Corte Costituzionale ordinanza n. 329 ORDINANZA 03 – 17 novembre 2010 .

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 47 del 24-11-2010

Ordinanza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale degli articoli 10-bis del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16,
lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica), e 16, comma 1, dello stesso decreto
legislativo e dell’art. 1-ter, commi 1 e 8, del decreto-legge 1°
luglio 2009, n.78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,
n. 102, promossi dal Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo con
ordinanza del 27 ottobre 2009, dal Giudice di pace di Vergato con due
ordinanze del 26 novembre 2009, dal Giudice di pace di Rivarolo
Canavese con ordinanza del 7 gennaio 2010 e dal Giudice di pace di
Vergato con due ordinanze del 18 febbraio 2010, rispettivamente
iscritte ai nn. 2, 99, 100, 188, 200 e 201, del registro ordinanze
2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5,
14, 25 e 27, 1ª serie speciale, dell’anno 2010.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 2010 il Giudice
relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che, con ordinanza in data 27 ottobre 2009 (r.o. n. 2
del 2010), il Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo ha sollevato, in
riferimento agli articoli 2, 3, 10 e 27 della Costituzione, «nonche’
del principio costituzionale di ragionevolezza della legge penale»,
questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 10-bis del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’articolo 1, comma
16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica);
che il giudice a quo, chiamato a pronunciarsi nel processo
penale a carico di Y. A. M. A., imputato «del reato di cui all’art.
10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 per essersi intrattenuto
illegalmente nel territorio dello Stato in violazione delle
disposizioni di cui al d.lgs. n. 296/98», accertato in Limone
Piemonte il 1°ottobre 2009, premette quanto segue: «In data 1.10.2009
la Polizia di frontiera di Limone Piemonte (CN) inviava alla Procura
della Repubblica c/o Tribunale di Cuneo richiesta di autorizzazione
alla presentazione immediata (n. 228/2009 prot.), ai sensi dell’art.
20-bis d.lgs. n. 274/2000 e successive modifiche, di Y. A. M. A.,
sedicente cittadino egiziano senza fissa dimora, per violazione
dell’art.10-bis d.lgs. n. 286/98 (ingresso e soggiorno illegali nel
territorio dello stato)»;
che la detta Procura della Repubblica autorizzava la
presentazione in giudizio dell’imputato, rimasto contumace benche’
ritualmente citato;
che, ad avviso del rimettente, la normativa disciplinante
l’immigrazione ha acquisito nel corso degli anni «un contenuto
esplicitamente proibizionista»;
che, in particolare, ad avviso del giudice a quo, le
soluzioni adottate per il governo dell’immigrazione «hanno visto una
escalation dal contenuto sempre piu’ repressivo che ha portato al
prolungamento del periodo di intrattenimento nei centri di
permanenza, al prelievo obbligatorio delle impronte digitali degli
stranieri, alla introduzione di una specifica aggravante per il
migrante irregolare che commette reato, agli ostacoli per l’accesso
alle cure mediche, all’abitazione e al trasferimento dei fondi alle
proprie famiglie»;
che la norma censurata – la quale punisce con l’ammenda da
5.000,00 a 10.000,00 euro, se il fatto non costituisce piu’ grave
reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel
territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del (citato)
testo unico, nonche’ quelle di cui all’art. 1 della legge 28 maggio
2007, n. 68 (Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri
per visite, affari, turismo e studio) – si pone in contrasto con il
principio di ragionevolezza in quanto «norma ontologicamente ingiusta
che incarna un diritto completamente svincolato dalla giustizia» e
che introduce una fattispecie di reato con la quale «non si e’ fatto
altro che proseguire nella persecuzione non di un fatto, ma di una
condizione personale»;
che il rimettente ritiene violato il detto principio di
ragionevolezza, anche perche’ la pena pecuniaria prevista nella detta
misura e’ priva di effetti concreti, in quanto applicabile a
«soggetti che hanno affrontato la tragedia della fuga dalla
persecuzione e dalla fame», sicche’ la stessa appare «cosi’ calcolata
per permettere la sanzione vera e cioe’ quella dell’espulsione»;
che la disposizione censurata viola, inoltre, il principio di
uguaglianza e quello del carattere personale della responsabilita’
penale, in quanto, secondo il giudice a quo, essa e’ «discriminante»
nei confronti di «quei gruppi sociali piu’ deboli» poiche’ qualifica
l’immigrato «come cosa e non persona priva di diritti» e lo sanziona
sul solo presupposto «di una condizione di pericolosita’ sociale
aprioristicamente individuata che, invece, deve essere accertata in
concreto nei confronti delle singole persone»;
che la norma impugnata viola, ancora, il principio di
solidarieta’, perche’ con la «indiscriminata» previsione della
illiceita’ penale del soggiorno non regolare del migrante pare
recepire «pulsioni che vogliono il diritto contrario alla giustizia»;
che, infine, secondo il giudice a quo, la disposizione in
oggetto si pone in contrasto anche con l’art. 10 Cost. perche’ viola
«le convenzioni internazionali che l’Italia si e’ impegnata a
rispettare»;
che, con quattro ordinanze di identico contenuto, emesse il
26 novembre 2009 (r.o. n. 99 e n. 100 del 2010) e il 18 febbraio 2010
(r.o. n. 200 e n. 201 del 2010), il Giudice di pace di Vergato ha
sollevato questioni di legittimita’ costituzionale, in riferimento
agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., dell’art.
10-bis e dell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, dell’art.
1-ter, commi 1 e 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e dell’art.
62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni
sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14
della legge 24 novembre 1999, n. 468 ), aggiunto dall’art. 1, comma
17, lettera d), della legge n. 94 del 2009;
che, secondo il giudice a quo, l’art. 10-bis del d.lgs. n.
286 del 1998, nella parte in cui non prevede la possibilita’ per lo
straniero di addurre una causa di giustificazione o di usufruire di
un termine per potersi allontanare, si pone in contrasto con l’art. 3
Cost., dal momento che introduce una irragionevole disparita’ di
trattamento rispetto alla fattispecie di cui all’art. 14, comma
5-ter, del medesimo decreto legislativo, stante l’assenza del
riferimento alla sussistenza di giustificati motivi di inosservanza
del precetto, presente invece in quest’ultima norma;
che la disposizione in oggetto, ad avviso del rimettente, si
pone, altresi’, in contrasto con l’art. 24 Cost. e, in particolare,
con il principio nemo tenetur se detegere in quanto, non indicando le
forme di allontanamento, costringe lo straniero, presente in modo
irregolare sul territorio dello Stato alle ore 00,00 del giorno 8
agosto 2009, ad autodenunciarsi;
che, secondo il giudice a quo, l’art. 16, comma 1, del d.lgs.
n. 286 del 1998 e l’art. 62-bis del d.lgs. n. 274 del 2000, la’ dove
attribuiscono la facolta’ al giudice di pace di applicare il
provvedimento di espulsione in sostituzione della condanna al
pagamento dell’ammenda di cui all’art. 10-bis, comma 1, del d.lgs. n.
286 del 1998, violano l’art. 27, terzo comma, Cost., poiche’ detta
facolta’ non risponde alla finalita’ rieducativa della pena;
che, inoltre, le disposizioni di cui all’art. 1-ter, commi 1
e 8, del d.l. n. 78 del 2009 nella parte in cui non prevedono la
sospensione del procedimento penale per la violazione delle norme che
disciplinano l’ingresso ed il soggiorno dello straniero, anche nei
confronti di lavoratori stranieri disponibili all’emersione svolgenti
attivita’ lavorative diverse da quella di assistenza e sostegno alle
famiglie, si pongono in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto la
discrezionalita’ del legislatore appare essere stata esercitata in
modo da discriminare gli stranieri in relazione all’attivita’ di
lavoro esercitata;
che, con ordinanza emessa il 7 gennaio 2010 (r.o. n. 188 del
2010), il Giudice di pace di Rivarolo Novarese ha sollevato, in
riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 25, secondo comma, e 97,
primo comma, Cost., questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, limitandosi ad
osservare, in un procedimento penale promosso per asserita violazione
di detta norma, che tale questione, prospettata dal pubblico
ministero, meritava di essere condivisa per le motivazioni addotte,
«in quanto ritenuta fondata e non manifestamente irrilevante»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e’ intervenuto soltanto
nei giudizi promossi con ordinanze iscritte al r.o. n. 2 e n. 100 del
2010, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili per
difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla violazione dei
parametri costituzionali invocati o, comunque, infondate.
Considerato che le ordinanze di rimessione, indicate in epigrafe,
sollevano questioni identiche o analoghe, onde i relativi giudizi
vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;
che il Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo dubita, in
riferimento agli articoli 2, 3, 10 e 27 della Costituzione, «nonche’
del principio costituzionale di ragionevolezza della legge penale»,
della legittimita’ costituzionale dell’art. 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica), che punisce con l’ammenda da 5.000,00 a 10.000,00 euro,
salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, lo straniero il
quale fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in
violazione delle disposizioni del (citato) testo unico;
che il Giudice di pace di Vergato dubita, in riferimento agli
articoli 3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., della
legittimita’ costituzionale dell’art. 10-bis e dell’art. 16, comma 1,
del d.lgs. n. 286 del 1998; dell’art. 1-ter, commi 1 e 8, del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’
proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102; dell’art. 62-bis del decreto legislativo del 28
agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice
di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999 n. 468 ),
aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d), della legge n. 94 del
2009;
che, in particolare, sebbene il rimettente non abbia indicato
nei dispositivi delle ordinanze i precetti oggetto di censura, ad
eccezione dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, dall’intero
contesto dei provvedimenti emerge chiaramente come le doglianze si
appuntino anche sulle altre norme citate, sicche’, secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, esse vanno ritenute oggetto
del sindacato di legittimita’ costituzionale (ex plurimis: sentenza
n. 320 del 2009, ordinanze n. 192 del 2010 e n. 85 del 2003);
che il Giudice di pace di Rivarolo Canavese (r.o. n. 188 del
2010) dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 25,
secondo comma, e 97, primo comma, Cost., della legittimita’
costituzionale dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998;
che la questione di legittimita’ costituzionale sollevata dal
Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo e’ manifestamente inammissibile
perche’, nel quadro di una serie di rilievi (peraltro, a carattere
meramente assertivo), trascura di compiere un’adeguata descrizione
della fattispecie, omettendo ogni riferimento alle circostanze in cui
l’imputato era stato individuato e che avevano condotto a qualificare
illegale il suo trattenimento sul territorio dello Stato, e
limitandosi a riprodurre nell’epigrafe del provvedimento il capo
d’imputazione, a sua volta soltanto ripetitivo della norma
incriminatrice;
che tali lacune precludono la possibilita’ di svolgere il
necessario controllo sulla rilevanza della questione (ex plurimis:
ordinanze n. 85 del 2010; n. 211, n. 181 e n. 157 del 2009);
che analoga declaratoria di manifesta inammissibilita’ deve
essere pronunciata in relazione alle quattro ordinanze del Giudice di
pace di Vergato, le quali, trascurando di fornire qualsiasi
indicazione in ordine alle fattispecie oggetto dei giudizi, non
soltanto impediscono di valutare la rilevanza delle questioni, ma non
consentono neppure di cogliere la pertinenza delle disposizioni
censurate rispetto alle fattispecie medesime, non essendo dato
comprendere se di quelle norme il giudicante debba fare applicazione
(ex plurimis: ordinanze n. 256 del 2009 e n. 384 del 2007);
che, da ultimo, il Giudice di pace di Rivarolo Canavese non
ha chiarito con una motivazione autosufficiente le ragioni che lo
portano a dubitare della costituzionalita’ della norma, essendosi
limitato a rinviare alle deduzioni del pubblico ministero, peraltro
non riportate neppure per sintesi nell’ordinanza, in relazione alle
quali si afferma in forma apodittica che la questione e’ «proposta in
quanto ritenuta fondata e non manifestamente irrilevante»;
che, comunque, sulle medesime censure sollevate dalle
ordinanze di rimessione, con riferimento all’art. 10-bis, del d.lgs.
n. 286 del 1998, questa Corte si e’ pronunciata, rigettandole, con la
sentenza n. 250 del 2010.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta inammissibilita’ delle questioni di
legittimita’ costituzionale degli articoli 10-bis e 16, comma 1, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), rispettivamente aggiunto e
modificato dall’art. 1, commi 16 e 22, della legge 15 luglio 2009, n.
94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), dell’art. 1-ter,
commi 1 e 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti
anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e dell’art. 62-bis
del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468 ), aggiunto dall’art. 1, comma 17,
lettera d), della legge n. 94 del 2009, sollevate, in riferimento
agli articoli 2, 3, 10, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione, dal
Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo, dal Giudice di pace di Vergato
e dal Giudice di pace di Rivarolo Canavese con le ordinanze indicate
in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Criscuolo

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 17 novembre 2010

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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