Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-10-2011, n. 21913

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.G.A. ed il padre D.G.F., rispettivamente proprietaria ed utilizzatore dell’appartamento al quarto piano del condominio in (OMISSIS), adibito a studio medico del secondo, premesso che il muro perimetrale dell’edificio confina in aderenza col muro perimetrale dell’edificio di piazza (OMISSIS) e che la finestra del bagno del loro appartamento affaccia direttamente su parte del tetto di copertura del detto edificio, collocato ad un livello più alto del piano di calpestio del loro appartamento; che sullo stesso piano del tetto era stato sempre presente un manufatto ospitante i cassoni dell’acqua destinata agli appartamenti sottostanti e che una piccola porta consentiva di accedere sul tetto dal lavatoio al solo scopo di ispezionare il tetto; che nel 1994, in coincidenza con l’acquisto da parte della Concerto sas dell’immobile di piazza (OMISSIS), erano stati intrapresi lavori di ristrutturazione diretti a rendere abitabile il manufatto e calpestatale il tetto, a chiudere la piccola porta esistente aprendone una di maggiori dimensioni sul lato opposto, a realizzare due ringhiere di cui una consentiva l’affaccio su di una terrazza sottostante, ad arredare l’originario tetto di copertura come un vero e proprio terrazzo, usato come solarium, zona soggiorno, palestra con la possibilità di affacciarsi nel bagno dello studio D.G., con grave pregiudizio alla luce, all’aria ed alla privacy, in violazione degli artt. 873 e 905 c.c., convenivano davanti al Tribunale di Roma Concerto sas per accertare che sul tetto del condominio di via (OMISSIS) la convenuta aveva operato gli interventi in premessa in difformità dalle norme del c.c. relative alle distanze ed alle vedute, chiedendo la cessazione delle molestie e turbative, la remissione in pristino ed i danni in non meno di L. 50.000.000.

La convenuta contestava la domanda ed eccepiva la carenza di legittimazione attiva di D.G.F..

Con sentenza 26701/2001 il Tribunale respingeva la domanda, decisione confermata dalla Corte di appello di Roma, con sentenza 3166/2005, che ribadiva l’adeguata motivazione della sentenza di primo grado nell’escludere la violazione della privacy in quanto il vicino già prima aveva possibilità di guardare attraverso l’apertura-finestra o luce esistente, sulla base di riscontri documentali e testimoniali circa l’esistenza, già prima della trasformazione, di un lastrico solare accessibile dell’appartamento della Concerto sas.

I lavori eseguiti, impermealizzazione del solaio, spostamento della porta da un lato all’altro della parete e sostituzione dei parapetti non integravano violazione dell’art. 905 c.c. ed era applicabile il principio secondo cui una servitù di veduta a carico del vicino può essere creata mediante un manufatto che consenta almeno l’inspicere sul fondo di costui; ma se il vicino è titolare a sua volta di una servitù attiva di veduta i manufatti di questa non possono considerarsi strumenti di servitù reciproca solo perchè il vicino può spingere lo sguardo attraverso tale apertura. Ricorrono i D. G. con quattro motivi, resiste Concerto sas.
Motivi della decisione

Col primo motivo si lamenta di norme di diritto in relazione all’art. 905 c.c., comma 2 norma di chiara applicazione alla fattispecie.

Col secondo motivo si deduce omessa motivazione per essere stata respinta la domanda sul presupposto che ancor prima della trasformazione esisteva un lastrico solare accessibile.

I parapetti non erano stati sostituiti ma realizzati ex novo.

Col terzo motivo si denunziano omessa motivazione e violazione degli artt. 905, 1158 e 1067 c.c..

Solo una preesistenza ultraventennale dei parapetti avrebbe legittimato la situazione dei luoghi.

Col quarto motivo si deduce violazione degli artt. 832 e 2697 c.c. perchè doveva essere la Concerto a provare di non aver modificato lo stato dei luoghi. Le censure , come proposte, non meritano accoglimento.

La sentenza impugnata (richiamata quella di primo grado che aveva respinto la domanda attrice osservando, sulla scorta di giurisprudenza di legittimità, che il titolare della servitù di veduta che si apre sul tetto del vicino non ha alcun diritto poziore tale da impedire al proprietario del tetto di accedervi e di trasformarlo in lastrico solare ancorchè accessibile, purchè non violi l’art. 907 c.c. elevando fabbriche a meno di tre metri; aveva escluso violazioni dell’art. 873 c.c. e la riduzione della servitù per effetto della trasformazione del tetto, avendo gli attori conservato la luce, l’aria ed il diritto di veduta), ha valorizzato, come dedotto, l’esistenza, già prima della trasformazione, di un lastrico solare accessibile dal l’appartamento della Concerto sas, che consentiva di guardare attraverso l’apertura del vicino.

I lavori eseguiti, impermealizzazione del solaio, spostamento della porta da un lato all’altro della parete e sostituzione dei parapetti non integravano violazione dell’art. 905 c.c. non avendo determinato la costruzione di una terrazza o balcone prima inesistente ed era applicabile il principio secondo cui una servitù di veduta a carico del vicino può essere creata mediante un manufatto che consenta almeno l’inspicere sul fondo di costui; ma se il vicino è titolare a sua volta di una servitù attiva di veduta i manufatti di questa non possono considerarsi strumenti di servitù reciproca solo perchè il vicino può spingere lo sguardo attraverso tale apertura. Questa specifica motivazione non viene espressamente attaccata col richiamo a diversi e più appaganti principi di diritto applicabili alla fattispecie, ma attraverso censure, sia pure diversamente titolate, si tende ad un riesame del merito non consentito in questa sede senza dimostrare nè violazione di distanze nè illecita costituzione o aggravamento di servitù.

Nè appare rilevante la prospettata distinzione tra sostituzione e realizzazione ex novo dei parapetti in mancanza di indicazioni circa il pregiudizio subito. Quanto, poi, all’onere della prova circa l’assenza di modifica dei luoghi, la denunzia è inutilmente prospettata di fronte alla pacifica affermazione della sentenza che le modifiche sono avvenute, sia pure senza integrare le prospettate violazioni. Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 2500,00, di cui 2300,00 per onorari, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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