Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 15-06-2011, n. 23998 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Firenze, in accoglimento dell’appello proposto da B.A. avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale, con il quale era stata respinta la richiesta di restituzione di un fabbricato, ha revocato il sequestro preventivo del predetto fabbricato a suo tempo disposto dal Tribunale del riesame con ordinanza del 10.4.2009 in relazione al reato di cui all’art. 110 c.p. e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b).

In sintesi, il Comune di Montespertoli aveva rilasciato il permesso di costruire n. 192/07 per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione di un preesistente fabbricato rurale con cambio di destinazione d’uso in civile abitazione.

Tale permesso di costruire era stato ritenuto illegittimo dalla pubblica accusa, perchè relativo alla esecuzione di lavori in zona qualificata agricola dal P.R.G. del Comune di Montespertoli eccedenti il mero restauro o risanamento conservativo e, perciò, rilasciato in violazione della L.R. Toscana n. 1 del 2005, art. 44 nonchè del Piano di Indirizzo Territoriale della Regione approvato il 24.7.2007, che consentono nelle zone agricole solo tale tipo di interventi.

L’ordinanza ha osservato che successivamente al sequestro è stato emesso dal Comune di Montespertoli, in sede di autotutela, peraltro da un responsabile dell’ufficio tecnico diverso da quello che aveva rilasciato il permesso di costruire, l’ordinanza n. 248 del 4.12.2009, nella quale, pur dandosi sostanzialmente atto delle già indicate ragioni di illegittimità del permesso, si riteneva meritevole di tutela l’interesse privato, formatosi sulla base del rilascio del permesso di costruire, consolidatosi nel tempo attraverso la realizzazione dell’opera con ingente esborso di danaro, rilevandosi anche che quanto realizzato non altera il valore paesaggistico del luogo e non contrasta con interessi urbanistici specifici. Sulla base di tali considerazioni il Comune di Montespertoli aveva revocato i provvedimenti di sospensione dell’efficacia del predetto permesso di costruire. Il Tribunale distrettuale sulla base di tale fatto nuovo ha sostanzialmente ritenuto configurabile la buona fede del proprietario dell’immobile, stante anche la assenza di elementi di prova della collusione del privato con il pubblico funzionario per il rilascio di un permesso di costruire illegittimo.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, che, con il primo motivo di gravame, la denuncia per manifesta illogicità della motivazione.

Si deduce, in sintesi, che l’ordinanza impugnata ha illogicamente desunto la buona fede della proprietaria dell’immobile dalla assenza di prove della sua collusione con il funzionario che ha rilasciato il permesso di costruire, senza che si sia tenuto conto del fatto che la B. non è indagata di reati contro la pubblica amministrazione ma, unitamente ad altri, della sola violazione edilizia del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44. Il G.I.P. inoltre, nell’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro, aveva evidenziato che le argomentazioni poste a fondamento del provvedimento dello ufficio tecnico comunale erano contrarie a qualsiasi principio di diritto e, peraltro, detto provvedimento risultava in radicale contrasto con quanto affermato dal Comune di Montespertoli in altre ordinanze riguardanti interventi del tutto analoghi. Si aggiunge che non appare affatto scontata la buona fede del privato che si è avvalso dell’operato di tecnici perfettamente a conoscenza della normativa urbanistico-edilizia vigente.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia l’errata applicazione della legge penale con particolare riguardo ai presupposti che giustificano il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p..

Si deduce che le ragioni che sono state poste dall’ufficio tecnico comunale a fondamento della revoca delle ordinanze di sospensione del permesso di costruire riguardano interessi della pubblica amministrazione e non possono esplicare alcuna incidenza in sede penale, considerato che nello stesso provvedimento viene ribadita l’esistenza dell’abuso edilizio.

Si osserva, infine, che l’ultimazione dei lavori non osta alla applicazione della misura cautelare, in quanto la costruzione abusiva, anche dopo il suo completamento, può determinare conseguenze negative sul regolare assetto del territorio.

Il ricorso è fondato.

Preliminarmente la Corte osserva in ordine alla ammissibilità dell’impugnazione che la stessa, anche se prevalentemente formulata nel senso della denuncia di vizi di motivazione, contiene censure afferenti a puntuali violazioni di legge che possono essere esaminate in sede di legittimità.

Come rilevato dalla pubblica accusa nell’ordinanza che ha disposto il dissequestro dell’immobile abusivo non viene affatto messa in discussione l’esistenza del fumus commissi delicti, sotto il profilo oggettivo, risultando inequivocabilmente riconosciuta la illegittimità del permesso di costruire che era stato rilasciato in favore dell’indagata.

Per giustificare la restituzione dell’immobile si afferma, però, che "il provvedimento di sequestro debba necessariamente essere coordinato con le statuizioni della pubblica amministrazione competente in materia urbanistica …".

Orbene, è evidente l’erroneità in punto di diritto di siffatta affermazione, stante la piena autonomia dell’autorità giudiziaria in materia di provvedimenti cautelari, la cui emanazione è obbligatoria al fine di impedire che la commissione del reato si protragga o venga portata ad ulteriori conseguenze, rispetto a qualsiasi diversa valutazione della pubblica amministrazione sulla medesima questione.

Anche con riferimento alla asserita insussistenza dell’elemento psicologico del reato la valutazione espressa nell’ordinanza impugnata si palesa frutto di un errore in punto di diritto, in quanto ne è stata esclusa l’esistenza sostanzialmente per non essere stata contestata la collusione tra la B. ed il funzionario che ha emesso il permesso di costruire illegittimo.

Si palesa evidente, quindi, che l’elemento psicologico del reato è stato escluso in considerazione della insussistenza del dolo da parte dell’indagata, mentre l’abuso edilizio ascritto alla stessa, in quanto contravvenzione, è punito anche a titolo di colpa; colpa ravvisatale nella mancata ottemperanza al doveroso obbligo di informazione, eventualmente tramite l’incarico a tecnici qualificati, delle possibilità edificatorie concesse dagli strumenti urbanistici vigenti.

Peraltro, è noto che in sede di esame della legittimità delle misure cautelari reali deve essere esclusa qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, atteso che la verifica di tale elemento è estranea all’adozione della misura cautelare reale (sez. 6, 23.2.2010 n. 10618, P.M. in proc. Olivieri, RV 246415; sez. 1, 4.4.2006 n. 15298, Bonura, RV 234212), ovvero la sua esistenza può essere esclusa solo allorchè risulti di immediata ed in equivoca evidenza.

Va, infine, osservato che, con riferimento alla esclusione delle esigenze cautelari, l’ordinanza è totalmente carente di motivazione ovvero illegittimamente motivata.

L’inesistenza delle esigenze cautelari, infatti, non viene collegata al venir meno delle funzioni di prevenzione indicate nell’art. 321 c.p.p., bensì solo al rilevato venir meno dell’interesse della pubblica amministrazione risultante dal provvedimento di revoca della sospensione di efficacia del permesso di costruire illegittimo.

L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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