T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 16-06-2011, n. 5374 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone preliminarmente il ricorrente di aver preso parte alla selezione indetta ai fini della copertura dell’ufficio direttivo di Procuratore della repubblica di Avellino.

In esito alla comparazione dei candidati, la competente V Commissione del C.S.M. rassegnava al Plenum tre proposte, la prima delle quali (proposta A) in favore del dott. R. C., la seconda (proposta B) in favore dell’odierno controinteressato dott. A.D.P. e la terza (proposta C) in favore del ricorrente stesso.

Il C.S.M. approvava quindi, a maggioranza, la proposta B.

Insorge con il presente mezzo di tutela il dott. G. denunciando l’illegittimità degli atti avversati alla luce dei seguenti argomenti di doglianza:

1) Violazione e falsa applicazione del R.D. 12/1941. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 160/2006. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. del 21 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento.

Evidenzia in primo luogo il ricorrente un’incongruenza nel modus procedendi, rappresentata dall’invio al Ministro della Giustizia delle tre proposte formulate dalla V Commissione del C.S.M. (ai fini del previsto concerto) anteriormente alla data nella quale la Commissione stessa ha deliberato le proposte stesse.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del D.Lgs. 160/2006. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. del 21 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento, disparità di trattamento.

Illustrato il quadro normativo di riferimento relativamente al conferimento degli incarichi direttivi, parte ricorrente evidenzia che il dott. D.P. ha esercitato funzioni requirenti di merito in epoca risalente e che al medesimo non sono mai stati attribuiti incarichi direttivi: per l’effetto assumendosi l’incongruenza della valutazione espressa dall’Organo di autogoverno, sotto il profilo dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive, segnatamente ove si consideri il complesso delle esperienze maturate in ambito requirente dal dott. G..

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del D.Lgs. 160/2006. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. del 21 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento, disparità di trattamento.

Nell’osservare come la prevalenza del profilo del dott. G. rilevi, alla luce di quanto esposto negli atti gravati, sotto i profili delle attitudini e del merito, contesta il ricorrente la concludenza della valorizzazione a tal fine operata dal C.S.M. dell’esperienza di legittimità vantata dal controinteressato, venendo nella fattispecie in considerazione il conferimento di funzioni direttive requirenti di merito.

Esclude poi il ricorrente che l’avversata deliberazione rechi alcuna compiuta indicazione rilevante al fine di dimostrare la concreta attitudine direttiva del dott. D.P. con riferimento all’incarico direttivo requirente oggetto di conferimento: evidenziandosi, in proposito, come abbiano formato oggetto di valutazione, con carattere di esclusività, le attitudini dal controinteressato dimostrate nell’organizzazione del proprio lavoro, nonché l’esercizio di fatto delle funzioni di Presidente del Tribunale di Avellino nel periodo feriale.

Diversamente, le qualità organizzative del dott. G. hanno trovato compiuta e dettagliata esplicitazione, con connotazioni altamente elogiative, nel parere reso dal competente Consiglio Giudiziario il 9 maggio 2010, nonché nel parere del Procuratore Generale del 5 marzo 2010.

Né, sempre sotto il profilo attitudinale, l’accordata preferenza per la posizione del dott. D.P. troverebbe elementi di dimostrata giustificabilità alla luce degli specifici parametri per tale voce di valutazione previsti dall’art. 12, comma 12, del D.Lgs. 160/2006.

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del D.Lgs. 160/2006. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. del 21 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento, disparità di trattamento.

Viene, poi, contestato il giudizio di prevalenza espresso nei confronti del suddetto controinteressato sotto il profilo del merito, rispetto al quale la posizione dell’odierno ricorrente è stata dal C.S.M. ritenuta subvalente.

Diversamente, dalla lettura della documentazione curriculare dei magistrati in comparazione, non emergerebbero profili di recessività del dott. G. quanto alla voce valutativa all’esame.

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del D.Lgs. 160/2006. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della circolare del C.S.M. del 21 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione, sviamento, disparità di trattamento.

Da ultimo, viene denunciata la pretermessa considerazione dall’Organo di autogoverno riservata alla prolungata esperienza professionale dal dott. G. maturata presso uffici giudiziari nella provincia di Avellino, che comprovano una conoscenza particolarmente approfondita del territorio e delle problematiche ad esso inerenti.

Con motivi aggiunti notificati alle controparti e depositati il 18 febbraio 2001, parte ricorrente ha poi impugnato il D.P.R. 7 agosto 2010, con il quale è stata decretata la nomina del dott. D.P. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, assumendone l’illegittimità in ragione dei medesimi argomenti di censura già articolati con l’atto introduttivo del giudizio.

Il dott. G. ha conclusivamente insistito per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Analoghe conclusioni sono state rassegnate dal dott. D.P., parimenti costituitosi in giudizio; il quale ha, peraltro, preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa in ragione dell’omessa notificazione del ricorso nei confronti dell’altro candidato (il dott. C.) destinatario di proposta ad opera della V Commissione del C.S.M. ai fini della copertura del posto di che trattasi.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011.
Motivi della decisione

1. Va in primo luogo disattesa l’eccezione in rito formulata dal controinteressato dott. D.P., con la quale viene suggerita la non esaminabilità del gravame in quanto notificato esclusivamente nei confronti del medesimo e non anche del dott. C., con il quale lo stesso dott. D.P. è stato conclusivamente posto in comparazione, risultando poi destinatario del maggior numero di preferenze ad opera del Plenum dell’Organo di autogoverno.

Si sostiene, in particolare, che non essendo stata la proposta riguardante il dott. G. posta conclusivamente in comparazione con quella riguardante il dott. D.P., non sarebbe ravvisabile in capo all’odierno ricorrente un interesse giuridicamente tutelabile se non in ragione della previa evocazione in giudizio anche del dott. C., la proposta in favore del quale (pur recessiva nella conclusiva comparazione con quella riguardante l’odierno controinteressato), era, nondimeno, precedentemente prevalsa rispetto a quella relativa al dott. G..

Tale prospettazione, per quanto suggestivamente formulata, non merita condivisione.

Va al riguardo, innanzi tutto, escluso che, in presenza di una pluralità di proposte addotte dalla V Commissione all’esame del Plenum, la conclusiva votazione da quest’ultimo espressa sia idonea a formare una sorta di "graduatoria" fra i magistrati di esse destinatari: di tal guisa che il "meno votato" sarebbe onerato dell’evocazione in giudizio dei colleghi che abbiano acquisito un poziore riscontro di consensi.

Deve, piuttosto, rammentarsi che il giudizio riguardante deliberazioni della specie è preordinato all’esercizio del sindacato giurisdizionale in ordine alla legittimità degli atti compresi nella sequenza procedimentale preordinata alla designazione ai fini del conferimento delle funzioni direttive; e, nel quadro di essi, è ulteriormente rivolto a verificare se i parametri di svolgimento dell’azione amministrativa e/o le coordinate di formazione e/o esplicitazione dell’apprezzamento proprio dell’Organo di autogoverno della magistratura (sia pure in un ridotto alveo di penetrabilità del giudizio, come infra precisato) abbiano formato oggetto di corretto svolgimento.

In tal senso – ed ancorché in difetto dell’evocazione in giudizio del candidato oggetto di altra proposta ad opera della V Commissione, conclusivamente recessiva come nel caso di specie – non riveste la qualità di parte necessaria del giudizio, atteso che siffatta legittimazione va individuata esclusivamente in capo al magistrato risultato destinatario della designazione:

– sia con riferimento all’interesse, solamente in capo a quest’ultimo individuabile, alla conservazione degli atti oggetto di devoluzione al sindacato giurisdizionale;

– sia relativamente alla strumentalità della posizione complementariamente fatta valere dalla parte ricorrente, rispetto all’intento più propriamente "demolitorio", insita nell’interesse alla rieffusione del potere amministrativo, veicolata dall’attitudine conformativa propria della pronunzia giurisdizionale, laddove l’accoglimento del proposto mezzo di tutela sia accompagnato dall’indicazione dei ravvisati profili inficianti gli atti atti gravati.

2. Esclusa, alla stregua di quanto osservato, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità proposta dal dott. D.P., la disamina delle doglianze dedotte con l’odierno ricorso impone di rammentare, preliminarmente, che i criteri di valutazione delle posizioni degli aspiranti al conferimento degli uffici direttivi – disciplinati dalla circolare del C.S.M. 8 luglio 1999 n. 13000 (ora modificata con deliberazione del 21 novembre 2007) – riguardano le "attitudini", il "merito" e l’"anzianità", "opportunamente integrati fra loro".

Il criterio dell’anzianità – per effetto della disciplina normativa di rango primario sopravvenuta rispetto all’originario impianto del corpo di disposizioni riguardanti l’Ordinamento giudiziario (segnatamente, l’art. 12 del D.Lgs. 160/2006, come modificato dalla legge 111/2007) e recepita in sede di integrazioni modificative all’anzidetta circolare 13000/1999 – non costituisce più uno dei canoni (unitamente alle attitudini e al merito) di valutazione degli aspiranti, ma trova precipua configurazione nel quadro dei requisiti di legittimazione per l’accesso agli uffici direttivi.

Va ulteriormente rammentato che l’anzidetta circolare ha precisato che "per attitudini si intende l’idoneità dell’aspirante ad esercitare degnamente – per requisiti di indipendenza, prestigio e capacità – le funzioni direttive da conferire".

La capacità è valutata in riferimento:

a. al profilo professionale complessivo del candidato desunto dalla provata idoneità di dare adeguata risposta alla domanda di giustizia per operosità, per cultura, preparazione tecnicogiuridica ed equilibrio;

b. alle doti organizzative desumibili dall’esercizio di funzioni dirigenziali anche in relazione alle concrete iniziative adottate per rendere più efficiente il lavoro dei magistrati e del personale addetto all’ufficio, nonché dalla validità dei metodi operativi e di gestione degli affari e dei servizi di cui il candidato abbia dato prova nell’esercizio di funzioni non dirigenziali;

c. alla conoscenza approfondita dell’ordinamento giudiziario, delle circolari del C.S.M. specialmente di quelle in materia tabellare e di organizzazione degli uffici giudiziari, nonché delle norme che regolano lo status del personale giudiziario;

d. al positivo esercizio di funzioni giudiziarie diverse;

e. al positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni:

– di identica o analoga natura di quelle dell’ufficio da ricoprire;

– di livello pari o superiore.

Quanto alla comparazione fra candidati, la Circolare precisa inoltre che essa è "effettuata al fine di preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini, merito e anzianità, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

In tal senso, "le ragioni della scelta devono risultare in ogni caso da un’espressa motivazione, riferita specificamente anche ai requisiti di indipendenza e prestigio, nonché all’assenza di elementi negativi rispetto all’ufficio da ricoprire" (paragrafo 2, ultimo cpv.).

Secondo l’ormai consolidata elaborazione giurisprudenziale, la motivazione delle delibere del Consiglio deve essere tale da consentire di seguire la valutazione comparativa dei candidati rispetto ai vari elementi isolati in sede di emanazione delle norme di autodisciplina ed è necessario che le valutazioni compiute siano non soltanto immuni da travisamento dei fatti, ma anche compatibili logicamente con la conclusione finale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 9 maggio 1994 n. 404).

In ordine alle modalità di comparazione dei candidati, né le fonti primarie (artt. 192 e 193 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12; artt. 5 e 6 della legge 24 maggio 1951 n. 392), né i criteri definiti dal Consiglio prescrivono che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei parametri prestabiliti, ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopraindicati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 1999 n. 1872).

Gli atti di conferimento degli incarichi non abbisognano, quindi, di una motivazione particolarmente estesa, essendo all’uopo sufficiente che risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l’organo deliberante abbia proceduto all’apprezzamento complessivo dei candidati e si sia convinto che uno di essi sia da preferire ad altri (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 2005 n. 7216).

3. Ciò puntualizzato, è opportuno trascorrere alla individuazione dei profili professionali dei magistrati interessati dalla presente controversia, nonché alle corrispondenti valutazioni al riguardo rassegnate dalla V Commissione del C.S.M. all’attenzione del Plenum.

Il dott. A.D.P., nominato uditore giudiziario con D.M. 16 ottobre 1969, è stato Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia dal 14 settembre 1970, Pretore a Lacedonia dal 21 dicembre 1971, Pretore e poi Giudice ad Avellino dal 21 aprile 1975, Consigliere della Corte di Cassazione dall’11 settembre 1997 e dal 23 giugno 2005 Sostituto Procuratore Generale presso la stessa Suprema Corte.

Il ricorrente dott. A.R.L. G., nominato uditore giudiziario con D.M. 13 maggio 1980, ha svolto le funzioni di Sostituto procuratore presso il Tribunale di Foggia (dal 1° ottobre 1981), di Avellino (dall’11 giugno 1983) e di Napoli (dal 4 maggio 2005), per essere quindi nominato (decorrenza 5 luglio 2007) Procuratore della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi.

Quanto alle risultanze dei pareri attitudinali resi dai competenti Consigli Giudiziari:

– per il dott. D.P., viene evidenziata "l’ottima professionalità, la solida cultura giuridica, la diligenza e la produttività, in linea e a volte superiore alla media dell’ufficio"; con riferimento all’attività disimpegnata quale Consigliere di Cassazione, viene posta in evidenza "la pregevole impostazione delle sentenze redatte… in materia fallimentare, di criminalità organizzata", unitamente ad un elevatissimo rendimento. Vengono altresì segnalati gli "ottimi risultati ottenuti presiedendo i collegi al Tribunale di Avellino in materia fallimentare, in materia di lavoro, in materia penale", nonché le funzioni presidenziali svolte nella sezione feriale anche in funzione di Presidente di Tribunale nell’anno 1997;

– per il dott. G., viene posta in luce la totale dedizione al lavoro, "svolto sempre con elevata competenza e professionalità", nonché la "grande esperienza acquisita… in ordine alla composizione dei vari clan campani e delle rispettive zone di influenza", che hanno condotto il magistrato a "diventare un pilastro insostituibile della D.D.A. ed un punto di riferimento costante per le forze di Polizia Giudiziaria". Il dott. G. ha trattato "complesse indagini di criminalità organizzata e di altro tipo proprio nella provincia di Avellino, prima presso la Procura del capoluogo irpino (per 12 anni), quindi per un decennio quale appartenente alla D.D.A. di Napoli, e, da ultimo, quale Procuratore f.f. e quindi titolare della Procura della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi. Del magistrato vengono, altresì, poste in luce le "spiccate doti organizzative anche nella gestione di rilevanti e complessi processi relativi a vasti sodalizi mafiosi" e la preparazione giuridica "completa, approfondita e sempre aggiornata".

Nella proposta B (espressasi in favore del dott. D.P.), viene evidenziata "la sicura prevalenza, sia sotto i profili di merito sia per quelli delle attitudini direttive", del predetto magistrato.

In particolare, si pongono in luce:

– il "bagaglio di esperienze estremamente significativo" dal controinteressato maturato quale componente della V e VII Sezione penale della Corte di cassazione, e quale consigliere addetto all’esame preliminare dei ricorsi"

– la redazione di sentenze a fronte di procedimenti giudiziari particolarmente complessi

– le requisitorie orali in procedimenti "di particolare rilievo storico"

più in generale sottolineandosi un’attività "nella giurisdizione caratterizzata dalla complessità tecnica e varietà delle materie trattate, dalla molteplicità, varietà e completezza della esperienza professionale, e da aspetti qualitativi e quantitativi che… si sono attestati a livelli particolarmente elevati.

Sotto il profilo attitudinale, la suindicata proposta della V Commissione sottolinea che "il dott. D.P. ha avuto modo di sperimentare e dimostrare ottime capacità di organizzare il proprio lavoro in tutte le funzioni ricoperte e, specificamente, in quelle di Pretore mandamentale e, svolgendo le funzioni di Presidente del Tribunale di Avellino in periodo feriale, come presidente del collegio civile e penale, e come presidente del collegio lavoro del Tribunale in grado di appello".

Prosegue la proposta in rassegna evidenziando che "l’elevato profilo attitudinale, già manifestato dal dott. D.P. nella giurisdizione di merito,… si è espresso appieno anche nelle funzioni di legittimità: il Procuratore Generale, dott. Esposito, sottolinea nel suo rapporto "le ottime capacità di organizzare il proprio lavoro" dimostrate dal dott. D.P. nell’espletamento delle funzioni di sostituto procuratore generale"; mentre il Primo Presidente "ha sottolineato la capacità organizzativa "immediatamente rivelata… nell’attività di spoglio dei ricorsi, espletata nel periodo feriale del 2002 in coincidenza con il turno trimestrale di criminalità organizzata della Sezione con l’adempimento sollecito e puntuale delle correlative e complesse incombenze".

Conclusivamente, la proposta di che trattasi avvalora la figura di un magistrato "che al possesso di un eccellente profilo di merito… unisce una visione di insieme e una capacità di percezione unitaria delle esigenze della giurisdizione, acquisita con la rilevante e protratta esperienza maturata nelle funzioni di legittimità".

Nell’escludere che la mancanza di specifiche esperienze semidirettive o direttive in uffici requirenti sia ostativa al conferimento dell’incarico in discorso, in sede di comparazione con l’odierno ricorrente e con il dott. C. (destinatari delle altre due proposte rassegnate dalla V Commissione), il controinteressato viene ritenuto prevalente in quanto, pur potendo questi ultimi "vantare positive esperienze organizzative di rilievo, maturate in incarichi direttivi o semidirettivi, nessuno dei predetti aspiranti può anzitutto vantare un percorso professionale articolato e completo come quello del dott. D.P., caratterizzato dalla pluralità delle funzioni svolte e… da un pregnante e prolungata esperienza nelle funzioni di legittimità, sia giudicanti che requirenti".

Nella proposta C – espressasi in favore del ricorrente G. – vengono sottolineate le esperienze di indagini maturate dal magistrato, con riferimento a fenomeni di criminalità organizzata gravitanti in ambito regionale e, specificamente, nel territorio irpino, anche in qualità di appartenente alla D.D.A. (funzioni dal ricorrente stesso espletate per un decennio).

Accanto ad una lusinghiera valutazione del profilo valutativo dell’idoneità alle funzioni direttive (alla luce dei conformi pareri acquisiti al procedimento), vengono poste in evidenza "le spiccate attitudini organizzative e di solida tecnica manageriale" dimostrate dal dott. G. e confermate nello svolgimento delle funzioni direttive presso la Procura di Sant’Angelo dei Lombardi, "affrontando e risolvendo i problemi logistici e riorganizzando sostanzialmente l’Ufficio" con "superamento del rilevante arretrato presente presso la medesima Procura… come riconosciuto dal Procuratore Generale in numerose note di elogio… e nell’ultimo rapporto informativo del 5 marzo 2010".

Nel rilevare come "tutti i vari programmi organizzativi elaborati dal dott. G. sono stati accolti senza rilievi dal Consiglio Giudiziario e dal Consiglio Superiore della Magistratura", la proposta C pone ulteriormente in luce che la Procura diretta dall’interessato "è stata inclusa dal Ministero della Giustizia, quale unico Ufficio giudiziario della Corte d’Appello di Napoli, nel progetto avente ad oggetto "Fondo Sociale Europeo. Progetto interregionale – transnazionale diffusione di best practices presso gli Uffici giudiziari italiani", ottenendo il relativo finanziamento".

La proposta in rassegna esprime, conclusivamente, l’avviso che "tutti i precedenti pareri e le relazioni espresse sul conto del dott. G. concordano nel descrivere la figura di un grande magistrato di elevatissime qualità professionali ed umane, elogiano sempre l’intensissima attività professionale, che ha riguardato i maggiori fenomeni di criminalità organizzata e di altro tipo che hanno interessato il Mezzogiorno, l’elevatissimo impegno, la grande diligenza, e le notevoli capacità, associate ad un rilevante talento organizzativo nel gestire non solo la propria attività, ma anche quella dell’Ufficio giudiziario ove ha di volta in volta operato".

Nel raffronto comparativo con il dott. D.P., la medesima relazione C pone in luce che quest’ultimo "non solo non può vantare alcuna esperienza direttiva, ma dal 1971 al 2005 ha svolto funzioni giudicanti, sicché il livello di conoscenza degli uffici di Procura non può lontanamente avvicinarsi a quello vantato dal G., che ha trascorso l’intera carriera in uffici requirenti".

4. Escluso che possa, ex se, considerarsi ostativa al conferimento delle funzioni di che trattasi "la mancanza, in capo al dott. D.P., di specifiche esperienze direttive o semidirettive in uffici requirenti", il Plenum del C.S.M. ha, come in precedenza indicato, orientato la propria scelta – a maggioranza – sul magistrato ora citato, evidenziando che sia il dott. C., sia il dott. G. possono "vantare un percorso professionale articolato e completo come quello del dott. D.P., caratterizzato dalla pluralità delle funzioni svolte e – da ultimo – da una pregnante e prolungata esperienza nelle funzioni di legittimità, sia giudicanti che requirenti".

Le funzioni da ultimo indicate, in particolare, porrebbero in luce "una più estesa conoscenza della giurisdizione ed… una capacità di individuare – rispetto alle specifiche problematiche organizzative di un ufficio di I grado – le soluzioni che siano adeguate anche in relazione alle caratteristiche ed esigenze dei gradi superiori della giurisdizione": conseguentemente reputandosi tale esperienza "particolarmente rilevante in relazione all’incarico da conferire, anche rispetto a quella maturata nelle funzioni requirenti di I grado dal dott. C. e dal dott. G.".

5. Il percorso logico che ha contraddistinto, dapprima, la formazione della proposta rassegnata dalla V Commissione in favore del dott. D.P. e, quindi, la conclusiva determinazione con la quale il Plenum ha designato quest’ultimo per le funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, appaiono inficiati sia sotto il profilo della concludenza logicomotivazionale, sia con riferimento alla non corretta percezione di presupposti di fatto rilevanti nel quadro della deliberazione che l’Organo di autogoverno è stato chiamato ad assumere.

5.1 Va innanzi tutto posto in luce che l’ufficio da assegnare è un ufficio direttivo requirente ed il controinteressato dott. D.P. ha svolto funzioni di pubblico ministero in periodi molto risalenti nel tempo, mentre il ricorrente ha la propria carriera connotata proprio dallo svolgimento di funzioni requirenti, anche per lungo tempo direttive.

Si mostra particolarmente illogica, muovendo dalla motivazione esplicitata dal Plenum del C.S.M., la valutazione rassegnata in ordine alla preferibilità del profilo vantato dall’odierno controinteressato, laddove – come sopra posto in evidenza – la recessività del dott. G. (oltre che dell’altro candidato C.) viene ricongiunta alla svolgimento di funzioni di legittimità dal solo dott. D.P. vantato.

La Sezione ha già avuto modo di precisare, sullo specifico argomento (cfr. sentenza 1° aprile 2009 n. 3483) che "l’esperienza nelle funzioni di legittimità se, per un verso, è senz’altro preziosa sotto i profili della completezza culturale, per altro verso, si presenta sostanzialmente irrilevante ai fini dell’ufficio direttivo requirente da conferire o, comunque, non certamente tale da poter essere considerato fattore prevalente sulle pregresse esperienze di direzione, in cui l’interessato ha evidenziato ampie capacità organizzative, e sullo svolgimento continuo e recente di funzioni requirenti".

Appieno viene in considerazione, alla stregua di quanto ora osservato, l’illegittimità dell’azione amministrativa, atteso che non solo sono stati valorizzati elementi inidonei sia in astratto che in concreto (attesa la lontananza nel tempo delle funzioni requirenti svolte dal dott. D.P.) a dare conto di un giudizio di prevalenza nel conferimento di un ufficio direttivo requirente, ma che, nel giudizio comparativo tra i due candidati, la proposta approvata dal Plenum ha pretermesso una considerazione, altrimenti doverosa:

– delle funzioni direttive svolte dal dott. G.

– e delle capacità organizzative dallo stesso dimostrate in tale contesto,

nonché ha omesso di trarre le necessarie conseguenze dal raffronto fra la lunga esperienza requirente di quest’ultimo e la molto più breve e risalente nel tempo esperienza requirente del controinteressato.

In altri termini, la comparazione effettuata dall’organo di autogoverno non è esauriente e non è ragionevole in quanto ha preso in considerazione elementi, in virtù dei quali il ricorrente è stato ritenuto subvalente, sostanzialmente estranei ai criteri previsti per il conferimento di incarichi direttivi e comunque non particolarmente significativi per il conferimento dell’incarico in discorso, mentre non ha considerato gli elementi sulla cui base poteva invece fondarsi un concreto giudizio di prevalenza in termini di capacità direttive e, quindi, di attitudini.

5.2 È ben vero che, come il Collegio certamente non ignora, l’omesso svolgimento di funzioni direttive o semidirettive non può costituire un aspetto dirimente ai fini del conferimento di uffici, atteso che tale conclusione condurrebbe a consentire la nomina, nei procedimenti ove vi sia almeno un aspirante titolare o che sia stato titolare di incarico di analoga natura, solo a quel determinato candidato, quasi si trattasse di una sorta di riserva o di mobilità orizzontale; e ciò si porrebbe in contrasto con le finalità della disciplina di riferimento, incentrata sulla selezione del magistrato "più idoneo per attitudini, merito e anzianità, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Tuttavia, allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive, la stessa disciplina di riferimento attribuisce rilievo nell’ambito del procedimento valutativo e comparativo, sicché, nella valutazione comparativa, il giudizio di prevalenza attribuito al candidato che non abbia mai svolto funzioni direttive o semidirettive deve necessariamente agganciarsi al positivo riscontro di diversi e superiori profili attitudinali e di meritevolezza, tali da giustificare la prevalenza.

In altri termini, ove concorrano al conferimento di un posto direttivo, come nella fattispecie in esame, un candidato che per lungo tempo ha svolto funzioni direttive, peraltro omologhe, ed un candidato che non ha mai svolto funzioni direttive o semidirettive, se, da un lato, il primo non deve necessariamente prevalere, dall’altro, la prevalenza del secondo deve essere ancorata alla valutazione di una pluralità di elementi concreti, integranti una motivazione tale da fornire un’esaustiva rappresentazione del perché lo svolgimento pregresso delle funzioni direttive o semidirettive sia recessivo rispetto agli ulteriori profili di cui, in esclusiva o in misura del tutto prevalente, sia in possesso l’altro candidato.

In tale ottica, viene a configurarsi un obbligo "rafforzato" di motivazione, nel senso che quest’ultima deve dare conto di quali siano i profili attitudinali e di merito di cui il candidato privo di pregresse esperienze direttive abbia esclusivo o maggior possesso rispetto all’altro candidato e in che modo tali profili siano idonei ad attribuire allo stesso prevalenza in quanto lo rendono più idoneo avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare.

Infatti, occorre ribadire che l’art. 12, comma 10, del D.Lgs. 160/2006 prevede, per il conferimento dell’incarico in discorso, la specifica valutazione delle pregresse esperienze di direzione; mentre la circolare n. 13000 dell’8 luglio 1999 (in tema di conferimento di uffici direttivi), indica, da un lato, che per attitudini si intende l’idoneità dell’aspirante ad esercitare degnamente – per requisiti di indipendenza, prestigio e capacità – le funzioni direttive da conferire e la capacità è valutata, tra l’altro, con riferimento al positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni di identica o analoga natura di quelle dell’ufficio da ricoprire, dall’altro, che per merito si intende anche la concreta capacità organizzativa di cui il candidato abbia dato prova nell’esercizio di funzioni dirigenziali.

5.3 Sotto altro, ma non sottovalutabile profilo, sia la proposta resa dalla V Commissione, sia il conforme deliberato espresso dal Plenum dimostrano un palese travisamento dei presupposti dalla stessa disciplina primaria ed attuativa dettati ai fini della valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive.

È il caso di rammentare come lo stesso Plenum, nell’ambito della deliberazione oggetto di gravame, abbia richiamato le previsioni dettate ai commi 10 e 12 dell’art. 12 del D.Lgs. 160/2006, laddove – rispettivamente – si precisa che

– "per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 7, 8, 9, 10 e 11, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva";

– "ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare".

Diversamente dagli obiettivi riferimenti – riportati nei pareri del Consiglio Giudiziario – alle attitudini di carattere organizzativo e gestionale dimostrate dall’odierno ricorrente (anche, se non soprattutto, nello svolgimento delle funzioni direttive dal medesimo rivestite), il profilo del dott. D.P. ha proposto all’attenzione esclusivamente "ottime capacità di organizzare il proprio lavoro in tutte le funzioni ricoperte e, specificamente, in quelle di Pretore mandamentale e, svolgendo le funzioni di Presidente del Tribunale di Avellino in periodo feriale, come presidente del collegio civile e penale, e come presidente del collegio lavoro del Tribunale in grado di appello".

È del tutto intuibile come l’attitudine autoorganizzativa (che dovrebbe connotare, quale imprescindibile presupposto, il profilo professionale del magistrato, senza assurgere ad elemento distintivo e denotante attitudine alle funzioni superiori) è diversa (per meglio dire, inassimilabile) alla (dimostrata) capacità di organizzare e gestire il complesso di attività (anche, se non soprattutto, di carattere amministrativo e/o strumentale) che concorrono a garantire l’efficiente funzionamento di una struttura giudiziaria complessa, quale un Ufficio di Procura.

Il processo logico che ha avvalorato la prevalenza del profilo attitudinale del dott. D.P., sostanziata dal convincimento (sia da parte della proposta prevalente in Commissione, che da parte del Plenum) che la capacità di organizzazione del proprio lavoro, ex se riguardata, dimostri omogenea attitudine rispetto all’organizzazione di un ufficio giudiziario, si rivela inficiata da un palese vizio logico, in ragione della indimostrata rilevanza e/o concludenza del presupposto assunto a fondamento del percorso argomentativo a fondamento della valutazione di che trattasi.

Vizio logico che, non può esimersi il Collegio dall’osservare, vieppiù rileva nella sua valenza infirmante la correttezza dell’esercizio del potere valutativo, ove si consideri che, specularmente alla enfatizzata valorizzazione di un profilo di per sé destituito di significatività (quale quello come sopra preso in considerazione in favore del dott. D.P.), risulta essere stata immotivatamente devalutata l’esperienza professionale e gestionale maturata dal dott. G. nel corso della propria carriera: caratterizzata, invece, da comprovati ed apprezzati risultati di carattere organizzativo le cui ricadute in termini di efficacia/efficienza degli uffici di adibizione di quest’ultimo hanno ricevuto costanti e ribaditi apprezzamenti elogiativi nel corso dell’intero iter professionale.

6. Va dunque dato atto della inadeguatezza motivazionale che ha sorretto la scelta nella fattispecie operata dal C.S.M., segnatamente per quanto concerne la valutazione del profilo attitudinale; o, per meglio dire, il difetto di conseguenzialità logica – avente dirette, quanto intuibili, conseguenze inficianti sul corretto svolgimento della funzione valutativa – rilevabile fra il complesso degli elementi evidenziati dal profilo professionale del controinteressato ed il giudizio di prevalenza che ha assistito la scelta in favore di quest’ultimo operata dall’Organo di autogoverno.

La riscontrata incongruità motivazionale, unitamente al travisato apprezzamento di elementi fattuali emergenti (nei limiti di quanto sopra osservato) dalla documentazione acquisita al procedimento relativamente ai magistrati G. e D.P. inficiano la scelta nella fattispecie operata dal C.S.M.: laddove si abbia riguardo, come si è avuto modo di rilevare, alla carenza di elementi di logica conseguenzialità rilevabili fra la considerazione del complesso di esperienze professionali ed il giudizio di prevalenza in favore del controinteressato espresso relativamente al profilo attitudinale.

In tali limiti, la fondatezza delle doglianze sotto tale profilo dedotte dalla parte ricorrente impone di annullare la gravata determinazione; rimanendo ovviamente riservata all’Organo di autogoverno, in sede di rieffusione del potere, l’adozione delle conseguenti statuizioni.

Rileva conclusivamente il Collegio la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in tali limiti annulla gli atti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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