T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 17-06-2011, n. 5403 Esclusioni dal concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el verbale;
Svolgimento del processo

1. Attraverso la proposizione del ricorso n. 10935/2009, notificato in data 1 dicembre 2009 e depositato il successivo 18 dicembre 2009, il sig. R. impugna il provvedimento con cui la Commissione medica, nominata con D.M. n. 333B/12E.2.08/F1, "per l’accertamento dei prescritti requisiti psicofisici degli aspiranti al concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 907 allievi agenti della Polizia di Stato", indetto con D.M. 21 novembre 2008, lo ha riconosciuto "non idoneo al servizio di polizia per carenza dei requisiti fisici previsti dal D.M. 30 giugno 2003 n. 198" ed, in particolare, per "tatuaggio in zona non coperta dalla divisa – Art. 3 comma 2 riferimento tabella 1 punto 2 lettera B" nonché gli atti presupposti, tra cui il già citato decreto ministeriale n. 198 del 2003.

Ai fini dell’annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

1. ILLEGITTIMITA" COSTITUZIONALE DELL’ART. 1, COMMA 1, LETTERA A), DEL DECRETO LEGISLATIVO 28 FEBBRAIO 2001, N. 53, PER "ECCESSO DI DELEGA" (IN RIFERIMENTO ALL’ARTICOLO 76 DELLA COSTITUZIONE ED IN RELAZIONE ALL’ART. 9, COMMA 1, DELLA "LEGGE DELEGA" 31 MARZO 2000, N. 78). CONSEGUENTE ILLEGITTIMITA" DELL’INTERO DECRETO MINISTERIALE 30 GIUGNO 2003, N. 198 E DEGLI ARTT. 2, COMMA 1, LETT. F, COMMA 2, ED ART. 6, COMMA 3, DEL BANDO DI CONCORSO. L’art. 25 del D.P.R. n. 121 del 1981 stabilisce che "i requisiti psicofisici e attitudinali, di cui debbono essere in possesso gli appartenenti ai ruoli della polizia di stato, che esplicano funzioni di polizia, sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica…". In ossequio a tale prescrizione è stato adottato il D.P.R. 23 dicembre 1983, n. 904. A seguito delle modifiche apportate al d.lgs. n. 197/1995 ad opera del d.lgs. n. 53/2001, adottato sulla base della legge delega n. 78/2000, è stato inserito l’art. 4 bis, il quale sostituisce l’art. 6 del D.P.R. n. 335/1982, stabilendo che "l’assunzione degli agenti di polizia avviene mediante pubblico concorso, al quale possono partecipare cittadini italiani in possesso dei seguenti requisiti:…… c) idoneità fisica, psichica ed attitudinale al servizio di polizia, secondo i requisiti stabiliti con regolamento del Ministro dell’Interno, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400…". Sulla base di tale nuova previsione è stato adottato il D.M. 30 giugno 2003, n. 198, il quale ha trovato applicazione nel caso in esame. Orbene, tale decreto è da ritenere illegittimo in quanto il citato d.lgs. n. 53/2001 – incidendo direttamente sul D.P.R. n. 335/1982 e non sul d.lgs. n. 197/1995 – rivela "eccesso di delega", tanto più ove si consideri che la formulazione originaria dell’art. 6 non disciplinava i requisiti di arruolamento in Polizia. Non può, poi, essere trascurato che il sopra richiamato art. 25 "non è stato fino ad oggi espressamente abrogato". In sintesi, il legislatore – qualora avesse inteso delegare la riforma della materia dei "requisiti di accesso ai ruoli della Polizia di Stato" – avrebbe dovuto riferirsi espressamente ai menzionati art. 25 l. 121/91 e D.P.R. n. 904/1983.

2. ILLEGITTIMITA" DEL DECRETO MINISTERIALE N. 198 DEL 30 GIUGNO 2003 (ART. 1, COMMA 2, LETTERA B) – TAB. 1), PER DISPARITA" DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA COSTITUZIONE, ECCESSO DI POTERE; ILLOGICITA" MANIFESTA, ILLEGITTIMITA" DERIVATA DEGLI ARTT. 2, COMMA 1, LETTERA F; COMMA 2 ED ART. 6, COMMA 3, DEL BANDO DI CONCORSO. VIOLAZIONE DEL DIRITTO AL LAVORO ( ARTT. 1 E 35 COST.). La previsione – quale causa di esclusione – della mera presenza di un tatuaggio su parti del corpo non coperte dalla divisa pregiudica – senza logiche ragioni giustificatrici – "gli aspiranti all’arruolamento nella Polizia di Stato rispetto ai concorrenti per l’arruolamento nelle FF.AA., nella Guardia di Finanza e nella Polizia Penitenziaria", per le quali i tatuaggi rappresentano causa di esclusione soltanto nell’ipotesi in cui "siano in grado di corrompere e/o alterare la figura umana e/o creare disdoro per l’Amministrazione".

3. ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITA" DEI PRESUPPOSTI, SVIAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA; TRAVISAMENTO DEI FATTI SOTTO L’ASPETTO DELLA INSUSSISTENZA DEI MOTIVI OSTATIVI ALL’ASSUNZIONE; DIFETTO DI ISTRUTTORIA E CARENZA DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE PER OMESSA APPLICAZIONE DELL’ART. 2, COMMA 3, DEL D.P.R. N. 904/1986 E, IN SUBORDINE, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DECRETO MINISTERIALE N. 198/2003, ART. 3, COMMA 2, TABELLA 1, PUNTO 2, LETTERA B); VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, COMMA 1, LETTERA F; COMMA 2 ED ART. 6, COMMA 3, DEL BANDO DI CONCORSO; VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/90 E SUCC.MOD.; VIOLAZIONE DELL’ART. 97 COST.. Il ricorrente doveva essere dichiarato idoneo, in quanto "non presenta tatuaggi non coperti dalla divisa". In via tuzioristica, va rilevato che il tatuaggio presente sul braccio del ricorrente non è deturpante né indice di personalità abnorme.

Con atto depositato in data 17 gennaio 2010 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale – nel prosieguo e precisamente in data 9 febbraio 2010 – ha prodotto documenti, tra cui una nota del Dipartimento della Pubblica Sicurezza in data 22 gennaio 2010, caratterizzata – in sintesi – dal seguente contenuto: – il D.M. 30 giugno 2003, n. 198 ha rinnovato il regolamento sui requisiti psicofisici e attitudinali, prevedendo tra le cause di inidoneità "i tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme…"; – nel caso di specie, il ricorrente è stato giudicato inidoneo in quanto gli è stato riscontrato un tatuaggio di cm. 7×24 "regione terzo medio braccio destro raffigurante un simbolo della natura"; – il giudizio di inidoneità in questione, oltre che essere definitivo, "costituisce espressione di un apprezzamento tecnicosanitario rientrante nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione" e, dunque, è insindacabile, "se non per vizi logici, di travisamento dei fatti o per mancanza di motivazione".

Con memoria prodotta in data 17 febbraio 2010 il ricorrente ha insistito nel sostenere che "il tatuaggio è coperto dalla divisa".

Con ordinanza n. 3590 del 26 febbraio 2010, la Sezione ha disposto un accertamento d’ufficio, al fine di "stabilire l’oggettiva sussistenza o meno del requisito di idoneità di cui al provvedimento impugnato".

In data 2 aprile 2010 è stato depositato l’esito della verificazione, confermativo del giudizio di inidoneità già formulato nei confronti del ricorrente.

Con ordinanza n. 1707/2010 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato.

2. Con il successivo ricorso n. 3795/201, notificato in data 16 aprile 2010 e depositato il successivo 29 aprile 2010, il ricorrente impugna la "graduatoria…. approvata con decreto ministeriale n. 333B/12E.2.08/1504 del 15 febbraio 2010", pubblicata nella G.U. 4^ s.s. n. 15 del 23 febbraio 2010, relativa al concorso pubblico di cui sopra, "nella parte in cui non contiene il nominativo del ricorrente tra quello degli idonei vincitori", per "illegittimità derivata" dall’illegittimità del provvedimento di esclusione.

Con atto depositato in data 7 maggio 2010 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – nel prosieguo e precisamente in data 10 marzo 2011 ed in data 8 aprile 2011 – ha prodotto documenti ed una memoria, con cui ha richiamato il precedente ricorso n. 10935/2009 e l’esito dell’istanza cautelare presentata nel giudizio così instaurato.

3. All’udienza pubblica del 12 maggio 2011 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso n. 10935/2010 è infondato e, pertanto, va respinto.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente denuncia, tra l’altro, il vizio di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, affermando – a confutazione di quanto rilevato dalla Commissione nominata per l’accertamento dei requisiti psicofisici – di non presentare "tatuaggi non coperti dalla divisa".

Tale censura non è meritevole di condivisione.

Rilevando che il giudizio in ordine alla sussistenza dei requisiti fisici per l’arruolamento, pur costituendo tipica espressione di discrezionalità tecnica, è in via generale sindacabile in relazione al vizio di eccesso di potere per quanto attiene alla sussistenza dei presupposti assunti ad oggetto della valutazione, alla logicità di questa ed alla coerenza delle conclusioni che ne sono scaturite (cfr., tra le altre, C.d.S., n. 4053 dell’8 luglio 2003), con ordinanza n. 3590 del 26 febbraio 2010 la Sezione ha disposto un accertamento d’ufficio anche sulla base della produzione da parte del ricorrente di documentazione fotografica, in contrasto con l’accertamento di inidoneità della Commissione sopra menzionata.

Tale accertamento ha dato esito positivo in relazione alla sussistenza del "tatuaggio… in zona non coperta dall’uniforme" riscontrato dall’Amministrazione e, pertanto, l’organo incaricato ha confermato "il giudizio di non idoneità, già formulato nei confronti del ricorrente in data 2.10.2009".

In ragione del riportato esito, l’erroneità del presupposto di fatto su cui si fonda il giudizio impugnato deve essere esclusa.

1.2. Il ricorrente denuncia, ancora, l’illegittimità derivata del bando di concorso – in particolare, degli "artt. 2, comma 1, lettera F, comma 2 ed art. 6, comma 3" – dall’illegittimità del decreto ministeriale n. 198 del 30 giugno 2003 (art. 1, comma 2, lettera b – Tab. 1), in quanto sostiene – anche in ragione della disciplina che regolamenta le Forze Armate e gli altri Corpi di Polizia – che il decreto in questione è "discriminante per gli aspiranti all’arruolamento nella Polizia di Stato e non sorretto da logiche ragioni giustificatrici".

Anche tale censura è priva di fondamento.

Al riguardo, il Collegio osserva che l’individuazione da parte di un’Amministrazione dei requisiti psicofisici necessari per l’assunzione e/o l’arruolamento costituisce l’esito di una serie di valutazioni, ispirate – in primis – dalla necessità della stessa Amministrazione di operare tramite personale ritenuto idoneo a svolgere "al meglio" i compiti alla stessa spettanti.

Appare, pertanto, evidente che tali valutazioni – proprio in quanto strettamente connesse ai su detti compiti, i quali sono specifici e, comunque, diversi da quelli spettanti ad altre Amministrazioni, pur se operanti in ambiti similari – non si prestano ad essere sindacate sulla base del raffronto con la disciplina che caratterizza quest’ultime.

Ciò detto, permane esclusivamente la possibilità di procedere ad un sindacato basato sulla mera coerenza e sulla logicità.

In sintesi, la legittimità o meno della prescrizione da parte di un’Amministrazione di un requisito psicofisico – espressione, comunque, di discrezionalità tecnica – può essere giudicata esclusivamente in relazione alle peculiarità che caratterizzano l’Amministrazione interessata, sotto profili che attengono la ragionevolezza o, meglio, la non arbitrarietà della prescrizione stessa.

Nel caso di specie, la prescrizione contestata – concernente la "non idoneità" al "servizio di Polizia" in presenza di "tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dalla divisa" – appare rispondente ai sopra indicati criteri.

Come si trae anche dalla nota del Dipartimento della Pubblica Sicurezza prodotta in data 9 febbraio 2010, la prescrizione in esame risulta, infatti, introdotta al fine di evitare un "nocumento all’immagine" della Polizia di Stato".

In particolare, è stata presa in considerazione la "pubblica opinione" e la circostanza che quest’ultima – allo stato – non è "proprio favorevole" ai tatuaggi.

Posto che tali considerazioni appaiono – al momento – condivisibili e, comunque, non irragionevoli, la prescrizione in esame è da ritenere legittima.

1.3. Ciò detto, residua la censura afferente l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera A), del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 53, per "eccesso di delega", ritenuta rilevante perché comportante l’illegittimità dell’intero decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198 e degli artt. 2 e 6 del bando di concorso.

Tale censura – piuttosto articolata – è infondata.

In via preliminare, appare opportuno ricordare che:

– come rappresentato anche dal ricorrente, la legge 31 marzo 2000, n. 78, ha delegato il Governo "ad emanare, entro il 31 dicembre 2000 e senza oneri a carico del bilancio dello Stato, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 12 maggio 1995, nn. 196, 197, 198 e 199….";

– in attuazione di tale delega, è stato approvato il d.lgs. n. 53 del 2001, recante "Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 197, in materia di riordino del personale non direttivo della Polizia di Stato";

– in particolare, l’art. 1 di tale decreto legislativo n. 53/2001 – lett. a – ha "aggiunto" il comma 4 bis all’art. 1 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 197, il quale ha sostituito, con gli articoli da 6 a 6 quater, l’originario art. 6 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, concernente la "nomina ad agente";

– a seguito di tale modifica, l’attuale art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 335 del 1982 prescrive: "1. L’assunzione degli agenti di polizia avviene mediante pubblico concorso, al quale possono partecipare i cittadini italiani in possesso dei seguenti requisiti:………… c) idoneità fisica, psichica ed attitudinale al servizio di polizia, secondo i requisiti stabiliti con regolamento del Ministro dell’Interno, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;….";

– tale regolamento è stato emanato ed è, appunto, il D.M. n. 198 del 2003, ora in contestazione, ai sensi del quale – a differenza del D.P.R. 23 dicembre 1983, n. 904 – i "tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dalla divisa" costituiscono causa di non idoneità.

Ciò detto, il Collegio non ravvisa elementi per sollevare questione di legittimità costituzionale del citato d.lgs. n. 53 del 2001 per eccesso di delega, atteso che:

– come già osservato, la delega di cui alla legge n. 73 del 2000 consentiva di introdurre disposizioni correttive ed integrative, tra l’altro, del d.lgs. n. 197 del 1995, riguardante il "riordino delle carriere del personale non direttivo della Polizia di Stato";

– il citato d.lgs. n. 197 del 1995 introduceva essenzialmente modifiche al D.P.R. n. 335 del 1982;

– a fronte della prescrizione di carattere generale dell’art. 25 della legge 1 aprile 1981, n. 121 – il quale, al comma 2, stabilisce che "i requisiti psicofisici e attitudinali, di cui debbono essere in possesso gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, che esplicano funzioni di polizia, sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno – il sopra richiamato D.P.R. n. 335 del 1982 prescriveva – per quanto riguarda, in particolare, la "nomina ad agente" – che anche i criteri per l’accertamento della idoneità fisica e per la determinazione di eventuali requisiti per l’ammissione al concorso "sono stabiliti con apposito regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’Interno": la versione originaria dell’art. 6 del menzionato D.P.R. n. 335 del 1982 richiamava, infatti, anche l’articolo 47 della legge 1 aprile 1981, n. 121, il quale – a sua volta – richiamava il successivo articolo 59, riguardante il "trattamento economico degli allievi e modalità dei concorsi" e, dunque, contemplante la prescrizione riportata;

– stante la sostituzione dell’art. 6 del D.P.R. n. 335 del 1982 ad opera dell’art. 1 del d.lgs. n. 197 del 1995, così come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 53 del 2001, il riferimento – per la determinazione dei requisiti psicofisici per l’ammissione al concorso per l’assunzione nella Polizia di Stato in qualità di agente – all’adozione di un regolamento approvato con D.P.R. è venuto, però, inequivocabilmente meno;

– tale modificazione normativa non si profila in distonia con la legge delega n. 78 del 2000, tenuto conto che: – la sostituzione del citato art. 6 non è avvenuta direttamente ad opera del d.lgs. n. 53 del 2001, bensì a seguito delle modificazioni apportate da quest’ultimo al d.lgs. n. 197 del 1995, così come previsto dalla stessa legge delega; – il citato d.lgs. n. 197 del 1995 riguarda il "riordino delle carriere del personale non direttivo della Polizia di Stato" e, dunque, la delega ad introdurre "disposizioni integrative e correttive" di quest’ultimo ben poteva investire o, meglio, riguardare anche profili afferenti i requisiti per la partecipazione al concorso pubblico per l’assunzione degli agenti di polizia (già, peraltro, regolati dall’art. 6 del D.P.R. n. 335/1982).

In sintesi:

– a differenza da quanto affermato dal ricorrente, il d.lgs. n. 53 del 2001 non ha inciso direttamente sul D.P.R. n. 335 del 1982, concretizzando così un’ipotesi di "eccesso di delega";

– stanti le modificazioni introdotte – così come previsto dalla legge delega n. 78 del 2000 – dal citato d.lgs. n. 53 del 2001 al d.lgs. n. 197 del 1995 (a sua volta incidente sulle disposizioni del D.P.R. n. 335 del 1982, riguardante – nella sua formulazione originaria – anche i "requisiti di arruolamento in Polizia", giusto il richiamo nella formulazione originaria dell’art. 6 anche dell’art. 47 della legge 1 aprile 1981, n. 121, il quale, a sua volta, richiamava il successivo art. 59), è doveroso riconoscere che – ai sensi della normativa vigente che regolamenta "l’assunzione degli agenti di polizia" (dotata – in quanto tale – di carattere speciale rispetto all’art. 25 della legge 1 aprile 1981, n. 121) – i requisiti di idoneità fisica richiesti per la partecipazione al concorso bandito per "l’assunzione degli agenti di polizia" sono stabiliti "con regolamento del Ministro dell’Interno";

– ciò detto, l’iniziativa del Ministero dell’Interno di adottare il decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198 è da ritenere conforme ad una previsione di legge che – per quanto già rilevato – non presenta profili di illegittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 76 Cost..

In conclusione, non si ravvivano validi ragioni per sollevare questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 53 del 2001, atteso che – per quanto rileva in questa sede – quest’ultimo risulta emanato dal Governo in aderenza alle prescrizioni della legge delega n. 78 del 2000.

1.4. Per le ragioni illustrate, il giudizio di non idoneità, meglio indicato in epigrafe, è da ritenere correttamente adottato e, pertanto, il ricorso n. 10935/2009 deve essere respinto.

2. Stante la rilevata legittimità del giudizio di "non idoneità" del ricorrente "al servizio di Polizia", comportante l’esclusione dal concorso, sussistono le condizioni per dichiarare il ricorso n. 3795/2010 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Soprassedendo su questioni di inammissibilità che potrebbero investire il presente gravame, connesse al rilievo che – come il Collegio ha avuto modo di rilevare dalla documentazione prodotta in altri giudizi, riguardanti il medesimo concorso pubblico indetto per l’arruolamento di 907 allievi agenti della Polizia di Stato – il provvedimento di approvazione della graduatoria risulta adottato con decreto ministeriale 333B/12.E.2.08 datato 11 dicembre 2009 e, dunque, non si identifica con il provvedimento oggetto di impugnativa (il quale è, infatti, un mero "decreto di rettifica"), va osservato che il ricorrente risulta privo di una posizione legittimante all’impugnazione della graduatoria finale.

Come di recente ribadito anche dal Consiglio di Stato (n. 7443 del 2009), "l’aspettativa del concorrente escluso" in nulla si differenzia, infatti, "da quella ascrivibile ad un qualunque altro soggetto" e, dunque, il concorrente escluso è privo di ogni interesse ad un eventuale annullamento della graduatoria finale.

In ogni caso, considerando il presente gravame nel merito, va osservato che il ricorrente si limita a denunciare l’illegittimità derivata della graduatoria finale, richiamando le censure già formulate con il ricorso n. 10935/2009.

Atteso che tali censure sono state ritenute infondate e, dunque, il ricorso n. 10935/2009 è stato respinto, il ricorso n. 3795/2010 non può che subire la stessa sorte.

3. In conclusione, i ricorsi n. 10935/2009 e n. 3795/2010 devono essere respinti.

Per quanto attiene alle spese di giudizio, si ravvisano – in ragione delle peculiarità del caso – giustificati motivi per disporne la compensazione integrale tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sui ricorsi n. 10935/2009 e n. 3795/2010, come in epigrafe proposti, li respinge.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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