T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. I, Sent., 16-06-2011, n. 43 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 1 luglio 2010 al Comune di Gressoney La Trinité e al controinteressato M.C. – e depositato il successivo 30 luglio – F.M.P. ha impugnato la concessione edilizia n. 2193 rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Gressoney La Trinité in data 3 maggio 2010, con la quale il Signor C.M. era stato autorizzato alla "realizzazione di un’autorimessa interrata in località Tschaval sulla particella 383 del Foglio 10 N.C.T. del suddetto Comune, nonché tutti gli atti connessi, presupposti,consequenziali ed esecutivi e segnatamente, ove occorra ed in parte qua, la deliberazione di Giunta municipale del Comune di Gressoney La Trinité n. 13 del 26 aprile 2010 (mai notificata e pubblicata all’Albo pretorio dal 27.04.2010 al 12.05.2010) con cui si "1. constata l’inefficacia, per mancata stipulazione della convenzione, del PUD approvato con la deliberazione di C.C. n. 37 del 27.10.2005… 3. si ritiene, nell’ambito delle proprie competenze… b) che in relazione alla preesistenza degli edifici A e B ed alla avvenuta ultimazione degli edifici E, D, F, il lotto C sia divenuto di completamento e che dunque l’attuazione possa essere decisa previa verifica dei presupposti di cui all’art. 59, c. 3, L.R. 11/98".

A sostegno del ricorso ha dedotto in punto di fatto:

a) di essere proprietaria delle particelle di terreno nn. 294, 327 e 423 del foglio 10, sulle quali insistono due edifici, uno ad uso residenziale (prima casa) ed un altro ad uso alberghiero, edificati in forza di concessione edilizia n. 2028 Regolamento Costruzioni (n. 748 Prot. Gen.) del 15 marzo 2006 e successive varianti;

b) che dette particelle confinano a sud ovest con la particella n. 383 del foglio 10 di proprietà di C.M., residente in Gressoney la Trinitè, sul quale insiste un fabbricato di civile abitazione;

c) che dette aree erano inserite in zona edificabile del PRGC dei Gressoney La Trinitè e più precisamente all’interno della zona omogenea o comparto edificatorio denominato "C 10 – Tschaval’ della superficie complessiva di mq. 5.237;

d) che l’art. 22 N.T.A. definisce le zone C come "residenziali", consentendo peraltro anche costruzioni per attività commerciali e per uffici, attrezzature ricettive alberghiere ed extralberghiere ed aziende di ristorazione.

e) che il PRG del Comune di Gressoney La Trinitè (variante n. 4) – approvato con deliberazione della Giunta Regionale della Valle D’Aosta n. 3812 del 27 ottobre 1997 sottopone ogni azione edificatoria alla preventiva stesura di un piano urbanistico di dettaglio (P.U.D.); in particolare la tabella urbanistica C/d, allegata alle norme tecniche di attuazione del PRG, individua la destinazione d’uso ammessa in ogni zona in cui è suddiviso il territorio comunale ed indica l’obbligo di formazione preventiva dello strumento attuativo in vista dell’edificazione, anche all’interno della zona C 10;

f) che in data 27 ottobre 2005 il Consiglio Comunale di Gressoney La Trinitè approvava il P.U.D. di iniziativa privata, giusta deliberazione n. 37, relativo alla suindicata zona C10 del PRGC di Gressoney La Trinitè, che prevedeva la realizzazione ex novo di quattro fabbricati e più precisamente del fabbricato sub C), allora di proprietà di C.M., da destinarsi a seconda casa, del fabbricato D) ed F), entrambi di proprietà della ricorrente da destinarsi, rispettivamente a prima casa ed albergo, nonché del fabbricato F), da destinarsi a seconda casa;

g) che nella suindicata zona C10 del PRGC di Gressoney La Trinitè vi erano altresì due aree già edificate e più precisamente due fabbricati denominati nel PUD rispettivamente con le lettere A e B, adibiti rispettivamente ad uso residenziale seconda casa e ad uso residenziale prima casa, siti entrambi sul terreno di proprietà di M.C.;

h) che in data 12 maggio 2010 la ricorrente veniva a conoscenza da un lato che la Giunta Municipale di Gressoney La Trinitè avevano adottato la deliberazione n. 13 del 26 aprile 2010 – non notificata e pubblicata all’Albo Pretorio dal 27 aprile al 12 maggio 2010 – con la quale, per quanto interessa " 1. constata l’inefficacia, per mancata stipulazione della convenzione, del PUD approvato con la deliberazione di C.C. n. 37 del 27.10.2005… 3. si ritiene, nell’ambito delle proprie competenze… b) che in relazione alla preesistenza degli edifici A e B ed alla avvenuta ultimazione degli edifici E, D, F, il lotto C sia divenuto di completamento e che dunque l’attuazione possa essere decisa previa verifica dei presupposti di cui all’art. 59, c. 3, L.R. 11/98" – e dall’altro che a M.C. era stata rilasciata in data 3 maggio 2010 la concessione edilizia n. 2193 per la realizzazione di un’autorimessa interrata sulla particella 383 del foglio N.C.T. del suddetto Comune, intervento questo da realizzarsi nella suddetta area C10, non prevista nel P.U.D. approvato con la citata delibera del C.C. n. 37 del 2005.

Ciò posto in punto di fatto, ha articolato le seguenti censure avverso gli atti in epigrafe, articolate in due motivi di ricorso:

1)Mancata applicazione e violazione dell’art. 7 l. 241/90 e dell’art. 12 L.R. n. 19/2007 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Il rilascio del titolo abilitativo a favore di C.M. per la realizzazione della suindicata autorimessa è avvenuto senza che a parte ricorrente, soggetto al quale poteva derivare pregiudizio da tale provvedimento, sia stata data la comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7 L. 241/90.

La ricorrente invero doveva essere destinataria di tale comunicazione. essendo proprietaria di terreno finitimo a quello su cui doveva essere realizzata la suddetta autorimessa ed essendo entrambe le proprietà – della ricorrente e di M.C. – comprese nel perimetro del medesimo P.U.D..

2) Omessa applicazione e violazione del P.U.D. approvato dal Consiglio comunale di Gressoney La Trinitè con deliberazione n. 37 del 27 ottobre 2005.

Erronea applicazione e violazione delle prescrizioni del P.R.G. e delle N.T.A. relative alla zona C 10 del P.R.G. nonché delle norme e dei principi in tema di pianificazione esecutiva e di rilascio permessi di costruire. Erronea applicazione e violazione di legge (art. 59, comma 3, legge regionale n. 11/1998) e dei prescrizioni di P.R.G.(art. 4 e 4 bis p.r.g. di Gressoney La Trinitè) in ordine tanto ai presupposti per il rilascio di concessioni edilizie singole, quanto in ordine alle valutazioni in merito al grado di sufficiente urbanizzazione della zona C10 del P.R.G. nonché comunque difetto di competenza. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, omessa considerazione di elementi decisivi e carenza di istruttoria

Nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico generale preveda, come nell’ipotesi di specie, che la sua attuazione debba avere luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento urbanistico esecutivo sia stato adottato e sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento.

Nell’ipotesi di specie l’edificazione in zona C 10 era consentita solo previa approvazione del P.U.D., come poi avvenuto con la deliberazione del consiglio comunale n. 37 del 2005.

Nel P.U.D. oggetto di approvazione non era prevista l’edificazione di alcuna autorimessa nel lotto n. 383 del fg. 10, già edificato con fabbricato di civile abitazione; pertanto con il titolo concessorio oggetto di impugnativa si è consentita l’edificazione di una costruzione non contemplata dal P.U.D., in contrasto quindi con al disciplina di zona.

La stessa Direzione tutela beni Paesistici dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma della Valle D’Aosta, nel rilasciare in data 11 settembre 2007 con nota prot. 11289/PT il primo parere di competenza aveva evidenziato come l’autorimessa in questione non fosse compresa nel piano urbanistico di dettaglio ed occorresse pertanto una variante allo stesso, al fine di prevedere le opere in oggetto specificate.

Il carattere vincolante delle previsioni del piano di dettaglio è inoltre riscontrabile anche nell’ipotesi in cui le stesse siano divenute inefficaci in quanto non eseguite per decorso del tempo, determinando in modo stabile l’assetto definitivo e di dettaglio di parte del territorio interessato, su cui non possono pertanto incidere le previsioni di carattere programmatico del piano regolatore generale.

Pertanto anche le localizzazioni degli edifici, pur discendenti da un piano scaduto o in tutto o in parte inefficace continuano ad essere rilevanti per coloro che intendano pure se tardivamente chiedere un titolo abilitativo, non potendo essere consentita l’edificazione in contrasto con il piano medesimo.

Infatti, secondo la giurisprudenza anche recente, l’efficacia delle prescrizioni dei piani attuativi si mantiene per dieci anni, ad eccezione degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso, destinati ad essere applicati a tempo indeterminato, anche in presenza di uno strumento urbanistico generale.

Da ciò l’illegittimità della concessione edilizia oggetto di impugnativa in quanto il Comune ha disatteso il P.U.D. approvato e tuttora vigente, senza considerare che lo stesso rispondeva all’esigenza di raccordare la zona C10 con il preesistente aggregato abitativo e si proponeva, in secondo luogo, di completare il sistema di viabilità secondaria nella zona da raccordarsi con le singole costruzioni e con la strada comunale esistente ed infine che era diretto ad assicurare nell’edificazione della zona il rispetto dei canoni architettonici locali e degli standard minimi per spazi e servizi (ivi compresi gli allineamenti degli edifici), tenendo altresì conto dell’elevato indice di fabbricabilità della zona.

La deliberazione della Giunta Municipale n. 13 del 2010, impropriamente richiamata nella motivazione della concessione edilizia rilasciata a C.M., del pari oggetto di impugnativa, non ha infatti comportato l’annullamento del P.U.D. – né avrebbe potuto per difetto di competenza – ma si è limitata a constatare l’inefficacia del P.U.D. per mancata stipula della convenzione del P.U.D. medesimo.

Detto rilievo deve invero intendersi del tutto ininfluente in quanto per la giurisprudenza le norme puntuali dello strumento esecutivo sono vincolanti ancorchè se ne invochi l’inefficacia.

In tale deliberazione poi non si assume alcuna determinazione rispetto al lotto B oggetto della concessione edilizia, ma si limita a constatare che il lotto C (e non il lotto B) è divenuto di completamento, per cui l’attuazione può essere decisa previa verifica dei presupposti di cui all’art. 59, c. 3, L.R. 11/98.

Pertanto il provvedimento di rilascio del permesso di costruire, nel motivare il rilascio medesimo con il richiamo alla citata delibera n. 13 del 2010, ne ha travisato il contenuto.

Né assume rilievo il richiamo contenuto nella citata deliberazione n. 13 del 2010 alla sufficiente urbanizzazione della zona, atteso che per la giurisprudenza, in presenza di una normativa urbanistica generale che prevede per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr Consiglio Stato, sez. IV. 13 novembre 2008, n. 5741).

Inoltre, seppure si volesse ritenere la sussistenza nella zona delle opere di urbanizzazione primaria, alcuna indagine è stata compiuta dalla Giunta Municipale in ordine alla sussistenza delle opere di urbanizzazione secondaria.

La necessità della presenza dello strumento attuativo sussiste anche in presenza di zone parzialmente urbanizzate e, ciò non solo se dette zone sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nei quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto, ma altresì quando vi è l’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione.

Ne consegue che la concessione oggetto di impugnativa, non meno della deliberazione n. 13 del 2010, è viziata e va annullata, sotto il profilo della carenza di concreta valutazione in ordine al sufficiente grado di urbanizzazione della zona omogenea C10 ove è in fase di realizzazione l’autorimessa interrata di proprietà di M.C., oltreché sotto il profilo del difetto di competenza del Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale ad esprimere una tale valutazione all’esito di un giudizio autonomo ed indipendente, ovvero sulla base di un precedente giudizio, peraltro non chiaro e comunque riferito al solo lotto C e non al lotto B – sul quale dovrebbe sorgere l’autorimessa per cui è causa – espresso dalla Giunta Comunale, organo incompetente; infatti ogni valutazione al riguardo è comunque riservata per legge, oltre che in forza del P.R.G. del Comune di Gressoney La Trinitè (art. 5 bis, comma 5) in via esclusiva al Consiglio Comunale che per contro non si è mai pronunciato sull’aspetto specifico.

Nelle zone, com’è il caso del comparto C10, per le quali il P.R.G. prevede che l’edificazione è soggetta all’approvazione di un piano di tipo attuativo, si può prescindere da quest’ultimo solo nell’ipotesi in cui si sia in presenza di un lotto intercluso, mentre nell’ipotesi di specie il lotto B, sul quale deve sorgere l’autorimessa oggetto concessione edilizia non è intercluso, né la P.A. resistente si è fatta carico di accertare lo stato di interclusione del lotto medesimo; del pari assente, come detto, è la valutazione dello stato di urbanizzazione della zona.

Nell’ipotesi di specie vi è stata infine una palese violazione dell’art. 59 comma 3 della L.R. Valle D’Aosta n. 11/98, secondo il quale "Le trasformazioni urbanistiche o edilizie sono consentite in presenza delle opere di urbanizzazione occorrenti, o dell’impegno a realizzarle, o della previsione della loro prossima realizzazione risultante dagli atti di programmazione comunale".

Detta previsione conferma i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza in relazione alla necessità della previa adozione ed approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo, non solo in caso di espressa previsione legislativa o regolamentare o da parte dello strumento urbanistico di livello generale, con specifico riferimento ad alcuni terreni, ma, in conformità al principio dell’obbligatorietà dell’urbanizzazione preventiva, fissato dall’art. 12 D.P.R. 380/2001, anche quando la parte del territorio comunale interessata non risulta dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per cui risulta necessario procedere ad un armonico raccordo col preesistete aggregato abitativo e ad un corretto insediamento sul territorio di nuovi edifici; in tal ottica non è comunque sufficiente qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione, essendo invece doverosa la pianificazione dell’urbanizzazione fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse ed urbanizzate.

Da ciò la censurabilità dell’operato della P.A. resistente che nell’ipotesi di specie non si è uniformata né al dettato normativo di cui all’art. 59 comma 3 della citata L.R. n. 11/98, né all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la deroga all’obbligo dello strumento attuativo nella zone, anche ove adeguatamente urbanizzate (il che non è nell’ipotesi di specie), ha il suo necessario presupposto in uno stato di fatto che da quello strumento consenta di prescindere, in quanto esso risulti non più necessario, essendo stato raggiunto il risultato (l’adeguata dotazione in infrastrutture, primarie e secondarie) cui è finalizzato, giudizio questo da compiersi in riferimento a tutto il perimetro del comprensorio che dagli strumenti attuativi deve essere pianificato.

Detta valutazione è stata del tutto omessa nell’ipotesi di specie.

In data 17 settembre 2010 si è costituita l’Amministrazione Comunale resistente, instando per il rigetto del ricorso siccome infondato. In particolare il Comune ha dedotto, quanto al primo motivo, che parte ricorrente non poteva essere considerata quale soggetto destinatario della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. 241/90, in relazione al rilascio di concessione edilizia al proprietario di un fondo finitimo. In relazione al secondo motivo di ricorso ha dedotto che il P.U.D., oltre ad essere stato proposto da soggetto non legittimato (questione questa sulla quale si doveva ancora pronunciare il Consiglio Comunale) era da considerarsi inefficace, non essendo stata mai sottoscritta la convenzione allegata al P.U.D. medesimo. Inoltre il P.U.D., al pari del piano di lottizzazione, non ha il compito di prevedere l’esatta conformazione o ubicazione degli edifici.

A maggiore ragione il P.U.D. non doveva necessariamente prevedere l’autorimessa in questione, in quanto al servizio di un edificio già esistente prima dell’approvazione del P.U.D. medesimo. Ciò anche in considerazione del rilievo che trattasi di un’autorimessa pertinenziale interrata, realizzabile, in forza del disposto dell’art. 9 della l. 122/89, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi.

In data 21 settembre 2010 si è costituito il controinteressato C.M., in cui favore era stata rilasciata la concessione edilizia oggetto di impugnativa, il quale in via preliminare ha dedotto la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di Cammalleri Fabrizio, in qualità di acquirente della porzione immobiliare cui inerisce la concessione edilizia oggetto di impugnativa.

Con ordinanza n. 28 del 2010, adottata in esito alla camera di consiglio del 22 settembre 2010, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Collegio ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Cammalleri Fabrizio, in considerazione del rilievo che l’immobile interessato dalla concessione edilizia impugnata era stato da lui acquistato in data antecedente alla notifica del ricorso, ovvero in data 23 giungo 2010, rinviando alla camera di consiglio del 17 novembre 2010.

In data 13 novembre 2010 C.M. ha depositato memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso siccome infondato; in particolare ha dedotto che oggetto della concessione edilizia de qua era un parcheggio pertinenziale interrato a servizio di un immobile già esistente, per cui non era necessario alcuno strumento attuativo in presenza di idonee opere di urbanizzazione.

Effettuata l’integrazione del contraddittorio, come risultante dall’atto depositato in data 12 ottobre 2010, si è costituito Cammalleri Fabrizio, deducendo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a ricorrere, venendo nella specie in rilievo un box completamente interrato, inidoneo a recare qualsiasi pregiudizio a parte ricorrente.

Nel merito ha insistito per il rigetto del ricorso siccome infondato. Segnatamente ha dedotto che alcun rilievo può avere la giurisprudenza richiamata da parte ricorrente relativa al valore vincolante dei piani attuativi scaduti, venendo per contro in considerazione nell’ipotesi di specie un P.U.D. mai venuto a giuridica esistenza. Ha altresì" dedotto che l’autorimessa di cui è causa, in quanto da realizzarsi nel sottosuolo dell’area pertinenziale interna al cortile di proprietà esclusiva, era realizzabile, ex art. 9 l. 122/89, senza la necessità di alcuna previsione di piano attuativo.

Nella camera di consiglio del 17 novembre 2010, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, si è disposto il rinvio della discussione del ricorso per il merito all’udienza del 16 febbraio 2011.

Cammalleri Fabrizio e parte ricorrente hanno depositato memoria difensiva ex art. 73 c.p.a. rispettivamente in data 14 gennaio e 15 gennaio 2011, mentre C.M. ha depositato memoria di replica in data 26 gennaio 2011.

In particolare Cammalleri Fabrizio ha dedotto che alcun rilievo poteva avere rispetto all’ipotesi di specie la valutazione della sussistenze delle opere di urbanizzazione secondaria, venendo in considerazione la realizzazione di un’autorimessa pertinenziale di un edificio già da tempo esistente, mentre per contro dovevano considerarsi esistenti tutte le opere di urbanizzazione primaria; da ciò la non necessità dello strumento pianificatorio di dettaglio per la realizzazione dell’autorimessa de qua.

Parte ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi di doglianza posti a base del ricorso, deducendo altresì che alcun rilievo poteva avere rispetto all’ipotesi di specie il richiamo, operato dalla difesa del Comune e dei controinteressati, alla disciplina di cui all’art. 9 l. 122/1989, trattandosi di normativa in alcun modo richiamata nel gravato provvedimento e comunque non applicabile nell’ipotesi di specie in quanto l’autorimessa de qua è stata solo in parte realizzata al di sotto del piano di campagna. Trattandosi di autorimessa da realizzare in area esterna al perimetro del fabbricato esistente, non poteva trovare applicazione il disposto dell’art. 9 della l. 122/1989 che presuppone che l’autorimessa sia interamente realizzata al di sotto del piano di campagna.

Ha altresì controdedotto in merito all’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse a ricorrere avanzata da Cammalleri Fabrizio.

C.M. in particolare ha controdedotto alle argomentazioni di parte ricorrente in ordine alla non applicabilità rispetto all’ipotesi di specie dell’art. 9 l. 122/1989, affermando che l’autorimessa di cui è causa deve intendersi come completamente interrata, dovendo tenersi conto dello stato dei luoghi (la zona è in pendenza per cui risulta necessario lo sbancamento per la realizzazione dell’opera medesima) e dipendendo l’attuale stato dei luoghi dall’ordinanza adottata dal Comune, con la quale, sulla base dell’asserito contrasto rispetto al titolo edilizio rilasciato, si è disposta la sospensione dei lavori.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 16 febbraio 2011.
Motivi della decisione

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse a ricorrere avanzata dal controinteressato Cammalleri Fabrizio.

La stessa è infondata e va pertanto disattesa.

1.1 E" infatti incontestato che parte ricorrente sia proprietaria di un terreno vicino, sebbene non confinante, a quello cui inerisce il titolo edilizio oggetto di impugnativa e che entrambi i lotti di terreno siano inseriti nel medesimo comparto edificatorio C10.

1.2 Ciò posto, non può che farsi applicazione del prevalente orientamento giurisprudenziale in forza del quale "la legittimazione a impugnare una concessione edilizia deve essere riconosciuta al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione, o comunque a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, la quale non postula necessariamente l’adiacenza fra gli immobili, essendo sufficiente la semplice prossimità, senza che sia necessario dimostrare ulteriormente la sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale" (da ultimo Consiglio Stato, sez. IV, 16 marzo 2010, n. 1535; Consiglio Stato, sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3744; in senso analogo Consiglio Stato, sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2908 secondo cui "Il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l’annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. vicinitas, cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione atteso che l’esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare"; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 09 aprile 2010, n. 1885 secondo cui "l’articolo 31 comma 9 legge 1150/42, modificato dalla legge 765/67, che consente a "chiunque" di impugnare le concessioni edilizie ritenute illegittime, va interpretato nel senso che, ai fini della legittimazione al ricorso, occorre una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dall’attività edilizia, collegamento che ben può derivare dalla proprietà di un immobile nella medesima, poiché il diritto reale differenzia e qualifica adeguatamente la posizione soggettiva della parte".

2. Venendo all’esame del merito del ricorso il Collegio non può che rilevare, alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale relativo a tale profilo, la totale infondatezza del primo motivo di ricorso, basato sull’asserita violazione dell’art. 7 l. 241/90 per la mancata comunicazione di avvio del procedimento – teso al rilascio della concessione edilizia oggetto di gravame – a parte ricorrente, da intendersi quale soggetto potenzialmente leso dal rilascio del provvedimento medesimo e legittimato pertanto ad intervenire nel corso del procedimento.

2.1 Ed invero "il vicino controinteressato non è un soggetto contemplato tra quelli a cui va inviata la comunicazione di avvio del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio, ai sensi dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, pur se lo stesso già risulti essersi opposto in precedenti occasioni all’attività edilizia dell’altro soggetto confinante (da ultimo T.A.R. Liguria, sez. I, 10 luglio 2009, n. 1736; in senso analogo T. R. G. A. Trento, 14 ottobre 2010, n. 194).

Non vi è infatti identità tra le posizioni di coloro che siano legittimati ad impugnare il provvedimento finale di concessione e coloro che possono intervenire o hanno titolo a ricevere l’avviso di avvio del procedimento; infatti ove sia stata proposta una domanda di concessione edilizia il vicino del richiedente o il soggetto legittimato possono intervenire nel procedimento ed impugnare il provvedimento che accoglie l’istanza, ma non hanno titolo a ricevere l’avviso di avvio predetto (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 marzo 2002, n. 1533; ".; Tar Liguria, sez. I, 5 luglio 2010 n. 5570; in senso analogo Consiglio di Stato, sez. VI 10 febbraio 2006, n. 547, secondo cui "L’aver partecipato al procedimento di formazione di uno strumento urbanistico non rende automaticamente il soggetto medesimo controinteressato al quale effettuare le comunicazioni ex art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, relativamente ai procedimenti relativi all’emanazione dei permessi di costituire o dei richiesti nulla osta").

3. Nell’analizzare il secondo motivo di ricorso, va prioritariamente esaminata, in quanto di carattere paralizzante rispetto alla prospettata censura, la deduzione, contenuta negli scritti difensivi del Comune resistente e dei controinteressati, circa l’applicabilità del disposto di cui art. 9 l. 122/1989.

3.1 La deduzione è infondata, a prescindere da ogni considerazione circa la non menzione della normativa de qua e nella concessione edilizia oggetto di gravame e circa l’inammissibilità della motivazione postuma (tra l’altro operata con scritti difensivi), sulla base dell’assorbente rilievo che l’autorimessa di cui al progetto assentito, da realizzarsi al di fuori dell’immobile principale, non è completamente interrata, risultando a vista la parte sulla strada privata di accesso, con rampa di accesso all’autorimessa in lieve pendenza e con la realizzazione all’esterno di un muro di sostegno (cfr relazione tecnica illustrativa allegata al progetto).

3.2 Inoltre non risulta dagli atti di causa che l’Amministrazione abbia effettuato nel corso del procedimento alcuna indagine circa l’applicabilità all’ipotesi di specie della citata normativa di carattere derogatorio rispetto agli strumenti urbanistici; indagine questa che pertanto non potrebbe essere condotta in questa sede, bypassando il necessario iter procedimentale.

3.3 Pertanto, alla stregua di quanto già rappresentato in progetto, e sulla base del rilievo che alcuna indagine risulta essere stata condotta dall’Amministrazione in fase di rilascio della concessione circa l’applicabilità nell’ipotesi di specie dell’art. 9 l. 122/1989, la deduzione circa la sua applicabilità non può trovare alcun ingresso in questa sede.

3.4 Ed invero come è noto, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Consiglio di Stato, IV, 11 novembre 2006, n. 6065; V, 29 marzo 2004, n. 1662).

Stabilisce, infatti, l’art. 9 della legge 24.3.1989, n. 122 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti".

La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.

In base alla norma ora riportata, i predetti parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale esterna (V, n. 1662/04 citata).

Le autorimesse realizzate anche parzialmente all’esterno del fabbricato, pertanto, non rientrando nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, in base alla quale, se si tratta di costruzioni nel sottosuolo, è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), sono soggette alla disciplina urbanistica generale come ordinarie nuove costruzioni (cfr. in argomento Consiglio di Stato., IV, 26 settembre 2008 n. 4645; Consiglio di Stato, sez. IV, 23 febbraio 2009, n. 1070; in senso analogo Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6065; Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8260; da ultimo Tar Abruzzo – l’Aquila, sez. I – sentenza 19 aprile 2011 n. 208 secondo cui 1 "l”art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122, che consente ai proprietari di immobili la realizzazione nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è applicabile solo nel caso di realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti ove sia effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale ("sottosuolo"), rientrando le autorimesse, edificate anche parzialmente fuori terra, nella disciplina urbanistica ordinaria").

3.5 L’art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122, non è applicabile inoltre nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di "sistemazione del soprassuolo"- come risulta nell’ipotesi di specie secondo quanto dedotto dallo stesso controinteressato C.M. in ordine alla necessità di opere di sbancamento e in ordine alla pendenza del terreno de quo – per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l’originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee" (Tar Abruzzo – l’Aquila, sez. I – sentenza 19 aprile 2011 n. 208, cit.; in senso analogo Cons. di Stato, sez. IV, n. 2579/2009).

4. Ciò posto, il secondo motivo di ricorso si rileva comunque infondato.

4.1 Ed invero parte ricorrente deduce l’illegittimità della concessione edilizia:

a)sulla base del valore vincolante delle disposizioni del P.U.D. approvato, il quale non contemplava l’autorimessa di cui è causa, carattere vincolante da assegnarsi alle disposizioni del piano di dettaglio ancorchè divenuto inefficace;

b)sulla base del rilievo che l’edificazione nella zona de qua, a norma del P.R.G., sarebbe subordinata all’approvazione del P.U.D.;

c)sulla base della considerazione che, stante la necessità del P.U.D., alcun rilievo poteva assegnarsi all’urbanizzazione della zona de qua, peraltro non oggetto di compiuto vaglio ad opera dell’Amministrazione comunale (vaglio questo da compiersi anche avendo riguardo alle opere di urbanizzazione secondaria); ciò anche in considerazione del rilievo che secondo la giurisprudenza, laddove le prescrizioni di P.R.G. prevedano la necessità ai fini dell’edificazione, dell’adozione di un piano attuativo, può prescindersi dall’adozione del paino medesimo, assegnando rilievo all’intervenuta urbanizzazione della zona, solo nell’ipotesi in cui vi sia un lotto intercluso, laddove nell’ipotesi di specie l’Amministrazione non ha condotto alcuna disamina sullo stato di interclusione del lotto. In ogni caso il lotto di cui è causa non potrebbe considerarsi intercluso, dovendo essere ancora edificato il lotto "C"; peraltro alcun rilievo assume il richiamo, contenuto nel gravato provvedimento, alle motivazioni della delibera n. 13 del 2010, relativamente alla natura di completamento del lotto "C", in quanto la concessione edilizia di cui è causa inerisce al lotto "B" e non al lotto "C";

d)in ogni caso le valutazioni circa lo stato di urbanizzazione non potevano essere compiute dal dirigente del settore urbanistico, che ha provveduto al rilascio del titolo de quo, essendo rimesse al Consiglio Comunale, chiamato ad approvare il P.U.D..

Queste in sintesi i punti di doglianza di cui al secondo motivo di ricorso.

4.2 Quanto al primo punto, relativo al valore vincolante delle previsioni del P.U.D. – nel cui contesto non era inserita l’autorimessa di cui è causa – è sufficiente rilevare che del tutto corretto è stato l’operato della P.A. resistente che ha considerato tamquam non esset il P.U.D. approvato con la deliberazione del C.C. n. 37 del 2005, in considerazione del rilievo che lo schema di convenzione non era mai stata sottoscritto, impedendo al P.U.D. di acquistare efficacia.

Ed invero ai sensi del comma 2 dell’art. 49 della legge regionale 11/1998 il P.U.D. di iniziativa privata è costituito dai seguenti elaborati:

"a) relazione illustrativa concernente:

1) la descrizione dei luoghi, con rappresentazione, tenuto conto delle determinazioni del PRG, dei valori culturali che caratterizzano gli immobili considerati e con elencazione degli eventuali vincoli, anche in ordine alla tutela delle bellezze naturali e delle cose di interesse artistico e storico, che gravano su tutti o parte degli immobili considerati;

2) la descrizione del tipo e della dimensione degli interventi, ivi comprese le opere infrastrutturali, con indicazione dei presumibili tempi di realizzazione, e gli interventi ritenuti prioritari;

3) la verifica delle determinazioni del PUD che risultano conformi con il PRG e l’illustrazione di quelle eventuali che costituiscono varianti al PRG medesimo;

4) la stima degli investimenti occorrenti, evidenziando quelli relativi alle opere infrastrutturali;

5) il computo di massima dei contributi da versare al Comune, in relazione alla dimensione e al tipo degli interventi, tenuto conto delle opere infrastrutturali che i proponenti sono disposti a realizzare in proprio;

b) elenchi catastali degli immobili compresi nel PUD e atti comprovanti la disponibilità degli immobili stessi;

c) elaborati grafici in numero e scala adeguati, contenenti indicazioni di dettaglio in ordine:

1) alla rappresentazione delle determinazioni che risultano conformi con il PRG e di quelle eventuali che costituiscono proposte di variante al PRG medesimo; tali rappresentazioni devono essere effettuate utilizzando le basi cartografiche, le simbologie e le scale che sono proprie degli strumenti di riferimento anzidetti;

2) alle infrastrutture puntuali e a rete, sia di nuova concezione, sia di potenziamento e modificazione di quelle esistenti;

3) alla configurazione spaziale degli insediamenti;

4) alla destinazione d’uso dei vari edifici e degli spazi liberi;

5) alla simulazione fotografica dell’intervento;

d) bozza di convenzione volta a regolare i rapporti fra i proponenti medesimi, e i loro successori o aventi causa, e il Comune in ordine all’attuazione del PUD ed in particolare alla realizzazione di opere infrastrutturali e al conseguente scomputo parziale o totale della quota di contributo, afferente alla concessione, relativa agli oneri di urbanizzazione".

Alla stregua di tale disposto normativo deve ritenersi che, affinchè il P.U.D. possa acquistare efficacia, è necessario che la bozza di convenzione, ancorchè approvata dal Consiglio Comunale, assuma valore vincolante, venendo sottoscritta dalla parti, ovvero i proponenti da un lato e il Comune dall’altro, posto che la stessa è volta a regolare i rapporti fra le parti e in particolare la realizzazione delle opere infrastrutturali anche ai fini del conseguente scomputo totale o parziale dalla quota di contributo.

La convenzione fra il Comune e i proponenti il P.U.D. costituisce quindi atto collegato da un punto di vista genetico al P.U.D., alla stregua del disposto di cui all’art. 49 della l.r. 11/1998, al P.U.D. per cui si deve ritenere che i due atti "simul stabent, simul cadunt"; ne consegue che in mancanza della stipula della convenzione alcun rilievo giuridico poteva assumere il P.U.D., venendo a mancare la disciplina volta a regolare i rapporti fra i proponenti il P.U.D. ed il Comune.

Né si attaglia rispetto all’ipotesi di specie la giurisprudenza richiamata da parte ricorrente in ordine al valore vincolante delle previsioni dei piani urbanistici di dettaglio, ancorchè divenuti inefficaci per decorso del termine decennale per la loro attuazione, vertendosi nell’ipotesi di specie non su un’ipotesi di inefficacia sopravvenuta delle previsioni di piano per decorso del tempo, ma di inefficacia ab origine dello strumento attuativo per mancato perfezionamento del collegato atto negoziale.

4.3 Poste queste necessarie premesse in ordine all’irrilevanza, rispetto all’ipotesi di specie, del P.U.D. per mancata stipula della convenzione con conseguente inefficacia ab origine dello stesso, fattispecie questa che non necessitava di alcun atto di annullamento ad opera del Consiglio Comunale – al contrario di quella del pari presa in esame dalla delibera della Giunta Comunale n. 13 del 2010 ai fini della relativa proposta di annullamento al Consiglio Comunale relativa al difetto di legittimazione del proponente il P.U.D., in quanto non munito di valida procura da parte dei proprietari – occorre passare alla disamina dell’ulteriore profilo posto a base della prospettazione di parte ricorrente, ovvero quello relativo all’impossibilità di edificazione in mancanza di piano attuativo, alla stregua delle previsioni delle norme tecniche di attuazione del P.R.G.

4.4 Al riguardo il Collegio evidenzia che dalle norme di P.R.G. invocate da parte ricorrente e prodotte in allegato al ricorso non risulta la necessarietà del P.U.D. ai fini dell’edificazione della zona de qua.

L’art. 4 si limita infatti a precisare che "1. la pianificazione esecutiva si realizza mediante piani urbanistici di dettaglio (P.U.D.) di cui agli artt. 3 e 4 della L.R. 2 marzo 1979, n. 11. 2. In mancanza di P.U.D. le presenti norme si applicano alla costruzione singola sull’area di proprietà, nella misura in cui detta costruzione sia ammessa.

L’art. 4 bis a sua volta prescrive, al comma primo, che "il rilascio delle concessioni edilizie è condizionato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui al successivo art. 34" mentre al secondo comma detta le regole ai fini della valutazione della sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; peraltro tale comma deve leggersi in combinato disposto con il quarto comma laddove prescrive che "la condizione di equilibrio s’intende raggiunta e si realizza così il presupposto per il rilascio delle concessioni edilizie quando si sia verificata la condizione di compatibilità fra dotazione si servizi e popolazione insediabile". Ed invero dall’analisi di tale disposto si evince che la verifica in ordine alla sussistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria si rileva essenziale laddove il rilascio della concessione edilizia comporti potenzialmente l’aumento della densità abitativa; per contro dovrebbe prescindersi da tale valutazione ed in particolare da quella relativa alle opere di urbanizzazione secondaria, allorquando vertendosi, come nella specie, su manufatti pertinenziali ad un’abitazione principale, non comportanti aumento di superficie residenziale – ovvero sulla realizzazione di un garage di pertinenza dell’abitazione già esistente – al rilascio della concessione non consegua, neanche potenzialmente, l’aumento della densità abitativa.

Né l’obbligatorietà dello strumento di dettaglio si ricava dalla previsione dell’art. 22 delle n.t.a. relativo alla disciplina delle zone residenziali C, nel quale è contenuta la disciplina sulla destinazione della zona (edilizia residenziale e attività ad essa connesse, costruzioni per attività commerciali ed uffici, attrezzature ricettive alberghiere ex extralberghiere ed aziende per la ristorazione), sulle altezze massime degli edifici e sulla distanza minima fra fabbricati. Al comma settimo è anzi prescritto che "sono ammesse distanze inferiori a quelle suindicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici di dettaglio" (dal che potrebbe semmai evincersi la non necessità del P.U.D. che, ove adottato, consente invece la deroga alle norme sulla distanza minima fra fabbricati contenuta nel medesimo art. 22).

Il comma nove del citato art. 22 prescrive infine che "le principali norme per l’edificazione sono sintetizzate nelle tabelle di zona".

La tabella di zona relativa alla zona de qua, del pari allegata da parte ricorrente, prevede la superficie indicativa, il volume indicativo, l’indice totale di fabbricazione, la quota a destinazione alberghiera e il volume indicativo alberghiero, parametri questi da osservare nella redazione del P.U.D.; peraltro in mancanza di P.U.D. non può ritenersi che sia impedito il rilascio della concessione edilizia per un singolo manufatto ove la zona sia pressoché completamente urbanizzata e non risultino superati gli indici di fabbricabilità indicati nella tabella di zona; ciò in particolare ove, come nella specie, si verta su un manufatto non implicante aumento di superficie residenziale e posto al servizio del manufatto principale ad uso abitativo.

Alla stregua di tale disamina si evince l’infondatezza delle deduzioni di parte ricorrente in ordine alla violazione delle norme di P.R.G. circa la necessità, ai fini dell’edificazioni nella zona de qua, del P.U.D..

Dalla medesima normativa si evince (art. 4 comma 1 del P.R.G.) semmai la necessità, in assenza di P.U.D., del rispetto della disciplina relativa alle singole zone contenute nelle norme tecniche di attuazione – nell’ipotesi di specie l’art. 22 e la tabella relativa agli indici di fabbricabilità per la zona C 10 – nonché la necessità, ai fini del rilascio della concessione, della previa valutazione dell’esistenza di adeguate opere di urbanizzazione primaria e secondaria, valutazione questa da rapportarsi necessariamente, come detto, al tipo di costruzione oggetto di concessione edilizia e all’incidenza o meno della stessa sull’aumento della densità abitativa, come è dato evincere dal disposto del richiamato art. 4 bis comma 4.

4.5 Tale valutazione, in assenza di P.U.D., non può che essere compiuta caso per caso dal dirigente preposto al rilascio delle concessioni edilizie, con la conseguente insussistenza sotto questo profilo dell’invasione della sfera di competenza del Consiglio Comunale, quale organo deputato ad approvare il P.U.D., ovvero uno strumento volto a regolare l’edificazione di una singola zona, vertendosi nell’ipotesi di specie per contro sulla valutazione della sussistenza delle condizioni per il rilascio della singola concessione edilizia in assenza di P.U.D., ex art. 4 comma 2 ed ex art. 4 bis delle n.t.a.. del P.R.G..

A tale stregua del tutto corretto appare l’operato del Comune che, in assenza del P.U.D., in quanto ritenuto inefficace, ha provveduto al rilascio della concessione edilizia sulla base della disamina della compiuta urbanizzazione della zona, ai sensi dell’art. 59 comma 3 della l.r. 11/1998, per essere i lotti A e B già da tempo esistenti, per essere stati realizzati, in seguito all’adozione del P.U.D., gli edifici E, D.F, e per essere pertanto il lotto "C", unico lotto in inedificato, di completamento.

4.6 Del pari infondata è la deduzione di parte ricorrente in ordine alla mancata valutazione ad opera del Comune dello stato di urbanizzazione della zona.

Ed invero la motivazione del gravato provvedimento si completa con la motivazione della deliberazione della G.C. n. 13 del 2010, richiamata nel gravato provvedimento e costituente pertanto motivazione per relationem.

Nella richiamata deliberazione si evidenzia che l’area C 10 era già dotata delle infrastrutture primarie, tanto che lo schema di convenzione prevedeva opere in realtà qualificabili come allacciamenti al servizio degli edifici; che la bozza di convezione prevedeva anche la pavimentazione con manto bituminoso e canaline della strada privata a senza la cessione del sedime al Comune, nonché la realizzazione di un parcheggio da destinarsi ad uso privato fra tutti i proponenti il P.U.D. e dunque non pubblico; da ciò si evince, secondo la Giunta, che non si tratta di urbanizzazione in senso proprio ma di spazio a favore dei proprietari degli immobili; pertanto ai fini dell’edificazione del lotto "C" unico lotto inedificato, era sufficiente la verifica dei presupposti richiesti dall’art. 59 l.r. 11/98.

Detto riferimento in ordine alla pressoché intervenuta urbanizzazione della zona deve invero ritenersi sufficiente rispetto all’ipotesi di specie, venendo come detto in rilievo la costruzione di un’autorimessa da destinare a servizio di un edificio già da tempo esistente e quindi un manufatto non destinato ad incidere sulla densità abitativa della zona.

Né alcun rilievo assume pertanto, alla stregua di tale precisazione, la deduzione di parte ricorrente circa l’irrilevanza rispetto all’ipotesi di specie della natura di completamento del lotto "C", venendo nella specie per contro in rilievo il lotto "B", in quanto se il Comune ha considerato edificabile, alla stregua delle previsioni dell’art. 59 della L.T. n. 11 del 1998 il lotto "C" inedificato, in quanto lotto di completamento, a maggiore ragione doveva consentirsi l’edificazione di un manufatto meramente pertinenziale al manufatto principale già da tempo esistente, ovvero l’autorimessa di cui è causa.

4.7 Già alla stregua di tali assorbenti rilievi il secondo motivo di ricorso va disatteso.

4.8 Peraltro anche a volere aderire alla prospettazione di parte ricorrente circa la necessarietà del P.U.D. ai fini dell’edificazione della zona de qua, il motivo si rileva comunque infondato.

Osserva il Collegio che sulla questione di diritto sottesa a tale prospettazione si è formato un orientamento giurisprudenziale (richiamato ex mulitiis in T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 01 marzo 2006, n. 2498; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, sentenza n. 7706/07) che si è andato consolidando nel corso degli anni, attraverso l’individuazione di distinte soluzioni interpretative in rapporto alle diverse situazioni concrete di volta in volta emergenti.

Così, nel caso in cui si tratti di asservire per la prima volta all’edificazione, mediante la costruzione di uno o più fabbricati, aree non ancora urbanizzate – che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria – si è costantemente richiesta la necessità del piano esecutivo (piano di lottizzazione o piano particolareggiato) quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia (cfr., C.d.S., Ad. Plen., 20.5.1980 n. 18 e 6.12.1992 n. 12; V Sezione, 13.11.1990 n. 776; 6.4.1991 n. 446 e 7.1.1999 n. 1; T.A.R. Campania, IV Sezione, 2.3.2000 n. 596).

È evidente che in tale prima fattispecie, nella quale l’integrità d’origine del territorio non è sostanzialmente vulnerata, deve essere rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell’approvazione del piano regolatore generale e della realizzazione dello strumento urbanistico d’attuazione, che garantisce una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico.

Per contro, nel caso inverso di lotto intercluso o in altri analoghi casi nei quali la zona risulti totalmente urbanizzata, attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività – quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, etc. – lo strumento urbanistico esecutivo non può più ritenersi necessario e non può, pertanto, essere consentito all’Ente locale di trincerarsi dietro l’opposizione di un rifiuto, basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio (cfr., per tutte, T.A.R. Campania, IV Sezione, 6.6.2000 n. 1819).

Oscillazioni possono cogliersi nella giurisprudenza nelle situazioni intermedie, nelle quali il territorio risulti già, più o meno intensamente, urbanizzato.

In tali casi si è infatti ritenuto che la reiezione possa giustificarsi soltanto nel caso in cui l’Amministrazione abbia adeguatamente valutato lo stato di urbanizzazione già presente nella zona e abbia congruamente evidenziato le concrete e ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione (cfr., C.d.S., Ad. Plen., 6.10.1992 n. 12; V Sezione, 3.10.1997 n. 1097, 25.10.1997 n. 1189 e 18.8.1998 n. 1273; T.A.R. Lazio, II Sezione, 29.9.2000 n. 7649; T.A.R. Campania, IV Sezione, 18.5.2000 n. 1413).

In tale prospettiva infatti l’Ente locale, essendo in possesso delle informazioni concernenti l’effettiva consistenza del reticolo connettivo del suo territorio, comprendente le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, i servizi pubblici nonché le edificazioni pubbliche e private già esistenti, è sicuramente in grado di stabilire se e in che misura un ulteriore, eventuale carico edilizio possa armonicamente inserirsi nell’assetto del territorio già realizzato o in via di realizzazione.

Naturalmente, in questo caso, al Comune è consentito, pur sempre, di rifiutare ulteriori assensi edilizi, a condizione, tuttavia, che motivi adeguatamente le ragioni del diniego, in rapporto alla situazione generale del comprensorio a quel momento esistente.

Peraltro il Collegio non ignora che detto orientamento giurisprudenziale è in parte superato, alla luce della più recente giurisprudenza, in riferimento alle nuove edificazioni, alla stregua del dettato dell’art. 9 comma 2 D.P.R.380/01, che prevede espressamente gli interventi eseguibili nelle more di approvazione del piano attuativo (in tal senso Consiglio di stato, sez. IV, 05 marzo 2008, n. 940 secondo cui "nell’attuale quadro normativo, qualora lo strumento urbanistico generale preveda che il permesso di costruire possa essere rilasciato solo dopo l’approvazione di un piano attuativo, va senz’altro respinta – con un diniego avente natura vincolata – l’istanza volta a costruire nuovi manufatti, ove non sia stato approvato il medesimo piano attuativo.

Infatti, l’art. 9, comma 2, del testo unico in materia edilizia (approvato col D.P.R. n. 380 del 2001) ha previsto che – "nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto dell’edificazione" – sono tassativamente ammessi alcuni interventi, tra cui non rientra la realizzazione di nuovi edifici.

Con tale disposizione, il legislatore delegato:

– ha enunciato il principio della indefettibilità del piano attuativo prescritto dallo strumento generale (già desumibile dalla legge urbanistica n. 1150 del 1942, come affermato dal Consiglio di Stato con le decisioni Sez. V, 23 marzo 2000, n. 1594; Sez. V, 8 luglio 1997, n. 772; Sez. V, 16 giugno 1997, n. 640; Sez. V, 30 aprile 1997, n. 412; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 451);

– ha rimarcato la rilevanza nel sistema del piano attuativo, in quanto strumento indispensabile per l’affermazione dell’ordinato assetto del territorio (Sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; Sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4812);

– ha reso irrilevante ogni indagine di fatto sulla sussistenza o meno "nei pressì o "nella zonà delle opere di urbanizzazione (anche se, in precedenza, l’amministrazione abbia violato le previsioni dello strumento generale, rilasciando permessi di costruire in assenza del prescritto piano attuativo).

Alla stregua di tale disposizione, tranne il caso del piccolo lotto intercluso, il prescritto piano attuativo non ammette equipollenti (Sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3007), nel senso che in sede amministrativa – per l’esame di una istanza di permesso – o in quella giurisdizionale non possono essere effettuate le indagini spettanti all’autorità competente ad approvare il medesimo piano (sulla base del relativo procedimento), in assenza delle quali il legislatore considera lesa l’assoluta esigenza che vi sia un razionale assetto del territorio".

Peraltro non si attaglia alla fattispecie di cui è causa la giurisprudenza da ultimo richiamata, evidenziata anche da parte ricorrente, in quanto formatasi sulla base della previsione dell’art. 9 D.P.R. 380/01.

Ad avviso del Collegio infatti detta previsione non trova applicazione nella Regione Valle D’Aosta, essendo in tale Regione a statuto speciale la materia urbanistica, in cui vi è competenza esclusiva della Regione ex art. 2 lett. g) dello Statuto, regolata dalla L.R. n. 11/1998.

In tale legge non si trova una norma analoga al citato disposto dell’art. 9 D.P.R. 380/01 e la norma di chiusura è per contro da rinvenirsi nel disposto dell’art. 59 comma 3 innanzi citato, che consente le trasformazioni urbanistiche o edilizie in presenza delle "opere di urbanizzazione occorrenti, o dell’impegno a realizzarle, o della previsione della loro prossima realizzazione risultante dagli atti di programmazione comunale".

Ed invero dal citato disposto dell’art. 59 comma 3 L.R. si può semmai evincere la necessità del piano attuativo solo allorquando manchino le opere di urbanizzazione e sia pertanto necessaria la previsione della loro prossima realizzazione risultante dagli atti di programmazione comunale e non anche allorquando, anche avendo riguardo alla tipologia di manufatto da assentire, risultino sufficienti le opere di urbanizzazioni esistenti.

In considerazione della sussistenza della norma di chiusura di cui all’art. 59 comma 3 L.R. 11/1998 non può quindi ritenersi applicabile il citato disposto dell’art. 9 D.P.R. 380/01, neanche sulla base della generica disposizione di cui all’art. 97 L.R. 11/1998 secondo cui "Solo per quanto non disciplinato dalla presente legge e da altre leggi regionali hanno applicazione le norme statali in materia edilizia e urbanistica", trattandosi di materia, rilascio delle concessione edilizie in assenza di piano attuativo, da intendersi sottoposta alla disciplina di tale norma di chiusura.

Tra l’altro, come detto, anche in ambito comunale il P.R.G. (art. 4, comma 2 e art. 4 bis) detta la disciplina da applicarsi in assenza di P.U.D., prevedendo una disciplina più puntuale del generico disposto dell’art. 59 comma 3 L.R. 11/1998.

In considerazione di tale disposto normativo e della insussistenza nella L.R.n. 11/1998 di una norma analoga a quella di cui all’art. 9 D.P.R. 380/01, ben può trovare applicazione quella giurisprudenza risalente circa la doverosità del rilascio della concessione edilizia in presenza di adeguate opere di urbanizzazione, giurisprudenza peraltro non del tutto superata nemmeno laddove trova applicazione la normativa di cui all’art. 9 del D.P.R. 380/01 (c.f.r. da ultimo T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 07 dicembre 2009, n. 8598 che opera un’equiparazione fra l’ipotesi di lotto intercluso e l’ipotesi in cui la zona risulti completamente urbanizzata, laddove prevede che "nel caso inverso di lotto intercluso o in altri analoghi casi nei quali la zona risulti totalmente urbanizzata, attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività, quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, lo strumento urbanistico esecutivo non può ritenersi più necessario e non può, pertanto, essere consentito all’Ente locale un rifiuto al rilascio del titolo abilitativo basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio").

Al riguardo, come detto, la valutazione sullo stato di urbanizzazione della zona non può che essere effettuata di volta in volta, avendo riguardo alla specifica destinazione del manufatto oggetto di concessione e quindi all’incidenza o meno dello stesso sul carico urbanistico e sulla densità della popolazione.

Anche alla stregua di tali rilievi deve pertanto ritenersi del tutto corretto l’operato del Comune.

5. In considerazione dell’infondatezza di tutti i motivi, il ricorso va rigettato.

6. Sussistono eccezionali e gravi ragioni, in considerazione dei motivi di diritto sottesi alla presente decisione, per la compensazione integrale delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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