T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 16-06-2011, n. 5366 Sanitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenendolo illegittimo sotto più profili, la dottoressa M.N.M. ha impugnato il provvedimento (assunto il 20.6.90) con cui se ne è rigettata l’istanza volta ad ottenere l’inclusione nella graduatoria redatta – per quel che concerne il 1990 – per la specializzazione di "patologia clinica".

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 4.5.2011, il Collegio – trattenuto il relativo ricorso in decisione – ne constata l’intrinseca infondatezza.

Nulla di quanto addotto dall’interessata a sostegno delle sue tesi vale, infatti, a smentire la veridicità dell’unico dato rilevante ai fini della soluzione della presente controversia: l’esser(si), l’interessata stessa, specializzata in una branca di medicina non ricompresa nella (allora) vigente normativa di settore.

Si osserva, a quest’ultimo riguardo

che il D.M. 22.9.88 (nel ridisegnare, ai fini della formazione della graduatoria per i medici specialisti ambulatoriali, i criteri di valutazione per il conferimento dei punteggi) ha riqualificato la disciplina di "analisi di laboratorio": attribuendole la nuova denominazione di "patologia clinica";

che, nel far ciò, ha inserito la specializzazione di "ematologia clinica e di laboratorio" (posseduta dalla ricorrente) nella branca di "medicina dello sport".

Tanto premesso; (anche a non voler tenere conto del fatto che tale D.M. è stato emanato in applicazione di una "dichiarazione a verbale" allegata all’Accordo Nazionale recepito con D.P.R. n.281/87) non ci si può esimere dal rilevare

che, in una materia quale quella di cui è causa (caratterizzata, com’è agevole arguire, da un elevato "tecnicismo"), è in gioco – a ben vedere – la potestà autoorganizzatoria della p.a.: dove la discrezionalità riconosciuta agli organi agenti è (e non può che esser) particolarmente ampia;

che nulla (agli atti del giudizio) induce a ritenere che, nell’esplicazione di una tale discrezionalità, si sia agito in modo manifestamente illogico: o, peggio, si sia inteso soddisfare interessi diversi da quello (pubblico) protetto dalla norma attributiva del potere concretamente esercitato;

che (in ogni caso) un sindacato più penetrante sulle ragioni che possono aver ispirato le scelte effettuate nella particolare circostanza comporterebbe un’inammissibile intromissione nel "merito" dell’azione amministrativa.

Null’altro reputa di dover evidenziare, il Collegio (che, in applicazione delle regole sulla soccombenza, non può che porre le spese di lite – liquidate come da dispositivo – a carico della ricorrente), a dimostrazione della riscontrata infondatezza della proposta impugnativa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe,

condanna la proponente al pagamento delle spese del giudizio: che liquida, in favore della Regione Lazio, in complessivi 2000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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