T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 17-06-2011, n. 3243

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente in data 2 marzo 2009 ha presentato alla Regione Campania ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/06 un’istanza per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non da avviare al recupero, da ubicarsi in un fondo sito nel territorio del Comune di Somma Vesuviana.

In precedenza, con decreto del 23.9.2006 l’amministrazione regionale ha espresso parere favorevole nell’ambito del procedimento per la realizzazione dell’impianto di stoccaggio avviato con istanza del 4.8.2005.

Veniva indetta conferenza di servizi tra le amministrazioni competenti che, all’esito delle sedute del 19.11.2009 e 26 maggio 2010, ha espresso parere negativo sull’approvazione del progetto.

Avverso il parere conclusivo e contro gli atti istruttori della conferenza è proposto il ricorso, con cui se se chiede l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari. Contestava la ricorrente la persistenza del potere del Comune di Somma Vesuviana di esprimersi sulla compatibilità del progetto sotto il profilo urbanistico, essendo il relativo parere intervenuto oltre il termine di decadenza stabilito dalla legge in materia di conferenza di servizi; con altre censure veniva contestata la fondatezza delle argomentazioni poste dall’amministrazione comunale a fondamento del proprio parere sfavorevole, alla fine risultato determinante per la bocciatura del progetto.

Si sono costituiti in giudizio la Regione, Provincia di Napoli ed il Comune di Somma Vesuviana chiedendo il rigetto del ricorso e della domanda cautelare.

All’udienza del 25 maggio 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

La E.&.A. s.r.l. ha impugnato tutti gli atti del procedimento e il diniego finale di approvazione del progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali non pericolosi da avviare al recupero, da ubicarsi in un fondo sito nel territorio del Comune di Somma Vesuviana.

Con il terzo motivo del ricorso è stata dedotta la nullità del parere del Comune di Somma Vesuviana reso nell’ambito della conferenza di servizi indetta a seguito dell’istanza realizzazione dell’impianto. La società ricorrente ha rilevato che l’amministrazione comunale, pur non avendo presenziato alla prima delle sedute della conferenza, era intervenuta solo a quella finale ed aveva espresso in modo anodino le ragioni del proprio dissenso sull’approvazione del progetto.

Secondo la tesi del ricorrente, la mancata presenza di un rappresentante del Comune di Somma Vesuviana, avrebbe dovuto rendere operativo il meccanismo di cui all’art. 14 ter, settimo comma della legge 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui si considera acquisito il consenso dell’ente regolarmente convocato che non abbia espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione di appartenenza; inoltre, ai sensi dell’art. 14 quater, primo comma, l’eventuale dissenso a pena di inammissibilità deve essere manifestato nella conferenza di servizi e deve essere motivato. Ha aggiunto la società ricorrente che per effetto dell’art. 14 ter, terzo comma della legge 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui i lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, il parere del Comune di Somma Vesuviana, in quanto tardivo, avrebbe dovuto in ogni caso essere considerato emesso in carenza di potere.

La censura è infondata.

L’art. 208 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, al primo comma, stabilisce che "i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica". La disposizione, al terzo comma, prevede poi che "entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al primo comma, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle Autorità d’ambito e degli enti locali interessati". Completati i lavori della conferenza e trasmesse le conclusioni alla regione, la stessa, ai sensi del sesto comma, "in caso di valutazione positiva, approva il progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori".

Il procedimento di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti disciplinato dall’art. 208 costituisce sostanziale riproduzione del precedente istituto di cui all’art. 27 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, abrogato dall’art. 264 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, con la sola differenza che nella nuova configurazione procedimentale la gestione costituisce oggetto di valutazione necessariamente contestuale – e non più facoltativa, come previsto dal nono comma dell’abrogato art. 27 – all’approvazione del progetto ed autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.

Rileva il Collegio che caratteristica comune ad entrambi i modelli procedimentali è la natura istruttoria della conferenza di servizi che precede la decisione finale sulla realizzabilità dell’impianto, quest’ultima affidata all’esclusiva competenza dell’autorità regionale.

Infatti, conformemente al prevalente orientamento giurisprudenziale emerso a proposito dell’art. 27 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (Tar Campania, Napoli, I, n. 9938 del 2010 e TAR Lazio, Roma I Sezione, 5 dicembre 2007 n. 12470), anche nella nuova formulazione dell’istituto la funzione della conferenza di servizi resta quella, limitata, di consentire l’acquisizione e la valutazione di tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali (art. 208, quarto comma, lettera b), senza che i soggetti ad essa partecipanti, pubblici e privati interessati, debbano esprimersi ai fini della determinazione del consenso amministrativo in qualità di titolari di autonome competenze di cui la conferenza invece costituisce solo la sede procedimentale di incontro e comparazione.

E’, tra l’altro, la stessa disposizione di cui all’art. 208, sesto comma, a stabilire che il provvedimento regionale di approvazione opera in funzione sostitutiva di visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituendo all’occorrenza anche variante allo strumento urbanistico e dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

Ne discende che unico soggetto competente a provvedere è la regione, il cui unico provvedimento finale di approvazione ed autorizzazione assorbe e sostituisce ogni altra specifica manifestazione di volontà decisoria di altri soggetti istituzionali competenti in via ordinaria, il cui ruolo viene fisiologicamente ridotto a quello di meri interlocutori procedimentali.

Tale è stata anche l’opinione della Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi tra l’altro sulla legittimità costituzionale dell’art. 208, decimo comma, in tema di poteri sostitutivi, nella sentenza 24 luglio 2009 n. 249 ha ritenuto che "la norma stabilisce che l’istruttoria, che deve svolgersi mediante convocazione di apposita conferenza dei servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti ed i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali interessati nonché con l’eventuale ausilio delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, si concluda entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda con il rilascio dell’autorizzazione o con il diniego motivato della stessa da parte dell’ente competente, e cioè della Regione. E’ perciò in sostituzione di quest’ultima – ed a protezione dei richiamati interessi costituzionali – che l’art. 208, comma 10, prescrive l’operatività dei poteri sostitutivi statali di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1998, senza con ciò escludere l’esercizio, da parte delle Regioni, di un proprio potere sostitutivo, inerente alle proprie competenze, in ordine all’espletamento delle singole fasi del procedimento istruttorio".

Trattandosi di conferenza istruttoria, tra l’altro prevista da una norma connotata da indubbi caratteri di specialità rispetto al modello di cui agli artt. 14 e ss. della legge 7 agosto 1990 n. 241, non trovano applicazione i meccanismi di accelerazione e semplificazione procedimentale previsti dalla disciplina generale in materia di conferenza di servizi decisoria che consentono di configurare ipotesi di assenso tacito e connessa decadenza dal potere di provvedere nei confronti del soggetto assente, soluzioni del tutto incompatibili con il modello specifico in esame che, come rilevato, affida alla sola regione la competenza finale a provvedere.

Appare quindi senz’altro legittima la decisione assunta in sede di conferenza istruttoria di non prescindere dall’acquisizione del parere del Comune di Somma Vesuviana, sia perché quest’ultimo ente era pur sempre legittimato a partecipare ai lavori e ad esprimersi in sede procedimentale, sia perché, sotto il profilo funzionale, alcuni dei soggetti istituzionali intervenuti avevano subordinato il loro parere favorevole a quanto eventualmente assentito dal Comune in ordine alla compatibilità urbanistica e territoriale dell’impianto.

In virtù delle medesime considerazione sono infondate le censure, di analogo tenore, rivolte avverso il parere dell’ATO e dell’A.s.l. Napoli 3 sud.

Deve, ora, procedersi all’esame delle altre censure con cui la società ricorrente ha contestato la legittimità delle ragioni poste in sede di conferenza a fondamento del parere negativo all’approvazione ed in parte fatte proprie dalla Regione Campania nel provvedimento finale di diniego.

In particolare, la società ricorrente denuncia violazione istruttoria e violazione dell’art. 208 d.lgs. 152/06, dolendosi del fatto che, sebbene i pareri negativi resi in sede di conferenza di servizi dal Comune di Somma Vesuviana e dalla Provincia di Napoli fossero motivati in base alla inidoneità della destinazione urbanistica della zona interessata (classificata zona agricola E con vincolo paesaggistico), non era stata considerata l’ipotesi che il rilascio dell’autorizzazione potesse valere come variante urbanistica, come consentito dalle summenzionate disposizioni.

Il motivo merita accoglimento.

Va premesso che non può condividesi l’assunto difensivo secondo cui ogni apprezzamento di tipo paesaggistico sul progetto è stato già compiuto in senso favorevole in sede di valutazione di impatto ambientale, allegata agli atti del procedimento autorizzatorio.

Al riguardo, osserva il Collegio non solo che la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto la salvaguardia del bene paesaggio, ben distinto dalla tutela urbanistica del territorio, ma anche che nel decreto n. 810 del 23 settembre 2008, l’autorità regionale, nel rilasciare parere favorevole di compatibilità ambientale, aveva posto come espressa condizione l’acquisizione dei pareri delle amministrazioni competenti nonché la congruità del progetto esecutivo con quello definitivo esaminato in quella sede.

Ciò posto, l’art. 208, co. 5, d.lgs. 152/06 prevede in effetti che l’approvazione del progetto da parte della Regione "costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico".

E’ vero, dunque, che nell’intenzione del legislatore non è necessario che gli impianti di smaltimento o di recupero rifiuti debbano essere allocati esclusivamente in zone a vocazione industriale; ma è anche vero che non per questo la localizzazione dell’insediamento può essere del tutto indifferente, prescindendo dalla considerazione e comparazione degli interessi in gioco.

In altri termini, la sola circostanza che l’area di insediamento abbia una determinata destinazione urbanistica non è di per sé circostanza ostativa e non è valida giustificazione per il diniego di approvazione del progetto, in quanto l’approvazione costituisce una ipotesi di variante automatica alla disciplina urbanisticoterritoriale dell’area interessata.

Ma non per questo in sede di autorizzazione si può prescindere dalla considerazione delle esigenze di carattere (anche) urbanisticoterritoriale e degli interessi comunque legati alla localizzazione dell’impianto, in quanto rilevanti. Lo attesta lo stesso art. 208 cit., che rimette alla conferenza di servizi lo specifico apprezzamento di questi interessi, allorché stabilisce (comma 4, lett. b) che la conferenza di servizi "acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali": cosicché solo quando il progetto dovesse essere ritenuto compatibile con queste esigenze, in base ad un apprezzamento evidentemente discrezionale, potrà essere autorizzato con contestuale variante ex lege alla strumentazione urbanistica contrastante (cfr. Tar Campania. Napoli, I, n. 15600 del 1997).

Ciò detto, nel caso in esame la conclusione negativa della conferenza di servizi ed il successivo decreto dirigenziale di diniego di approvazione si fondano, almeno in via principale, sul dato formale della classificazione dell’area in zona agricola del vigente PRG del Comune di Somma Vesuviana e della presenza del vincolo paesaggistico, insuperabile per la mancata convocazione della Soprintendenza territorialmente competente.

Orbene, nel provvedimento regionale di approvazione del progetto ed autorizzazione alla realizzazione dell’impianto sono state dal legislatore riunite e concentrate tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l’accertamento dell’osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla possibile realizzazione dell’impianto in armonia con il territorio di riferimento; ciò è confermato da quanto previsto dal sesto comma dell’art. 208, che, come visto, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa un’eventuale variante urbanistica. Ora, se l’approvazione del progetto, intesa come fisiologica conclusione del procedimento così semplificato, ne sottende non solo una verifica di conformità a condizioni di fatto e di diritto preesistenti, ma anche il rilascio di nuovi titoli amministrativi che costituiscano affermazione dell’esistenza storica di siffatte condizioni, non può, senza tradirsi la ragione stessa del descritto meccanismo di semplificazione, essere negato che quella della conferenza costituisce l’unica sede in cui far emergere ogni questione al riguardo, che poi sarà devoluta al decisore finale, ossia la Regione.

Ne discende che non è consentito negare l’approvazione del progetto di un impianto ai sensi dell’art. 208, giustificando il diniego con la formale mancanza del previo rilascio di titoli ed autorizzazioni presupposte, in quanto, costituendo il provvedimento regionale finale anche atto sostituivo di quelle, la conferenza diviene proprio il luogo procedimentale in cui deve essere discussa la possibilità attuale di ottenimento di siffatte condizioni presupponenti.

Pertanto, non potevano né il Comune di Somma Vesuviana, né le altre autorità in conferenza che allo stesso si sono conformate, così come neanche la Regione Campania negare l’approvazione del progetto per il solo fatto della destinazione urbanistica astratta, qualsiasi ne fosse la ragione, dal momento che era in sede di conferenza che avrebbe concretamente dovuto essere esaminata la conformità alle prescrizioni urbanistiche comunali di una possibile modificazione di destinazione d’uso dell’impianto e della realizzazione di nuove opere connesse, anche attraverso la partecipazione della Soprintendenza e dell’Autorità di bacino, quali enti interessati dalla presenza di vincoli ad essi affidati.

Nella fattispecie, tale valutazione è mancata, atteso che nel suo parere l’amministrazione comunale si è limitata a rilevare l’assenza dei titoli, senza soffermarsi, rispetto alla destinazione d’uso ed alle nuove opere, sulla possibilità di un effettivo rilascio, più esattamente sulla conformità urbanistica dell’impianto, quale presupposto necessario ai fini dell’autorizzazione regionale.

Analoghe considerazioni valgono per il mancato inizio dell’iter di variante al P.R.G., che rappresenta un posterius rispetto alla valutazione di fattibilità dell’opera.

In questa prospettiva le considerazioni espresse sul medesimo punto dall’amministrazione provinciale (mancanza di infrastrutture a rete e attrezzature pubbliche) sono astrattamente ricondotte alla destinazione urbanistica dell’area, senza approfondita e concreta indagine sulla situazione delle infrastrutture di zona.

In relazione alle ulteriori condizioni ostative (mancanza di piano di risanamento acustico; inadeguatezza della gestione della acque di prima pioggia e della acque reflue; mancata ottemperanza alle prescrizione della Direzione provinciale Tutela del Suolo), tenuto conto che nessuna di queste è in via di principio preclusiva dell’approvazione del progetto, potendo formare oggetto di apposite integrazioni e prescrizioni, la riedizione della conferenza di servizi, integrata con la presenza della Soprintendenza competente, offre la possibilità di vagliare la compatibilità dell’impianto anche alla luce delle ulteriori eventuali modifiche progettuali in risposta alle osservazioni rese in seno alla conferenza.

I motivi di accoglimento e la necessità di attendere gli esiti del riesercizio del potere amminsitrativo autorizzatorio rendono allo stato inaccoglibile la domanda risarcitoria.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con integrale compensazione delle spese processuali tra le parti, in considerazione della complessità delle questioni esaminate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso nei sensi di cui in parte motiva e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Spese compensate, fatto salvo il rimborso a carico delle amministrazioni soccombenti, in solido, del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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