Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-05-2011) 15-06-2011, n. 24066

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. H.M. ricorre contro il provvedimento del 25/1/2011 con il quale il Tribunale del riesame di Venezia ha respinto l’appello proposto avverso il rigetto della richiesta sullo status libertatis avanzata al Gip di Treviso, lamentando contraddlttorietà ed illogicità della motivazione, nella parte in cui il Collegio, negando il riconoscimento degli arresti domiciliari, si era limitato ad escludere l’esistenza di elementi di affidabilità idonei a consentire la valutazione di adeguatezza della misura richiesta, senza valorizzare il sopravvenuto ridimensionamento della gravità dei fatti, intervenuto con l’applicazione del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. Nel denunciare il difetto di motivazione il ricorrente isola una parte del percorso argomentativo del giudice di merito, omettendo di considerare che questi ha compiutamente tenuto conto, al contrario di quanto dedotto, del ridimensionamento della sanzione per effetto del riconoscimento della diminuente di cui al D.P.R. del 9 ottobre 1990, n. 309, comma 5, art. 73 concludendo ugualmente sulla persistenza della pericolosità, sulla base di una particolare deduzione fondata sui precedenti specifici, sulla documentata continuità dell’attività illecita, nonchè sulla qualità di tossicodipendente dell’istante, elementi tutti dai quali ha ricavato in maniera coerente, al contrario di quanto dedotto, la persistenza delle esigenze cautelari che rendono adeguata la misura più restrittiva. Ne consegue che, sia pur formalmente deducendo un vizio di motivazione inesistente, di fatto il ricorrente sollecita una differente valutazione di merito, richiesta inammissibile nel presente giudizio di legittimità.

L’inammissibilità del ricorso comporta, in forza dell’art. 616 cod. proc. pen., unitamente alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che deve determinarsi nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma i ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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