Cass. pen., sez. I 25-06-2008 (12-06-2008), n. 25735 Data del commesso reato – Accertamento non compiuto in sede di cognizione, né desumibile dalla contestazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con ordinanza in data 28/11/07 la Corte di assise di appello di Reggio Calabria, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza con la quale L.P. – detenuto in forza di condanne per complessivi 13 anni e 6 mesi di reclusione infittegli con sentenze 9/2/01 e 23/1/02 della Corte medesima per partecipazione ad associazione di stampo mafioso, estorsione continuata aggravata e altro – aveva chiesto che gli venisse computato ai sensi dell’art. 657 c.p.p., ai fini dell’espiazione di dette pene, un periodo di custodia cautelare sofferto, asseritamente sine titulo, dal 27/4/88 al 16/12/89 in altro procedimento.
L’istanza era fondata sull’assunto che uno dei reati per cui il predetto era stato condannato con la sentenza emessa il 23/1/02, il concorso nell’estorsione di cui al capo 17 in danno dei fratelli V. costretti a pagare somme dovute per interessi usurati, sarebbe in realtà stato commesso, diversamente da ciò che risultava dalla generica contestazione, entro il (OMISSIS); e sul rilievo inoltre che un altro reato, quello di estorsione continuata sempre in danno dei fratelli V. rubricato al capo 14, suscettibile di scissione, era stato contestato come commesso tra il (OMISSIS).
Il giudice dell’esecuzione ha invece ritenuto che la contestazione del reato di cui al capo 17 fosse formulata in termini tali ("…in epoca imprecisata ma comunque compresa all’incirca tra l’ (OMISSIS)") da non consentirgli l’interpretazione auspicata dall’istante che sarebbe risultata modificativa del giudicato, ed ha comunque ritenuto, come argomento assorbente e decisivo anche per quanto concerne il reato di cui al capo 14, che non fosse stato dimostrato dall’istante che si trattava di custodia cautelare ingiustamente subita.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore del L., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
La doglianza merita accoglimento, e l’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio.
Era onere invero del giudice dell’esecuzione accertare se realmente fosse stato sofferto dal L., e a quale procedimento si riferisse, il periodo di custodia cautelare indicato con precisione nell’istanza, tenendo presente che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Sez. 1^ 27/1/99, Accoriniti, rv.
212.594; Sez. 1^ 29/1/00, P.M. in proc. Capone, rv. 215.387; Sez. 1^ 30/3/00, Sapere, rv. 216.087; Sez. 4^ 6/2/02, Pagano, rv. 221.285) ai fini della fungibilità non è necessaria la dimostrazione che la custodia sia stata subita ingiustamente, poichè ciò non è richiesto dall’art. 657 c.p.p., comma 1 (a differenza di quanto prevede il comma 2 per i periodi di espiazione di pena), ma solo che essa sia posteriore alla data di commissione del reato per il quale la pena espianda è stata inflitta e, ovviamente, che non sia già stata detratta da altra pena.
Questa Sezione inoltre ha già avuto occasione di affermare (cfr. la sentenza 6/7/95, Mastrosanti, rv. 202.430) che, quando il tempus commissi delicti non ha formato oggetto di specifico accertamento da parte del giudice della cognizione e, come nel caso di specie, non è indicato in modo preciso e con ben definiti riferimenti fattuali nel capo di imputazione, è consentito al giudice dell’esecuzione prendere conoscenza del contenuto della sentenza e, occorrendo, degli atti del procedimento per ricavarne tutti gli elementi da cui sia possibile desumere l’effettiva modalità cronologica del reato, qualora sia rilevante ai fini della decisione che a detto giudice è demandata.
A questo principio la Corte di assise di appello di Reggio Calabria – che non ha nemmeno preso in considerazione gli argomenti con cui nell’istanza di applicazione dell’art. 657 c.p.p. si è rappresentato che dagli atti del procedimento in cui è stata emessa la sentenza 23/1/02 e dalla sentenza medesima e da quella di primo grado risultava, in particolare dalle dichiarazioni delle persone offese, che il reato di cui al capo 17, così come il collegato reato di usura di cui al capo 16, era stato in realtà consumato prima del giugno 1989 – non si è uniformata e alla verifica dell’esattezza delle deduzioni difensive si dovrà pertanto provvedere in sede di rinvio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *