Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
K.S.M., P.I., C.G., propongono ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il gip del tribunale di Trieste ha rigettato l’opposizione proposta ex art. 263 c.p.p., comma 5 avverso il decreto di rigetto emesso dal pubblico ministero con riferimento all’istanza di restituzione delle autovetture di loro rispettiva proprietà.
Il gip, dopo avere rilevato che il sequestro era stato effettuato per il reato di contrabbando sia a fini probatori sia in ragione della confiscabilità obbligatoria ex D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, comma 3, aveva rigettato le opposizioni in premessa rilevando, in relazione al secondo profilo, che tutti i mezzi in questione erano stati alterati modificati e che nei doppi fondi in tal modo ricavati sulle pareti poste tra l’abitacolo ed i vani bagagli erano stati occultati carichi illeciti di sigarette ed aveva aggiunto che tali fatti integrano a tutti gli effetti quegli adattamenti allo stivaggio fraudolento di merci ovvero quegli accorgimenti idonei a maggiorare la capacità di carico dei mezzi o la loro autonomia in difformità delle caratteristiche costruttive omologate di cui al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, comma 2, come modificato dalla L. n. 413 del 1991, art. 11, ai sensi del quale è in ogni caso obbligatoria la confisca dei mezzi di trasporto a chiunque appartenenti.
In questa sede deducono i ricorrenti con argomentazioni assolutamente analoghe, seppure oggetto di separati ricorsi, l’inosservanza e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, commi 2 e 3, mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione sul punto della non applicabilità del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, comma 3.
Sostengono i ricorrenti che l’esclusione del D.P.R., art. 301, comma 3 che prevede in ogni caso la restituzione del bene sequestrato a favore del proprietario del bene medesimo qualora quest’ultimo non solo sia estranea al reato ma, addirittura, abbia provato di non essere incorso nemmeno in un difetto di colpa nell’affidamento o nella vigilanza del bene, è contraria ai principi costituzionali ed, in particolare, all’art. 27 Cost. e che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto legittima la confisca in questa ipotesi solo nel caso di beni intrinsecamente pericolosi; il che non si verifica nella specie essendo il doppio fondo del vano bagagli, stante la facile rimovibilità di esso. Si fa rilevare infine che se il legislatore avesse inteso indiscriminatamente confiscare i mezzi di trasporto in presenza di una qualsiasi loro modifica non avrebbe introdotto l’ulteriore previsione di cui al comma 3 dell’art. 301, comma 3.
Motivi della decisione
I ricorsi non possono essere accolti.
Occorre anzitutto rilevare che, come evidenziato dal Procuratore Generale della Corte, emerge dall’ordinanza reiettiva del GIP che il sequestro, oltre alla finalità di confisca, era stato disposto per esigenze probatorie, aspetto questo sul quale il ricorrente non si sofferma nel ricorso e che di per se stesso legittima il provvedimento di sequestro.
Quanto alla questione relativa alla confiscabilità dei veicoli si rileva quanto segue.
La D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, riproducendo la L. n. 413 del 1991, art. 116, stabiliva che:
1. nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto.
2. se si tratta di mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato,si applicano le disposizioni dell’art. 240 c.p..
Tuttavia, i mezzi di trasporto che abbiano segreti ripostigli ovvero siano stati artificiosamente modificati per dissimulare le merci che vi sono state collocate, non possono essere restituiti a chi ne abbia diritto se prima non siano stati ridotti in modo da non prestarsi ulteriormente alla frode.
La disposizione è stata successivamente modificata dalla L. n. 413 del 1991, art. 19, per la parte che qui interessa, recependo anche i principi affermati dalla Corte Costituzionale n. 229/74, che aveva dichiarato l’illegittimità della L. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, comma 1, (legge doganale), e del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301 – che aveva sostituito la prima disposizione riproducendone il contenuto -, nella parte in cui, quanto "alle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato", imponeva la confisca anche nella ipotesi di appartenenza di esse a persone estranee al reato alle quali non sia imputabile un difetto di vigilanza, nei termini di seguito indicati:
1. nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto.
2. sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto a chiunque appartenenti che risultino adatti allo stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a maggiorarne la capacità di carico o l’autonomìa in difformità delle caratteristiche costruttive omologate o che siano impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare.
3. si applicano le disposizioni dell’art. 240 c.p. se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l’illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.
(omissis).
Anche sulla nuova formulazione dell’art. 301 è intervenuta la Corte Costituzionale ma per profili non direttamente rilevanti nella specie.
La sentenza n. 1/97, citata dai ricorrenti, ha dichiarato infatti l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, comma 1, come modificato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11 nella parte in cui non consente alle persone estranee al reato di provare di avere acquistato la proprietà delle cose ignorando senza colpa l’illecita immissione di esse sul mercato, ritenendo ingiustificata la diversità di una disciplina differenziata e più garantita solo per i mezzi utilizzati per commettere il reato di contrabbando, allorquando questi appartengano a persona estranea al reato, alla quale non sia imputabile alcun difetto di vigilanza (commi 2 e 3).
Ciò posto osserva il Collegio che la norma in esame, nella attuale formulazione, rende obbligatoria, in deroga all’art. 240 c.p., la confisca delle cose che servono o sono destinate a commettere il reato o delle cose che ne sono l’oggetto, il prodotto o il profitto e rende altresì obbligatoria la confisca dei mezzi di trasporto oggettivamente predisposti all’occultamento della merce per facilitare il contrabbando.
In quest’ultimo caso, come affermato in premessa da questa Corte nel rimettere alla Corte Costituzionale la questione poi decisa con la sentenza n. 1/97, se il mezzo di trasporto appartiene a persona estranea al reato e questa dimostri che il mezzo è stato usato senza la sua volontà e senza sua colpa, la confisca deve essere disposta solo se il mezzo di trasporto può considerarsi intrinsecamente criminoso. E’ indubbio l’inasprimento rispetto al previgente dettato che al secondo comma, si limitava a subordinare la restituzione di siffatti mezzi di trasporto all’avente diritto estraneo al reato alla condizione che essi fossero stati previamente "ridotti in modo da non prestarsi ulteriormente alla frode" (Sez. 3, n. 2244 del 27/10/1993 Rv. 195598). Peraltro la stessa soppressione dell’inciso "ridotti in modo da non prestarsi ulteriormente alla frode" non sembra altrimenti spiegabile se non con l’impossibilità di restituzione dei mezzi indicati essendo chiaro che il loro riutilizzo non possa comunque prescindere dalla "regolarizzazione". E, dunque, la decisione del GIP appare corretta.
I ricorrenti contestano la natura intrinsecamente criminosa dei veicoli in sequestro sostenendo essere il doppio fondo rimovibile e, comunque, sostengono che anche per i veicoli "alterati" appartenenti a terzi estranei al reato debba valere il principio della confiscabilità solo in presenza di un difetto di vigilanza, ponendosi la diversa opzione interpretativa in contrasto con i principi costituzionali.
Ora che i veicoli in questione rientrino tra quelli indicati all’art. 301, comma 2 nella attuale formulazione e che, quindi, siano confiscabili, non sembra in via di principio contestabile potendo effettivamente rappresentare il doppio fondo realizzato nel veicolo quantomeno un sistema finalizzato allo stivaggio fraudolento di merci. Nè la Corte ha potere di sindacare nel merito la valutazione.
Per il resto si deve rilevare che: a) come costantemente affermato da questa Corte, che le cose che soggiacciono a confisca obbligatoria non possono essere restituite in nessun caso all’interessato, anche quando siano state sequestrate dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa e per finalità esclusivamente probatorie, poichè l’art. 324 c.p.p., nel disciplinare il procedimento di riesame delle misure cautelari reali, stabilisce al comma settimo che la revoca del provvedimento di sequestro non può essere disposta nei casi indicati dall’art. 240 c.p., comma 2, e tale norma è espressamente richiamata dall’art. 355 c.p.p., comma 3, in materia di sequestro probatorio (Sez. 4, n. 6383 del 18/01/2007 Rv. 236106); b) la verifica circa la confiscabilità del bene non può che essere rimessa al dibattimento postulando la valutazione degli elementi processuali nella loro pienezza; il che a fortiori dovrebbe valere nel caso si accogliesse la prospettazione difensiva che intende dare ingresso al principio dell’affidamento incolpevole anche per i mezzi "alterati"; c) in ogni caso risulta omessa da parte dei ricorrenti nella specie qualsiasi indicazione che consenta di verificare l’attualità e la rilevanza della questione. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011
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