ di cui ai commi precedenti,
soggetti residenti nella Regione (lettera d), soggetti non residenti
che svolgono l’attivita’ lavorativa principale nella Regione (lettera
e) e infine soggetti residenti in altre Regioni (lettera f). Inoltre
il comma 8 stabilisce: «Il cacciatore che sia titolare
dell’autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di
caccia con o senza l’uso di richiami vivi ha diritto ad essere
iscritto all’Ambito o Comprensorio in cui e’ compreso
l’appostamento». Ed ancora, il comma 9 dispone: «Limitatamente alla
caccia alla selvaggina migratoria ed al cinghiale gli Ambiti
territoriali di caccia e/o i Comprensori alpini possono consentire
l’accesso sui territori di competenza e per un numero di giornate
prestabilite ad altri cacciatori residenti in altri A.T.C. o C.A.
della stessa provincia o di altre province pur ricadenti in altre
regioni, anche oltre il limite di densita’ venatoria».
2.2. – L’art. 32, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394
(Legge quadro sulle aree protette), invocato dal rimettente quale
norma interposta, stabilisce: «All’interno delle aree contigue le
regioni possono disciplinare l’esercizio della caccia, in deroga al
terzo comma dell’art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968,
soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli
residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area
contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15
della medesima legge».
3. – Dal raffronto tra le norme regionali e la norma statale
prima riportate si deduce agevolmente il contrasto tra esse, giacche’
quelle regionali ammettono, a vario titolo e sulla base di diversi
presupposti, l’esercizio venatorio anche per soggetti che non siano
residenti nei Comuni dell’area protetta o delle aree contigue, come
stabilito invece tassativamente dalla norma statale. L’esito
dell’odierno giudizio dipende pertanto dalla possibilita’ di
riconoscere all’art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991
efficacia vincolante nei confronti della Regione, che, come e’ noto,
e’ titolare di competenza legislativa residuale in materia di caccia,
ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.
3.1. – Le norme contenute nella legge n. 394 del 1991, nella
vigenza del testo originario del Titolo V della Parte seconda della
Costituzione, costituivano principi fondamentali, ai fini
dell’esercizio della competenza legislativa concorrente delle Regioni
in materia di caccia.
A seguito della riforma costituzionale del 2001, la
trasformazione della competenza legislativa regionale in materia da
concorrente a residuale non ha fatto venir meno la forza vincolante
delle suddette norme statali, le quali oggi assumono la veste di
standard minimi uniformi, previsti dalla legislazione statale,
nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di
tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. Con riferimento alla questione in oggetto, la Regione pertanto
non puo’ prevedere soglie inferiori di tutela, mentre puo’,
nell’esercizio di una sua diversa potesta’ legislativa, prevedere
livelli maggiori, che implicano logicamente il rispetto degli
standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi statali (sentenze
n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009).
Gia’ sotto l’impero del precedente testo dell’art. 117 Cost.,
questa Corte, con riferimento alla potesta’ legislativa esclusiva
delle Regioni a statuto speciale, aveva precisato che il vincolo
derivante dalla norma statale prima citata «non dipende da una
determinata qualificazione della norma che ne esplicita la
consistenza, ma dalla stessa previsione costituzionale della tutela
della natura attraverso lo strumento delle aree naturali protette»
(sentenza n. 366 del 1992).
Dopo la riforma del Titolo V della Parte seconda della
Costituzione, questa Corte ha riconosciuto, come si accennava sopra,
con giurisprudenza costante, la competenza legislativa piena dello
Stato in materia di aree naturali protette (ex plurimis, sentenze n.
272 del 2009, n. 387 del 2008, n. 108 del 2005, n. 422 del 2002).
4. – Devono essere ritenute prive di fondamento le ricostruzioni
prospettate dalla difesa regionale, la quale lamenta il mancato
esperimento, da parte del giudice a quo, di un’interpretazione
conforme a Costituzione della disposizione censurata. In particolare,
secondo la Regione Liguria, il rimettente non avrebbe tenuto conto
del mutamento del contesto normativo operato dalla legge 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), che si ispirerebbe al principio della
«caccia programmata», al posto del precedente criterio della «caccia
controllata», cui invece si ispiravano la legge 27 dicembre 1977, n.
968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela
della fauna e la disciplina della caccia) e la legge n. 394 del 1991.
Sul punto si deve chiarire che l’oggetto delle leggi n. 394 del
1991, relativa alle aree protette, e n. 157 del 1992, relativa invece
alla protezione della fauna e al prelievo venatorio, e’ diverso. La
prima si occupa soltanto del prelievo venatorio nelle aree protette e
nelle zone contigue e presenta pertanto carattere di specialita’
rispetto alla seconda.
Inoltre, il tenore letterale della disposizione censurata non
consente un’interpretazione conforme a Costituzione, vale a dire alla
normativa statale interposta, che, per il criterio di specialita’, e’
la legge n. 394 del 1991 e non, come affermato dalla difesa
regionale, la legge n. 157 del 1992.
Non puo’ neppure essere accolto il rilievo della Regione Liguria,
secondo cui l’art. 32 della legge n. 394 del 1991 non riguarderebbe
le aree naturali protette regionali, ma solo quelle statali. Si deve
notare, in senso contrario, che l’art. 21, comma 1, lettera b), della
legge n. 157 del 1992, richiamata dalla stessa difesa regionale quale
normativa interposta, prevede espressamente l’applicazione dell’art.
32, comma 3, della legge n. 394 del 1991 ai parchi naturali
regionali.
Peraltro, lo stesso legislatore ligure ha esplicitamente
riconosciuto l’applicabilita’ del citato art. 32 anche alle aree
naturali protette regionali (art. 17, comma 3, della legge della
Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 – Riordino delle aree
protette).
5. – Deve essere disattesa infine la richiesta, avanzata in via
subordinata rispetto alla domanda principale di accoglimento, dalla
interveniente Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa’ – V.A.S.,
tendente alla dichiarazione di inammissibilita’ della questione, in
quanto il giudice rimettente avrebbe dovuto applicare direttamente la
norma statale interposta, anche alla luce della primarieta’ del
valore della tutela dell’ambiente.
L’assunto e’ infondato, perche’ il rapporto tra norme regionali e
norme statali interposte non puo’ essere confuso con quello tra norme
statali e norme comunitarie, che, come e’ noto, legittima il giudice
comune a non applicare la norma interna contrastante con quella
comunitaria ad efficacia diretta.
6. – Per le considerazioni svolte nei paragrafi precedenti, la
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 25, comma 18,
della legge reg. Liguria n. 29 del 1994, proposta dal Tribunale
amministrativo regionale della Liguria, deve essere accolta, nei
limiti di cui al dispositivo della presente sentenza.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 25, comma 18,
della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio), nella parte in cui consente la caccia nelle cosiddette
aree contigue anche a soggetti non residenti nelle aree medesime.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Silvestri

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria l’11 novembre 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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