Cass. pen., sez. II 26-06-2008 (10-06-2008), n. 25923 Indulto – Richiesta d’applicazione – Obbligo di valutazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Va invero confermato la regola ermeneutica secondo là quale in tema di applicazione di pena su richiesta delle parti, se le stesse, nel loro accordo hanno inserito la applicazione dell’indulto, il giudice non è vincolato dalla inscindibilità del "petitum", così come viceversa accade nel caso in cui esso preveda la concessione della sospensione condizionale della pena; infatti la applicazione dell’indulto, a differenza della sospensione condizionale è sottratta alla disponibilità delle parti, estrinsecatasi nell’ambito del patteggiamento, con la conseguenza che la pattuizione avente ad oggetto la applicazione di tale beneficio, se è inserita nell’accordo, è da considerare "tamquam non esset", nel senso che "vitiatur sed non vitiat". (Cass. Sez. 5^, 20 – 29.9.1999 n. 4132;
Cass. Sez. 3^, n. 3778/1996).
La giurisprudenza, assolutamente prevalente, si è sempre pronunciata nel senso che l’indulto, che presuppone una sentenza irrevocabile di condanna, di norma viene applicato in sede esecutiva e solo per ragioni di economia funzionale o di opportunità si procede all’applicazione preventiva del beneficio, in previsione del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, da parte del giudice di cognizione. L’omessa pronuncia nel giudizio di merito circa l’applicazione del beneficio non costituisce, pertanto di per se stessa causa di nullità della sentenza e, allorchè il giudice di cognizione abbia preso in esame la questione di applicabilità o meno del beneficio, risolvendola in senso negativo. In tale caso la statuizione di rifiuto di applicazione del beneficio e suscettiva dei mezzi di impugnazione consentiti (compreso il ricorso per cassazione) per evitare che sulla questione erroneamente decisa abbia a formarsi il giudicato.
(Cass. Sez. 2^, 28/12/1979 – 3/5/1960 n. 557 Cass. Sez. 5^ 30/09 – 17/10/80 n. 10529).
E’ pacifico quindi che l’omessa applicazione, da parte del giudice di merito del decreto di indulto non può costituire motivo di ricorso, per carenza di interesse, essendo il beneficio applicabile con i medesimi effetti, in sede di esecutività". Cass. Sez. 2^, 2/4 – 31/07/81, n. 7751; Cass. Se, 2^, 4/2 – 8/11/83 n. 9201; Cass. Sez. 5^, 13/1283 – 23/01/84 n. 4554; Cass. Sez. 2^, 27/09/83 – 01/03/84 n. 1814; Cass. Sez. 6^, 16/11/84 – 06/02/85 n. 1216 ; Cass. Sez. 6^, 12/02 – 30/04/88 n. 5207; Cass. Sez. 1^, 17/02 – 06/07/88 n. 7890;
Cass. Sez. 3^, 01/07/88 – 23/06/89 n. 8821; Cass. Sez. 4^, 19/03 – 11/09/90 n. 12308; Cass. Sez. 4^, 19/03 – 11/09/90 n. 12308; Cass. Sez. 5^, 13/01 – 24/02/1994 n. 2332).
Il ricorrente ha citato le uniche, isolate e risalenti, sentenze di segno conrtrario (Cass. Sez. 1^, 29/06 – 26/10/84 n. 9221; Cass. Sez. 1^, 01/04 – 12/07/85 n. 6958), che non incidono sulla valutazione di inammissibilità del ricorso.
Consegue la sua condanna al pagamento delle spese processuali e di sanzione in favore della Cassa delle ammende che, ragione del motivo di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro mille/00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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