Corte Costituzionale sentenza n. 313 SENTENZA 03 – 11 novembre 2010 .

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 46 del 17-11-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 1, comma 1,
10, comma 2 e 11, comma 4, della legge della Regione Toscana 23
novembre 2009, n. 71 (Modifiche alla legge regionale 24 febbraio
2005, n. 39 – Disposizioni in materia di energia), che inserisce gli
artt. 3, 16, comma 3, 17, comma 1-quater, della legge della Regione
Toscana 24 febbraio 2005, n. 39, promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-29 gennaio 2010,
depositato in cancelleria il 28 gennaio 2010 ed iscritto al n. 11 del
registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
Udito nell’udienza pubblica del 5 ottobre 2010 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
Uditi l’avvocato dello Stato Massimo Santoro per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lucia Bora per la Regione
Toscana.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato alla Regione Toscana il 26 gennaio
2010 e depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale il
28 gennaio 2010 (reg. ric. n. 11 del 2010), il Presidente del
Consiglio dei ministri ha chiesto la declaratoria di illegittimita’
costituzionale degli artt. 1, comma 1, 10, comma 2 e 11, comma 4,
della legge della Regione Toscana 23 novembre 2009 n. 71 (Modifiche
alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 – Disposizioni in
materia di energia), per violazione, da parte di tutte e tre le
norme, dell’art. 117, terzo comma, Cost., e, da parte dell’ultima,
anche degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e), Cost.
1.1. – L’art. 1 della legge della Regione Toscana n. 71 del 2009,
che sostituisce l’art. 3 comma 1, lettera d), della legge 24 febbraio
2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia), nel prevedere
l’autorizzazione regionale per «linee ed impianti di trasmissione,
trasformazione, distribuzione di energia elettrica di tensione
nominale superiore a 100 mila volt qualora assoggettati a procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale», interferirebbe
– secondo il ricorrente – sulla rete nazionale ad alta tensione, in
contrasto con i principi fondamentali fissati in materia dalla legge
dello Stato, cosi’ violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
Il ricorrente rileva che l’art. 1-sexies del decreto-legge 29
agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo
sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza
di energia elettrica), convertito in legge, con modificazioni,
dall’art. 1 della legge 27 ottobre 2003, n. 290, al comma 1, ha
confermato l’autorizzazione unica ministeriale – gia’ prevista
dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 aprile 2002, n. 55 – per
la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti «facenti parte delle
rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica», definita
dall’art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il
mercato interno dell’energia elettrica), come «il complesso delle
stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione
ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente». La
legittimita’ costituzionale dell’art. 1-sexies e’ stata riconosciuta
dalla Corte con la sentenza n. 383 del 2005. Con la sentenza n. 282
del 2009 (come gia’ con la sentenza n. 364 del 2006) e’ stato, poi,
confermato che nell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell’elettricita’) si trovano
enunciati i principi fondamentali della materia.
Osserva, poi, il ricorrente, che riguardo alla costruzione e
all’esercizio degli elettrodotti, la giurisprudenza costituzionale ha
riconosciuto «l’attribuzione di rilevanti responsabilita’ ad organi
statali e quindi la parallela disciplina legislativa da parte dello
Stato di settori che di norma dovrebbero essere di competenza
regionale ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost.» (sentenza n.
383 del 2005), e, a proposito dell’autorizzazione unica ministeriale,
ha affermato che «la stessa finalita’ per la quale tale disciplina e’
stata posta verrebbe frustrata da un assetto delle competenze
amministrative diverso da quello da essa stabilito, anche in
considerazione delle necessaria celerita’ con cui – al fine di
evitare il pericolo della interruzione della fornitura di energia su
tutto il territorio nazionale – le funzioni amministrative
concernenti la costruzione o il ripotenziamento di impianti di
energia elettrica di particolare rilievo devono essere svolte»
(sentenza n. 6 del 2004).
La legittimita’ costituzionale della norma impugnata, aggiunge il
ricorrente, non puo’ essere dedotta dalla limitazione dell’intervento
regionale alle linee ed impianti «assoggettati a procedura di
valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale ai sensi della
legge regionale 3 novembre 1998, n. 79»: gli interessi energetici
sono diversi da quelli ambientali, non potendo incidere i secondi
sulle competenze per la tutela dei primi.
La irrazionalita’ di tale accostamento sarebbe evidente anche da
un diverso punto di vista: gli interessi energetici nazionali vanno
presi in considerazione gia’ nella fase di progettazione delle linee
e degli impianti. Solo successivamente i progetti sono soggetti a
VIA. Oltre che singolare, sarebbe irragionevole che, in sede di
progettazione, si dovesse tenere conto della competenza a valutare in
futuro progetti per fini diversi e territorialmente limitati, per
estenderla alla interpretazione di interessi preliminari, di portata
nazionale, che sono del tutto diversi da quelli tutelati dalla VIA,
rispetto ai quali deve ricorrere solo la compatibilita’.
1.2. – Con l’art. 10, comma 2, della legge regionale, e’ stato
riscritto il terzo comma dell’art. 16 della precedente legge
regionale n. 39 del 2005. Con la lettera f), nonostante il richiamo
del d.lgs. n. 387 del 2003, sono state introdotte modifiche
rilevanti, che il ricorrente ritiene non consentite. L’art. 12, comma
5, del citato decreto legislativo, dispone che si applica la
disciplina della denuncia di inizio dell’attivita’ (DIA) agli
impianti la cui capacita’ di generazione sia inferiore alle soglie
individuate nella Tabella A allegata, che sono di 60 kW per l’energia
eolica e di 20 kW per l’energia solare fotovoltaica.
La norma, che attiene alla funzionalita’ della rete nazionale,
esprimerebbe principi fondamentali, necessariamente uniformi su tutto
il territorio nazionale. Basti solo considerare – sottolinea il
ricorrente – i rischi ai quali verrebbe sottoposta la funzionalita’
della rete se ogni Regione avesse la possibilita’ di elevare a
propria discrezione le soglie, al di sotto delle quali la DIA non e’
richiesta.
Contrariamente alla finalita’ della norma di principio, la
Regione Toscana ha innalzato le soglie per le quali e’ ammessa la
DIA, per gli impianti eolici da 60 a 100 kW (art. 10, comma 2,
lettera f, n. 1) e per i fotovoltaici da 20 a 200 kW (art. 10, comma
2, lettera f, n. 2).
La norma, pertanto, sarebbe costituzionalmente illegittima per
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.3. – L’art. 11, comma 4, della legge regionale n. 71 del 2009,
inserendo il comma 1-quater dopo il comma 1-ter dell’art. 17 della
precedente legge regionale n. 39 del 2005, esenta da titolo
abilitativo alcuni interventi realizzati tenendo conto delle
condizioni fissate dal piano energetico regionale e dai provvedimenti
attuativi dello stesso, di cui la Regione e gli enti locali siano i
soggetti responsabili (installazione di pannelli solari fotovoltaici
di potenza nominale uguale o inferiore a 1 megawatt; installazione di
impianti eolici di potenza nominale uguale o inferiore a 1 megawatt;
installazione di impianti a fonte idraulica di potenza nominale
uguale o inferiore a 200 chilowatt).
L’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in cui, come detto, sono
enunciati i principi fondamentali della materia, non prevede pero’
alcun trattamento differenziato in favore delle Regioni e degli enti
locali, sotto il profilo della non necessita’ del «titolo
abilitativo» (costituito dalla DIA: art. 10, comma 1), quando «la
Regione e gli enti locali siano soggetti responsabili».
Non e’ dato individuare, d’altro canto, la ragione per la quale
la DIA perderebbe la sua utilita’ in funzione della natura, anche se
pubblica, dei soggetti responsabili, la cui «responsabilita’» attiene
solo all’esercizio e per questo non puo’ essere considerata
automaticamente rilevante anche nella fase preliminare della
costruzione.
Sarebbe evidente la violazione anche dell’art. 3 Cost.: tutti
coloro che esercitano impianti per energia rinnovabile debbono avere
lo stesso trattamento a proposito della loro installazione.
La natura pubblica, del resto, non costituisce, di per se’,
nessuna garanzia ne’ giustifica perche’ uno stesso impianto debba
essere soggetto a controllo (e quindi possa incorrere in certe
limitazioni) quando e’ esercitato da soggetti diversi dagli enti
territoriali, con la conseguenza che a questi ultimi potrebbero
essere consentiti l’installazione e l’esercizio di impianti che altri
non potrebbero realizzare.
Se poi si tiene presente che l’uguaglianza in questo caso attiene
ad una attivita’ di produzione di energia, destinata ad inserirsi in
un mercato concorrenziale, la norma finirebbe per violare anche
1’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla
legislazione dello Stato la «tutela della concorrenza» che, com’e’
noto, puo’ essere realizzata solo assicurando l’uguaglianza tra i
soggetti che operano nello stesso mercato.
2. – Si e’ costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo
dichiararsi l’infondatezza del ricorso del Presidente del Consiglio
dei ministri.
2.1. – Riguardo alla prima censura la Regione osserva che l’art.
1-sexies del d.l. n. 239 del 2003 (norma che secondo il ricorrente
sarebbe stata violata dalla disposizione regionale) sancisce il
preminente interesse statale riguardo alla costruzione e
all’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale
di trasporto dell’energia elettrica, e per questo li assoggetta
all’autorizzazione unica ministeriale.
L’art. 3, lettera d) della legge della Regione Toscana n. 39 del
2005, come sostituito dall’art. 1 della legge n. 71 del 2009, non
prevede affatto che la Regione autorizzi gli elettrodotti facenti
parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica.
L’art. 3 della legge regionale n. 39 del 2005, come sostituito dalla
norma in esame, tratta infatti delle competenze regionali, mentre
l’art. 3-bis individua le competenze provinciali e l’art. 3-ter
individua le competenze comunali; alla lettera d), l’art. 3 prevede
che la Regione rilasci le autorizzazioni di cui agli artt. 11 e 13 e
le concessioni di cui all’art. 14, per quanto concerne impianti
geotermici, impianti eolici di potenza superiore a 1 megawatt, in
coerenza con la semplificazione introdotta dall’art. 27, comma 43,
lettera b), della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo
sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonche’ in materia
di energia), nonche’ linee e impianti di trasmissione,
trasformazione, distribuzione di energia elettrica di tensione
nominale superiore a 100 mila volt, qualora assoggettati a procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale ai sensi della
legge della Regione Toscana 3 novembre 1998, n. 79 (Norme per
l’applicazione della valutazione di impatto ambientale) o qualora
interessino un ambito territoriale interregionale.
Secondo la Regione Toscana sarebbe evidente che si tratta di una
specificazione delle competenze regionali, rispetto alle competenze
provinciali e comunali, all’interno dell’insieme di impianti soggetti
alle autorizzazioni di cui agli artt. 11 e 13 (e alle concessioni di
cui all’art. 14) del Capo III (Disciplina delle attivita’
energetiche) della legge regionale, tutte relative ad impianti non
statali.
Che siano esclusi gli impianti di competenza statale lo
chiarirebbe l’art. 10, contenente i principi generali dello stesso
Capo III: al comma 1 esso precisa che sono soggette ad una
autorizzazione unica o a denuncia di inizio dell’attivita’ (DIA),
«per cio’ che concerne le competenze della Regione e degli enti
locali», la costruzione ed esercizio di impianti per produzione,
trasporto, trasmissione e distribuzione di energia, di impianti per
lavorazione e stoccaggio di idrogeno, oli minerali e gas naturali e
liquefatti, in qualunque forma, nonche’ di impianti di illuminazione
esterna.
Il ricorso statale non avrebbe considerato che tutta la
disciplina degli impianti di cui al Capo III della legge regionale
esclude gli impianti di competenza statale. L’enucleazione «linee e
impianti di trasmissione, trasformazione, distribuzione di energia
elettrica di tensione nominale superiore a 100 mila volt» individua
semplicemente che, all’interno degli impianti energetici di
competenza della Regione e degli enti locali, gli elettrodotti e i
relativi impianti, sia che distribuiscano energia, sia che la
raccolgano, sono di competenza autorizzatoria della Regione qualora
di tipologia superiore a determinate soglie (mentre sotto tali soglie
l’autorizzazione sara’ provinciale) e non rientranti tra gli impianti
riservati alla competenza statale perche’ appartenenti alla rete
nazionale ad alta tensione.
2.2. – L’impugnazione dell’art. 10, comma 2, secondo la Regione
resistente, sarebbe, invece, inammissibile, per mancata indicazione
dei motivi, nei confronti dell’intera disposizione, mentre sarebbe
infondata la censura prospettata avverso la lettera f).
La valutazione del ricorrente, secondo cui la norma impugnata
avrebbe elevato le soglie per gli impianti eolici e fotovoltaici,
rispetto a quelle previste nella tabella A allegata al d.lgs. n. 387
del 2003, non terrebbe conto che l’art. 123 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia) assimila alla manutenzione straordinaria gli
interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all’art. 1 della
legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l’attuazione del Piano
energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di
risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di
energia), in edifici ed impianti industriali, cosi’ sottraendoli
all’obbligo di autorizzazione specifica.
Nell’intento, poi, di semplificare e razionalizzare le procedure
amministrative e regolamentari, l’art. 11 del decreto legislativo 30
maggio 2008, n. 115 (Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa
all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e
abrogazione della direttiva 93/76/CEE), al comma 3, richiama la
disposizione da ultimo citata, stabilendo tipologie di impianti da
fonte rinnovabile che sono assimilate a manutenzione ordinaria
(quindi non necessitanti ne’ di autorizzazione unica ne’ di DIA) e al
comma 4 dichiara che tale disciplina trova applicazione fino
all’emanazione di apposita normativa regionale che renda operativi i
principi di esenzione minima ivi contenuti.
I principi dettati dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e
dall’art. 11 del d.lgs. n. 115 del 2008 sono principi di
semplificazione amministrativa per il perseguimento degli obiettivi
indicati dall’Unione Europea (direttiva 27 settembre 2001, n.
2001/77/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell’elettricita’), cui deve
conformarsi il legislatore regionale.
Sostiene, quindi, la Regione, che l’individuazione in ambito
nazionale, operata con la tabella A del d.lgs. n. 387 del 2003, di
alcune tipologie di impianti che sicuramente accedono alla DIA, e’
una individuazione minima, ma non esaustiva, tanto che il citato art.
11 del d.lgs. n. 115 del 2008 prevede che si applichi la DIA anche
per gli interventi di utilizzo delle fonti rinnovabili in edifici ed
impianti industriali.
La Regione, nell’esercizio della propria competenza legislativa e
secondo la sua politica di governo del territorio, proprio
perseguendo i principi di semplificazione dettati dalle norme
comunitarie e statali, puo’ anche, nel proprio ambito territoriale,
individuare impianti a fonte rinnovabile realizzabili con DIA al di
fuori di quelli indicati dalla Tabella A (di cui deve rispettare le
soglie minime), se opera secondo le logiche date dalla stessa tabella
(impianti con dimensioni analoghe), nel rispetto dell’art. 123 del
d.P.R. n. 380 del 2003 (utilizzo dell’energia rinnovabile negli
edifici) e dell’art. 11 del d.lgs. n. 115 del 2008 (semplificazione
per modalita’ di installazione meno impattanti).
Ne conseguirebbe la piena legittimita’ della disposizione
contestata. Essa richiede per tutti gli impianti il rispetto degli
strumenti urbanistici (modalita’ di installazione meno impattanti);
individua per l’eolico una soglia di 100 chilowatt, che rispetto ad
un impianto di 60 chilowatt si risolve in un rotore del 10% piu’
grande; individua per il fotovoltaico la soglia di 200 chilowatt
invece di 20 chilowatt: l’aumento e’ qui piu’ rilevante ma asseconda
il forte impulso di semplificazione dato dal d.lgs. n. 115 del 2008
su tale fonte rinnovabile, nel senso di qualificare tutte le
installazioni di impianti fotovoltaici integrati come interventi di
manutenzione ordinaria, e rispetta le nuove soglie individuate dal
decreto ministeriale 18 dicembre 2008 (Incentivazione della
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi
dell’art. 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) per la
disciplina dello «scambio sul posto» (portate appunto da 20 chilowatt
a 200 chilowatt).
2.3. – La censura concernente l’art. 11, comma 4, ai sensi del
quale, nelle aree non soggette ai vincoli paesaggistici, non
necessitano di titolo abilitativo gli interventi indicati alle
lettere a, b e c, realizzati tenendo conto delle condizioni fissate
dal piano energetico regionale e dai provvedimenti attuativi dello
stesso, di cui la Regione e gli enti locali siano soggetti
responsabili, sarebbe infondata.
La norma regionale ha inteso perseguire l’obiettivo della massima
semplificazione degli adempimenti per la costruzione degli impianti
di produzione di energia elettrica da energie rinnovabili, indicato
dalle norme europee di riferimento (direttive 2001/77/CE, cit., e 23
aprile 2009, n. 2009/28/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti
rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) considerando che, nel rispetto
delle necessarie tutele dei territori interessati dagli impianti, ove
si tratti di impianti di energie rinnovabili di cui sono responsabili
la Regione e gli enti locali, la valutazione di compatibilita’
urbanistica e’ stata effettuata a monte, in sede di approvazione del
piano energetico e dei relativi atti attuativi.
Tale elemento, unito alla natura dei soggetti responsabili, che
sono appunto gli stessi enti territoriali che hanno adottato gli atti
di pianificazione e programmazione ove sono previsti quegli impianti,
rende osservato il principio posto dal legislatore nazionale (che e’
quello del controllo della compatibilita’ urbanistica degli
impianti), unitamente a quello della semplificazione procedurale
volta ad incentivare l’uso delle energie rinnovabili.
La norma in oggetto non rappresenta dunque una disposizione di
favore per gli enti territoriali (che accertano sempre la conformita’
urbanistica dei progetti di impianti), ma semplifica le procedure,
evitando che quello stesso accertamento sia ripetuto in diverse fasi.
Il riscontro di legittimita’ della disposizione potrebbe
rinvenirsi nell’art. 2, comma 173, della legge 24 dicembre 2007, n.
244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008), che ha stabilito
che gli impianti fotovoltaici, i cui soggetti responsabili sono Enti
locali, rientrano nella tipologia di impianto integrato,
indipendentemente dalle effettive caratteristiche architettoniche
dell’installazione: essi quindi accedono alla massima tariffa
incentivante fra quelle previste dal decreto ministeriale 19 febbraio
2007 (Criteri e modalita’ per incentivare la produzione di energia
elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in
attuazione dell’art. 7 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387).
Non vi e’ quindi disparita’ di trattamento, perche’ questa si
puo’ ipotizzare a fronte di identita’ di situazioni, mentre nel caso
in esame, e’ differente, per le competenze istituzionali, la
posizione dell’ente territoriale rispetto a quella dell’operatore
privato, in quanto il primo valuta direttamente la conformita’
urbanistica dell’impianto in sede di esercizio dei propri compiti al
momento dell’adozione degli atti di governo del territorio.
E nemmeno puo’ ravvisarsi la violazione della tutela della
concorrenza, perche’ la norma, lungi dall’incidere sugli aspetti
afferenti alla gestione della rete energetica, e’ volta a fissare
criteri per la disciplina urbanistica e limita la propria
operativita’ ai soli profili di impatto sul territorio, senza
intaccare la competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.
3. – Nell’imminenza dell’udienza, sia il Presidente del Consiglio
dei ministri, che la Regione Toscana hanno presentato memorie, con
cui ampliano le proprie argomentazioni difensive, in particolare la
Regione avallandole alla luce dell’evoluzione normativa piu’ recente.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna gli artt.
1, comma 1, 10, comma 2, e 11, comma 4, della legge della Regione
Toscana 23 novembre 2009 n. 71 (Modifiche alla legge regionale 24
febbraio 2005, n. 39 – Disposizioni in materia di energia), per
violazione, da parte di tutte e tre le norme, dell’art. 117, terzo
comma, Cost., e da parte dell’ultima anche degli artt. 3 e 117,
secondo comma, lett. e), Cost.
Il ricorso, pur omettendo ogni premessa in ordine alla natura
della legge oggetto di censura, esamina direttamente le specifiche
disposizioni impugnate, e all’interno della prima censura, elenca
sinteticamente ma sufficientemente gli interventi della Corte
costituzionale che hanno configurato le competenze statali in materia
(sulla cui connotazione non s’intrattiene, dandola per scontata).
2. – L’art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 71
del 2009, sostituendo l’art. 3, comma 1, lettera d), della precedente
legge regionale n. 39 del 2005, che prevede, tra le funzioni della
Regione in materia di energia, il rilascio dell’autorizzazione per
quanto concerne, tra l’altro, «linee ed impianti di trasmissione,
trasformazione, distribuzione di energia elettrica di tensione
nominale superiore a 100 mila volt qualora assoggettati a procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale», e’ censurato
per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto
detterebbe regole concernenti la rete nazionale ad alta tensione, in
contrasto con i principi fondamentali fissati in materia dalla legge
dello Stato.
2.1. – La questione non e’ fondata.
2.2. – La disposizione impugnata va infatti interpretata come
riferita esclusivamente agli impianti non appartenenti alla rete
nazionale.
Si verte, indubbiamente, nella materia «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia» rientrante nella competenza
legislativa concorrente (sentenze n. 364 del 2006 e n. 383 del 2005),
in cui lo Stato detta i principi fondamentali (sentenze nn. 124 e 168
del 2010, n. 282 del 2009). Ragioni di uniformita’, inoltre,
determinano la chiamata in sussidiarieta’, in capo ad organi dello
Stato, di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di
livello nazionale (sentenze n. 103 del 2006, n. 6 del 2004).
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.
59), agli artt. 29, comma 2, lettera g), 30 e 31, comma 2, prevede,
in generale, che la competenza autorizzatoria relativa agli
elettrodotti con tensione non superiore a 150 chilovolts spetti a
Regioni e Province. Successivamente, il comma 1 dell’art. 1-sexies
del decreto-legge n. 239 del 2003 (Disposizioni urgenti per la
sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il
recupero di potenza di energia elettrica), convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, e modificato
dall’art. 1, comma 26, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino
del settore energetico, nonche’ delega al Governo per il riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di energia), abbandonando il
criterio della potenza, ha previsto il rilascio di un’autorizzazione
unica da parte del Ministro delle attivita’ produttive per tutti gli
impianti appartenenti alla «rete nazionale di trasporto dell’energia
elettrica».
Quanto alla individuazione della consistenza della rete
nazionale, il sistema prevede una serie di «adeguati strumenti di
codecisione paritaria tra lo Stato ed il sistema delle autonomie
regionali» (sentenza n. 383 del 2005).
E’ evidente, pertanto, che non puo’ spettare alla Regione alcun
potere di autorizzazione con riguardo agli impianti costituenti parte
della rete nazionale.
Nulla, pero’, consente di concludere che la disposizione
impugnata non possa avere per oggetto soltanto le linee, e le
relative opere, di potenza non superiore a 150 chilovolts, che non
siano state incluse nella rete nazionale, per le quali necessita la
competenza autorizzatoria regionale: la giurisprudenza
costituzionale, del resto, ha dichiarato l’infondatezza della
questione quando la norma regionale e’ suscettibile di una
interpretazione tale da non determinare una lesione della competenza
legislativa statale (sentenze n. 248 del 2006, n. 8 del 2004, n. 246
del 2006). Cio’ risulta avvalorato dal contesto in cui s’inserisce la
disposizione impugnata, essendo seguito l’art. 3, sostituito dalla
disposizione oggetto di censura, dagli artt. 3-bis e 3-ter,
rispettivamente attribuenti le funzioni amministrative alle Province
ed ai Comuni, sicche’ alla norma impugnata puo’ riconoscersi lo scopo
di specificare le competenze regionali, rispetto alle competenze
provinciali e comunali, all’interno del sistema autorizzatorio di cui
agli artt. 11 e 13 (e delle concessioni di cui all’art. 14) del Capo
III della legge regionale, per definizione relativo ad impianti non
rientranti nella competenza statale.
Del resto, l’art. 10 della legge regionale, contenente i principi
generali dello stesso Capo III, precisa, al comma 1, che sono
soggette ad autorizzazione unica o a denuncia di inizio
dell’attivita’, «per cio’ che concerne le competenze della Regione e
degli enti locali», la costruzione ed esercizio di impianti per
produzione, trasporto, trasmissione e distribuzione di energia, di
impianti per lavorazione e stoccaggio di idrogeno, oli minerali e gas
naturali e liquefatti, in qualunque forma, nonche’ di impianti di
illuminazione esterna, cosi’ implicitamente escludendo gli impianti
di competenza statale.
La precisazione della competenza autorizzatoria regionale per
linee e impianti «qualora assoggettati a procedura di valutazione di
impatto ambientale (VIA) regionale», va posta in relazione con
l’intento di ripartire la competenza all’interno delle autonomie
locali: in linea generale, discende dall’art. 7, comma 4, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e
dalle elencazioni di cui all’allegato III alla parte II dello stesso
d.lgs. n. 152 del 2006, che alla Regione spetta la valutazione
d’impatto ambientale per gli «elettrodotti aerei esterni per il
trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100
chilovolts e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km.», mentre
allo Stato spetta la valutazione d’impatto ambientale per gli
«elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a
150 chilovolts e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed
elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato
di lunghezza superiore a 40 chilometri» (art. 7, comma 3, del d.lgs.
n. 152 del 2006 e all. II alla parte II).
E’ evidente che la competenza autorizzatoria attribuita alla
Regione dalla norma censurata riguarda gli impianti con tensione (a
partire da 100 chilovolts) comunque contenuta entro i 150 chilovolts,
e non appartenenti alla rete nazionale, e, all’interno di questo
ambito, quelli per i quali la normativa regionale (art. 7 della legge
della Regione Toscana 3 novembre 1998, n. 79, recante «Norme per
l’applicazione della valutazione di impatto ambientale») attribuisce
alla Regione la VIA, mentre la competenza delle Province e’ residuale
(art. 3-bis, comma 1, lettera c, della legge regionale n. 39 del
2005, aggiunto dall’art. 2 della legge regionale n. 71 del 2009):
conformemente, del resto, all’esigenza indicata dalla norma statale
(art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006), di coordinamento
delle procedure di VIA e di rilascio dell’autorizzazione (sentenza n.
225 del 2009).
Conseguentemente, essendo la norma impugnata suscettibile di una
interpretazione conforme a Costituzione, la questione non e’ fondata.
3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri censura, altresi’,
l’art. 10, comma 2, della citata legge regionale n. 71 del 2009, che
sostituendo l’art. 16, comma 3, lettera f) della legge regionale n.
39 del 2005, avrebbe innalzato le soglie per le quali i principi
della legislazione statale ammettono la denuncia di inizio attivita’
(DIA), per gli impianti eolici da 60 a 100 chilowatt (lettera f, n.
1) e per i fotovoltaici da 20 a 200 chilowatt (lettera f, n. 2).
3.1. – La questione e’ fondata.
3.2. – L’installazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili di energia e’ regolata dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del
2003, il quale prevede, ai commi 3 e 4, una disciplina generale
caratterizzata da un procedimento che si conclude con il rilascio di
una autorizzazione unica. A tale disciplina fanno eccezione
determinati impianti che, se producono energia in misura inferiore a
quella indicata dalla tabella allegata allo stesso d.lgs. n. 387 del
2003, sono sottoposti alla disciplina della denuncia di inizio
attivita’ (art. 12, comma 5). In particolare, la indicata tabella
distingue i suddetti impianti in base alla tipologia di fonte che
utilizzano (eolica, soglia 60 chilowatt; solare, soglia 20 chilowatt;
etc). Sempre l’indicato art. 12, comma 5, prevede che «con decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con
la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere
individuate maggiori soglie di capacita’ di generazione e
caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con
la medesima disciplina della denuncia di inizio attivita’».
L’art. 10, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 71 del
2009 – la cui censura e’ agevolmente riferibile alla lettera f) del
comma 3, dell’art. 16, della legge regionale n. 39 del 2005, e
dovendosi dunque disattendere l’eccezione della difesa regionale di
inammissibilita’ per indeterminatezza – prevede l’applicazione della
disciplina della DIA agli impianti la cui capacita’ di generazione
sia inferiore alle soglie di 100 chilowatt per l’energia eolica e di
200 chilowatt per quella solare fotovoltaica.
L’aumento della soglia di potenza per la quale, innalzando la
capacita’, rispetto ai limiti di cui alla tabella A allegata al
d.lgs. n. 387 del 2003, la costruzione dell’impianto risulta
subordinata a procedure semplificate, e’ illegittimo, in quanto
maggiori soglie di capacita’ di generazione e caratteristiche dei
siti di installazione, per i quali si proceda con diversa disciplina,
possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza
unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente
(sentenze nn. 119, 124 e 194 del 2010).
La norma censurata finisce per incidere sulla disciplina
amministrativa di impianti, costruiti nel territorio regionale,
destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili,
per i quali l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, attesa la capacita’
di generazione degli stessi, superiore a determinati valori di
soglia, prevede un’autorizzazione unica, mirata al vaglio dei
molteplici interessi coinvolti.
Le norme statali di riferimento, citate dalla Regione resistente
a giustificazione del proprio intervento, attengono al limitato
settore della disciplina edilizia (decreto Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»), nella
parte in cui essa persegue il contenimento del consumo di energia
nelle costruzioni, incentivando l’utilizzo delle fonti di energia
rinnovabile, e stabilendo che gli interventi a cio’ finalizzati negli
edifici e negli impianti industriali, sono equiparati alle opere di
manutenzione straordinaria (art. 123). La difesa regionale richiama
anche l’art. 11 del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115 (Attuazione della
direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali
dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva
93/76/CEE), che nell’ottica di semplificazione delle procedure
autorizzatorie, classifica come opera di manutenzione ordinaria
l’installazione di piccoli generatori eolici e di impianti solari
termici o fotovoltaici sui tetti degli edifici.
Le norme citate non appaiono richiamate a proposito: la diversa
categoria concettuale, fatta palese dall’oggetto di sistemi normativi
del tutto autonomi – la produzione dell’energia elettrica da inserire
in rete, e dunque finalizzata al mercato, da un lato, l’utilizzo
delle fonti alternative mediante apparecchi omogenei agli edifici,
anche industriali, per l’autoconsumo, dall’altro – e’
inequivocabilmente confermata dalle descrizione delle opere, che
l’art. 11 del d.lgs. n. 115 del 2008, limita nelle dimensioni
(generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri
e diametro non superiore a 1 metro) e nella forma (impianti solari
termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici
con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i
cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi),
considerando evidentemente l’irrilevanza funzionale di queste opere
nel sistema di produzione dell’energia elettrica.
La stessa legge regionale, di cui e’ impugnato l’art. 10, comma
2, modificando, all’art. 11, comma 2, l’art. 17 della precedente
legge n. 39 del 2005, cui aggiunge un comma 1-bis, mostra di
considerare separatamente il fenomeno dell’utilizzo diretto
dell’energia alternativa, di cui dimensiona i supporti tecnologici
con riproduzione delle caratteristiche prescritte dall’art. 11 del
d.lgs. n. 115 del 2008, al fine di esentarli, come la normativa
statale, dalla necessita’ del titolo abilitativo. Che gli impianti di
utilizzo dell’energia rinnovabile costituiscano categoria a se’,
rilevante ai soli effetti della disciplina urbanistica, in cui, a
seconda dei casi, sono assoggettati alla disciplina della DIA, quando
non costituiscono attivita’ libera, e’ fatto palese dal linguaggio
legislativo impiegato dalla stessa norma regionale impugnata, che,
invece, richiama l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, e
significativamente ne ripete la formulazione, nel riferimento alla
costruzione e all’esercizio «degli impianti di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili», senza ulteriore connotazione (e
dunque diversi dagli impianti tecnologici di edifici abitativi e
industriali), per i quali illegittimamente oltrepassa le soglie che
la normativa statale ha imposto all’ambito del regime semplificato
della DIA.
In conclusione, cio’ che rileva ai fini della questione in esame,
e’ che prevedendo soglie diverse di capacita’ generatrice degli
impianti di produzione di energia elettrica da fonti alternative,
agli effetti del titolo abilitativo, la norma regionale e’
illegittima, con la conseguenza che ne va dichiarata
l’incostituzionalita’ limitatamente ai numeri 1 e 2 della lettera f)
(impianti eolici e impianti solari fotovoltaici), posto che, per i
numeri 3, 4 e 5 della stessa lettera f), le soglie della legge
regionale coincidono con quelle dell’all. A del d.lgs. n. 387 del
2003.
3.3. – La piu’ recente normativa in tema energetico, citata dalla
Regione nella memoria integrativa, non sembra portare ad un mutamento
della conclusione che precede, essendo sempre presente il differente
regime tra gli interventi assimilabili alla disciplina edilizia, e
gli interventi di produzione dell’energia in senso stretto (vedi in
particolare l’art. 6 novellato del d.P.R. n. 380 del 2001).
Anche l’art. 1-quater del decreto-legge n. 105 del 2010, inserito
dalla legge di conversione n. 129 del 2010, che fa salvi gli effetti
relativi alle procedure di denuncia di inizio attivita’ per la
realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, che risultino avviate in conformita’ a disposizioni
regionali recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, introduce, nel quadro
della decretazione d’urgenza nel settore dell’energia, una sanatoria
limitata nel tempo, tanto da porre la condizione «che gli impianti
siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
Il proposito e’ chiaro nel senso di non pregiudicare i limiti di
principio contenuti nella tabella allegata al d.lgs. n. 387 del 2003.
L’apertura verso una ulteriore liberalizzazione del regime
autorizzatorio per la costruzione e l’esercizio degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili, si coglie semmai nella recente legge
4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee. Legge
comunitaria 2009), che delega il governo ad attuare la Direttiva
2009/28/CE, estendendo il regime della DIA alla realizzazione degli
impianti per la produzione di energia elettrica con capacita’ di
generazione non superiore ad 1 megawatt elettrico (art. 17). Il
recepimento della direttiva spetta allo Stato (entro il 5 dicembre
2010), per ragioni di uniformita’ sul territorio nazionale, legate
alla funzionalita’ della rete, e non e’ consentito alla Regione
derogare frattanto ai limiti vigenti, sia pure anticipando il
recepimento della normativa comunitaria.
4. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri si duole, infine,
che con l’art. 11, comma 4, della legge regionale n. 71 del 2009, che
inserisce un comma 1-quater nell’art. 16 della legge regionale n. 39
del 2005, si siano individuati alcuni interventi che, per esserne
«soggetti responsabili» la Regione o gli enti locali, costituirebbero
«attivita’ libera», ovvero sottratta all’obbligo di DIA.
La norma impugnata esonera dal titolo abilitativo (identificato
dal ricorrente nella DIA) l’installazione di alcuni tipi di impianti
(pannelli solari fotovoltaici di potenza nominale uguale o inferiore
a 1 megawatt, impianti eolici di potenza nominale uguale o inferiore
a 1 megawatt, impianti a fonte idraulica di potenza nominale uguale o
inferiore a 200 chilowatt), quando la Regione e gli enti locali siano
soggetti responsabili degli interventi, realizzati tenendo conto
delle condizioni fissate dal piano di indirizzo energetico regionale
(PIER).
4.1. – La questione e’ fondata.
4.2. – Nell’individuazione del contrasto con la disciplina
statale, costituita dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, pur se
il ricorso denuncia la creazione, da parte del legislatore, di
categorie di interventi che sarebbero sottratti al titolo abilitativo
costituito dalla DIA di cui all’art. 10, comma 1, la tipologia degli
interventi, indicati alle lettere a), b) e c) della norma sospettata
d’incostituzionalita’, li fa considerare in gran parte assoggettati
all’ambito di applicazione dell’autorizzazione unica regionale, e non
della semplice DIA. Resta a maggior ragione valida la doglianza del
ricorrente per il fatto che la norma regionale ha liberalizzato
attivita’ comunque soggette a controllo. La questione riguarda in
particolare l’ammissibilita’ di un regime deregolamentato, ove
responsabili degli interventi siano la Regione e gli enti locali.
Va considerato che la titolarita’ dell’intervento non toglie che
nella realizzazione di un impianto di generazione di energia da fonti
rinnovabili, come di qualsiasi opera pubblica, sia necessaria la
compartecipazione di tutti i soggetti portatori di interessi
(ambientale, culturale, urbanistico, sanitario) coinvolti nella
realizzazione dell’opera. La finalita’ di composizione degli
interessi coinvolti e’ perseguita dalla previsione
dell’autorizzazione unica (sentenza n. 249 del 2009), che, pur
attribuita alla competenza regionale, e’ il risultato di una
conferenza di servizi, che assume, nell’intento della semplificazione
e accelerazione dell’azione amministrativa, la funzione di
coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di
individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei
soggetti che li rappresentano, l’interesse pubblico primario e
prevalente.
La precisazione contenuta nella norma impugnata, che fa salva la
necessita’ di ottenere l’autorizzazione paesaggistica nelle aree
vincolate, non esaurisce la valutazione degli interessi variegati di
cui l’autorizzazione unica e’ la risultante, e per la tutela dei
quali sono chiamati a partecipare alla conferenza di servizi soggetti
diversi dai responsabili dell’istallazione degli impianti. Escludendo
dal procedimento di codecisione tali soggetti, la legge regionale
fuoriesce dal modello procedimentale individuato, per ragioni di
uniformita’, dalla legge statale (sentenze n. 62 del 2008 e n. 383
del 2005).
Il riconosciuto contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.,
assorbe gli ulteriori profili di doglianza (artt. 3 e 117, secondo
comma, lettera e, Cost.).

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 10, comma 2,
della legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71 (Modifiche
alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 – Disposizioni in
materia di energia), nella parte in cui, sostituendo il comma 3
dell’art. 16, della legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005, n.
39 (Disposizioni in materia di energia), ha inserito i numeri 1 e 2
della lettera f);
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 11, comma 4,
della legge della Regione Toscana n. 71 del 2009;
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 10, comma 2, per il resto, della
legge della Regione Toscana n. 71 del 2009, promossa, in riferimento
all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Finocchiaro

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria l’11 novembre 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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