T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 1104

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato a mezzo posta in data 711/10/2010 e depositato in data 26/10/2010, il Consorzio E.- M. ha impugnato gli atti in epigrafe indicati aventi ad oggetto la gara per l’affidamento, mediante procedura aperta, del servizio di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani ed assimilati, raccolta differenziata ed altri servizi accessori di pertinenza dei comuni di Butera, Gela, Mazzarino, Niscemi, Riesi, Delia e Sommatino per anni uno (importo complessivo dei lavori euro 10.057.304,24 – criterio di aggiudicazione: prezzo più basso).

Il ricorrente lamenta di essere stato illegittimamente escluso dalla gara di cui trattasi ed afferma di aver diritto all’aggiudicazione avendo presentato il maggior ribasso, afferma altresì che dalla gara avrebbe dovuto invece essere esclusa la controinteressata, unico soggetto ammesso, configurando così, sia pur in via subordinata, il proprio interesse strumentale al rifacimento della gara.

Deduce a tal fine le seguenti censure:

A. Quanto all’asserita illegittimità del provvedimento di esclusione della ricorrente principale:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 20.1 lett. b) del bando e degli artt. 8 e 9 del d.m. 28/4/1998, n. 406 – Illegittimità del disciplinare ove inteso nel senso voluto dalla stazione appaltante, atteso che il seggio di gara ha disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. in quanto l’attività prevalente indicata nella certificazione della camera di commercio prodotta dal Consorzio indica "raccolta e smaltimento rifiuti solidi", mentre il punto 20.1 lett. b) del bando di gara richiede l’iscrizione alla camera di commercio per l’attività di "raccolta, trasporto e conferimento e/o smaltimento dei rifiuti".

Rileva in contrario il Consorzio che non solo non è possibile svolgere attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti senza effettuarne il trasporto, ma anche che l’abilitazione all’attività di trasporto dei rifiuti risulta dal certificato di iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, rilasciato dalla stessa c.c.i.a.a. e prodotto in sede di gara, con riferimento alla categoria 1, classe B ("raccolta e trasporti dei rifiuti urbani ed assimilati");

2) Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla mancata la produzione delle certificazioni di qualità, atteso che il seggio di gara ha disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. in quanto sarebbe mancata la produzione delle certificazioni di qualità dei consorziati di cui ai punti 4, 5 e 6 del disciplinare.

Rileva in contrario il Consorzio di aver partecipato alla gara quale consorzio stabile e afferma quindi di aver legittimamente prodotto solo le certificazioni di qualità proprie;

3) Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla mancata produzione del modello GAP, atteso che il seggio di gara ha disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. in quanto sarebbe mancata la produzione del modello GAP, ma né il bando, né il disciplinare ne prescrivono la produzione.

D’altra parte, il disciplinare di gara prescrive la produzione della informativa antimafia o della richiesta di detta informativa e in tal senso il Consorzio ha provveduto anche con riferimento ai consorziati;

4) Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla asserita mancanza di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali alla data di pubblicazione del bando, atteso che il seggio di gara ha disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. perché l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali non avrebbe avuto data anteriore alla pubblicazione del bando di gara.

In realtà né il bando né il disciplinare prescrivono detta decorrenza e comunque non solo nel caso di specie il Consorzio era iscritto all’Albo anche prima della pubblicazione del bando – essendo la data indicata nel certificato relativa solo al rinnovo dell’iscrizione (29/7/2010) – ma comunque è sufficiente che il requisito sia posseduto alla data di presentazione dell’offerta fissata dal bando (26/8/2010);

5) Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla asserita mancanza di prova della natura stabile del Consorzio, atteso che il seggio di gara ha disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. assumendo che non fosse "possibile verificare tutti i requisiti richiesti dalla legge per qualificarlo come stabile".

In realtà dall’iscrizione alla c.c.i.a.a. e dalla lettera dello Statuto risultano pienamente rispettate le condizioni di cui all’art. 36 d.lgs. n. 163/2006; né la lex specialis della procedura richiede la produzione di documentazione attestante la natura di Consorzio stabile;

B. Quanto all’asserita illegittimità del provvedimento di mancata esclusione della controinteressata:

6) Mancanza del requisito di iscrizione all’Albo gestori ambientali della mandante R.C. per categorie e classifica adeguate all’impegno assunto, atteso che la R.C. s.r.l. ha assunto l’obbligo di espletare una quota del servizio pari al 35%. Deve esserci corrispondenza tra la quota assunta e i requisiti posseduti, ma la soc. Roma è iscritta all’Albo gestori ambientali per la Categoria 2 classe D, che abilita al trasporto fino ad un massimo di 15.000 tonnellate annue; per cui, richiedendo il bando il possesso dell’iscrizione per la Categoria 2 classe C (che abilita al trasporto fino a 60.000 tonnellate annue), l’iscrizione della mandante soc. Roma è insufficiente (dovendo espletare una quota di servizio pari ad almeno 21.000 tonnellate annue – che rappresenta il 35% di 60.000 tonnellate);

7) Mancanza del requisito di qualificazione sotto il profilo della capacità economica e finanziaria – Violazione del punto 1, sub pp) del disciplinare, atteso che il requisito del fatturato globale della soc. Roma (Euro 6.000.000) è inferiore rispetto al 35% dell’importo richiesto dal bando di gara (Euro 20.114.608.48, il cui 35 % è pari a Euro 7.040112.97);

8) Mancanza della dichiarazione di cui all’art. 38, c. 1, punto mter) d.lgs. n. 163/2006, atteso che il direttore tecnico della S.A.P. s.r.l. ha omesso di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38, c. 1, punto mter) d.lgs. n. 163/2006 per come richiesto, a pena di esclusione, dal disciplinare di gara (v. pag. 9, penultimo capoverso) che impone di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, lett. b) d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.; non vi è dubbio, invero, che la lett. mter abbia modificato la lett. b) quanto alle dichiarazioni da rendere anche da parte del direttore tecnico.

Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso e della preliminare istanza cautelare.

In data 28/10/2010 è stato depositato il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la delibera di approvazione degli atti di gara e di rigetto dell’informativa ex art. 243 bis d.lgs. n. 163/2006.

Vengono riprodotte le medesime censure contenute nel ricorso principale.

Si sono quindi costituite in giudizio le parti intimate per resistere al ricorso.

Con atto, notificato a mezzo posta in data 312/11/2010 e depositato in data 3/11/2010, la S.A.P. s.r.l. ha proposto ricorso incidentale al fine di ottenere la riammissione in gara dell’altra concorrente esclusa (S.G. & C. s.r.l.) e di dedurre ulteriori motivi, oltre a quelli già contenuti nel provvedimento di esclusione, in virtù dei quali la ricorrente principale avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.

A. Quanto all’asserita illegittimità del provvedimento di esclusione della S.G. & C. s.r.l.:

1) Illegittimità dell’art. 3, ult. periodo del disciplinare, o sua falsa applicazione – Eccesso di potere per manifesta irrazionalità e violazione del principio di proporzionalità e del favor partecipationis.

Si afferma che alla gara hanno partecipato solo tre concorrenti e si precisa che la riammissione in gara della terza concorrente (che ha presentano il ribasso meno conveniente per la stazione appaltante) consentirebbe di escludere l’applicazione al caso di specie dei principi di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11/2008 relativi all’interesse strumentale al rifacimento della gara in caso di due concorrenti ammessi che contestano l’uno l’ammissione dell’altro, con conseguente accoglimento, in caso di fondatezza, tanto del ricorso principale che di quello incidentale.

Si afferma che la Sangalli è stata esclusa per due motivi: per non aver sottoscritto in ogni pagina i documenti di gara, ma solo in calce alla pagine finale di ciascuno di essi e per non aver prodotto il modello GAP.

Si espone, che l’ultimo capoverso dell’art. 3 del disciplinare di gara, che richiede che il contenuto delle buste sia sottoscritto in ogni foglio dal partecipante, non prevede espressamente la sanzione dell’esclusione; d’altra parte, la firma in calce all’ultima pagina dei documenti composti di più pagine è sufficiente ad eliminare i dubbi sulla provenienza degli stessi e a soddisfare quindi la ratio della previsione di cui trattasi.

Ove si ritenga che la violazione della previsione citata determini l’esclusione, è la clausola stessa che deve ritenersi illegittima in quanto irrazionale, sproporzionata ed in violazione del principio del favor partecipationis.

Quanto all’illegittimità dell’esclusione della Sangalli per la mancata produzione del modello GAP, si osserva che nulla prevede la lex specialis della procedura e si richiama a tal proposito la giurisprudenza della Sezione (v. sentenza 11/3/2010, n. 2807);

B. Quanto alla sussistenza di ulteriori motivi in virtù dei quali la ricorrente principale avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara;

2) Falsa applicazione degli artt. 35 e 36 d.lgs. n. 163/2006, atteso che:

a) E.- M. non è un Consorzio stabile; invero, nel certificato camerale prodotto in sede di gara non vi è alcun riferimento testuale alla natura di "consorzio stabile", né, per altro verso, si evince il possesso da parte di E.- M. dei requisiti di cui all’art. 36 d.lgs. n. 163/2006, ovvero la decisione da parte dei consorziati di "operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa".

Nel caso di specie l’oggetto sociale è riferito alla mera esecuzione dei contratti di appalto che le imprese consorziate si siano in precedenza aggiudicate.

Che non si tratti di consorzio stabile è stato acclarato anche dalla Sezione con sentenza n. 1910/2009.

Eventuali modifiche statutarie intervenute dopo tale sentenza non sono state rese note alla stazione appaltante e il certificato camerale prodotto in sede di gara è lo stesso prodotto nelle precedenti gare.

D’altra parte, eventuali modifiche intervenute dopo il 26/7/2010 (data del certificato camerale prodotto in sede di gara) non consentono di garantire la durata per almeno cinque anni posto che il Consorzio, si legge nel camerale, cesserà il 10/2/2015;

b) posto che E.- M. è un consorzio ordinario, anche ad ammettere che il consorzio ordinario possa partecipare alla gara in nome e per conto proprio e non delle singole consorziate, non è stato prodotto il valido titolo giuridico, ai sensi dell’art. 49 d.lgs. n. 163/2006 che lo abiliti ad utilizzare i mezzi e le attrezzature delle singole consorziate.

D’altra parte, un consorzio ordinario non può concorrere da solo, ma deve essere attestato il possesso dei requisiti di ordine generale da parte di tutti i consorziati che devono essere designati espressamene come esecutori;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, c. 1, lett. mquater e del disciplinare, atteso che E.- M. ha omesso di rendere la dichiarazione, richiesta dal disciplinare a pena di esclusione, relativa alla sussistenza o meno di situazioni di collegamento sostanziale;

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, c. 1, lett. mquater e del disciplinare, atteso che E.- M., all’atto di indicare i soci, ha omesso di indicare il collegamento sostanziale esistente con l’impresa individuale C. L.F., il cui titolare è nel consiglio di amministrazione del Consorzio;

5) Violazione del bando (punto 20) e del disciplinare, atteso che le iscrizioni del Consorzio all’Albo nazionale dei gestori ambientali non abilitano il Consorzio stesso al trasporto per conto terzi (quali sono i Comuni dell’A.T.O.).

Invero, il Consorzio non ha provveduto ad iscrivere i codici CER dei rifiuti, cioè i codici che identificano la singola tipologia di rifiuti da trasportare per conto terzi, di talché l’iscrizione all’Albo, senza indicazione dei codici CER, è in sostanza priva di effetti e non abilita alla partecipazione alla gara.

In subordine, si impugna la lex specialis della procedura laddove non contiene la prescrizione relativa all’indicazione dei codici CER, posto che l’autorizzazione al trasporto dei rifiuti oggetto di gara è in re ipsa necessaria per l’esecuzione del servizio.

Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso incidentale.

In data 3/11/2010 il Consorzio E.- M. ha prodotto in giudizio memoria e documenti al fine di comprovare, in particolare:

– che la ctg. 1 di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali abilita anche alla raccolta ed al trasporto di rifiuti urbani ed assimilati;

– che il consorzio ha natura stabile (v. modifica all’atto costitutivo operata con verbale notarile del 9/8/2010, prima della presentazione dell’offerta – art. 2, c. 2, 4° alinea); invoca a tal fine i principi di cui alla decisione del Cons. di Stato, sez. V, n. 7524/2010.

Insiste poi nel motivo relativo all’esclusione dell’A.t.i. aggiudicataria, stante la mancata corrispondenza tra requisiti di qualificazione della mandante R.C. e quota parte del servizio da questa assunta nell’atto di impegno.

Sempre in data 3/11/2010 le parti resistenti hanno depositato in giudizio articolate memorie difensive insistendo per il rigetto del ricorso e della preliminare istanza cautelare.

In data 11/11/2010, tenuto conto della produzione documentale di parte ricorrente avvenuta in data 3/11/2010, la stazione appaltante ha ulteriormente confutato la natura stabile del consorzio ricorrente.

Con memoria difensiva depositata in data 17/11/2010, la ricorrente principale ha replicato al ricorso incidentale e alle memorie difensive depositate dalle parti intimate, sostenendo altresì che l’eventuale dubbio in ordine alla natura stabile o meno del Consorzio non avrebbe potuto comunque condurre all’esclusione dello stesso, tenuto conto della circostanza che il possesso dei requisiti generali e di quelli tecnici era stato comprovato e documentato anche con riferimento alle singole consorziate.

Sempre in data 17/11/2010 la ricorrente incidentale ha depositato ulteriore memoria.

Con ordinanza n. 1015/2010 il Collegio, reputando assorbente la questione relativa alla natura non stabile del consorzio ha ritenuto che, a prescindere dalle censure contenute nel ricorso incidentale, dovesse essere respinta la domanda cautelare.

Con ordinanza n. 1088/2010 il Cons. di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha riformato l’ordinanza n. 1015/2010 rilevando che il giudice di primo grado avrebbe dovuto, da un lato, pronunciarsi anche sui motivi di ricorso relativi all’esclusione della controinteressata (ritenuti non sprovvisti di fumus) e ciò tenuto conto dell’interesse strumentale della ricorrente principale alla eventuale rinnovazione della procedura e, dall’altro lato, avrebbe dovuto anche esaminare il ricorso incidentale.

Questo T.a.r. ha quindi provveduto alla fissazione dell’udienza pubblica per la discussione nel merito del ricorso.

Con memoria difensiva depositata in data 29/4/2011 la ricorrente principale ha insistito per l’accoglimento del ricorso invocando l’applicazione dei principi di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 11/2008 e rilevando, in particolare, che la natura stabile o meno del Consorzio non ha valenza decisiva, tenuto conto del complesso delle dichiarazioni rese da E.- M. in sede di gara (v. dichiarazione del legale rappresentante relativa all’avvalimento con riferimento alla Sager s.r.l., impresa ausiliaria che ha prodotto tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti tecnici ed economicofinanziari, nonché la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti generali).

Con memoria difensiva depositata in data 6/5/2011 la controinteressata ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse a ricorrere, invocando l’applicazione dei principi di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011.

Alla pubblica udienza del giorno 17/5/2011, uditi i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Ritiene il Collegio che sia pregiudiziale l’individuazione di quale dei gravami debba essere esaminato per primo, se il ricorso incidentale ovvero quello principale.

La questione deriva dalla necessità di interpretare, con riferimento al caso di specie e tenuto conto anche delle indicazioni offerte dal giudice dell’appello cautelare, le refluenze della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11/2008 (invocata dal Consorzio ricorrente al fine di sostenere il proprio interesse strumentale alla rinnovazione della gara) e della sentenza n. 4/2011 (invocata dall’impresa controinteressata al fine di sostenere il difetto di legittimazione e di interesse ad agire in capo al ricorrente principale).

Non può peraltro non osservarsi che l’ordinanza del C.g.a n. 1088/2010 è stata resa prima della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011.

Al momento del vaglio dell’istanza cautelare, il Collegio ha ritenuto che la materia del contendere dovesse concentrarsi sulla legittimità o meno del provvedimento di esclusione dell’impresa ricorrente dalla gara di cui trattasi, radicandosi rispetto a tale provvedimento, la legittimazione e l’interesse al ricorso.

Sul punto, va osservato che i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 11/2008 riguardano una fattispecie non assimilabile alla presente, in quanto riferita, quanto al caso nella medesima decisione trattato, all’ipotesi di due imprese ammesse alla gara che hanno proposto ricorso (l’una in via principale e l’altra in via incidentale) tendendo entrambe ad ottenere l’esclusione dell’altra. In tale ipotesi risultava radicato l’interesse strumentale di ciascuna impresa all’accoglimento del proprio gravame, al fine di ottenere, in caso di fondatezza di entrambi, l’annullamento dell’intera procedura di gara, in vista di una sua eventuale rinnovazione.

Nel caso di specie, diversamente da quanto sopra, dai verbali di gara (ed in particolare dal verbale del 30 agosto 2010) emerge che è stata ammessa un’unica offerta, quella dell’A.t.i. di cui è mandataria la controinteressata, considerato che le altre due ulteriori imprese partecipanti (il Consorzio E.- M. e l’impresa Sangalli) sono state escluse.

In tale ipotesi, ad avviso del Collegio, la materia del contendere deve concentrarsi sulla legittimità o meno del provvedimento di esclusione dalla gara perché solo qualora detta esclusione sia dichiarata illegittima – di talché debba essere disposta la riammissione in gara dell’offerente escluso – può radicarsi l’interesse concreto ed attuale ad ottenere l’esclusione dell’impresa controinteressata e, soprattutto, quello finale alla possibile aggiudicazione.

La presente conclusione, già sottesa alla decisione adottata dal Collegio in sede cautelare, risulta ora avvalorata dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 7 aprile 2011, n. 4, la quale, ridimensionando la tutela accordata all’interesse strumentale, è arrivata ad affermare che "l’interesse "strumentale" alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione (sempre che sussistano, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta)… potrebbe assumere rilievo, eventualmente, solo dopo il positivo riscontro della legittimazione al ricorso".

Questa Sezione ha peraltro già avuto modo di affrontare la questione di cui trattasi (ora risolta dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011) con la sentenza 15 febbraio 2011, n. 274 pervenendo alla conclusione (la quale aveva anche ispirato la decisione resa in sede cautelare nel presente ricorso): "che l’essere in condizione di trarre dall’esito favorevole del giudizio un’utilità del tutto eventuale (non essendo certo che l’Amministrazione proceda al rifacimento della gara – cfr. ordinanza collegiale del Cons. di Stato, sez. VI, 18 gennaio 2011, n. 351) non significa per nulla provare di essere titolari di una posizione legittimante;… che a riconoscere ad un soggetto legittimamente escluso da una procedura di gara l’interesse ad impugnare gli atti della stessa al fine di ottenerne il travolgimento, dovrebbe portare parimenti a riconoscere che anche un soggetto che ad una gara non abbia partecipato, pur potendolo fare in astratto, abbia interesse a provare l’illegittimità della procedura in vista del suo rifacimento ed, eventualmente, della sua partecipazione alla nuova gara;… che, in sostanza, far assurgere l’interesse strumentale ad una posizione legittimante, equivale a riconoscere a ciascuno il diritto di proporre ricorso in vista della mera legalità dell’azione amministrativa, il che non è contemplato dal nostro ordinamento (cfr. Cons. Sato, sez. IV, 26 novembre 2009, n. 7443, e Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2010, n. 3889)".

Tale posizione va confermata, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsene, alla luce anche della sopravvenuta sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011.

In relazione a quanto sopra affermato, vanno svolte ulteriori considerazioni.

La conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria con tale ultima sentenza, ad avviso della quale, da un lato, "il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale, mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale alleghi l’interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura… e, dall’altro lato, (n.d.r.) l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora sia evidente la sua infondatezza, inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità", deve dar luogo, in relazione alle opzioni interpretative che essa offre, ad un temperamento proprio con riferimento al caso di specie.

Invero, stante la centralità della questione relativa alla legittimazione a ricorrere, di talché, si può configurare una posizione sostanziale differenziata, che radica la legittimazione al ricorso, non per il solo "fatto storico" della iniziale partecipazione alla gara, indipendentemente dalla successiva esclusione, ma unicamente in virtù dell’accertamento della illegittimità di tale esclusione (cfr., in termini, la citata decisione dell’Ad. Plen. n. 4/2011), ritiene il Collegio che sia pregiudiziale l’esame delle censure dedotte con il ricorso principale e con quello per motivi aggiunti e volte ad ottenere la riammissione in gara della concorrente esclusa, ancorché gli atti che le contengono non si palesino manifestamente infondati, inammissibili, irricevibili o improcedibili.

In sostanza, ad avviso del Collegio, solo laddove dette censure potessero essere ritenute tutte fondate (essendo il provvedimento di esclusione retto da una pluralità di autonomi profili motivazionali) dovrebbe passarsi, sul piano della successione logica, al vaglio delle censure dedotte in via incidentale e volte ad ottenere l’esclusione, per ulteriori motivi, del Consorzio E.- M., ed infine, laddove si pervenisse alla conclusione dell’infondatezza dei motivi di ricorso incidentale e della necessità di riammettere in gara il Consorzio E.- M., dovrebbe passarsi al vaglio delle censure contenute nel ricorso principale e volte ad ottenere l’esclusione della controinteressata e, per l’effetto, l’aggiudicazione del contratto.

Ne deriva che le nozioni di legittimazione e di interesse a ricorrere debbano essere vagliate con riguardo al bene della vita cui il ricorrente aspira, ossia l’aggiudicazione del contratto; a detta utilitas il ricorrente non può aspirare se non riesce prima ad ottenere (per il tramite del vaglio positivo delle censure dedotte avverso il provvedimento di esclusione) la propria riammissione in gara.

Così delineato l’ordine delle questioni da trattare può quindi passarsi all’esame, nel merito, dei motivi contenuti nel ricorso principale ed in quello per motivi aggiunti aventi ad oggetto l’esclusione del Consorzio E.- M. dalla gara di cui trattasi.

2. Come accennato, il provvedimento di esclusione risulta sorretto da più motivi tra di loro autonomi, di talché è sufficiente che si ritenga legittima anche una sola delle cause di esclusione indicate dalla stazione appaltante, affinché il provvedimento superi il vaglio del giudice adito ed impedisca al ricorrente di radicare la propria legittimazione al ricorso rapportata all’interesse dedotto in giudizio.

Si legge nel verbale del 30 agosto 2010 che il Consorzio stabile E.- M. è stato escluso, fra l’altro, per le seguenti motivazioni:

"…o Mancano le certificazioni di qualità dei consorziati di cui ai punti 4), 5), e 6) del disciplinare di gara e così come anche previsto nei chiarimenti forniti in data 23/8/2010 e pubblicati sul sito internet della Società che riportano testualmente: "in caso di associazione temporanea o consorzio o GEIE già costituito o da costituirsi, le certificazioni di cui ai punti 4), 5) e 6) del disciplinare di gara devono essere prodotte da tutte le imprese facenti parte del raggruppamento";…

o Dalla documentazione prodotta dal Consorzio E.- M. non è possibile verificare tutti i requisiti richiesti dalla legge per qualificarlo come "stabile", né si evince, anche se irrilevante, dall’iscrizione alla c.c.i.a.a. laddove la forma giuridica riportata è "Consorzio" ".

Con riferimento a detti motivi di esclusione il ricorrente principale articola due motivi di censura (il secondo ed il quinto) che possono e devono esaminarsi congiuntamente:

Con il secondo motivo di ricorso (Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla mancata la produzione delle certificazioni di qualità), si sostiene che il seggio di gara avrebbe illegittimamente disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. a fronte della mancata produzione delle certificazioni di qualità dei consorziati di cui ai punti 4, 5 e 6 del disciplinare, rilevandosi in contrario che il Consorzio ha partecipato alla gara quale consorzio stabile e ha quindi legittimamente prodotto solo le certificazioni di qualità proprie.

Con il quinto motivo di ricorso (Violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara quanto alla asserita mancanza di prova della natura stabile del Consorzio) si sostiene che il seggio di gara avrebbe illegittimamente disposto l’esclusione del Consorzio E.- M. reputandolo non "stabile" nonostante dall’iscrizione alla c.c.i.a.a. e dalla lettera dello Statuto risultino pienamente rispettate le condizioni di cui all’art. 36 d.lgs. n. 163/2006.

Si rileva peraltro che la lex specialis della procedura non richiede la produzione di documentazione attestante la natura di Consorzio stabile.

Le censure dedotte (il cui ordine logico va invertito dovendo esaminarsi prima il quinto e poi il secondo motivo) non meritano di essere condivise.

2.1. Va preliminarmente rilevato che, contrariamente a quanto prospettato – abilmente – dalla difesa di parte ricorrente negli atti difensivi successivi al ricorso introduttivo e nel corso della discussione in udienza pubblica, la questione relativa alla natura stabile o meno del Consorzio riveste un ruolo centrale nella soluzione della presente controversia.

Invero, emerge dalla domanda di partecipazione prodotta in atti dalla stessa parte ricorrente che il Consorzio E.- M. si è autoqualificato come "consorzio stabile" ed ha espressamente dichiarato quanto segue: "il Condorzio E.- M., essendo un consorzio stabile, concorre in proprio e non per conto di alcuna ditta consorziata".

Ha, d’altra parte, indicato i soci consorziati per i quali ha concorso alla gara (tutti, tranne la ditta C. L.F.) senza indicare però le parti del servizio che avrebbero dovuto essere eseguite dai singoli operatori consorziati; ha infine indicato i mezzi forniti dalle imprese consorziate per l’espletamento del servizio.

A tale autoqualificazione, peraltro ribadita in sede di contestazione nei verbali di gara ed in fase precontenziosa ai sensi dell’art. 243 bis d.lgs. n. 163/2006 (autoqualificazione che non può essere smentita per effetto di diverse prospettazioni difensive sopravvenute alla proposizione del ricorso e che risulta avvalorata dai contenuti specifici della domanda di partecipazione alla gara, sopra indicati) la stazione appaltante avrebbe dovuto attenersi applicando, per l’effetto, il regime proprio dei consorzi stabili, una volta verificata l’effettiva esistenza di tale natura giuridica in capo al Consorzio E.- M..

Del tutto irrilevante è quindi la circostanza che la lex specialis della procedura non richiedesse la produzione di documentazione attestante la natura di consorzio stabile, essendo chiaramente onere del soggetto interessato a valersi di un determinato regime giuridico di maggior favore relativo alla fase di ammissione alle procedure di gara, quello di essere in grado di provare la sussistenza dei relativi presupposti.

Il regime giuridico (di maggior favore) relativo ai consorzi stabili si desume innanzitutto dal disposto di cui all’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 163/2006, il quale ove (come nel caso di specie) il consorzio stabile non intenda eseguire direttamente i lavori impone di indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio stesso concorre (ricorrendo per questi il divieto di partecipare in proprio alla gara – v. in materia T.a.r. Puglia – Lecce, 26 giugno 2003, n. 4476). In tali casi, il consorzio stabile è esonerato, a differenza di quanto prevede l’art. 37, c. 4, d.lgs. n. 163/2006 per i consorzi ordinari anche a rilevanza esterna, dall’onere di specificare le parti del servizio ricadenti sul singolo consorziato.

L’assetto di maggior favore si desume poi anche dal disposto di cui all’art. 35 dello stesso d.lgs. n. 163/2006, il quale, se, da un lato, prescrive che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria debbano essere comprovati e posseduti dal consorzio in proprio, dall’altro, quanto alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi (nonché all’organico medio annuo), consente di avvalersi di quella dei consorziati (pertanto, con riferimento ai mezzi, il Consorzio E.- M. ha fatto ricorso a quelli delle imprese che ad esso partecipano – v. documentazione in atti).

Occorre a questo punto chiedersi se il Consorzio E.- M. sia o meno un consorzio stabile, ciò che costituisce oggetto di ampia ed articolata prospettazione delle parti in causa, stante la centralità della questione ai fini della decisione.

Tuttavia, detta questione non può dirimersi prima di aver tratteggiato la disciplina sulla forma consortile stabile nell’ambito della normativa sui contratti pubblici, al fine di verificare la rispondenza del Consorzio ricorrente al tipo normativo.

Sul punto va ricordato che:

– la definizione di "consorzio stabile" è contenuta nell’art. 36, c. 1, d.lgs. n. 163/2006 il quale stabilisce che: "Si intendono per consorzi stabili quelli, in possesso, a norma dell’articolo 35, dei requisiti previsti dall’articolo 40, formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa";

– il consorzio, per essere ritenuto "stabile" deve pertanto: a) possedere almeno tre consorziati (elemento questo la cui esistenza in capo al Consorzio E.- M. è incontestata tra le parti e comprovata in atti); b) consorziare imprese che abbiano deciso (attraverso una determinazione assunta dai propri organi deliberativi) di operare congiuntamente nel settore dei contratti pubblici per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni; c) avere una autonoma struttura imprenditoriale tale per cui esso può essere in grado di eseguire direttamente i contratti pubblici allo stesso aggiudicati.

– ne deriva, in estrema sintesi, che il consorzio stabile è un’impresa costituita da altre imprese il cui fine è quello di operare nel settore dei contratti pubblici in modo strutturale e duraturo e non congiunturale e transitorio;

– l’elemento centrale che connota la stabilità del consorzio va quindi ravvisato in quello teleologico, ossia nello "scopo di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per almeno cinque anni", conseguendo l’affidamento in proprio di contratti pubblici e dandovi esecuzione in maniera altrettanto diretta ovvero per il tramite dell’attività dei consorziati.

Quanto all’esatta individuazione degli elementi essenziali in presenza dei quali ci si troverebbe al cospetto di un consorzio stabile, di distinguono due impostazioni esegetiche, la prima più formalistica e della quale è espressione la prassi interpretativa dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici (v. determinazione 9/6/2004, n. 11 e parere precontenzioso n. 79/2007, invocati dalle parti resistenti), la seconda tendente a valorizzare il dato sostanziale della struttura d’impresa cui fa riferimento la giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo, la decisione del Cons. di Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7524, invocata da parte ricorrente).

Il Collegio propende per una lettura di tipo formale (ma non formalistica) alla luce della quale verificare la surrichiamata corrispondenza del consorzio ricorrente al surrichiamato tipo normativo.

Ed invero, anche ad accedere all’opzione interpretativa meno rigida secondo la quale la mancanza delle parole "consorzio stabile" nella ragione sociale non può, di per sé, impedire in concreto l’accertamento dell’esistenza degli elementi idonei a configurare un consorzio come stabile (v. C.g.a. 19 dicembre 2008, n. 1101; T.a.r. PiemonteTorino, sez. I, 15 febbraio 2010, n. 958; T.a.r. Sicilia – Catania, sez. III, 5 ottobre 2007, n. 1597; T.a.r. SardegnaCagliari, sez. I,.7 aprile 2006, n. 507), quanto al caso di specie è di tutta evidenza la mancanza del dato teleologico, costituente elemento essenziale ai fini della configurazione della struttura d’impresa quale consorzio stabile. Ne deriva che la fattispecie assume una connotazione inconciliabile con il ragionamento (e con la situazione di fatto) posta alla base della decisione del Consiglio di Stato n. 7524/2010.

Il vaglio dell’esistenza dei presupposti deve, dunque, necessariamente muovere dal dato formale, ossia dal contenuto del certificato camerale e dell’atto costitutivo del Consorzio (così anche nella decisione del Cons. di Stato n. 7524/2010 e in quella del C.g.a. n. 1101/2008), nonostante l’atto costitutivo non sia stato di fatto prodotto in sede di gara.

Quanto al certificato camerale (v. doc. n. 7 prodotto in giudizio dalla stazione appaltante in data 3/11/2010), da un lato, esso reca la denominazione generica di "Consorzio" e, dall’altro, in relazione all’oggetto sociale, si limita a riprodurre il testo dell’art. 2 dell’atto costitutivo dell’11/2/2005.

E’ necessario quindi focalizzare l’attenzione sul contenuto di tale ultimo atto e delle sue successive modifiche.

Occorre peraltro interrogarsi nel caso di specie a quale testo debba farsi riferimento atteso che – si è appena detto – l’atto costitutivo del Consorzio E.- M. datato 11/2/2005 ha subito delle modifiche, sia anteriori che successive all’espletamento della gara.

Tutte le modifiche intervenute successivamente all’espletamento della gara (v. verbale d’assemblea straordinaria 1/12/2010 prodotto in atti dalla difesa di parte ricorrente in data 26/4/2011) devono ritenersi, poiché posteriori alla definizione del procedimento per cui è causa, del tutto irrilevanti ai fini della odierna decisione.

Vanno, invece, considerate le modifiche intervenute prima della presentazione dell’offerta.

In punto di fatto, delle stesse si dà conto nel verbale dell’assemblea straordinaria del 9/8/2010 prodotto in atti dalla difesa di parte ricorrente (il successivo 3/11/2010) e richiamato, seppur senza averlo prodotto né averne indicato gli estremi, dal legale rappresentante del Consorzio E.- M. nel verbale di gara del 30/8/2010, al fine di supportare la tesi dell’inapplicabilità, sul punto, del precedente sfavorevole di questa Sezione 14 dicembre 2009, n. 1910.

Dette modifiche non consentono comunque di pervenire alla conclusione che il Consorzio E.- M. fosse, alla data di presentazione dell’offerta, un "consorzio stabile".

Invero, da un lato, come rilevato dalla difesa della stazione appaltante, posto che la scadenza del Consorzio è rimasta quella del 10/2/2015 (durata di dieci anni dalla costituzione avvenuta in data 11/2/2005), difetta il requisito della stabilità temporale, e, dall’altro lato, ciò che più rileva, in nessun modo è dato desumere l’esistenza di una struttura imprenditoriale costituita da altre imprese il cui fine sia quello di operare in modo strutturale e duraturo nel settore dei contratti pubblici.

Tanto nel testo dell’atto costitutivo dell’11/2/2005 che in quello, risultante a seguito delle modifiche operate in data 9/8/2010, si legge: "Il consorzio realizza l’organizzazione comune istituita… dalle imprese che della stessa assumono la veste di sociconsorziati. Il consorzio, per il tramite dell’ottimizzazione delle singole capacità tecniche, operative, amministrative, gestionali e finanziarie delle imprese consorziate, intende dare compiuta attuazione alle obbligazioni nascenti dall’appalto per le seguenti attività: (segue l’elenco delle attività ampliato nel 2010 – n.d.r.)…. Al consorzio è demandato dunque il compito di provvedere, sempre per conto e nell’interesse dei sociconsorziati, alla realizzazione dei progetti e delle opere oggetto della parte di appalto assegnata, ponendo in essere, a tal fine, tutti i necessari od anche solo opportuni rapporti giuridici con i terzi fornitori di beni e prestatori di servizi nonché con istituti di credito…" (v. art. 2 relativo all’oggetto sociale).

Sotto il profilo formale, il predetto atto costitutivo si è limitato, quanto alla ragione sociale, a qualificare il consorzio come "consorzio con attività esterna" e ad espungere dall’atto – peraltro in modo maldestro (v. art. 9)- il riferimento agli artt. 2602 ss. c.c. relativo ai consorzi ordinari nella formulazione preesistente.

Orbene, ritiene il Collegio che detto oggetto sociale – perfettamente congruente con qualificazione del Consorzio E.- M. quale consorzio ordinario a rilevanza esterna – non sia tale in relazione alla qualificazione dello stesso quale consorzio stabile.

I dati che rilevano sono quelli di una "organizzazione comune… per (nd.r.) dare compiuta attuazione alle obbligazioni nascenti dall’appalto" nonché della assunzione di responsabilità nel provvedere, mai in proprio, ma "sempre per conto e nell’interesse dei sociconsorziati", alla realizzazione delle commesse.

Se ne deduce la mancanza finanche dell’astratta intenzione di partecipare a gare pubbliche al fine di assumere "in proprio" (cioè con la propria struttura di impresa) l’affidamento di un contratto pubblico; tutto, in realtà, si concentra sull’aspetto organizzativo interno funzionale all’esecuzione di appalti evidentemente affidati al consorzio (ordinario con rilevanza esterna) per conto e nell’interesse dei consorziati.

E’ evidente, quindi, che la decisione del Consiglio di Stato n. 7524/2010, siccome richiamata, va ritenuta non invocabile quanto all’applicazione dei principi ivi espressi all’odierno caso di specie laddove, nella situazione concreta ivi trattata veniva in rilievo dall’esame dell’atto costitutivo e dello statuto: "una dimensione funzionale debitamente parametrata sul versante temporale (10 anni) ed egualmente in linea con lo schema del consorzio stabile (assunzione, anche in project financing, di appalti pubblici e privati; promozione dello sviluppo sinergico delle imprese consorziate ex art. 10 lett. c) L. 109/94; piena facoltà di agire in nome proprio e per conto proprio e delle entità socie in relazione all’intero oggetto sociale, ivi compresa la facoltà di proporre e presentare offerte, realizzare le attività ed i lavori in proprio o mediante assegnazioni, gestire i rapporti con le stazioni appaltanti e trattare, nell’interesse delle consorziate, tutti gli affari aventi relazioni con i lavori)".

Per le complessive suesposte considerazioni il Consorzio E.- M. non può considerarsi un consorzio stabile.

2.2. Deve ora passarsi all’esame del secondo motivo di censura relativo alla mancata produzione delle certificazioni di qualità dei consorziati di cui ai punti 4, 5 e 6 del disciplinare.

Ad avviso della parte ricorrente l’omessa produzione di siffatta certificazione in relazione a tutte le imprese consorziate sarebbe in linea con la configurazione del consorzio quale "stabile", avuto riguardo alla circostanza che lo stesso ha prodotto in sede di gara le certificazioni di qualità inerenti alla propria struttura tecnicoorganizzativa.

L’infondatezza della censura dedotta discende automaticamente dalla negazione della natura stabile del Consorzio così come sopra delineata, dato, questo, che rende del tutto irrilevante la circostanza della avvenuta pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante di un chiarimento in ordine alla necessità della produzione delle certificazioni di qualità da parte dei singoli consorziati.

Invero, ogni eventuale dubbio in ordine all’interpretazione delle disposizioni contenute nel disciplinare di gara relative alle certificazioni di qualità in argomento (certificazioni del sistema di qualità aziendale ai sensi delle norme UNI EN ISO 9001:2000, del sistema ambientale UNI EN ISO 14001 e del sistema di gestione della sicurezza OHSAS 18001, rilasciate da ente di certificazione accreditato al Sincert o da organismo riconosciuto, riferentesi alle attività attinenti ai servizi richiesti dal bando: raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani; raccolte differenziate; raccolta e trasporto rifiuti pericolosi e non pericolosi) avrebbe forse potuto trovare una sua astratta giustificazione solo con riferimento ai consorzi stabili, ma non certo con riferimento a quelli ordinari, sia pur a rilevanza esterna.

Per questi ultimi, infatti, l’obbligo della produzione delle richieste certificazioni di qualità a carico dei singoli consorziati discende automaticamente dall’assetto normativo a loro applicabile (v. art. 37 d.lgs. n. 163/2006).

D’altra parte, ritiene il Collegio che, seppur ininfluente ai fini della presente decisione, con riferimento proprio agli appalti di servizi, sia meritevole di ulteriore approfondimento la questione relativa alla obbligatorietà o meno, anche in caso di consorzio stabile di produrre le certificazioni di qualità dei singoli consorziati. Ciò, in particolare, qualora questo abbia deciso – il che è possibile – non di eseguire l’appalto in proprio, ma per il tramite dei propri consorziati, e tenuto conto della necessità di evitare che il consorzio stabile diventi uno strumento idoneo ad aggirare prescrizioni normative inderogabili in materia di contratti pubblici.

Non risulta particolarmente solcato dalla giurisprudenza l’aspetto, pure importante, relativo alle differenze esistenti, quanto ai consorzi stabili, tra appalti di lavori (per i quali, di regola, operano le s.o.a.), da un lato, e appalti di servizi e forniture, dall’altro lato (per i quali non operano i sistemi di qualificazione relativi ai lavori pubblici, ma, al più, quelli relativi al rilascio delle sole certificazioni di qualità).

Invero, per gli appalti di servizi e forniture, la disciplina sul consorzio stabile, originariamente prevista solo per gli appalti di lavori è stata dettata, mediante estensione della prima, solo con il d.lgs. n. 163/2006, in relazione alle cui previsioni non si rinvengono allo stato significativi arresti giurisprudenziali inerenti alla questione indicata (in materia di requisiti di qualificazione dei consorzi stabili e partecipazione alle procedure di gara per l’affidamento di appalti di lavori, v. invece: determinazione dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici 16/7/2002, n. 15; Cons. di Stato, sez. VI, 22 ottobre 2010, n. 7609; Cons. di Stato, sez. V, 27 aprile 2011, n. 2454).

3. Con ulteriori prospettazioni della parte ricorrente – peraltro non adeguatamente sviluppate – contenute negli atti difensivi prodotti successivamente sia al ricorso introduttivo sia a quello per motivi aggiunti (ivi compresa la memoria conclusiva del 29/4/2011), è stato affermato che se il Consorzio E.- M. non fosse configurabile, in ipotesi, quale consorzio stabile, esso avrebbe avuto comunque diritto di partecipare alla gara di cui trattasi sul rilievo della avvenuta produzione di tutta la documentazione necessaria. Sul punto il Collegio rileva che si tratta di motivi nuovi non introdotti per la rituale via del ricorso principale o di quello per motivi aggiunti e come tali inammissibili.

La prospettazione sostenuta in udienza pubblica secondo cui si tratterebbe di mere difese ammissibili alla luce del thema decidendum introdotto nel ricorso incidentale non può peraltro trovare adesione.

D’altra parte, quand’anche così non fosse, l’infondatezza in punto di fatto dei nova emergerebbe dalle difese spiegate con riguardo al secondo motivo di ricorso avendo la medesima parte ricorrente espressamente ammesso di non aver prodotto le certificazioni di qualità delle singole imprese consorziate indicate in sede di gara quali esecutrici del servizio.

4. In conclusione, dunque, il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante nei confronti del Consorzio E.- M. supera il vaglio del sindacato giurisdizionale potendosi ritenere assorbiti i motivi di censura aventi ad oggetto il medesimo provvedimento contenuti nel ricorso principale e non esaminati, in quanto il loro esame diviene del tutto ultroneo non potendosi ravvisare uno specifico interesse alla relativa decisione.

Da ciò consegue che, in applicazione dei principi di cui al par. 1 della motivazione, il Consorzio ricorrente risulta privo della legittimazione ad impugnare l’aggiudicazione dell’A.t.i. di cui la controinteressata è mandataria determinandosi, per l’effetto, l’inammissibilità del ricorso.

Alla luce delle considerazioni che precedono, per evidenti ragioni di economia processuale, anch’esse analizzate nel richiamato par. 1 della motivazione, è quindi possibile prescindere dall’esame del ricorso incidentale.

5. Per quanto attiene al regime delle spese, osserva il Collegio che in sede cautelare il Consorzio E.- M. è stato condannato al pagamento in favore di ciascuna delle parti resistenti della somma complessiva di Euro 2000,00 (Euro duemila/00), oltre accessori. Detta statuizione è stata riformata in appello con compensazione delle spese del doppio grado del giudizio cautelare.

Ritiene ora il Collegio che, seppure la decisione di merito sia confermativa di quella cautelare, tenuto conto della complessità e della parziale novità delle questioni trattate, sussistano le eccezionali ragioni di cui all’art. 92, c. 2, c.p.c., per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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