Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 15-06-2011, n. 24001 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 28.9.2010 il Tribunale di Taranto, in accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di A.G. e A.M., annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Taranto il 2.8.2010, disponendo la restituzione dei terreni sequestrati.

Dopo aver premesso che i predetti A. risultavano indagati (in concorso con C.S. indagato anche per il reato di cui all’art. 323 c.p.) per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c) e dopo aver ricordato, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, "i poteri limitati" del riesame, riteneva il Tribunale insussistente il fumus del reato ipotizzato. Assumeva che l’area, in ordine alla quale era stato rilasciato permesso di costruire n. 56 del 19.4.2010 per la realizzazione di n. 52 appartamenti, era ricompresa nel Piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP), cd. Piano Giuliani, e nel Piano particolareggiato di esecuzione (PPE), cd. Giuliani D. Entrambi i suddetti Piani erano decaduti per il decorso dei termini di efficacia (rispettivamente di 18 e 10 anni). Secondo il Tribunale, però, le prescrizioni urbanistiche di un Piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza (la L. n. 1150 del 1942, art. 17, comma 1 va interpretato nel senso che, scaduto il termine di efficacia, non possono più eseguirsi i previsti espropri per la realizzazione delle opere pubbliche e di quelle di urbanizzazione primaria e non si può procedere alla edificazione residenziale; se, invece, il piano abbia avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, come nel caso di specie, è consentita l’edificazione residenziale).

Altrettanto infondato era l’assunto del GIP, secondo cui la decadenza per decorso del termine di 18 anni del PEEP avrebbe fatto venir meno l’esonero dal vincolo paesaggistico, con la necessità quindi di acquisire preventivamente l’autorizzazione (la giurisprudenza citata era non pertinente in quanto riferita ai piani pluriennali che, a differenza del PEEP e del PPE, non sono strumenti urbanistici).

Secondo il Tribunale, inoltre, non era possibile qualificare l’area in questione come boscata, sia perchè non risulta applicabile il D.Lgs. n. 227 del 2001, art. 2, comma 6 avendo la Regione Puglia approvato già in data 15.12.2000 il PUTT, sia perche essa non è censita come tale negli ambiti territoriali distinti (ATD) boschi e macchie del medesimo PUTT (come evidenziato dalla stessa p.g. dagli elenchi e dalle cartografie allegate non risulta che all’interno dei piani Giuliani insistano boschi). A diverse conclusioni, ovviamente, si sarebbe arrivati se l’area fosse stata sottoposta a vincolo direttamente ex L. n. 1497 del 1939, in quanto il PUTT non sostituisce ma integra gli strumenti vincolistici, per cui eventuali norme più restrittive previste dalla legislazione statale debbono considerarsi prevalenti.

Riteneva, quindi, il Tribunale che, allo stato, il permesso di costruire rilasciato fosse legittimo.

2) Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, per erronea applicazione di legge.

La normativa richiamata dal Tribunale non determina l’effetto di prorogare in senso proprio la validità del Piano particolareggiato, prevedendo solo la possibilità di rilasciare concessioni e autorizzazioni a costruire, in caso di scadenza, purchè le aree siano dotate di opere di urbanizzazione primaria. Non vi è, invece, alcuna previsione in ordine alla tutela di eventuali vincoli paesaggistici ed ambientali. Sicchè il vincolo paesaggistico è derogabile solo nell’arco temporale di vigenza del Piano particolareggiato; per il suo carattere eccezionale la deroga non opera più dopo la scadenza, per cui le aree interessate, sotto il profilo paesaggistico ed ambientale, riprendono il regime ordinario di tutela.

Altrettanto erroneamente il Tribunale ha ritenuto che l’area in questione non potesse essere qualificata come boscata. Come ha rilevato lo stesso Tribunale le prescrizioni di base del PUTT sono derogate da eventuali norme più restrittive della legislazione statale e regionale. Secondo la disciplina di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999 (che riprendeva la bipartizione in due categorie dei beni ambientali di cui alla L. n. 431 del 1985), ribadita sostanzialmente dal D.Lgs. n. 42 del 2004, sono tutelati per legge, tra gli altri, i territori coperti da foreste e da boschi. A norma del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea o associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, i sughereti e la macchia mediterranea. L’area de qua è, pertanto, soggetta a vincolo paesaggistico imposto dalla legge. E che si tratti di zona boschiva emerge dalla contestazione ad A. G. dell’illecito amministrativo per attività di sdradicamento e soppressione del bosco in assenza di autorizzazione regionale. Era quindi necessario che il permesso di costruire venisse preceduto dal nulla osta paesaggistico.

3) Il ricorso è fondato nei limiti e nei termini di seguito indicati.

3.1) Il ricorrente P.M. concorda, sostanzialmente, con il Tribunale in ordine alla persistente efficacia, sotto il profilo urbanistico, delle prescrizioni dei Piani attuativi anche dopo la scadenza, purchè essi abbiano già avuto attuazione con la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria. Come ha correttamente rilevato il Tribunale (e non contestato dal ricorrente) la L. n. 1150 del 1942, art. 17, comma 1 fa venir meno, dopo il decorso dei termini di efficacia dei Piani, solo la possibilità di effettuare i previsti espropri. Secondo tale norma "Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso".

L’approvazione del piano particolareggiato ha come effetto l’imposizione del vincolo di espropriazione e tale vincolo viene indubitabilmente meno con la perdita di efficacia dello stesso;

sicchè la scadenza del termine di attuazione costituisce motivo di illegittimità del decreto di espropriazione anche se il piano non ha formato oggetto di apposito ricorso giurisdizionale. Come ha ricordato anche il Tribunale, secondo giurisprudenza consolidata, la scadenza del piano particolareggiato non investe le disposizioni di carattere confermativo e regolamentare "con la conseguenza che le previsioni dello strumento attuativo-seppur non più eseguibili per decorso del termine-hanno stabilmente determinato l’assetto definitivo della parte di territorio interessata". Stante la stabilità delle previsioni del piano, laddove detto piano abbia avuto attuazione (con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione) "l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente e in base alle norme del piano attuativo scaduto che mantengono la loro integrale applicabilità" (Cons.Stato sez. 4, 27 ottobre 2009 n. 6572; conf. Cons. Stato n. 1375 del 15.3.2006; Cons. Stato n. 6178 del 12.12.2008). A conferma di tale assunto il Tribunale ha richiamato anche la L.R. Puglia n. 56 del 1980, art. 37, comma 5 e L.R. Puglia n. 20 del 2001, art. 17, comma 2 secondo cui "decorsi i termini stabiliti per l’attuazione (rispettivamente dei piani esecutivi e dei piani urbanistici esecutivi) resta efficace per la parte inattuata l’obbligo di osservare le previsioni dello strumento esecutivo mentre ai fini espropriativi, decadono gli effetti della pubblica utilità delle opere previste". 3.2) La problematica posta dal P.M. ricorrente attiene, però, alla persistenza dell’esonero dai vincoli paesaggistici anche dopo la decadenza dei piani di attuazione. Il Tribunale ha ritenuto di risolvere la questione positivamente sulla base delle stesse premesse di partenza, senza argomentare specificamente sul punto, ed ha considerato come non pertinente la giurisprudenza, richiamata a conforto della tesi accusatoria, essendo questa riferibile ai piani pluriennali di attuazione che non sono, a differenza del P.E.E.P. e dei P.P.E., "strumenti urbanistici ma di mera organizzazione temporale delle trasformazioni del territorio".

Va, innanzitutto, considerato che la norma richiamata dal Tribunale (L. n. 1150 del 1942, art. 17, comma 1) non fa alcun riferimento ai vincoli di natura ambientale, avendo essa una portata per così dire limitata agli aspetti urbanistici, consentendo l’edificazione residenziale, anche dopo la perdita di efficacia del piano attuativo, purchè il piano stesso abbia già trovato attuazione con la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria. Tale "ultra" attività non può, però, investire aspetti che esulano dall’assetto urbanistico della zona ed attengono invece ad altri interessi, oggetto di tutela specifica.

L’esclusione dal vincolo paesaggistico proprio perchè norma di carattere derogatorio e quindi eccezionale non può spiegare i suoi effetti anche oltre la efficacia dei Piani attuativi. Alla scadenza degli stessi non può che riprendere vigore il regime ordinario. La deroga ha quindi carattere temporaneo ed è strettamente collegata alla validità ed operatività del Piano attuativo: una volta venuto meno questo non vi è ragione per ritenere operante la deroga medesima. L’Autorità preposta alla Tutela del vincolo deve quindi essere messa in condizione di valutare se da un determinato intervento, eseguito in zona dove il piano di attuazione, pur se scaduto, abbia avuto attuazione in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, possano derivare pregiudizi agli interessi ambientali e paesistici.

3.3) Lo stesso Tribunale, dopo aver escluso che la zona in questione sia censita negli ambiti territoriali distinti (A.T.D.) boschi e macchie del P.U.T.T. della Regione Puglia, riconosce che le prescrizioni di base del P.U.T.T. medesimo "sono direttamente ed immediatamente vincolanti dovendo essere osservate come livello minimo di tutela; eventuali norme più restrittive previste dalla legislazione statale e regionale sono chiaramente da ritenersi prevalenti …". Ci si sarebbe trovati, secondo i Giudici del riesame, in presenza di una simile eventualità nel caso la zona fosse stata sottoposta a vincolo direttamente dalla L. n. 1497 del 1939.

Per il Tribunale, quindi, le disposizioni più restrittive della legislazione statale sono rinvenibili solo nella L. 1497 del 1939 e non anche in quelle di carattere generale derivanti dal D.Lgs. n. 42 del 2004. 3.3.1) E’ opportuno, ricordare che la previsione di aree sottoposte a vincolo paesaggistico per legge, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142 è stata introdotta per la prima volta dal D.L. n. 312 del 1985, artt. 1 e 1 quater, convertito con modificazioni dalla L. n. 431 del 1985, che ha inserito nel D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, commi 5, 6 e 7 e tali disposizioni sono state successivamente recepite dal D.Lgs. n. 490 del 1999.

L’art. 142, comma 1, lett. g) stabilisce che sono tutelati per legge, tra l’altro, "i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, art. 2, commi 2 e 6" (comma 1, lett. g).

Per le aree tutelate per legge ex art. 142 cit., l’adozione dei P.U.T.T. Regionali non fa venir meno il vincolo di carattere generale di cui alle previsioni della legge statale, ma solo il "vincolo di inedificabilità assoluta, rendendo quindi autorizzabili dalla competente autorità amministrativa le opere compatibili. Pertanto qualsiasi modificazione del territorio boschivo deve essere autorizzata dall’ente preposto alla tutela del vincolo e la relativa autorizzazione condiziona l’efficacia della concessione edilizia" (cfr. Cass. sez. 3 n. 11716/2001; Cass. sez. 3 n. 6113 /2005). Con la sentenza n. 6113/2005, in particolare, dopo aver ricordato che tra i beni sottoposti a vincolo in via generale rientravano, secondo la disciplina della L. n. 431 del 1985 e D.Lgs. n. 490 del 1999, i territori coperti da boschi e che tale disciplina è stata sostanzialmente ribadita dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142 in forza del quale sono tutelati per legge, tra gli altri, i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, si evidenzia che il vincolo in questione, proprio perchè imposto per legge, è immediatamente operativo. E si precisa: "… la L. n. 431 del 1985 aveva innovato il regime precedente, sostituendo ai vincoli specifici gravanti su determinate località, dotati di particolari pregi estetici, una diffusa tutela del paesaggio e, al fine di prevenire situazioni di degrado ambientale, aveva imposto fino all’adozione dei piani paesaggistici regionali un vincolo di inedificabilità assoluta. L’avvenuta adozione del piano paesistico regionale, come statuito da questa Corte (cfr. Cass. sez. 3, 5 agosto 1998 n. 9164; Cass. sez. 3, 7 marzo 2000 n. 2732), non legittima tuttavia chiunque a realizzare senza alcuna autorizzazione le opere ritenute, a suo giudizio, compatibili con il piano, ma fa semplicemente venir meno il vincolo di inedificabilità assoluta previsto medio tempore dalla L. n. 431 del 1985, art. 1 quinquies rendendo quindi autorizzabili dalla competente autorità amministrativa le opere compatibili. Pertanto qualsiasi modificazione del territorio boschivo, esclusa quella manutentiva, doveva e deve essere autorizzata dall’ente preposto alla tutela del vincolo e la relativa autorizzazione condizionava e condiziona l’efficacia della concessione edilizia (Cass. sez. 3, 26 marzo 2001 n. 11716)".

Tali principi erano stati già in precedenza affermati dalla sentenza di questa sezione n. 21406 del 17.4.2002: "L’adozione da parte delle Regioni dei piani paesistici ed urbanistici-territoriali previsti dal del D.L. 27 giugno 1985, art. 1 bis conv. con mod. in L. 8 agosto 1985, n. 431, fa cessare il regime della inedificabilità e della immodificabilità assoluta del territorio, ma non fa venir meno il vincolo ambientale esistente ai sensi dell’arti dello stesso decreto legge, sicchè qualsiasi intervento edilizio o immutazione territoriale realizzati nella zona sottoposta a vincolo richiede non solo la concessione sindacale, ma anche la previa autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo". 3.3.1.1) La limitazione operata dal Tribunale (in relazione alle norme più restrittive della legislazione statale) ai vincoli imposti dalla L. n, 1497 del 1939 e non anche a quelli di carattere generale di cui all’art. 142, cit. D.Lgs. non è quindi giustificata. Era necessario, allora, accertare se, a norma del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, comma 1, lett. g) la zona in cui era stato eseguito l’intervento fosse da considerare come territorio coperto da foreste e da boschi, secondo la definizione del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, art. 2, commi 2 e 6 (si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea o associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, i sughereti e la macchia mediterranea, esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali). Tale accertamento ha, sostanzialmente, omesso il Tribunale, essendosi fermato a valutare le previsioni del PUTT. 3.4) L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di Taranto che, tenendo conto dei rilievi e dei principi in precedenza esposti, accerterà, sulla base degli atti, stante i limitati poteri del riesame, se la zona in cui è stato eseguito l’intervento fosse sottoposta a vincolo e se quindi fosse necessaria l’autorizzazione dell’Autorità preposta alla tutela dello stesso.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Taranto.

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