Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 9 aprile 2010 e depositato il medesimo giorno, il sig. L.L. chiedeva l’annullamento del decreto con cui la Prefettura di Lucca, riscontrando la sua scarsa affidabilità ed autocontrollo, aveva rigettato il ricorso gerarchico avverso precedente decreto, adottato dal competente Questore, pure impugnato, che disponeva la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia, fondando tale decisione su due episodi dell’ottobre e del maggio 2005 che avevano anche comportato, in data 9 gennaio 2006, un decreto di divieto di detenzione di armi comuni da sparo da parte della Prefettura di Lucca.
Il ricorrente, in sintesi, lamentava quanto segue.
"Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 42 e 43 del regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà della motivazione ed ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto".
Il ricorrente rilevava che, con riferimento al primo episodio richiamato dal Questore, del 14 maggio 2005, il Tribunale di Lucca lo aveva assolto con la formula "perché il fatto non sussiste", mentre in riferimento al secondo, del 31 ottobre 2005, il procedimento penale si era estinto per remissione della querela, ma nel testo della relativa sentenza si evinceva che il ricorrente non aveva usato il fucile ma, eventualmente, aveva solo mostrato alla persona offesa "un bastone", per cui i ritenuti comportamenti di scarsa affidabilità non erano mai stati posti in essere.
Si costituivano in giudizio le Amministrazioni indicate in epigrafe, chiedendo la reiezione del ricorso.
In prossimità della pubblica udienza, il ricorrente depositava una memoria difensiva ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi difensive, in relazione all’illustrazione dell’episodio dell’ottobre 2005.
Alla pubblica udienza del 31 marzo 2011, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il Collegio rileva che il ricorso non può trovare accoglimento.
In relazione al provvedimento del Questore, si rileva in primo luogo che il medesimo si fonda su un precedente decreto prefettizio del 9 gennaio 2006, avente ad oggetto il divieto di detenzione armi comuni da sparo, che lo stesso Questore osserva non ancora considerato, per un mero errore, al fine di provvedere anche a revocare la licenza di porto di fucile per uso caccia.
Poiché non risulta che il ricorrente abbia mai provveduto ad impugnare tale decreto prefettizio, il Collegio rileva che il provvedimento questorile impugnato, in realtà, trovava fondamento – e ne costituiva un atto consequenziale dovuto – nella precedente decisione del Prefetto, a sua volta fondata – e non contestata dal ricorrente nelle sedi giurisdizionali opportune – sul richiamo ad una segnalazione all’A.G. in data 8 novembre 2005, per "minacce gravi e aggravate in concorso", senza alcuna indicazione sull’uso di armi da sparo, quindi.
Che il provvedimento del Questore faccia esplicito richiamo ai due episodi, del maggio e dell’ottobre 2005 (quest’ultimo a fondamento della precedente decisione del Prefetto del 9 gennaio 2006), quindi, è una circostanza di per sé ultronea, visto che era sufficiente la considerazione dell’esistenza del precedente decreto prefettizio di divieto detenzione armi – mai impugnato dal ricorrente – che non poteva non imporre anche la revoca della licenza uso caccia, quale "atto dovuto".
Chiarito ciò e passando all’esame del decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico impugnato nella presente sede, si osserva che il ricorrente – fondandosi anche sui rapporti dell’Amministrazione depositati in corso di causa – individua come unico episodio all’origine del provvedimento in questione quello di cui alla data del 31 ottobre 2005.
Ciò è condivisibile, considerato anche l’esito del giudizio penale legato all’episodio del 14 maggio 2005, che escludeva ogni riconducibilità al ricorrente.
In merito, il Collegio ritiene di precisare come la giurisprudenza, con cui concorda, abbia da tempo evidenziato che il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi, così come il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto darmi, non richiedono la sussistenza di un abuso concreto ed accertato, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento, sulla base delle circostanze concrete, circa il corretto impiego delle armi medesime e, a tale fine, l’autorità di pubblica sicurezza, secondo una valutazione ampiamente discrezionale, deve considerare l’esistenza di un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica, sulla base di un giudizio prognostico "ex ante" circa la possibilità e la capacità di un soggetto di abusarne (Cons. Stato, Sez. VI, 10.10.05, n. 5462 e Sez. IV, 26.1.04, n. 238; TAR Campania, Sa, Sez. I, 26.1.11, n. 86).
Nel caso di specie, dal verbale di ricezione denuncia querela orale del 2 novembre 2005, si rilevava che dalla dichiarazione del denunciante, il ricorrente ed il di lui figlio si avvicinavano allo zio del denunciante brandendo entrambi un bastone e la circostanza di essere armato di un bastone era comunque riportata nella sentenza di non doversi procedere per remissione di querela per reato ex art. 110 e 612 c.p.
Poiché si ricorda che il potere del Prefetto di vietare il rilascio del titolo di polizia o di disporne la revoca si basa su apprezzamenti ampiamente discrezionali delle situazioni di fatto esistenti, soggetti al sindacato di legittimità per i soli profili di illogicità ed incoerenza manifesta, di difetto dei presupposti ovvero per assoluto difetto di motivazione (TAR Campania, Sa, n. 86/11 cit.), nel caso di specie il Collegio non riscontra tali vizi nel decreto di rigetto del ricorso gerarchico impugnato, dato che condivisibilmente il Prefetto evidenzia che il giudizio di affidabilità non deve basarsi solo su condanne penali ma anche su comportamenti dell’interessato, anche relativi alla sua capacità di autocontrollo, poiché la sfera di libertà in ordine al possesso delle armi recede a fronte del bene della sicurezza collettiva, particolarmente esposto ove non vengano osservate tutte le possibili cautele, anche in relazione a un semplice quadro indiziario.
Che il ricorrente non abbia imbracciato o mostrato il fucile ma abbia solo mostrato un bastone, sia pure per difendere componenti del suo nucleo familiare, come evidenziato nella sua memoria, non appare circostanza esimente o idonea a tacciare la conclusione del Prefetto di illogicità o incoerenza manifesta, attesa la funzione meramente cautelativa e non sanzionatoria dei provvedimenti impugnati, anche in relazione alla potenzialità di un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni, pur se in relazione a situazioni legate ad affetti familiari (Cons. Stato, Sez. VI, 24.11.10, n. 8220).
Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a corrispondere al Ministero dell’Interno le spese di lite, che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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