Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-05-2011) 14-06-2011, n. 23749

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per cassazione S.M., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina del 12.7.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 8.1.2008, per la contravvenzione edilizia di cui al capo a), e per il delitto di cui agli artt. 633 e 639 bis c.p., di cui al capo c), dichiarò prescritta la contravvenzione e ridusse la pena, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Secondo l’accusa, l’imputata, subentrata ad un terzo nel contratto di locazione di un immobile di proprietà dell’IACP, vi aveva eseguito lavori di ampliamento che avevano comportato l’occupazione di una porzione di suolo di proprietà dello stesso ente. La Corte ricordava, al riguardo, gli esiti dell’accertamento tecnico che aveva dato avvio alle indagini, dal quale era emerso che i lavori di ampliamento erano ancora in corso di esecuzione successivamente al subentro della S. nel rapporto di locazione. Sottolineava, ancora, l’irrilevanza, ai fini del dolo, dell’istanza presentata dall’imputata all’IACP per ottenere il rinnovo della locazione, nella quale si faceva riferimento all’occupazione.

Ricorre il difensore, deducendo il vizio di motivazione per illogicità manifesta della sentenza per avere ribadito il giudizio di responsabilità dell’imputata in ordine al reato di invasione nonostante potesse agevolmente evincersi dalle pratiche amministrative relative all’immobile in oggetto, che la S., dopo avere presentato regolare istanza di condono edilizio rimasta inevasa per lunghi anni, si era limitata ad eseguire lavori del tutto marginali, non comportanti alcuna occupazione di aree di proprietà dell’IACP, ma finalizzati esclusivamente all’adeguamento sismico del manufatto.

Con il secondo motivo, deduce comunque il vizio di erronea applicazione degli artt. 42 e 43 c.p., per avere i giudici di appello ritenuto la sussistenza del dolo nonostante le interlocuzioni dell’imputata con l’IACP dimostrassero la sua buona fede. Il ricorso è manifestamente infondato.

La difesa propone un’alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dalla sentenza impugnata, senza nemmeno interloquire specificamente sulle indicazioni di prova sottolineate dai giudici di appello, arricchite, tra l’altro, dal corredo di documentazione fotografica dello stato dei luoghi. Correttamente la Corte territoriale ha poi ritenuto di desumere il dolo dalla materialità del fatto, in quanto commesso con la chiara consapevolezza dell’altruità dell’area occupata, di nessun rilievo apprendo in effetti le successive iniziative dell’imputata dirette ad una qualche regolarizzazione dell’occupazione. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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