T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 16-06-2011, n. 5375 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 28 novembre 2003 e depositato il 22 dicembre 2003, V.Z. ha proposto le cumulative domande di annullamento, accertamento e condanna, in epigrafe meglio precisate.

A sostegno del ricorso sono state dedotte le seguenti censure:

1) Violazione di legge (art. 7 d.lgs. n. 449/1992)

Il procedimento disciplinare non è stato avviato nel termine di 120 giorni indicato dall’epigrafata disposizione, poiché dalla pubblicazione della sentenza penale (avvenuta mediante deposito in cancelleria il 15 novembre 2002) all’atto di contestazione degli addebiti, notificato in data 11 aprile 2003, sono trascorsi ben 147 giorni.

2) Violazione di legge (art. 15 comma 4 d.lgs. n. 449/1992)

La contestazione degli addebiti, notificata l’11 aprile 2003, è avvenuta oltre il termine di 10 giorni indicato dall’epigrafata disposizione, decorrenti dalla data del 21 marzo 2003, di conferimento dell’ incarico al funzionario istruttore, che peraltro non ha concluso l’inchiesta disciplinare nel termine di 45 giorni.

3) Violazione di legge (art. 5 comma 3 lettera e) d.lgs. n. 449/1992

Il decreto di irrogazione della sanzione disciplinare si riferisce alla "assidua frequentazione di pregiudicati", laddove nell’atto di contestazione è stata addebitata solo la frequentazione assidua di una cittadina extracomunitaria introdotta clandestinamente in Italia dedita alla prostituzione.

Peraltro tale persona non risulta essere pregiudicata e la prostituzione, di per se, non è attività illecita poiché non direttamente punibile secondo l’ordinamento italiano.

Nel giudizio si è costituito il Ministero della giustizia che, con memoria difensiva depositata dall’Avvocatura generale dello Stato il 5 marzo 2011, ha dedotto l’infondatezza del ricorso, in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

a) la copia della sentenza penale di proscioglimento con annotazione del suo passaggio in giudicato è stata ricevuta dall’amministrazione soltanto il 7 marzo 2003, e perciò la riassunzione del procedimento disciplinare, già avviato e sospeso doverosamente in pendenza del procedimento penale, è avvenuta in modo affatto tempestivo: il funzionario istruttore, ricevuti gli atti il 21 marzo 2003, ha contestato gli addebiti il 27 marzo 2003, onde risultano rispettati i termini invocati con il primo e il secondo motivo di ricorso;

b) la condotta censurata attiene alla frequentazione di persona dedita ad attività illecita, quale è sicuramente la prostituzione, ancorché non punibile di per se penalmente.

Con memoria difensiva, depositata il 1° marzo 2011, il nuovo difensore del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso anche alla luce della disciplina di cui all’art. 10 della legge 27 marzo 2001, n. 97.

All’udienza pubblica del 23 marzo 2011 il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
Motivi della decisione

1.) Il ricorso in epigrafe è fondato limitatamente alla subordinata domanda di accertamento e condanna relativa alla maggior somma tra rivalutazione monetaria e interessi al saggio legale relativa alle competenze differenziali da corrispondere dal 12 settembre 2001 (data di cessazione della durata della sanzione disciplinare irrogata) alla data di presentazione in servizio, mentre è infondato per quanto attiene all’impugnazione della sanzione disciplinare e alla correlata domanda di accertamento e condanna al diritto alla corresponsione delle competenze differenziali dovute per l’intera durata della sanzione (12 aprile 200111 settembre 2001).

1.2) Giova premettere in punto di fatto che:

– il ricorrente, è stato sospeso cautelarmente dal servizio con decreto dell’11 aprile 2001, in relazione ad una denuncia per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, con contestuale avvio di procedimento disciplinare, sospeso con decreto del 17 maggio 2001 in relazione alla pendenza del procedimento penale;

– a seguito della richiesta di rinvio a giudizio in data 15 luglio 2002, con decreto del 23 settembre 2002 veniva confermata la sospensione cautelare dal servizio ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 449/1992;

– con sentenza dell’8 novembre 2002, depositata il 15 novembre 2002, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Frosinone dichiarava non doversi procedere nei confronti dello Z. per non aver egli commesso il fatto contestato;

– con decreto del 2 dicembre 2002 veniva quindi disposta la riammissione in servizio, con riserva di ogni determinazione sino al passaggio in giudicato della sentenza, anche ai fini del procedimento disciplinare;

– a seguito della ricezione della copia della sentenza con annotazione del passaggio in giudicato (avvenuta il 7 marzo 2003), con decreto ministeriale del 21 marzo 2003 veniva disposta la prosecuzione del procedimento disciplinare in relazione alla fattispecie di cui all’art. 5 comma 3 lettera e) del d.lgs. n. 449/1992, con individuazione del funzionario istruttore che contestava gli addebiti con atto del 27 marzo 2003, notificato all’interessato l’11 aprile 2003, e richiesta proroga di giorni 15, in data 26 aprile 2003 rimetteva gli atti istruttori, trasmessi al Consiglio centrale di disciplina il 13 maggio 2003;

– con deliberazione del 24 luglio 2003 il Consiglio centrale di disciplina si pronunciava per l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per il periodo di mesi cinque (dal 12 aprile all’11 settembre 2003), e con il decreto impugnato del 24 settembre 2003 veniva quindi applicata la suddetta sanzione disciplinare, con riconoscimento del diritto alle competenze differenziali dovute dal 12 settembre 2001 e sino alla data di presentazione in servizio.

1.3) Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 7 comma 6 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 (recante "Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell’art. 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395").

La disposizione citata stabilisce testualmente che:

"Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all’Amministrazione".

Il ricorrente sostiene che, poiché la sentenza di proscioglimento è stata pubblicata mediante deposito in cancelleria il 15 novembre 2002, da tale data decorrerebbe il suddetto termine, rispetto al quale l’atto di contestazione degli addebiti, quale atto d’avvio (o prosecuzione) del procedimento disciplinare, recante la data del 27 marzo 2001 e notificato l’11 aprile 2003, sarebbe tardivo.

A conforto della prospettazione, nella memoria difensiva del nuovo difensore è richiamata anche la disposizione transitoria di cui all’art. 10 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (recante "Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche"), applicabile ratione temporis in quanto entrata in vigore, ai sensi del successivo art. 11, dal 6 aprile 2001 (giorno successivo alla pubblicazione della legge nella G.U.R.I. n. 80 del 5 aprile 2001), che al comma 3 prevede che:

"I procedimenti disciplinari per fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere instaurati entro centoventi giorni dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile".

In effetti proprio l’invocata, e pacifica, applicabilità della disposizione da ultimo richiamata denota l’infondatezza della censura svolta nel primo motivo di ricorso, con riferimento alla presunta violazione dell’art. 7 comma 6 del d.lgs. n. 449/1992.

L’art. 10, infatti, detta una disciplina che si sovrappone, per i fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, a quella "a regime" di cui all’art. 7 comma 6, e riconnette la decorrenza del termine per l’avvio del procedimento disciplinare (o anche, ovviamente, per la prosecuzione del medesimo ove sospeso in pendenza del procedimento penale), alla "conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile".

Orbene, com’è noto la Corte Costituzionale, con sentenza 24 giugno 2004, n. 186, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 comma 3 della legge n. 97/2001 nella parte in cui prevede che i procedimenti disciplinari debbano essere instaurati (o proseguiti) nel termine di centoventi giorni dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile di condanna, anziché entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente, perché la norma transitoria è "…irragionevole e contraria al principio di buon andamento, non prevedendosi che l’amministrazione sia posta a conoscenza del termine iniziale per l’instaurazione del procedimento disciplinare, e rendendosi così più difficoltosa ed incerta la stessa applicazione delle sanzioni disciplinari".

In altri termini, la decorrenza del termine (ancorché ricondotto a quello più breve di novanta giorni) è correlata, secondo l’inequivoca e inderogabile pronuncia della Consulta, all’effettiva conoscenza da parte dell’Amministrazione della sentenza penale "irrevocabile", ossia dall’acquisita certezza del suo passaggio in giudicato (nel senso che il termine decorra appunto dalla comunicazione della sentenza irrevocabile vedi, per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2009, n. 2195, nonché, con specifico riguardo ai procedimenti disciplinari nei confronti degli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria, T.A.R. Sardegna, Sez. I, 14 febbraio 2006, n. 173).

Nel caso di specie il ricorrente non ha contestato che l’Amministrazione abbia ricevuto la copia della sentenza di proscioglimento con annotazione del suo passaggio in giudicato soltanto il 7 marzo 2003, onde è del tutto evidente che l’atto di contestazione degli addebiti -emanato a seguito del decreto del 21 marzo 2003 con il quale veniva proseguito il procedimento disciplinare già instaurato e doverosamente sospeso in pendenza del procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 449/1992, recante la data del 27 marzo 2003 è del tutto tempestivo (è evidente che l’indicazione dell’anno 2002 nell’atto è errore materiale, poiché al funzionario istruttore gli atti sono stati rimessi il 21 marzo 2003), come tempestiva è la sua notificazione all’incolpato, avvenuta l’11 aprile 2003.

1.4) Non hanno maggior pregio le censure svolte con il secondo motivo di ricorso.

L’atto di contestazione degli addebiti è stato emanato il 27 marzo 2003, e quindi nel termine di dieci giorni -come indicato dall’art. 15 comma 4 del d.lgs. n. 449/1992, e in disparte ogni considerazione sull’oltremodo dubbia perentorietà di siffatto termine- dall’atto del 21 marzo 2003 col quale il funzionario istruttore è stato officiato dello svolgimento dell’inchiesta disciplinare; e l’inchiesta disciplinare è stata conclusa ben entro il termine di giorni quarantacinque di cui all’art. 15 comma 5 del d.lgs. n. 449/1992, con la rimessione degli atti da parte del funzionario istruttore in data 26 aprile 2003, e dunque al trentaseiesimo giorno, e ciò quand’anche non si consideri l’incontestata proroga di 15 giorni, accordata al funzionario istruttore.

1.5) Infondate sono, da ultimo, anche le censure dedotte con il terzo motivo di ricorso.

L’art. 5 comma 3 lettera e) del d.lgs. n. 449/1992 assoggetta alla sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, in modo indifferenziato, la "…assidua frequenza, senza necessità di servizio, di persone dedite ad attività illecite o di pregiudicati".

Orbene quando nell’atto di contestazione degli addebiti, nella successiva deliberazione del Consiglio centrale di disciplina e nel provvedimento irrogativo della sanzione disciplinare sia inequivoco il fatto storico materiale censurato (costituito dalla frequentazione assidua di una prostituta cittadina extracomunitaria albanese priva di titolo regolare di soggiorno in Italia, e quindi clandestina), non può assumere rilievo alcuno che esso sia stato ricondotto alla frequentazione di "persone dedite ad attività illecite" o di "pregiudicati".

La disposizione, infatti, ha individuato nella frequentazione assidua di determinati soggetti un disvalore oggettivo, siccome lesivo del prestigio e dell’onore del corpo di polizia penitenziaria.

Né può seriamente contestarsi che l’esercizio della prostituzione costituisca attività illecita, ancorché di per se non punibile sotto il profilo penale, in quanto attività comunque contraria al buon costume e all’ordine pubblico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3716 e Sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4599, nonché Cass. Civ., Sez. III, 1 agosto 1986, n. 4927).

2.) E’ invece fondata la domanda di accertamento e condanna relativa al diritto alla corresponsione della maggior somma tra rivalutazione monetaria e interessi legali sulle competenze differenziali dovute per il periodo dal 12 settembre 2001, ossia dalla scadenza della sanzione disciplinare inflitta, e sino alla data di presentazione in servizio.

3.) In conclusione il ricorso deve essere in parte respinto e in parte accolto.

4.) In relazione alla soccombenza parziale sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma – Sezione I, così provvede sul ricorso in epigrafe n. 13195 del 2003:

1) rigetta la domanda di annullamento del provvedimento impugnato e la correlata domanda di accertamento e condanna relativa al pagamento delle competenze differenziali per il periodo di durata della sanzione disciplinare inflitta;

2) accoglie la domanda subordinata di accertamento e condanna relativa al pagamento della maggior somma, tra rivalutazione monetaria e interessi legali, sulle competenze differenziali per il periodo dal 12 settembre 2001 e sino alla data di presentazione in servizio;

3) dichiara compensate per intero tra le parti le spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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