T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 16-06-2011, n. 902 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Consorzio Agrario Provinciale è proprietario di un terreno ubicato nel Comune di Montichiari, dove all’epoca dei fatti era insediata la sede locale, con uffici e depositi.

Espone che l’area faceva parte di un più ampio lotto, frazionato tra il Consorzio, la Società controinteressata e la Società Giano.

Riferisce altresì che l’originaria unitarietà del compendio immobiliare aveva imposto di procedere ad una sistemazione contestuale e complessiva degli impianti tecnologici e dell’accesso sulla statale Goitese, e che in mancanza di un accordo tra le parti il Consorzio aveva dovuto sopportare in proprio tutte le spese relative alle urbanizzazioni per rendere agibile il locale di proprietà, mentre non era stata sistemata la fascia di area classificata SP.

Dopo essere venuto a conoscenza di un’iniziativa edilizia in corso sull’area della controinteressata, in data 30/9/1997 il Consorzio inoltrava istanza di esibizione documentale, ma non riusciva ad interagire ponendosi come interlocutore dell’amministrazione, la quale esaminava la pratica in Commissione edilizia il 10/6/1998, due soli giorni dopo la sua presentazione. Con nota 30/7/1998 il Comune invitava il Consorzio ad esprimere osservazioni, le quali venivano depositate il 9/9/1998. Le stesse però non venivano tenute in considerazione dall’amministrazione, che in data 19/2/1999 rilasciava la concessione edilizia in questa sede impugnata, e prestava così assenso alla realizzazione di un insediamento integrato di rilevanti dimensioni, destinato ad uffici, centro commerciale, albergo, locale per esposizione, su un’area di 15.275 metri quadrati.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione il Consorzio ricorrente illustra le seguenti doglianze:

a) Violazione dell’art. 7 della L. 1150/42, del D.M. 2/4/1968, dell’art. 33 delle N.T.A. del P.R.G., eccesso di potere per falsa rappresentazione dei presupposti, difetto di istruttoria, manifesta illogicità, in quanto le N.T.A. prevedevano, per il mappale interessato dall’intervento, una classificazione in zona D2 commerciale direzionale (art. 30) per 7.285 mq, e una classificazione in zona D5 per attrezzature ricettive (ove le attività commerciali sono consentite purché accessorie – art. 33) per 7.990 mq: la concessione edilizia prevede sull’area D5 attività ricettive (un albergo) per 1.900 mq, mentre dalle tavole di progetto (planimetrie doc. 14 e 15) risulta una superficie di ben 2.267,12 mq destinata a "commercio complementare al ricettivo ed esposizione";

b) Violazione dell’art. 41sexies della L. 1150/42, degli artt. 30, 33 e 36 delle N.T.A. del P.R.G. e degli artt. 9 e 12 della L.r. 60/77, indeterminatezza del progetto con riguardo ai parcheggi, eccesso di potere per difetto di istruttoria;

c) Violazione dell’art. 31 comma 5 della L. 1150/42, dell’art. 22 del D. Lgs. 285/92, eccesso di potere per difetto di istruttoria, poiché la concessione edilizia non può essere rilasciata qualora l’area non sia dotata di tutte le necessarie urbanizzazioni, e nella fattispecie si registrano carenze negli impianti tecnologici e nelle infrastrutture viabilistiche;

d) Violazione degli artt. 30 e 33 delle N.T.A. del P.R.G. in quanto l’immobile è progettato per un’altezza di 12,10 metri, quando le N.T.A. prevedono un massimo di 10,50 metri;

e) Violazione degli artt. 3 e 10 della L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Comune ha omesso di valutare approfonditamente le osservazioni presentate dal legale del Consorzio.

Non sono costituiti in giudizio il Comune di Montichiari e la controinteressata.

Con ordinanza n. 6 depositata l’8/1/2011 presso la Segreteria della Sezione, questo Tribunale ha ordinato al Comune di relazionare in modo circostanziato sulla vicenda controversa, con approfondimento dei profili in fatto e in diritto evidenziati nel ricorso ed in particolare fornendo chiarimenti sulle singole questioni dedotte.

L’incombente istruttorio è stato adempiuto con deposito del 23/2/2011.

Alla pubblica udienza del 4/5/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il gravame è diretto a censurare il titolo abilitativo 19/2/1999, rilasciato alla controinteressata per la realizzazione di un nuovo complesso commerciale/direzionale alberghiero ed il compimento di un parcheggio pubblico.

0. Deve preliminarmente rilevarsi come la memoria finale sia stata depositata dal Consorzio ricorrente in data 4/4/2011, per cui non risulta rispettato il termine di 30 giorni liberi prima dell’udienza di discussione ai sensi dell’art. 73 del Codice del processo amministrativo: siccome l’ultimo giorno utile (3/4/2011) coincideva con la domenica, l’adempimento doveva essere espletato entro e non oltre il precedente venerdì 1° aprile. In effetti, nel calcolo "a ritroso" dei termini, l’assegnazione di un intervallo minimo prima del quale deve essere compiuta un’attività processuale comporta l’impossibilità di prorogare al primo giorno seguente non festivo il termine che scada in giorno festivo (poiché diversamente opinando si produrrebbe l’effetto di un’abbreviazione dell’intervallo): detta proroga "in avanti" opera dunque con esclusivo riguardo ai termini cd. a decorrenza successiva (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 4/1/2011 n. 182).

Va però segnalato che nella fattispecie non si pongono particolari esigenze di difesa, in assenza di costituzione delle parti evocate in giudizio, e che l’inosservanza è di un solo giorno (per complessivi 29 anziché 30). In secondo luogo la memoria di replica, tempestivamente depositata, riformula ed approfondisce nuovamente gli stessi profili, cosicchè il problema può dirsi definitivamente superato.

1. Deve darsi atto che, in sede di discussione pubblica della causa, il difensore di parte ricorrente avv.to Ferrari ha dichiarato che la concessione edilizia in variante – rilasciata nel 2001 – non determina sopravvenuta carenza di interesse alla definizione del gravame in quanto riguarda unicamente una porzione dell’edificio e non incide sull’interesse alla decisione dei motivi di ricorso diversi dal primo.

1.1 Peraltro, ai soli fini della pronuncia sulle spese di giudizio, deve essere affermata la fondatezza della relativa censura, poiché la superficie commerciale non era certamente "complementare" al ricettivo, ma esprimeva un’autonoma rilevanza e una consistente incidenza sul piano urbanistico ed economico/funzionale: non è ragionevolmente ipotizzabile che un intero piano, esteso per oltre 2.200 mq., si ponga in relazione di accessorietà con l’attività di albergo destinata a svilupparsi su un’estensione inferiore (1.900 mq.). Il Comune, nella sua relazione, si allinea alla ricostruzione in fatto del Consorzio, e dà conto della variante autorizzata con il titolo abilitativo n. 10 del 19/2/2001, la quale ha ridotto la superficie utile ubicata al piano terra a 1.900 mq, ed ha statuito il cambio della destinazione d’uso da commerciale accessoria ad alberghiera (come previsto per i sovrastanti piani 1° e 2°) in conformità all’art. 33 delle N.T.A. L’intervento ex post dell’amministrazione offre un ulteriore indizio a conferma del vizio che colpiva la precedente concessione edilizia, rispetto alla quale si deve fare applicazione del generale principio per cui "la legittimità di un provvedimento amministrativo non può che essere verificata con riguardo alle norme, legislative o di natura regolamentare, ed alle prescrizioni urbanistiche vigenti al momento della sua adozione" (recentemente richiamato dalla Sezione in una fattispecie di sanatoria: sentenza 8/3/2011 n. 382).

2. Con il secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 41sexies della L. 1150/42, degli artt. 30, 33 e 36 delle N.T.A. del P.R.G. e degli artt. 9 e 12 della L.r. 60/77, nonché l’indeterminatezza del progetto con riguardo ai parcheggi e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, poiché:

o la planimetria generale indica una superficie di 11.285,33 mq. di parcheggio, di fronte ad un’edificazione su 9.400 mq.: non si comprende se e dove siano stati reperiti i parcheggi pertinenziali, imposti dall’art. 41 Legge urbanistica (per 1 mq. ogni 10 mc. di volume edificato), che dovrebbero estendersi per 3.038,685 mq. di superficie;

o se i parcheggi privati fossero stati individuati sulla porzione classificata SP dal P.R.G., la previsione sarebbe in ogni caso illegittima poiché i parcheggi pertinenziali devono essere reperiti nel lotto edificato e non su aree da cedere al Comune o comunque ad uso pubblico (in ogni caso gli artt. 30, 33 e 36 delle N.T.A. prevedono sull’area SP la realizzazione di verde e parcheggi a destinazione pubblica);

o se i parcheggi realizzati sull’area classificata SP non fossero pertinenziali ma standard pubblici, sarebbero comunque violati gli articoli 30 e 33 N.T.A. che impongono la realizzazione degli standard parcheggi e verde sul lotto interessato dall’intervento e retinato come zona D, e non sulle aree classificate SP, che hanno una loro specifica destinazione secondo il P.R.G.; inoltre il Comune non ha previsto la stipula di una convenzione per la cessione al Comune dei parcheggi realizzati o il loro asservimento all’uso pubblico, in violazione degli artt. 9 e 12 della L.r. 60/77;

o gli artt. 30 e 33 N.T.A. sono ulteriormente violati poiché impongono una percentuale non inferiore al 100% della s.l.p. da destinare a verde e a parcheggio (con possibilità di monetizzare il 50% a verde), mentre dalle planimetrie non risulta che vi sia una percentuale di lotto destinata a verde.

L’ampia prospettazione non merita condivisione.

2.1 Nella relazione istruttoria il dirigente comunale dà atto che il Piano regolatore dell’epoca aveva individuato, nella zona antistante all’area che ospita il complesso contestato, una fascia profonda circa 45 metri (individuata anche per la fruizione del Centro Fiera) da dedicare alla realizzazione di verde e parcheggi pubblici. Tali parcheggi non sono stati tuttavia imputati a standard urbanistici poiché l’intervento non era assoggettato a Piano attuativo ma a concessione singola (e di conseguenza non sussisteva un obbligo cogente di individuare e cedere aree standard), per cui gli stessi sono stati valorizzati come parcheggi pertinenziali, unitamente ai parcheggi ubicati nel piano interrato. L’allegata relazione del progettista dà conto del rispetto non soltanto dell’art. 41sexies invocato ma anche dell’art. 30 delle N.T.A. (che prevedevano la misura del 100% della superficie lorda di pavimento), assunto prudenzialmente come base di calcolo per la quantità di parcheggi da rendere fruibili.

L’amministrazione evoca altresì una convenzione per la cessione gratuita al Comune della fascia di terreno destinata a verde e parcheggio, ed in proposito è stata allegata alla relazione la tavola D, documento allegato alla pratica a suo tempo depositata. Il fatto che la superficie destinata a verde sia inferiore all’estensione dei parcheggi si collega con le esigenze dei soggetti che accedono al Centro Fiera.

Non coglie pertanto nel segno la censura di indeterminatezza e di difetto di istruttoria, poiché in via generale si osserva che i Piani attuativi sono la sede naturale delle operazioni di perequazione urbanistica che implicano la cessione di aree a standard (cfr. art. 60 della L.r. 5/12/77 n. 60 e successivamente ai fatti di causa art. 46 della L.r. 12/2005) salve particolari esigenze che possono presentarsi in relazione alle edificazioni singole al fine di raggiungere il livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dallo strumento urbanistico (cfr. sentenza T.A.R. Brescia 26/11/2008 n. 1691). Nella fattispecie ricorre l’ipotesi ordinaria di opere assoggettate a titolo abilitativo da rilasciare in via diretta, mentre dagli atti è emerso come le esigenze di parcheggio siano state ampiamente soddisfatte dal Comune con il reperimento della fascia di 45 metri. Quanto alla percentuale di verde, l’art. 30 delle N.T.A. (doc. 13 ricorrente) riconosceva comunque la facoltà di monetizzazione, per casi particolari, e nella specie comunque la tavola D dà conto di una non indifferente superficie destinata a verde (1.461 mq.).

3. Parimenti infondata è la censura afferente alla violazione degli artt. 31 comma 5 L. 1150/42 e dell’art. 22 D. Lgs. 285/92 e all’eccesso di potere per difetto di istruttoria, poiché la concessione edilizia non potrebbe essere rilasciata qualora l’area non sia dotata di tutte le necessarie urbanizzazioni, e nella fattispecie si registrerebbero carenze negli impianti tecnologici e nelle infrastrutture viabilistiche.

In proposito è sufficiente richiamare il contenuto della relazione istruttoria, che dà conto di un insediamento operativo da oltre dieci anni e che non ha mai presentato carenze negli impianti tecnologici – per i quali peraltro la doglianza appare piuttosto generica – mentre sotto il profilo viabilistico il dirigente comunale dà conto di una rotatoria di ingresso all’area (pienamente operativa) che consente una manovra fluida in entrata e in uscita ed il raccordo tra via Brescia e la zona Fiera: è altresì confermata l’esistenza di un ampio parcheggio utilizzabile anche per le iniziative fieristiche.

4. Parte ricorrente si duole della violazione degli artt. 30 e 33 delle N.T.A. del P.R.G. in quanto l’immobile è progettato per un’altezza di 12,10 metri quando le norme pianificatorie prevedono un massimo di 10,50 metri.

La doglianza è infondata, poiché il Comune ha evidenziato che i tre vani abitabili del complesso non superano la soglia di metri 10,50, e al di sopra sono posizionati unicamente locali tecnici contenenti impianti di condizionamento per cui solo con riferimento ad essi è stata indicata l’altezza complessiva di 12,10 metri. A conforto viene richiamato l’art 12.1 delle N.T.A. sulla misurazione dell’altezza.

La replica di parte ricorrente nella memoria finale si affida unicamente ad una smentita della ricostruzione del Comune, senza a sua volta sviluppare argomentazioni sull’assenza di vani non computabili dedicati agli impianti tecnologici e sulla loro rilevanza in via autonoma.

5. E’ infine fondata la prospettata violazione degli artt. 3 e 10 della L. 241/90, in quanto il Comune ha omesso di valutare approfonditamente le osservazioni presentate dal legale del Consorzio. Tuttavia la violazione, di carattere formale, confluisce in quella già esaminata al punto 2., alla luce del filone interpretativo (T.A.R. Brescia, sez. I – 9/6/2009 n. 1190) il quale ha messo in luce come la violazione delle garanzie procedimentali condizioni la legittimità del provvedimento finale solo quando si dimostri che vi è stato un effettivo travisamento dei fatti, secondo un principio ora esplicitato nell’art. 21octies comma 2 secondo periodo della stessa L. 241/1990. La censura può dunque dirsi assorbita nel primo motivo di gravame, riconosciuto meritevole di positivo apprezzamento (ai soli fini delle spese).

In conclusione deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse con riguardo al primo motivo di ricorso (che assorbe anche il quinto), mentre per il resto il gravame è infondato.

La parziale soccombenza reciproca giustifica una condanna del Comune a sostenere le spese di controparte nella misura ridotta del 50%.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, dichiara la sopravvenuta carenza di interesse alla definizione del primo e quinto motivo di gravame.

Dichiara l’infondatezza degli altri profili esposti.

Condanna l’amministrazione a corrispondere al Consorzio ricorrente la somma di Euro 3.000 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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