Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-05-2011) 15-06-2011, n. 24032 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 5/11/09 il G.U.P. del Tribunale di Milano dichiarava A.M. e Q.S. colpevoli del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2, per avere in concorso con G.C. detenuto a fine di spaccio kg. 56 di cocaina, nonchè kg. 168 di sostanza da taglio e li condannava alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa ciascuno.

A seguito di gravame degli imputati la Corte di Appello di Milano in parziale riforma della sentenza di primo grado, concesse ad entrambi le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante rideterminava la pena in anni sei di reclusione ed Euro 54.000,00 di multa ciascuno e confermava nel resto.

Contro tale decisione ricorrono entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.

In difesa di A.M. si denuncia l’inosservanza e erronea applicazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. e la contraddittorietà della motivazione, in riferimento al diniego del giudizio di prevalenza tra le concesse generiche e l’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, evidenziando da un lato la funzione attenuatrice del trattamento sanzionatorio ad opera delle attenuanti generiche, e sottolineando dall’altro a sostegno del giudizio di equivalenza la ben maggiore pregnanza dell’aggravante in questione.

In difesa del Q.S. si eccepisce la violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 3 e del divieto di reformatio in peius, sostenendosi che mentre il G.I.P. era partito da una pena base di anni 12 di reclusione ed Euro 90.000,00 di multa, in essa già computato l’aumento per l’aggravante de qua, che scomputata dell’aumento per tale aggravante, si riduceva ad anni 8 di reclusione e Euro 60.000,00 di multa, la corte di merito era partita invece da una pena base superiore di anni 9.

Il ricorso di A.M. difetta di specificità, atteso che la censura è formulata in modo solo enunciativo e stereotipato, senza indicare le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che la sostengono e senza alcun collegamento con la motivazione impugnata con la quale non si confronta.

Fondato è il ricorso del Q., e il suo accoglimento giova, ai sensi del disposto di cui all’art. 597 c.p.p., comma 1, anche al coimputato ricorrente A. e al coimputato non ricorrente G.C., essendo esso fondato su motivi non esclusivamente personali.

Ed invero le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto insorto sul punto nella giurisprudenza di questa Corte hanno chiarito che nel giudizio di appello, il divieto di "reformatio in peius" della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità della pena, ma tutti gli elementi autonomi, che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando esclude una circostanza aggravante e per l’effetto irroga una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza, non può fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado (Cass.Sez.Un.27/9-10/11/2005 n.40910 Rv.232066).

Nel caso in esame il G.I.P. era partito da una pena base per tutti gli imputati nella misura di anni 12 di reclusione e Euro 90.000,00 di multa, in essa già computato l’aumento per l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2.

Ne consegue che la pena base ritenuta dal giudice del gravame – una volta concesse a tutti le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, ed esclusa la recidiva per il G. – nella misura di anni 9 di reclusione e Euro 81.000,00 di multa è certamente superiore a quella determinata dal giudice di primo grado, giacchè, scomputando l’aumento previsto dalla citata aggravante – nella specie metà della pena base – detta pena da anni 12 e Euro 90.000,00 si riduce ad anni 8 di reclusione e Euro 60.000,00, sulla quale dovrà essere poi operata la riduzione per il rito prescelto.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio sul punto, e sussistendo le condizioni per sanare già in questa sede l’evidenziato errore ai sensi dell’art. 619 c.p.p., la pena va rideterminata in anni 5 mesi 4 di reclusione e Euro 40.000,00 di multa per ciascuno di detti imputati.

Al rigetto del ricorso di A.M. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Q. S. e per l’effetto estensivo dell’impugnazione nei confronti di A.M. e G.C., limitatamente alla pena, che ridetermina in anni cinque mesi quattro di reclusione ed Euro quarantamila di multa per ciascuno. Rigetta il ricorso di A. M., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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