Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-05-2011) 15-06-2011, n. 24007 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 2.12.2010 il Tribunale di L’Aquila rigettava l’appello, proposto nell’interesse di B.B., avverso l’ordinanza con la quale il GIP del Tribunale di Vasto aveva respinto la richiesta di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari.

Rilevava il Tribunale che non erano intervenuti elementi nuovi idonei a mutare il quadro indiziario posto a base della misura cautelare e che il mero decorso del tempo non faceva venir meno le esigenze cautelari. Quanto alla dedotta incompatibilità tra lo stato di detenzione e le patologie di cui il B. è affetto (cardiopatia già trattata con angiopiatica coronarica), assumeva il Tribunale che non era stato neppure indicato il pregiudizio che la restrizione domiciliare avrebbe determinato sulle condizioni di salute, nè quali rischi tale detenzione avrebbe comportato, nè infine quali trattamenti terapeutici, continuativi o emergenziali, avrebbe impedito; nè era stato individuato il nesso tra la condizione detentiva ed i mutamenti peggiorativi della patologia.

2) Propone ricorso per cassazione il difensore del B., denunciando la violazione dell’art. 274 c.p.p., lett. c), artt. 275 e 299 c.p.p., la mancanza assoluta di motivazione in relazione alle esigenze cautelari, la mancata valutazione delle condizioni di salute e la mancanza di motivazione sul punto.

Con la richiesta di revoca o di sostituzione della misura cautelare si evidenziava l’attenuazione delle esigenze cautelari in ragione di elementi sopravvenuti alla ordinanza impositiva della misura, quali la cessazione del rapporto di lavoro con la società sportiva presso cui secondo l’ipotesi accusatoria si sarebbero verificati i fatti, l’avvenuto espletamento dell’incidente probatorio, l’emissione del decreto di giudizio immediato, le condizioni di salute particolarmente gravi (in pendenza della misura il B. era stato colpito da infarto del miocardio ed aveva manifestato una patologia psichiatrica). A tali elementi si aggiungevano quelli preesistenti (sostanziale incensuratezza, strepitus fori, età avanzata), nonchè il decorso del tempo. Il GIP non aveva valutato nessuno di tali elementi, limitandosi a far riferimento ai rilievi contenuti nell’ordinanza impositiva, ed a richiamare illegittimamente i gravi indizi di colpevolezza (non investiti dalla richiesta di revoca della misura). Anche il Tribunale ha omesso di motivare in ordine alla insussistenza o attenuazione delle esigenze cautelari, limitando il suo esame alla irrilevanza del dato temporale e richiamando i gravi indizi; in ordine alla adeguatezza della misura, poi, il Tribunale non ha effettuato alcuna valutazione.

Quanto alle condizioni di salute, era stata prodotta documentazione attestante la gravità delle stesse per la patologia coronarica e per quella psichiatrica. Il Tribunale avrebbe dovuto valutare il reale pregiudizio per la salute (disponendo eventualmente accertamenti peritali) della prosecuzione del regime detentivo e la possibilità di tutelare diversamente le ritenute persistenti esigenze cautelari.

Si è limitato, invece, ad una mera critica delle doglianze difensive.

3) Il ricorso è fondato.

3.1) Per quanto riguarda i limiti di sindacabilità, in sede di legittimità, dei provvedimenti "de libertate", secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. sez. 6 n. 2146 del 25.5.1995). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. ex multis Cass. sez. 1^ n. 1769 del 23.3.1995).

E’ altrettanto pacifico, però, che il Tribunale, per il principio di completezza della motivazione, debba esaminare le deduzioni delle parti ed argomentare in ordine alle stesse. Sicchè, "In tema di appello contro il provvedimento che ha rigettato una istanza di revoca o sostituzione di una misura cautelare personale non costituisce motivazione adeguata quella che in presenza di temi specifici sollevati con l’appello si limiti alla riaffermazione della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, omettendo di considerare i temi posti in evidenza atteso che, a differenza che nel riesame, nell’appello, stante il principio devolutivo, il giudice deve attenersi ai rilievi critici dell’appellante e dare ad essi risposte precise e compiute" (cfr.

Cass. pen. sez. 4 n. 3624 dell’11.12.1998). Si è ritenuto, pertanto, illegittimo, per omesso esame dei motivi e motivazione apparente, il provvedimento con il quale il tribunale, nell’esaminare la richiesta di revoca di un’ordinanza di custodia cautelare, la respinga motivando la propria decisione mediante la mera elencazione descrittiva di elementi di fatto, apoditticamente affermati come indizianti, senza alcuna argomentazione valutativa di essi, nè singolarmente assunti nè complessivamente considerati (Cass. sez. 6 n. 30257 del 9.7.2002).

3.1.1) Nei motivi di appello avverso l’ordinanza del GIP si riconosceva l’irrilevanza del mero decorso del tempo dai fatti e dalla applicazione della misura a meno che, però, esso non fosse accompagnato da ulteriori elementi sintomatici dell’esclusione o dell’attenuazione delle esigenze cautelari. E, nel caso di specie, tale decorso temporale risultava accompagnato da specifiche circostanze favorevoli all’indagato, quali: a) la cristallizzazione della prova con l’incidente probatorio; b) la notifica del decreto di giudizio immediato; c) l’assenza totale di elementi circa l’esistenza di altri fatti (con attenuazione quindi del preteso pericolo di reiterazione); d) la prova della cessazione del rapporto di lavoro nell’ambito del quale si sarebbero verificati i fatti contestati. E si censurava la motivazione dell’ordinanza del GIP che non aveva minimamente esaminato siffatti nuovi elementi al fine di verificare se essi fossero tali da determinare la revoca o la sostituzione della misura in atto con altra meno gravosa.

In presenza di tali specifiche deduzioni il Tribunale ha omesso ogni valutazione, limitandosi a far riferimento alla persistenza della gravità del quadro indiziario (che non era peraltro stato oggetto neppure di contestazione in sede di richiesta di revoca o sostituzione della misura) ed alla irrilevanza del mero decorso del tempo, bel resto, nella stessa premessa il Tribunale da atto che l’istanza è fondata "solo" sul decorso del tempo dalla data di applicazione della misura cautelare e sulle condizioni di salute dell’indagato.

Anche in ordine a tali condizioni di salute l’esame delle deduzioni difensive risulta superficiale, omettendosi ogni argomentazione in ordine alla documentazione prodotta (cartella clinica, relazione èi dimissione del 4.9.10 e del 15.9.10) ed in relazione alle deduzioni difensive con cui si evidenziava che gli arresti domiciliari costituivano un grave ostacolo al recupero delle condizioni psico- fisiche del B..

3.2) L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di L’Aquila. I giudici del rinvio, pur potendo pervenire alle medesime conclusioni dell’ordinanza annullata, motiveranno adeguatamente in ordine alle specifiche deduzioni contenute nell’impugnazione.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di L’Aquila.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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