Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-06-2011) 15-06-2011, n. 24046

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Torino con sentenza del 2 luglio 2010, in parziale riforma della decisione del Tribunale, dichiarava estinti per prescrizione una serie di reati di corruzione e di turbativa d’asta ascritti a P.C.M., funzionario della Regione Piemonte, e agli imprenditori del settore tipografico S. G. e G.G.. Confermava la condanna dello S. e del G. (in concorso con N.D. per il quale si è proceduto separatamente) per il reato di turbativa d’asta di cui al capo D14, riguardante un’aggiudicazione di forniture avvenuta con determinazione della Direzione 29 della Regione Piemonte n. 88 del 24 marzo 2003. Disponeva la sospensione condizionale della pena che aveva rideterminato a carico dei due condannati e confermava le statuizioni civili della pronunzia di primo grado.

2. Contro questa sentenza ricorre P.C.M..

Lamenta con il primo motivo che la Corte d’Appello non abbia in alcun modo preso in esame i motivi nuovi presentati il 14 giugno del 2010 nei quali si deduceva come le dichiarazioni del N. (sulle quali si basava la condanna di primo grado) erano state malamente riscontrate. E’ ciò attraverso la produzione di documenti dimostrativi della liceità dei movimenti di denaro indicati a conferma delle accuse e una richiesta di rinnovazione del dibattimento su questo punto. Si deduceva inoltre, a parte un motivo sulla prescrizione dei reati, la violazione di legge operata con la condanna dell’appellante in solido con gli imputati S. e G., i quali erano stati ritenuti responsabili per reati diversi da quello contestato al P.C.. L’omessa motivazione, rilevabile alle pagine 29, 38 e 39 della decisione, avrebbe dunque comportato la nullità della sentenza.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la illogicità della motivazione della sentenza che si basa sulle dichiarazioni del N. riscontrandole con elementi inidonei alla luce della documentazione prodotta in appello e con una relazione di consulenza tecnica che non conferma il racconto dell’accusatore. Con il terzo motivo il P.C. torna a censurare la sua condanna al risarcimento del danno in solido con gli imputati S. e G. ritenuti responsabili di reati diversi e si duole ancora della provvisionale disposta.

3. Ricorre S.G..

Con il primo motivo censura la mancata rinnovazione del dibattimento e in particolare la mancata acquisizione della documentazione esistente presso la Regione Piemonte idonea a dimostrare come la percentuale degli affidamenti a favore del ricorrente fosse notevolmente inferiore a quella indicata dai consulenti tecnici del p.m. Del resto la Corte d’Appello non avrebbe nemmeno correttamente esaminato la documentazione a tal fine prodotta dalla difesa dalla quale risultava un numero, ben maggiore rispetto a quelle considerate dall’accusa, di determine aventi oggetto omologo e analogo alle forniture commesse allo S.. Vi sarebbe dunque una violazione del diritto alla prova insieme a una apodittica affermazione di irrilevanza delle documentazione prodotta.

Gli stessi argomenti sorreggono la censura di travisamento della prova avanzata con il secondo motivo in cui si passa ad un’analitica descrizione delle determine riguardanti forniture di stampati e attività affine, rinvenute e non contemplate dalla consulenza del p.m. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente valutato tale documentazione e in relazione alla sua provenienza e in relazione al suo oggetto. Ove invece essa fosse stata correttamente presa in esame (anche alla luce della memoria del 10 novembre 2008) si sarebbe dovuto concludere che la percentuale degli affidamenti al ricorrente era di circa il 50%.

Tale deduzione viene fatta poi valere anche come violazione della legge processuale sotto il profilo dell’errore nella raccolta degli elementi probatori strumentali alla decisione.

Con il quarto motivo la S., con riferimento precipuo alla turbativa d’asta per la quale è stato condannato, osserva che l’affidamento della relativa fornitura era avvenuto attraverso trattativa privata e non per pubblico incanto o licitazione privata e che in sede di merito si è ritenuto che la trattativa privata fosse assimilabile a una licitazione per l’invito rivolto a una pluralità di ditte. La turbativa poi sarebbe consistita nel fatto che le ditte invitate in realtà era state segnalate dal N., su indicazione proprio dello S.. Ora il ricorrente contesta che la condotta a lui ascritta possa ricondursi all’art. 353 c.p. in quanto nella specie non si sarebbe trattato di una gara espressamente indicata nella norma penale ma di un procedimento di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione in una fase antecedente all’indizione della gara e comunque con modalità diverse dalla gara stessa. In tesi sarebbe applicabile l’art. 353 bis c.p. introdotto dal legislatore proprio per sovvenire a un vuoto normativo (che con esiti diversi la giurisprudenza aveva tentato di colmare), ma l’art. 353 bis c.p., il quale dimostra oggi per allora come fossero improprie le interpretazioni estensive dell’art. 353 c.p., è stato introdotto nel 2010 ben dopo il fatto ascritto. Con il quinto motivo il ricorrente si duole del vizio di motivazione riguardante l’accertamento della sua responsabilità per il reato appena ricordato, dato che esso era stata indicato come connesso a una corruzione (capo C-15) dalla quale era stato assolto perchè il fatto non sussiste già in primo grado. La condanna per la turbativa, fatta sulla scorta delle conclusioni della consulenza, deriverebbe da una considerazione generalizzata delle affermazioni del N., come era stato lamentato in appello senza peraltro che la doglianza abbia ricevuto adeguata risposta.

Con il sesto motivo la S. osserva che il tempo di commissione del delitto per cui è stato condannato deve essere comunque anteriore a quello della determina di aggiudicazione con la conseguenza che esso era prescritto al momento della pronunzia della sentenza di appello. E comunque (settimo motivo) la prescrizione si è maturata prima del deposito della sentenza di appello con richiesta di immediata declaratoria della causa di non punibilità. 4. Ricorre G.G. che con il primo motivo osserva che la condotta per la quale è stato ritenuto responsabile rientra in tesi nella previsione dell’art. 353 bis c.p. e chiede quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza perchè il fatto non era previsto dalla legge come reato. In ogni modo dato il tempo della condotta il reato per come contestato sarebbe estinto per prescrizione.

Con il secondo motivo il G. ripete il quinto motivo dello S. riguardante l’accertamento della responsabilità e censura l’ulteriore vizio di motivazione riguardante il suo apporto causale alla turbativa. Si chiede con il terzo motivo l’annullamento senza rinvio della sentenza per predizione. Con il quarto motivo si lamenta la mancata concessione del beneficio della non menzione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso promosso agli effetti civili dal P.C. è fondato.

La Corte d’Appello di Torino, nel dichiarare estinti per prescrizione i reati ascritti al ricorrente, ha confermato la sentenza di primo grado agli effetti civili, senza valutare la validità dei riscontri impiegati dal primo giudice per far assurgere a dignità di prova le dichiarazioni accusatorie del N., in relazione a quanto dedotto nel giudizio di appello.

Il punto infatti aveva formato oggetto di impugnazione e a questo fine, nella memoria presentata il 14 giugno del 2010, era stato prodotto un complesso documentale, in tesi idoneo a ricondurre a legalità le movimentazioni di denari e l’acquisto di una vettura, assunti anche dalla consulenza tecnica a suffragio delle consegne di denaro che il N. diceva di aver fatto.

Come si è detto tale complesso non è stato esaminato e a tanto dovrà provvedere il giudice civile.

2. In ordine allo S. o al G. va in primo luogo considerato che il reato per il quale sono stati condannati è ormai estinto per prescrizione, anche a non considerare le deduzioni circa la necessaria retrodatazione della turbativa d’asta.

3. Esaminando pertanto i ricorsi ai soli effetti civili, va rilevato che le censure circa la mancata rinnovazione del dibattimento e il travisamento della prova, dedotte con i primi tre motivi del ricorso S., sono inammissibili.

La Corte d’Appello ha espressamente affermato che la documentazione prodotta e richiesta dagli imprenditori è irrilevante ai fini dell’ampliamento del numero delle determine relative alle forniture in settori analoghi a quelli trattati dai ricorrenti. Tanto in base a un giudizio di fatto dotato di ordinaria ragionevolezza per sovvertire il quale non è dato rinviare al supposto tenore di atti e documenti, così in sostanza invitandosi alla rilettura di questi e dunque a una rivalutazione della prova, estranea al controllo di legittimità. 4. In ordine al quarto motivo di ricorso va rilevato che l’art. 513 bis c.p. è stato introdotto dal legislatore per porre rimedio alla lacuna già rilevata dalla giurisprudenza (cfr. Cass. sez. 6, 26 febbraio 2009, Mautone, rv.242928) consistente in un’area di impunità di condotte fraudolente poste in essere prima della procedura della gara e cioè nel corso del procedimento diretto alla formazione del contenuto del bando o di altro atto equipollente, sviato per predeterminare i vincitori della gara. La norma dunque non rileva nel caso di specie, in quanto ciò che è stato imputato ai ricorrenti riguarda un momento successivo alla formazione del bando e cioè di aver colluso con amministratori addetti alla gara e altri imprenditori circa le ditte da invitare per le offerte, essendo stata precedentemente individuata la fornitura richiesta e le sue condizioni, a bando dunque già formato.

5. Fondato invece è il quinto motivo di ricorso, in quanto l’accertamento della responsabilità dei ricorrenti per l’episodio D14 si basa su affermazioni del N., riscontrate da consulenza statistica. Tuttavia tali affermazioni non paiono riferirsi puntualmente alla gara in esame, per la quale anzi l’assoluzione dalla correlata accusa di corruzione rende ancora più problematica l’affermazione di un’avvenuta turbativa. A questi limitati fini occorre rimettere il procedimento al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale provvederà all’accertamento della sussistenza di questo episodio (considerando anche l’apporto del G.) e se del caso valuterà la sua incidenza nella liquidazione del risarcimento del danno complessivo.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.C. M. limitatamente agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello;

annulla la medesima sentenza nei confronti di S.G. e G.G. perchè il reato è estinto per prescrizione e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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