T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 1571

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– con i provvedimenti impugnati il Prefetto di Varese ha disposto il divieto di detenzione di armi e munizioni, mentre il Questore di Varese ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile nei confronti del Reda;

– entrambi i provvedimenti si basano sulla circostanza che il figlio del ricorrente avrebbe asportato, dall’armadio metallico utilizzato per la custodia, una pistola che avrebbe successivamente mostrato ai compagni di scuola, presso l’Istituto Castelli di Saronno;

– del resto, per tali circostanze il ricorrente è stato condannato con decreto penale di condanna n. 451/10 del 17.02.2010, peraltro non ancora passato in cosa giudicata;

– sulla base di tali circostanze l’amministrazione ha ritenuto che il ricorrente non sia più in possesso dei requisiti di affidabilità necessari per continuare a detenere armi ed essere titolare della licenza di porto di fucile per uso caccia;

– sul punto vale osservare che, nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di pubblica sicurezza sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317);

– le censure formulate nel ricorso (volte a contestare i presupposti per l’adozione dei provvedimenti impugnati ed, in particolare, l’insussistenza di elementi per ritenere che il ricorrente sia persona inaffidabile, nonché a censurare la valorizzazione di un decreto penale non ancora definitivo) possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico e non meritano condivisione;

– difatti, le determinazioni gravate si basano sulla denuncia presentata dal dirigente scolastico dell’Istituto frequentato dal figlio del ricorrente, dalla quale emerge che a) alcuni alunni hanno riferito l’accaduto ad un insegnante; b) almeno un genitore ha riferito il medesimo fatto direttamente al Preside; c) il figlio del ricorrente sentito sul punto dal Preside alla presenza della madre ha riconosciuto di avere portato a scuola un’arma, che aveva prelevato dallo spazio in cui si trovava; d) la medesima denuncia riferisce che la madre dell’alunno, più volte sentita telefonicamente, ha manifestato l’intenzione di intraprendere un percorso educativo più incisivo, supportato anche da figure esterne;

– va poi osservato che il contenuto della denuncia è dettagliato e preciso e contiene riferimenti a circostanze esattamente individuate, sicché essa integra un elemento istruttorio legittimamente valorizzato dall’amministrazione, anche a prescindere dalla sussistenza di un fatto di reato ed è tale da dimostrare, almeno a livello indiziario e secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, che l’arma era stata collocata in modo comunque accessibile per il figlio del ricorrente;

– gli elementi ora richiamati ed emergenti sia dagli atti impugnati, sia dalle produzioni documentali, integrano un quadro fattuale oggettivo dal quale è del tutto ragionevole desumere la mancanza di affidabilità del ricorrente, sul quale grava l’obbligo di custodia rispetto al corretto uso delle armi a garanzia dell’interesse alla sicurezza e all’ordine pubblici;

– del resto, è irrilevante che il decreto penale di condanna non sia ancora definitivo, in quanto tale circostanza non incide sulla possibilità di valorizzare ai fini amministrativi un fatto astrattamente rilevante anche ai fini penali, a prescindere, come già evidenziato, dall’esito del processo penale;

– del pari, è irrilevante che i Carabinieri, a seguito della comunicazione della notizia di reato a carico del ricorrente, abbiano effettuato un controllo presso l’abitazione dell’interessato in ordine alle modalità di custodia delle armi, senza riscontrare violazioni, in quanto tale circostanza nulla dice rispetto alla situazione esistente al tempo in cui il figlio del ricorrente ha asportato l’arma;

– pertanto, i provvedimenti impugnati contengono delle valutazioni del tutto coerenti alla stregua delle risultanze istruttorie e dell’ampia discrezionalità di cui l’amministrazione dispone nella materia de qua e richiamano fatti idonei ad integrare i presupposti delle determinazioni assunte, con conseguente infondatezza delle censure proposte;

– in definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando respinge il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro

500,00 (cinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *