T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 16-06-2011, n. 1097

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente ha impugnato la nota datata 10 settembre 2010 (prot. n. 0027028), con la quale il Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica – Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali ha trasmesso alla ricorrente medesima il Decreto del Direttore generale n. 151 dell’8 giugno 2009, recante la revoca del credito d’imposta concesso con decreto n. 165 del 31.12.1998 per l’importo di Euro 7.540,27.

L’impugnato provvedimento è stato adottato sulla base di proposta di revoca formulata dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce (C.C.I.A.A.) per la seguente motivazione: "fattura emessa successivamente alla data di spedizione della domanda".

Nel provvedimento di revoca alla società ricorrente viene imposto di restituire l’ammontare del suddetto credito di imposta maggiorato di un interesse del 3% da calcolarsi dalla data di effettivo utilizzo dell’incentivo fino alla data dell’effettivo versamento.

La ricorrente contesta la legittimità degli atti impugnati per i seguenti motivi:

– Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione in virtù di difetto di istruttoria; falsa applicazione dell’art.11 legge n. 449/1997 e dell’art. 5 della circolare ministeriale n. 915190 del 19.03.1998;

– Falsa applicazione dell’art. 21 nonies legge n. 241/1990; violazione del principio del legittimo affidamento del destinatario; eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà dell’azione amministrativa.

Si è costituito in giudizio per il tramite dell’avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero dello sviluppo economico.

Si è altresì costituita in giudizio la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce, eccependo il difetto di legittimazione passiva della Camera di Commercio, sulla base della considerazione che l’ordinamento giuridico attribuisce alle Camere di Commercio con riguardo alle incentivazioni fiscali (come quella concessa alla odierna ricorrente) una mera funzione di controllo e contestando nel merito la fondatezza del proposto gravame.

Con ordinanza n. 15/2011 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare della efficacia del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente.

Con memoria depositata in data 29 marzo 2011 la C.C.I.A.A. di Lecce, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, ha posto in rilievo che alcuna responsabilità possa essere ascritta nei suoi confronti, avendo essa adempiuto tempestivamente ai compiti di verifica e di controllo posti dall’ordinamento giuridico a suo carico.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011, sulle conclusioni dei difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

Preliminarmente, il collegio è chiamato a verificare la fondatezza della eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dalla difesa della C.C.I.A.A di Lecce.

L’eccezione è infondata.

La giurisprudenza ha definitivamente chiarito che in tema di riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni e contributi pubblici, rilevano i normali criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati revoca, decadenza, risoluzione, purché essi si fondino sull’asserito inadempimento, da parte del beneficiario, alle obbligazioni assunte a fronte della concessione del contributo; il privato vanta invece una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, se la controversia riguarda una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, e se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 gennaio 2011 n. 465).

Orbene, sulla base dei superiori principi ermeneutici, alcun dubbio può sussistere in merito alla giurisdizione dell’adito Tribunale, in quanto l’impugnato provvedimento di revoca si fonda sulla constatazione della insussistenza (originaria) dei presupposti per la concessione del beneficio fiscale riconosciuto alla odierna ricorrente (essendo la relativa fatturazione successiva alla data di presentazione della domanda).

Del pari destituita di fondamento è l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla C.C.I.A.A. di Lecce. Ancorché il provvedimento finale di revoca del beneficio fiscale sia stato adottato dal Ministero dello sviluppo economico, detto provvedimento si limita a recepire la proposta di revoca formulata dalla C.C.I.A.A. di Lecce a seguito di istruttoria sulla documentazione presentata dalla ricorrente.

Con il primo motivo di gravame la ricorrente censura il provvedimento impugnato per eccesso di potere, sotto il profilo della carenza di motivazione e della violazione della circolare n. 915190 del 19 marzo 1998.

La censura è infondata.

La Circolare della Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle Imprese del 19 marzo 1998 n. 915190, di cui la ricorrente lamenta la violazione, stabiliva espressamente al punto 2.5 "Tutti i beni devono essere di nuova fabbricazione ovvero utilizzati nella unità locale indicata nel modulo della domanda."ed al punto 5.3 (per quanto di interesse): "Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato provvede alla revoca delle agevolazioni qualora…..i controlli effettuati evidenzino l’insussistenza delle condizioni previste per l’accesso alle agevolazioni, dichiarate dall’impresa in fase di domanda di agevolazione".

Conformemente alle prescrizioni della predetta Circolare, il legale rappresentante della società ricorrente, nella domanda per l’accesso al beneficio di cui all’art.11 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, inviata il 28 dicembre 1998, dichiarava testualmente:"i beni acquistati sono installati o utilizzati presso l’unità locale indicata al punto A.7".

Sennonché, nella documentazione prodotta dalla società ricorrente, in riscontro alla richiesta della C.C.I.A.A. di Lecce del 15 giugno 1999, risulta non solo che alcune delle fatture (n. 2256/3 del 31.12.1998; n. 44/3 del 26.01.1999; n. 181/3 del 26.01.199; n. 483/3 del 22.02.1999) sono di data posteriore alla domanda di invio (28.12/1998), ma anche che i documenti di trasporto dei beni acquistati riportano date posteriori (gennaio -febbraio 1999) a quella di invio della domanda.

Stando così le cose, la revoca parziale della agevolazione fiscale concessa alla società ricorrente non può essere considerata priva di motivazione né può essere reputata adottata in violazione della Circolare sopra richiamata.

Con il secondo motivo di gravame la ricorrente dopo aver richiamato l’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, censura la legittimità del provvedimento impugnato per violazione del principio del legittimo affidamento, in considerazione del notevole lasso di tempo intercorso tra il provvedimento di concessione e quello di revoca del beneficio.

La censura è meritevole di accoglimento.

Risulta per tabulas che già con nota del 15 giugno 1999 la C.C.I.A.A. di Lecce richiedeva alla società ricorrente una integrazione della documentazione relativa all’agevolazione fiscale concessa e che detta richiesta veniva riscontrata dalla società medesima nel settembre 1999.

Nella memoria di costituzione la C.C.I.A.A. di Lecce precisa di aver provveduto tempestivamente ad istruire la pratica e che già il 29 marzo 2000 "inseriva nel fascicolo elettronico della N….la proposta di revoca del beneficio, poiché era stato richiesto il credito per fatture emesse successivamente alla richiesta". Detta circostanza non è smentita dalla amministrazione che ha adottato il provvedimento definitivo di revoca parziale della agevolazione concessa (Ministero dello sviluppo economico).

Alla luce dei fatti sopra riportati, appare davvero difficilmente giustificabile il ritardo del Ministero dello sviluppo economico, che solo con nota del 29 luglio 2008 (prot. 008429391) procedeva all’avvio del procedimento di revoca conclusosi con l’emanazione del Decreto del Direttore generale n. 151 dell’8 giugno 2009, trasmesso alla ricorrente con nota datata 10 settembre 2010 (prot. n. 0027028).

Il lungo lasso di tempo intercorso dalla (tempestiva) conclusione della fase istruttoria, volta alla verifica dei requisiti per la concessione della agevolazione de qua, ha verosimilmente ingenerato nella società ricorrente un affidamento nella legittimità del provvedimento di concessione della agevolazione medesima, (affidamento) che appare tanto più meritevole di tutela in considerazione del fatto che da parte della amministrazione resistente non viene fornita alcuna giustificazione in merito all’abnorme ritardo nella conclusione del procedimento di revoca.

Il collegio fa rilevare che il legislatore nazionale, nell’introdurre nell’ambito della legge n. 241/1990 l’art. 21 nonies, ha posto degli stringenti limiti al potere di annullamento di ufficio delle pp.aa., stabilendo che detto potere può essere esercitato dall’organo che ha emanato l’atto, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, "entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati…".

Orbene, nel caso di specie se non può essere contestata la sussistenza di un interesse pubblico all’annullamento dell’atto di concessione del beneficio fiscale concesso alla società ricorrente, in relazione alla conseguente azione di recupero, appare altrettanto incontestabile che l’esercizio del potere di annullamento è avvenuto, sotto il profilo temporale, al di là di ogni ragionevolezza, senza alcuna valutazione degli interessi del destinatario del provvedimento, cui, peraltro, è stata imposto, oltre al recupero del credito d’imposta fruito (Euro 7.540,27), anche il pagamento di una maggiorazione pari ad un tasso di interesse del 3%.

Per le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

Il collegio, in relazione alla peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, ravvisa, tuttavia, valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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